Reggia di Caserta

residenza reale di Caserta

La Reggia di Caserta, o Palazzo Reale di Caserta, è una dimora storica appartenuta alla famiglia reale della dinastia Borbone di Napoli, proclamata Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

 Bene protetto dall'UNESCO
Palazzo Reale di Caserta con il Parco, Acquedotto di Vanvitelli e complesso di San Leucio
 Patrimonio dell'umanità
TipoArchitettonico, paesaggistico
CriterioC (i) (ii) (iii) (iv)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal1997
Scheda UNESCO(EN) 18th-Century Royal Palace at Caserta with the Park, the Aqueduct of Vanvitelli, and the San Leucio Complex
(FR) Scheda

Situata nel comune di Caserta, è circondata da un vasto parco nel quale si individuano due settori: il giardino all'italiana ed il giardino all'inglese.

Storia

Il Palazzo reale di Caserta fu voluto da Carlo III di Borbone, il quale, colpito dalla bellezza del paesaggio casertano e desideroso di dare una degna sede di rappresentanza al governo della capitale Napoli ed al suo reame, volle che venisse costruita una reggia tale da poter reggere il confronto con quella di Versailles. Si diede inizialmente per scontato che sarebbe stata costruita a Napoli, ma Carlo di Borbone, cosciente della considerevole vulnerabilità della capitale ad eventuali attacchi (specie da mare), pensò di costruirla verso l'entroterra, nell'area casertana: un luogo più sicuro e tuttavia non troppo distante da Napoli.[1]

Dopo il rifiuto di Nicola Salvi, afflitto da gravi problemi di salute, il sovrano si rivolse all'architetto Luigi Vanvitelli, a quel tempo impegnato nei lavori di restauro della basilica di Loreto per conto dello Stato Pontificio. Carlo III ottenne dal papa di poter incaricare l'artista e nel frattempo acquistò l'area necessaria dal duca Michelangelo Gaetani, pagandola 489.343 ducati, una somma che seppur enorme fu certamente oggetto di un forte sconto: Gaetani, infatti, aveva già subìto la confisca di una parte del patrimonio per i suoi trascorsi antiborbonici.

Il re chiese che il progetto comprendesse, oltre al palazzo, il parco e la sistemazione dell'area urbana circostante, con l'approvvigionamento da un nuovo acquedotto (Acquedotto Carolino) che attraversasse l'annesso complesso di San Leucio. La nuova reggia doveva essere simbolo del nuovo stato borbonico e manifestare potenza e grandiosità, ma anche essere efficiente e razionale.

Il progetto si inseriva nel più ampio piano politico di Carlo III, che voleva spostare le principali strutture amministrative dello Stato a Caserta, collegandola alla capitale Napoli con un vialone monumentale di oltre 20 km.[2] Questo piano fu però realizzato solo in parte; anche lo stesso palazzo reale non fu completato della cupola e delle torri angolari previste inizialmente.

 
La facciata della Reggia
 
La Reggia di Caserta vista di notte dall'antistante piazza Carlo III

Vanvitelli giunse a Caserta nel 1751 e iniziò subito la progettazione del palazzo commissionatogli, con l'obbligo di farne uno dei più belli d'Europa. Il 22 novembre di quell'anno l'architetto sottopose al re di Napoli il progetto definitivo per l'approvazione. Due mesi dopo, il 20 gennaio 1752, genetliaco del re, nel corso di una solenne cerimonia alla presenza della famiglia reale con squadroni di cavalleggeri e di dragoni che segnavano il perimetro dell'edificio, fu posta la prima pietra. Tale momento viene ricordato dall'affresco di Gennaro Maldarelli che campeggia nella volta della Sala del Trono.

L'opera faraonica che il re di Napoli gli aveva richiesto spinse Vanvitelli a circondarsi di validi collaboratori: Marcello Fronton lo affiancò nei lavori del palazzo, Francesco Collecini in quelli del parco e dell'acquedotto, mentre Martin Biancour, di Parigi, venne nominato capo-giardiniere. L'anno dopo, quando i lavori della reggia erano già a buon punto, venne iniziata la costruzione del parco. I lavori durarono complessivamente diversi anni e alcuni dettagli rimasero incompiuti. Nel 1759, infatti, Carlo III era salito al trono di Spagna ed aveva lasciato Napoli per Madrid.

I sovrani che gli succedettero (Ferdinando IV, divenuto poi Ferdinando I), Gioacchino Murat, che all'abbellimento della reggia diede un certo contributo, Ferdinando II e Francesco II, col quale ebbe termine in Italia la dinastia dei Borbone, non condivisero lo stesso entusiasmo di Carlo III per la realizzazione della Reggia. Inoltre, mentre ancora nel XVIII secolo non era difficile reperire manodopera economica grazie ai cosiddetti barbareschi catturati dalle navi napoletane nelle operazioni di repressione della pirateria praticata dalle popolazioni rivierasche del nordafrica, tale fonte di manodopera si azzerò nel secolo successivo con il controllo francese dell'Algeria.

Infine, il 1 marzo 1773 morì Vanvitelli al quale successe il figlio Carlo: questi, anch'egli valido architetto, era però meno estroso e caparbio del padre, al punto che trovò notevoli difficoltà a compiere l'opera secondo il progetto paterno.

Palazzo

«Una delle creazioni planimetriche più armoniche, più logiche, più perfette dell'architettura di tutti i tempi.»
 
Lo scalone Reale

La reggia, definita l'ultima grande realizzazione del Barocco italiano[3], fu terminata nel 1845 (sebbene fosse già abitata nel 1780), risultando un grandioso complesso di 1200 stanze e 1790 finestre, per una spesa complessiva di 8.711.000 ducati. Nel lato meridionale, il palazzo è lungo 249 metri, alto 37,83, decorato con dodici colonne. La facciata principale presenta un avancorpo centrale sormontato da un frontone; ai lati del prospetto, dove il corpo di fabbrica longitudinale si interseca con quello trasversale, si innestano altri due avancorpi. La facciata sul giardino è uguale alla precedente, ma presenta finestre inquadrate da lesene scanalate.

Nel complesso, la reggia ricopre un'area di ben 44.000 metri quadri. Oltre alla costruzione perimetrale rettangolare, il palazzo ha, all'interno del rettangolo, due corpi di fabbricato che s'intersecano a croce e formano quattro vasti cortili interni di oltre 3.800 metri quadrati ciascuno.

Accanto al portone centrale sono ancora visibili i basamenti sui quali dovevano essere poste le statue della Giustizia, della Magnificenza, della Clemenza e della Pace, virtù attribuite al re.

Oltre la soglia dell'entrata principale alla reggia si apre un vasto vestibolo ottagonale del diametro di 15,22 metri, adorno di venti colonne doriche. A destra e a sinistra si inseriscono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre frontalmente un triplice porticato immette al centro topografico della reggia. In fondo, un terzo vestibolo dà adito al parco. Su un lato del vestibolo ottagonale si apre il magnifico scalone reale a doppia rampa, un autentico capolavoro di architettura tardo barocca, largo 18,50 metri alto 14,50 metri e dotato di 117 gradini, immortalato in numerose pellicole cinematografiche. Ai margini del primo pianerottolo della scalinata si trovano due leoni in marmo di Pietro Solari e Paolo Persico, mentre il soffitto, caratterizzato da una doppia volta ellittica, fu affrescato da Girolamo Starace-Franchis con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo; sulla parete centrale è addossata una statua di Carlo di Borbone, opera di Tommaso Solari, affiancata da La verità e Il merito, realizzate rispettivamente da Andrea Violani e Gaetano Salomone.

La doppia rampa si conclude in un vestibolo posto al centro dell'intera costruzione. Di fronte si trova l'accesso alla grande Cappella Palatina, ispirata a quella della Reggia di Versailles; questo spazio, definito da un'elegante teoria di colonne binate che sostengono una volta a botte, è stato danneggiato durante la seconda guerra mondiale, quando andarono perduti gli organi e tutti gli arredi sacri, e quindi restaurato. Sul retro della cappella, ancora inglobato all'interno del palazzo, è posto il piccolo e raffinato Teatro di Corte, caratterizzato da una pianta a ferro di cavallo; fu inaugurato nel 1769 alla presenza di Ferdinando I delle Due Sicilie.

Invece, alla sinistra del vestibolo si accede agli appartamenti veri e propri. La prima sala è quella degli Alabardieri, con dipinti di Domenico Mondo (1785), alla quale segue quella delle guardie del corpo, arredata in stile Impero e impreziosita da dodici bassorilievi di Gaetano Salomone, Paolo Persico e Tommaso Bucciano. La successiva sala, intitolata ad Alessandro il Grande e detta del "baciamano", è affrescata da Mariano Rossi, che vi rappresentò il matrimonio tra Alessandro e Rossane (1787). Si trova al centro della facciata principale e funge da disimpegno tra l'Appartamento Vecchio e l'Appartamento Nuovo.

 
Scorcio della Sala del Trono

L'Appartamento Vecchio, posto sulla sinistra, fu il primo ad essere abitato da Ferdinando IV e dalla consorte Maria Carolina ed è composto da una serie di stanze con pareti rivestite in seta della fabbrica di San Leucio. Le prime quattro stanze, di conversazione, sono dedicate alle quattro stagioni ed affrescate da artisti quali Antonio Dominici e Fedele Fischetti. Segue lo studio di Ferdinando II, con dipinti a tempera di Filippo Hackert che rappresentano vedute di Capri, Persano, Ischia, la Vacchieria di San Leucio, Cava di Salerno e il giardino inglese della reggia stessa. Dallo studio si accede, mediante un disimpegno, alla camera da letto di Ferdinando II, i cui mobili però furono distrutti e rifatti in stile Impero dopo la morte del sovrano a causa di una malattia contagiosa. Oltre la camera è la sala dei ricevimenti, che, mediante una serie di anticamere, è collegata direttamente alla Biblioteca Palatina e quindi alla cosiddetta Sala Ellittica, che ospita un fulgido esempio di presepe napoletano.

L'Appartamento Nuovo, posto sulla destra della sala di Alessandro il Grande, fu costruito tra il 1806 ed il 1845. Vi si accede tramite la Sala di Marte, progettata da Antonio de Simone in stile neoclassico e affrescata da Antonio Galliano. Proseguendo oltre l'adiacente Sala di Astrea, con rilievi e stucchi dorati di Valerio Villareale e Domenico Masucci, si giunge quindi all'imponente Sala del Trono, che rappresenta l'ambiente più ricco e suggestivo degli appartamenti reali. Questo era il luogo dove il re riceveva ambasciatori e delegazioni ufficiali, in cui si amministrava la giustizia del sovrano e si tenevano i fastosi balli di corte. Una sala lunga 36 metri e larga 13,50, ricchissima di dorature e pitture, che fu terminata nel 1845 su progetto dell'architetto Gaetano Genovese. Intorno alle pareti corre una serie di medaglioni dorati con l'effigie di tutti i sovrani di Napoli, da Ruggero d'Altavilla a Ferdinando II di Borbone (tranne Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat), poi un'altra serie con gli stemmi di tutte le province del regno, mentre nella volta domina l'affresco di Gennaro Maldarelli (1844) che ricorda la cerimonia della posa della prima pietra. Le successive stanze rappresentano il cuore dell'Appartamento Nuovo e furono ultimate dopo il 1816. Tra queste si ricorda la camera di Gioacchino Murat, in stile Impero, con mobili in mogano e sedie con le iniziali dello stesso Murat.

Parco

 
Planimetria del complesso della Reggia

Il parco reale di Caserta si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo Sud-Nord, su 120 ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive fontane che, partendo dal limitare settentrionale del Giardino all'italiana, collegano a questo il Giardino all'inglese:

  • la Fontana Margherita;
  • la Vasca e Fontana dei Delfini;
  • la Vasca e Fontana di Eolo:
  • la Vasca e Fontana di Cerere (*);
  • Cascatelle e Fontana di Venere e Adone (*);
  • La fontana di Diana e Atteone , sovrastata dalle Grandi cascate terminali (*).

(*) delimitanti il lato occidentale del Giardino all'inglese.

La fontana Margherita

La fontana Margherita è detta anche del Canestro. È situata all'estremità del parterre prospiciente il palazzo ed apre la serie di vasche e fontane del Canalone.

La fontana dei tre delfini

La fontana dei tre delfini rappresenta la figura di un mostro marino con la testa e il corpo di un delfino. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone.

La fontana di Eolo

La fontana di Eolo rappresenta il dio che, sollecitato da giunone, suscita la furia dei venti contro Enea e i Troiani. L'opers fu eseguita da Gaetano Salomone, Brunelli, Violani, Persico e Solari.


La fontana di Cerere

La scultura rappresenta Cerere che sostiene la medaglia della Trinacria. Le conchiglie, i tritoni e le anfore delle due divinità a lato della Dea rappresentano i fiumi siciliani dai quali sgorgano forti zampilli d'acqua. L'opera fu eseguita da Gaetano Salomone.

La fontana di Venere e Adone

L'opera rievoca il mito dell’amore di Venere e Adone: la dea inginocchiata prende la mano di Adone, scongiurandolo di essere prudente nell’imminente caccia; Adone, ignaro dell’incombente tragedia, calma le paure di Venere. Nel complesso marmoreo è presente anche il cinghiale che ucciderà Adone, in un atteggiamento d’attacco.

La fontana di Diana e Atteone

La scultura riprende la mitologia greca ed è suddivisa in due parti. Il particolare di sinistra, vede Atteone assalito dai suoi stessi cani mentre viene trasformato in cervo dopo aver visto Diana nuda. Il particolare del lato di destra raffigura Diana attorniata dalle sue ninfe.

Giardino all'italiana

 
Veduta prospettica del parco

Nell'area del Giardino all'italiana si estende, a sinistra, dando le spalle al palazzo, la Peschiera grande, dove si allevavano i pesci che venivano serviti alla mensa reale.

Poco distante si trova la Castelluccia, una sorta di fortezza in miniatura edificata nel 1769 per il divertimento e, forse, l'istruzione militare dei Principi reali. In origine, la torre ottagonale, il ponte levatoio, e soprattutto, una cinta bastionata, rendevano chiaro il carattere militare (sia pure di gioco) della struttura. Ma, nel 1819 la trasformazione dei bastioni in giardini ha modificato il disegno iniziale.

Passeggio e fontane

 
Vista della cascata

La Fontana Margherita chiude il giardino all'italiana e apre il percorso verso l'inglese con la prima delle vasche a sviluppo longitudinale, quella dei Delfini, misurante 470 metri per una larghezza di 27 e una profondità di 3 metri. Prende il nome dalla soprastante fontana formata da giganteschi delfini di foggia grottesca dalle cui bocche proviene l'acqua che l'alimenta.

La seguente Fontana di Eolo, con misure simili alla precedente, adorna di ventotto statue di venti a fronte delle cinquantaquattro previste dal progetto originale, è una delle opere incompiute del parco: il progetto, di cui resta solo un modello in legno predisposto dallo stesso Vanvitelli, prevedeva un grande gruppo scultoreo di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni. Grandioso comunque, l'emiciclo a porticato che chiude superiormente la vasca alimentata da una cascata che chiude come un velo alcuni fornici del portico.

Più avanti, la Fontana di Cerere, opera in marmo di Carrara di Gaetano Salomone, va a formare sette cascatelle ed è ornata di delfini e tritoni, Nereidi, statue dei fiumi Oreto e Simeto, tutte sprizzanti alti getti d'acqua. Completano la fontana una statua di Cerere che mostra un medaglione con la Trinacria e tutt'intorno ninfe e draghi.

A chiudere la serie delle fontane, prima della Grande Cascata, la Fontana di Venere e Adone: un grandioso gruppo marmoreo che mostra Venere intenta a dissuadere Adone dall'andare a caccia per evitare che possa essere ucciso da un cinghiale. Intorno ai protagonisti, ninfe, cani, fanciulli e amorini.

In fondo al parco troneggia la Grande Cascata, da cui una notevole mole d'acqua precipita in un bacino adorno del celebre gruppo di Diana e Atteone (opera di Paolo Persico, Pietro Solari e Angelo Brunelli). Da una parte, Diana, circondata da ninfe, sta per immergersi nelle acque; dall'altra, Atteone, che aveva osato guardare Diana nella sua nudità, è già in parte trasformato in cervo e intorno a lui si agitano i cani che lo sbraneranno.

Le vasche sono popolate da numerosi pesci, specialmente carpe e carassidi, e vi vegetano piante acquatiche delle specie Myriophyllum spicatum e Potamogeton crispus.

Giardino all'inglese

 
Scorcio del Giardino all'inglese

All'interno del parco fu realizzato da John Andrea Graefer un giardino voluto dalla regina Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, secondo i dettami dell'epoca che videro prevalere il giardino detto "di paesaggio" o "all'inglese", sottolineatura dell'origine britannica di spazi il più possibile fedeli alla natura (o almeno alla sua interpretazione secondo i canoni del Romanticismo).

La regina fu convinta da sir William Hamilton, inviato straordinario di sua maestà britannica presso il Regno delle Due Sicilie il quale si rivolse, per individuare l'esperto progettista del giardino a sir Joseph Banks, noto per gli studi botanico-naturalisti e per aver partecipato con il capitano James Cook alla leggendaria spedizione dell'Endeavour. La scelta cadde su John Andrew Graefer, figura di spicco tra i botanici anglosassoni, allievo di Philip Miller. Graefer era noto nell'ambiente botanico internazionale anche per aver introdotto in Inghilterra numerose piante esotiche, alcune delle quali dal remoto Giappone.

L'opera di John Andrew Graefer cominciò nel 1786 e consentì al giardino di formarsi, di anno in anno, con piante e sementi individuate a Capri, Maiori, Vietri, Salerno, Cava dei Tirreni, Pedemonte, Agnano, Solfatara, Gaeta. Nel 1789, mentre proseguiva il suo lavoro al Giardino Inglese, Graefer pubblicò in Inghilterra il Catalogo descrittivo di oltre millecento Specie e Varietà di Piante Erbacee e Perenni.

Il giardino è caratterizzato dall'apparente disordine "naturale" di piante (molte le essenze rare e, comunque, non autoctone), corsi d'acqua, laghetti, "rovine" secondo la moda nascente derivata dai recenti scavi pompeiani. Di spicco, il bagno di Venere, il Criptoportico, i ruderi del Tempio dorico.

Le fontane del parco sono alimentate dall'Acquedotto Carolino, che fu inaugurato nel 1762 da re Ferdinando IV. Quest'opera che attinge l'acqua a 41 km di distanza è, per la maggior parte, costruita in gallerie, che attraversano 6 rilievi, e 3 viadotti (molto noto quello denominato "I ponti della Valle" sito in Valle di Maddaloni, di 60 metri di altezza e 528 metri di lunghezza, ispirato agli acquedotti di epoca romana).

Il suo autore, John Andrea Graefer, lasciò la Reggia di Caserta il 23 dicembre 1798 imbarcandosi sulla nave dell'ammiraglio Horatio Nelson insieme alla famiglia reale in fuga dall'arrivo dei francesi. Il giardino fu curato negli anni successivi dai tre figli di Graefer che presero in fitto il giardino dal Direttorio francese di Napoli e lo curarono salvandolo dalla rovina.

La Reggia al cinema

Il regista cinematografico George Lucas ha girato diverse scene dei film La minaccia fantasma e L'attacco dei cloni, ovvero il primo e il secondo episodio della serie Star Wars, all'interno della Reggia di Caserta (i cui interni sono stati riproposti come la reggia del pianeta Naboo). Inoltre, nella Reggia sono state ambientate alcune parti dei film Il Pap'occhio, Ferdinando e Carolina, Mission Impossible 3 e Io speriamo che me la cavo; alcune scene della seconda serie televisiva di Elisa di Rivombrosa sono ambientate nella Reggia, anche se in realtà sono state girate all'interno di una località romana.

Va segnalata anche la pellicola I tre aquilotti del 1942, per la regia di Mario Mattoli, che vede un giovanissimo Alberto Sordi impersonante la parte di un giovanissimo allievo ufficiale dell'Accademia della Regia Aeronautica, all'epoca dislocata presso la Reggia di Caserta. Tra gli attori ricordiamo anche Leonardo Cortese, Galeazzo Benti e Riccardo Fellini, fratello del più famoso Federico; proprio a Riccardo viene riservata una fugace apparizione in divisa da accademista.

Gli interni del palazzo sono anche presenti nella fiction RAI Giovanni Paolo II, dove ricreano gli interni dei Palazzi Vaticani.

Dal 17 al 20 giugno 2008 la Reggia è stata utilizzata per alcune riprese della troupe cinematografica del film Angeli e Demoni, ispirato all'omonimo romanzo di Dan Brown, autore anche del best seller Il codice da Vinci.[4]

Curiosità

Nel 1861, con la nascita del Regno d'Italia, funzionari sabaudi rilevarono quanto contenuto nella Reggia: furono così inventariati "bacili a forma di chitarra di uso sconosciuto". Si trattava di bidet.

Note

  1. ^ La storia della Reggia di Caserta
  2. ^ All'uscita "Caserta Sud" dall'Autostrada A1 si può imboccare il lungo viale che, dopo qualche chilometro, giunge davanti alla reggia. L'armonia di questo viale d'accesso è guastata dalla linea ferroviaria che lo attraversa a breve distanza dall'emiciclo antistante il complesso.
  3. ^ N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino 1981, voce Vanvitelli, Luigi.
  4. ^ In origine la Reggia di Caserta non doveva essere inserita nella lista delle ___location destinate alle riprese del film, ma vi è entrata dopo che la Diocesi di Roma ha negato al cast il permesso di filmare all'interno delle chiese romane di Santa Maria del Popolo e di Santa Maria della Vittoria.

Bibliografia

  • (A cura di) Rosanna Cioffi, Casa di Re - Un secolo di storia alla Reggia di Caserta 1752 - 1860, Milano - Firenze, Skira editore - Artificio srl, 2004. ISBN 88-7624-207-4
  • (A cura di) Gian Marco Jacobitti e Anna Maria Romano, Il Palazzo Reale di Caserta, Napoli, Electa, 2003. ISBN 88-510-0185-5
  • Felice Defilippis Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli - Di Mauro Editore, 1968, Cava dei Tirreni.
  • Carlo Knight (con introduzione di Harold Hacton), Il Giardino Inglese di Caserta, Un'avventura settecentesca, Sergio Civita Editore, 1986.
  • Norberto Hadrava, Ragguagli di vari scavi e scoverte di antichità fatte nell'isola di Capri , Napoli 1793, Ristampa Napoli 1984
  • Touring Club Italiano-La Biblioteca di Repubblica, L'Italia: La Campania, Touring editore, 2004.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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