Sette piani
Sette piani è un racconto scritto da Dino Buzzati che analizza alcuni aspetti delle paure umane con protagonista Giuseppe Corte. È contenuto nelle raccolte Sessanta racconti e La boutique del mistero, entrambi editi da Mondadori.
Il racconto ha ispirato il film Il fischio al naso diretto e interpretato da Ugo Tognazzi.
La trama
L'avvocato Giuseppe Corte, dopo aver letto un volantino pubblicitario, in un giorno di marzo si fa ricoverare in un moderno ospedale di una grande città italiana, specializzato nella cura del male da cui è affetto. L'ospedale è strutturato in sette piani: i pazienti meno gravi vengono ricoverati in quello più alto, mentre ai piani più bassi si trovano, in forma crescente da piano a piano, i casi più gravi. Ovviamente Corte viene accolto subito al settimo livello, in attesa che i medici riescano a convincerlo che non ha nulla e lo rispediscano a casa. Corte inizia un buon iter verso la guarigione, ma una serie di cause concatenate fa sì che venga trasferito nei piani inferiori. Prima il ricovero di una donna che vorrebbe, al settimo piano, tre camere (per lei e i 2 figli), poi gli scrupoli di un medico allarmista, successivamente un eczema che gli appare su una gamba e lo fa scendere addirittura di due piani, poi un errore amministrativo, infine le ferie dei dipendenti. Via via Giuseppe Corte discende i vari piani della clinica, mentre è lasciato all' intuizione del lettore se un effettivo aggravamento del male ci sia o no. Nonostante le continue proteste e litigi nei confronti del personale dell'ospedale, in piena estate, l'ultimo errore lo conduce al temutissimo piano terra, sulla cui desolazione e tristezza era stato informato da un vicino di stanza pochi giorni dopo il suo arrivo. Ricoverato a questo livello, Corte, impotente nei confronti delle decisioni prese all'interno dell'ospedale, tenta ancora una volta di persuadere se stesso e le infermiere circa la sua sanità. Ma inesorabilmente in tutta la stanza si fa sempre più buio dato che le serrande cominciano a chiudersi automaticamente come in risposta ad un "misterioso comando".
Significato
Come accade in molte opere di Buzzati, anche qui l'ambientazione surreale è funzionale al messaggio e alle tematiche che lo scrittore vuole comunicare. Il racconto diventa così metafora del dramma interiore vissuto dall'uomo di fronte all'inevitabile e misteriosa precarietà della vita e della conseguente incapacità psicologica da parte dell'uomo di adattarsi alla realtà della morte, o anche semplicemente di capire che il suo futuro non dipende da lui e obbedisce a leggi misteriose contro le quali non può nulla.
La disperazione di Corte cresce contemporaneamente alla discesa verso il basso. Egli non si informa mai circa la natura della sua malattia, proietta la sua desolazione al di fuori di sè, ricercandone una causa esterna e rassicurante. Rifiuta quindi di ammettere la propria condizione. Fino a che è circondato da persone sane, come i ricoverati del settimo piano, il suo sguardo è libero di vagare nella natura circostante e gode della vastità dell'ambiente (anche se un velo di inquietudine non è mai assente). Il piano terra (la morte) appare lontana, e rifiuta categoricamente di contemplarla. Fa di tutto per non parlare con i dottori o gli altri ricoverati dei lamenti che da esso provengono, e prova spaventosi brividi ogni volta che ne vede le serrande abbassate. Ma la discesa al piano terra dal settimo è inevitabile. E le cause, fra l'altro, sono le più varie e inaspettate, mai contemplate dall'uomo durante il corso della vita. La morte arriva anche quando non si è in grado di accettarla. Corte urla, si arrabbia, dibatte e litiga con i dottori per quella che ritiene un'ingiustizia, alle infermiere ribadisce che non è malato, rifiuta da una parte il distacco dal mondo dei sani e dall'altra la saggezza di chi sa accettare l'ineffabilità del destino umano. Nel fare ciò non si cura di quello che avviene dentro di lui, ossia della "vera" malattia, su cui anche il lettore rimane all'oscuro. Vuole e pretende di stare soltanto tra i "sani". Proiettando all'esterno il problema ed evitando di risolvere con sé stesso il drammatico conflitto, cade nella solitudine e nella disperazione, in preda alla frustrazione e all'impotenza. Ecco che dalla finestra del piano terra, a differenza del settimo piano, tutto appare immobile. Il suo sguardo non riesce ad andare oltre le foglie degli alberi che lo circondano, e anch'esse appaiono, almeno alla vista un po' annebbiata del paziente, ferme: non c'è futuro per la sua vita. Solo inforcando gli occhiali vede muoversi qualcosa, un alito di vento che fa oscillare debolmente i rami.
A livello tematico non è poi da trascurare il senso di sospensione e di inquietudine derivante dall'attesa di un "qualcosa" che non arriva mai (in questo caso ad esempio la guarigione, il riconoscimento medico di sanità fisica e quindi la dimissione dall'ospedale). Sebbene altre opere di Buzzati esprimano meglio questo concetto (si veda Il deserto dei Tartari o i celebri racconti I setti messaggeri e Eppure battono alla porta), anche in questo scritto il senso di transizione, l'idea che la vita sia un passaggio precario e labile è ben rappresentato da una parte da un'ambientazione misteriosa e surreale e dall'altra dall'inutilità delle continue richieste e proteste, nonché degli sforzi del protagonista che cerca di continuo un appiglio che lo tenga aggrappato in qualche modo al mondo dei "sani".
Non si può neanche passare sotto silenzio, qui, la critica buzzatiana alla casta dei medici, i quali, rassicurando il paziente o dandone una frettolosa diagnosi, finiscono spesso e volentieri col liquidarlo senza premurarsi di curarlo o di riconoscere le vere ragioni di un male che si aggrava così in modo irreversibile.