Capodistria

città slovena, capoluogo del comune cittadino di Capodistria

Template:Geobox nomeCitta Template:Geobox nomeOriginale Template:Geobox stemma Template:Geobox stato Template:Geobox suddivisione amministrativa Template:Geobox coordinate Template:Geobox altitudine ((Geobox lingua|italiano e sloveno)) Template:Geobox superficie Template:Geobox popolazione Template:Geobox CAP Template:Geobox prefisso Template:Geobox mappa Template:Geobox sito Template:Geobox fine Capodistria (in sloveno Koper), popolazione 23.765 abitanti, è una città costiera dell'Istria, capoluogo del comune di Capodistria (pop. 47.539 abitanti) e il principale porto della Slovenia, affacciato sul Mare Adriatico. Tra i principali luoghi di interesse di Capodistria troviamo il Palazzo Pretoriano del XV secolo, in stile gotico veneziano, la Chiesa Carmine Rotunda del XII secolo e la Cattedrale di San Nazario con il suo campanile del XIV secolo.

Storia

 
Palazzo Pretoriano

Capodistria nasce da un antico insediamento costruito su un isola nella parte sud-orientale della Baia omonima, nell'Adriatico settentrionale. All'epoca dell'Antica Grecia la città era conosciuta col nome di Aegida, successivamente divenne nota coi nomi latini di Capris, Caprea, Capre o Caprista, dai quali deriva il moderno nome sloveno.

Nel 568, i cittadini romani della vicina Tergeste (l'odierna Trieste) fuggirono a Capodistria a causa di un invasione dei Longobardi. In onore dell'imperatore bizantino Giustiniano II, Capodistria venne ribattezzata Giustinopoli. Successivamente la città passò sotto il dominio longobardo e quello dei Franchi.

I commerci tra Capodistria e Venezia vennero registrati fin dal 932. Nella guerra tra la Repubblica di Venezia e il Sacro Romano Impero, Capodistria fu al fianco di quest'ultimo, e per questo venne ricompensata con lo status di città, garantitogli nel 1035 dall'imperatore Corrado II. A partire dal 1232, Capodistria appartenne al Patriarca di Aquileia, e nel 1278 si unì a Venezia.

Capodistria crebbe e assunse una posizione sempre di maggior rilievo nell'Istria veneziana. Data la sua posizione venne rinominata Caput Histriae (dal quale deriva il nome autoctono italiano).

L'amministrazione austriaca, che seguì alla caduta di Venezia ed al periodo napoleonico, non la riconfermò come capoluogo istriano, che divenne dapprima Pisino e poi, in sede definitiva, Parenzo. Durante gli anni della riscoperta del sentimento nazionale Capodistria fu il punto di riferimento del movimento unitario dell'Istria. Qui infatti vi era concentrato il principale nucleo del Comitato istriano dove si riunivano i patrioti più ardenti e che, dopo il 1857, operava come sede della Società Nazionale. Capodistria può vantarsi di aver dato alla sua Madrepatria patrioti del calibro di Carlo Combi e [{Antonio Madonizza]](i più importanti istriani del Risorgimento e due degli Italiani più attivi per l'indipendenza della loro Patria) ma soprattutto uno dei precursori del movimento risorgimentale italiano impersonificato nella figura di Gian Rinaldo Carli che già nel 1765 pubblicava articoli prospettanti una non lontana unità ed inpendenza dell'Italia. Il mancato arrivo delle milizie italiane tanto sperato nel 1866 fece conseguentemente sviluppare un forte sentimento irredentista del quale gli uomini più rappresentativi furono Tino Gavardo, Pio Riego Gambini, ma soprattutto il martire Nazario Sauro che, dopo esser fuggito nel 1915 a Venezia per arruolarsi nella Regia Marina, fu catturato dagli austriaci durante un'incursione italiana e giustiziato sul patibolo di Pola il 10 agosto 1916 (morirà gridando tre volte: "Morte all'Austria! Viva l'Italia!" dopo aver lasciato nel testamento al figlio le seguenti parole "Su questa patria giura e farai giurare ai tuoi fratelli che sarete sempre, ovunque e prima di tutto Italiani"). Sul finire della guerra, nella quale i volontari capodistriani accorsi a combattere per la propria Patria saranno (oltre il già citato [Nazario Sauro]]) in numero inferiore solo a Trieste e Pola, la città fu occupata, nel novembre 1918 da truppe che trovarono una città festosamente imbandierata da tricolori. Ma dovranno passare ancora due anni per vederla finalmente ricongiunta con l'Italia.

Con la fine della seconda guerra mondiale e il trattato di pace del 1947 Capodistria fu compresa nella zona B del "Territorio libero di Trieste" (TLT), amministrata dalle forze jugoslave. La popolazione italiana, eccetto una piccola minoranza, prese la via dell'esodo, soprattutto dopo il Memorandum di Londra del 1954 quando fu chiaro che la città non sarebbe più ritornata alla sovranità italiana.

A partire dall'VIII secolo, forse addirittura dal VI, Capodistria fu sede vescovile. Uno dei vescovi della città fu il riformatore luterano Pier Paolo Vergerio. Nel 1828, il vescovato venne fuso con la diocesi di Trieste, ma venne ripristinato dopo la seconda guerra mondiale per riflettere i nuovi confini politici quando divenne parte della Jugoslavia, prima dell'indipendenza slovena del 1991.

Nel 1970 iniziò a trasmettere TeleCapodistria, dopo che già nel 1949 era sorta RadioCapodistria, organo della minoranza italiana, il cui segnale è visibile in Italia, Slovenia, Croazia.

Italiani

Oggi Capodistria è ufficialmente bilingue, anche da un punto di vista toponomastico.

In base a quanto dice l'ultimo censimento Capodistria ospita una piccola minoranza italiana riunita in tre diverse comunità : la comunità degli italiani di Capodistria (940 iscritti) , la comunità degli italiani di Crevatini-Ancarano (137 iscritti) e la comunità degli italiani di Bertocchi (188 iscritti).

Gli italiani sono 1670, cioè il 3,4% della popolazione totale di Capodistria.

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