Giuseppe Moro
File:Bepi Moro.jpg
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Altezza185 cm
Peso80 kg
Calcio
RuoloPortiere
Termine carriera1956
Carriera
Squadre di club1
1938-1941Treviso38 (-?)
1941Padova0 (0)
1941-1942Treviso30 (-?)
1942-1943Alessandria12 (-?)
1943-1947Treviso71 (-?)
1947-1948Fiorentina38 (-52)
1948-1949Bari36 (-47)
1949-1950Torino32 (-66)
1950-1951Lucchese37 (-53)
1951-1953Sampdoria72 (-83)
1953-1955Roma55 (-64)
1955-1956Verona15 (-?)
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
«Alternò favolose prodezze a errori così madornali da sembrare voluti. In questo sgradevole sospetto lasciò molti che pure lo ammiravano. Finì malamente, giusta la spensierata leggerezza con cui affrontò e assolse il suo lavoro di atleta.[1]»

Giuseppe Moro, detto Bepi[2] (Carbonera, 16 gennaio 1921Porto Sant'Elpidio, 28 gennaio 1974[3]), è stato un calciatore italiano, di ruolo portiere.

Durante la sua carriera — discussa e controversa per fatti legati alla presunta o effettiva vendita di partite — vestì le maglie di nove squadre di club e fece parte della Nazionale italiana ai mondiali del 1950. La sua specialità erano i calci di rigore: nelle gare di campionato, su un totale di 62 tiri dal dischetto subiti, riuscì a neutralizzarne 46, considerando sia quelli parati che quelli sbagliati dagli attaccanti.[4]

Biografia

Infanzia e adolescenza

Giuseppe Moro nacque il 16 gennaio 1921 a Carbonera, vicino Treviso.[2] Primo di nove figli, di cui una sola femmina, Moro da bambino odiava tutto ciò che riguardava la scuola, tranne un quaderno sulla cui copertina c'era un disegno di Plánička in tuffo. Tifoso juventino sin da piccolo, con le prime monetine messe da parte comprò un pallone per la somma di dieci lire; andò solo e compiaciuto, visto che nessuno dei compagni volle seguirlo, a calciarlo nel campo del paese.[5]

Il padre Mosè possedeva dei frutteti, come molti suoi compaesani, e il nonno era un importante commerciante del posto. Moro, non appagato dagli spazi dei suoi campi, si divertiva girando per gli altri frutteti a rubare frutta, inseguito dai contadini furibondi. Si era procurato una pertica con cui praticava una specie di salto con l'asta sui vigneti: gli stessi contadini, che venivano depredati, lo chiamavano cavalletta per i danni che faceva e per i suoi balzi spericolati.[6]

Un giornò Giuseppe Moro combinò un guaio e suo padre, furioso, lo inseguì, finché il figlio si trovò bloccato in una stanza, senza possibilità di scappare; erano al secondo piano e c'era la finestra aperta: Bepi si gettò nel vuoto, senza riportare alcun graffio, mentre suo padre, emulandolo, si ruppe il femore e rimase immobile per diverse settimane.[7]

La seconda guerra mondiale

Poco dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale, mentre si trovava ad Alessandria, fu chiamato alle armi: venne spostato in Sicilia, dove rimase fino allo sbarco degli alleati. A Licata faceva l'autista di un camion dell'officina mobile pesante di assistenza ai carri armati. Gli attacchi aerei dei caccia erano frequenti, anche quando si trovava al volante; così Moro inchiodava il camion, gettandosi dalla cabina e facendo voli improvvisi di diversi metri per mettersi al riparo. A distanza di tanti anni lui stesso reputò questa miscela di terrore, riflessi e atletica un allenamento fondamentale per la sua carriera.[8]

Il 9 settembre 1943, giorno seguente all'armistizio, scappò da Alessandria, dove era rientrato, travestendosi in borghese e indossando un cappellino per coprire i capelli rasati. Saltò su un treno, ma fu riconosciuto da alcuni tedeschi a Mortara, durante una sosta; mentre i tedeschi, distratti, raggruppavano altri italiani, lui si allontanò e balzò sul treno non appena questo ripartì, senza che i tedeschi se ne accorgessero. Grazie all'aiuto di un ferroviere arrivò prima a Milano, da dove successivamente raggiunse una famiglia di conoscenti a Lissone, trovando nascondiglio per un mese e mezzo. Quando si decise ad abbandonare il rifugio si vestì come gli operai adetti allo scarico dei pacchi di giornali alle stazioni e con il treno giunse a Treviso.[9]

La famiglia, le altre attività e gli errori

Tra il 1944 e il 1945 Giuseppe Moro si fidanzò e si sposò con Maria Tolot,[10] dalla quale ebbe tre figli maschi e una femmina. La primogenita Mirella, nacque nel 1946; i figli Alberto e Maurizio, nati rispettivamente nel 1947 e nel 1952, sono stati calciatori a livello dilettantistico. L'ultimo figlio Flavio, nacque nel 1967.[11][12][13]

Suo cugino, Ruggero Moro, è stato un ciclista professionista tra la fine degli anni '30 e l'inizio degli anni '40.[14]

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Una vita disperata

Una mattina dell'autunno 1965 Moro si presentò alla redazione del Corriere dello Sport per incontrare il direttore Antonio Ghirelli, che lo affidò a Mario Pennacchia, il quale accolse il suo sfogo. L'ex portiere era appena tornato dalla Tunisia, dove allenava una squadra giovanile e viveva in preda alla disperazione e alla solitudine. Per giorni raccontò la sua vita e la sua carriera, nel bene e nel male, svelando parecchi particolari scomodi.[15] Da questi incontri lo stesso Pennacchia pubblicò conseguentemente un racconto autobiografico in dieci puntate, fra il 16 novembre e il 1° dicembre, dal titolo Una vita disperata, uscito in terza pagina sullo stesso quotidiano, che riscontrò l'apprezzamento da parte dei lettori, i quali dimostrarono solidarietà nei confronti dell'ex portiere;[16] tutte le puntate furono riprese fedelmente e racchiuse nella biografia La vita disperata del portiere Moro, uscita nel 2011.

«Giuseppe Moro da dieci ore sta raccontando la sua vita assurda, eroica e disperata e il polso ci duole per l'ininterrotto, febbrile manoscritto. La commozione e la nausea, l'indignazione, lo spasso e la vergogna confluiscono in una sensazione sola: siamo sconvolti.[17]»

Caratteristiche tecniche

QUESTA SEZIONE DEVE ESSERE RIVISTA. L'USO DELLE FONTI NON E' DEFINITIVO, PERCHE' QUANDO HO SCRITTO LA PARTE MI MANCAVANO ANCORA TANTE RICERCHE DA FARE. QUINDI ALCUNE FONTI POTREBBERO ESSERE POTENZIALMENTE SOSTITUITE DA ALTRE, MIGLIORI PER VARI MOTIVI.

Moro è stato uno dei portieri più estrosi e spettacolari del calcio italiano.[12] Il suo particolare stile coniugava acrobazie e teatralità:[18] nei suoi interventi non si limitava all'efficacia del gesto tecnico, ma cercava gli applausi delle platee, anche sulle palle più insidiose.[19][20] Calma,[21] coraggio,[12] sicurezza,[22] freddezza,[23] intuito,[18] senso di posizione, scelta di tempo, rapidità di riflesso e il suo formidabile scatto ne facevano un portiere dal talento fuori del comune, che era in grado di salvare la propria porta nelle situazioni peggiori. Talvolta, fidandosi troppo delle proprie abilità, eccedeva nella sua spavalderia, compiendo errori e sviste clamorose.

Non erano rare le occasioni in cui assumeva atteggiamenti stravaganti: quando decideva di voler umiliare gli attaccanti, bloccava i tiri violenti con una sola mano ed evitava tutti i tuffi che non fossero indispensabili; altresì, rimaneva spregiatamente fermo con l'avversario a pochi metri di distanza, non muovendosi nemmeno dopo che il tiro era partito se aveva calcolato — ed era bravissimo in questo — che il pallone avrebbe sfiorato il palo. Altre volte, invece, le scene erano opposte: il frenetico ed eccentrico Moro si impegnava nelle più impensabili follie, la principale delle quali era recuperare il suo berrettino da ciclista che perdeva durante le uscite, dimenticandosi del gioco.

Moro aveva un fisico strano; soffriva di un'anomalia costituzionale che al minimo graffio o disturbo gli faceva venire la febbre.

I calci di rigore

La caratteristica per la quale divenne famoso era la sua bravura nel parare i rigori. Avvalendosi della sua eccezionale muscolatura e del suo singolare sistema nervoso, riserbava situazioni stupefacenti. Moro asseriva che se i rigoristi segnano, ingannando i portieri con le finte, allora i portieri possono parare se sono loro a ingannare con le finte i rigoristi; e così faceva sul campo, quando si gettava da un lato per ricadere dall'altro. Studiava i rigoristi e sfruttava tale conoscenza al momento dei tiri. Anche la componente psicologica non era di secondaria importanza: infatti, cercava di distrarre i tiratori dal dischetto, parlando o urlando loro, facendoli innervosire ed inducendoli a sbagliare.

Secondo quanto affermato dal portiere trevigiano, «in Italia si era diffusa una sorta di psicosi che finì per favorirlo, a volte in modo decisivo». A suo dire «per avere molte probabilità di neutralizzare un rigore bisogna inanzitutto conoscere a fondo le caratteristiche del giocatore chiamato a batterlo, saperne la base tecnica e conoscerne gli spostamenti del tronco e delle gambe. Poi occorrono intuizione e uno scatto tremendo da fermo».

Carriera

Club

Gli inizi al Treviso e la parentesi all'Alessandria (1938-1947)

Moro iniziò a giocare a calcio con il Treviso, partendo dai pulcini.[7] Non essendo particolarmente portato in nessun ruolo, per sua ammissione, decise di mettersi in porta.[24] Nella stagione 1938-1939, nonostante le poche presenze, fu uno dei migliori giovani portieri del campionato di Divisione Nazionale.[25]

Nell'agosto 1941 Moro venne ceduto, in cambio di tre calciatori e un conguaglio di 30 mila lire, al Padova che, trovandosi in abbondanza di portieri, lo rigirò in prestito alla squadra trevigiana.[7][26]

Con l'Alessandria disputò il suo primo campionato di Serie B, scendendo in campo in dodici occasioni, finché da Alessandria fu spostato in Sicilia e la sua stagione terminò.[8] Fece il suo debutto in Coppa Italia il 20 settembre 1942 nei sedicesimi di finale Modena-Alessandria (2-0), mentre esordì in Serie B il 4 ottobre nell'1-1 sempre contro il Modena, gara in cui si mise in luce per diversi salvataggi.[27]

Nel 1944, durante il pieno svolgimento della guerra, essendo libero da vincoli, ritornò a giocare con il Treviso il campionato dell'Italia Settentrionale, firmando il primo contratto della sua carriera, tramite il quale percepiva quasi 20 mila lire al mese.[28]

Al termine della stagione 1945-1946 Moro era intenzionato a lasciare il Treviso, tra il dispiacere della società e dei tifosi. Tuttavia, avendo personalmente falsificato alcuni documenti societari per suoi capricci, fu costretto a rimanere con i trevigiani per un'altra stagione, accordandosi per 250 mila lire totali, in cambio del silenzio dei dirigenti.[29]

I rapporti non idilliaci con il Treviso si ruppero definitivamente il 6 aprile 1947, quando si giocò Treviso-Lucchese (1-2). Pochi giorni prima uno zio di Mario Barluzzi informò Moro circa l'interessamento della Lucchese nei suoi confronti e la sera della vigilia lo presentò ad Aldo Olivieri, allenatore della squadra toscana; questi manifestò il suo apprezzamento per il portiere veneto e gli confidò di averlo voluto in squadra l'anno venturo; Moro rispose che sarebbe stato di suo gradimento il trasferimento, anche perché la Lucchese, prima in classifica, era fortemente indiziata a giocare in Serie A la stagione successiva ed ebbe la promessa di un premio di 100 mila lire, dietro assicurazione — da lui stesso ribattezzato «acconto del disonore» — che sarebbe andato a giocare a Lucca. I suoi compagni seppero immediatamente del colloquio — Moro non seppe mai spiegarsi come e da chi — così lo stesso 5 aprile si sparse la voce che Moro si era venduto la partita del giorno dopo. La sconfitta casalinga del Treviso, che era imbattuto nel proprio campo da quasi sei anni, secondo lo stesso Moro fu l'espisodio dal quale iniziò la sua fama di giocatore corrotto che lo accompagnò per tutta la sua vita.[30]

L'esordio in A con la Fiorentina (1947-1948)

La Lucchese, con cui era in parola, non si fece più viva; Moro ebbe quindi dal Treviso il nulla osta per cercarsi una squadra, purché fosse disposta a sborsare sei milioni di lire.[31] Un giorno venne a Treviso Duilio Rallo per definire la pratica del passaggio, avvenuto l'anno precedente, di Raoul Bortoletto (di cui Moro fu compagno al Treviso, alla Fiorentina, alla Lucchese e alla Roma) dai biancocelesti ai viola. Rallo convinse anche il portiere: a metà luglio 1947 i due partirono per Milano, dove Moro si accordò con il presidente Ardelio Allori per un ingaggio di due milioni, oltre ai sei pattuiti con la società trevigiana.[31][32]

Con i suoi nuovi compagni e con l'allenatore Ferrero ebbe subito ottimi rapporti, invece non entrò nelle simpatie del direttore sportivo Ugolini.[31] L'esordio con i viola, il 14 settembre in Fiorentina-Roma 1-0, coincise con il debutto assoluto in Serie A, in cui fu determinante ai fini della vittoria.[33] Moro si rivelò subito un acquisto indovinato,[34] spesso figurando il migliore in campo[REF] e colpendo per il suo stile esteticamente piacevole;[REF] una delle rivelazioni del campionato[REF] e uno dei migliori portieri in assoluto della A,[REF] al punto di entrare nel giro della Nazionale a dicembre.[REF]

Nella seconda parte della stagione, pur continuando a fornire prestazioni molto pregevoli,[REF] Moro mostrò in alcune circostanze la sua propensione verso inspiegabili amnesie ed incertezze,[REF] che costarono punti alla sua squadra. Il 6 giugno 1948, allorché la Fiorentina perse in casa 4-2 contro la Juventus, fu autore di una papera inverosimile: su un colpo di testa di Kincses bloccò agevolmente la palla, per poi lasciarsela sfuggire dentro la propria porta. Moro, insultato in occasione del primo gol bianconero da Ugolini, che era appostato dietro la porta, dichiarò di aver volutamente scagliato il pallone in rete pochi minuti dopo, ancora irritato dalle insolenze ricevute. La società lo mise fuori rosa e gli comminò una multa di 30 mila lire[REF] per il suo evidente calo di forma[REF] e il suo comportamento, ritenuto sospetto.[35] Il procedimento, giudicato eccessivo dai quotidiani,[REF] per il quale il portiere presentò ricorso alla Federazione,[REF] durò una sola settimana e Moro rientrò tra i pali il 20 giugno nella partita Lazio-Fiorentina 5-0, palesando la sua pessima condizione.[REF]

A stagione conclusa, malgrado l'incompatibilità con Ugolini, la società gli allungò il contratto di un anno, per la somma di un milione e 350 mila lire. I rapporti erano sempre tesi e nonostante la conferma la Fiorentina cercò di sostituirlo, senza rimetterci. Una volta saputa la possibilità di uno scambio con Castagliola, a pochi giorni dall'inizio del nuovo campionato,[REF] Moro andò a Bari per un milione e 600 mila lire promessigli per la stagione 1948-49.[36]

Bari

Al Bari diede un contributo fondamentale alla salvezza della squadra.[37]

Torino

Nell'estate del 1949 fu ingaggiato dal Torino, che spese 59 milioni di lire,[38] per far parte della prima formazione del dopo-Superga. In quella stagione, conclusa dai granata con un sesto posto, Moro incassò 66 reti risultando in quell'anno il portiere più battuto del campionato. L'anno successivo la società granata se ne liberò per 8 milioni,[38] vendendolo alla Lucchese.

Lucchese

Sampdoria

Si ricorda di lui una singolare parata allo stadio Luigi Ferraris nella quale, cadendogli il cappello mentre era in prossimità di parare il rigore, con una mano lo afferrò e contemporaneamente parò il rigore con l'altra mano.[senza fonte]

Roma

A Roma ritrovò l'allenatore Giorgio Sarosi, appena assunto, con cui aveva avuto delle polemiche ai tempi dei Bari.[39]

Verona

Nazionale

Si distinse particolarmente nel novembre del 1949 in Inghilterra-Italia, giocata nello stadio del Tottenham, quando resistette per 75 minuti agli attacchi della squadra inglese, all'epoca considerata la più forte del mondo; durante la partita riuscì a parare un tiro di Mortensen calciato da mezzo metro.[39]

Allenatore

Statistiche

Presenze e reti nei club

Stagione Club Campionato Coppe nazionali Coppe continentali Totale
Comp Pres Reti Comp Pres Reti Comp Pres Reti Pres Reti
1938-1939 Treviso C 4 ? ? ? ? - - - 4+ ?
1939-1940 C 8 ? ? ? ? - - - 8+ ?
1940-1941 C 26 ? CI 1+ ? - - - 27+ ?
agosto 1941 Padova - - - - - - - - - - -
1941-1942 Treviso C 30 ? ? ? ? - - - 30+ ?
1942-1943 Alessandria B 12 -25 CI 1 -2 - - - 13 -27
1944 Treviso CIS 11 ? - - - 11 ?
1945-1946 BAI 21 ? - - - 21 ?
1946-1947 B 39 ? - - - 39 ?
Totale Treviso ? ? ? ? - - - ? ?
1947-1948 Fiorentina A 38 -52 - - - 38 -52
1948-1949 Bari A 36 -47 - - - 36 -47
1949-1950 Torino A 32 -66 CL 1 –5 33 -71
1950-1951 Lucchese A 37 -53 - - - 37 -53
1951-1952 Sampdoria A 38 -40 - - - 38 -40
1952-1953 A 34 -43 - - - 34 -43
Totale Sampdoria 72 -83 - - - 72 -83
1953-1954 Roma A 27 -35 - - - 27 -35
1954-1955 A 28 -29 - - - 28 -29
Totale Roma 55 -64 - - - 55 -64
1955-1956 Verona B 15 ? - - - 15 ?
Totale ? ? ? ? - - - ? ?

Cronologia presenze e reti in Nazionale

Cronologia completa delle presenze e delle reti in nazionale ― Italia
Data Città In casa Risultato Ospiti Competizione Reti Note
12/06/1949 Budapest Ungheria   1 – 1   Italia Coppa Internazionale -1
30/11/1949 Londra Inghilterra   2 – 0   Italia Amichevole -2
02/07/1950 San Paolo Paraguay   0 – 2   Italia Mondiali 1950 - 1° Turno -
25/11/1951 Lugano Svizzera   1 – 1   Italia Coppa Internazionale -1
24/02/1952 Bruxelles Belgio   2 – 0   Italia Amichevole -2
18/05/1952 Firenze Italia   1 – 1   Inghilterra Amichevole -1
26/10/1952 Stoccolma Svezia   1 – 1   Italia Amichevole -1
28/12/1952 Palermo Italia   2 – 0   Svizzera Coppa Internazionale -
26/04/1953 Praga Cecoslovacchia   2 – 0   Italia Coppa Internazionale -2
Totale Presenze 9 Reti -10

Note

  1. ^ Brera, p. 175
  2. ^ a b Pennacchia, p. 9
  3. ^ Diverse fonti, tra cui il libro di Pennacchia, riportano come data di morte il 27 gennaio. Tuttavia, dai quotidiani di allora si apprende che morì il 28 gennaio.
  4. ^ Pennacchia, pp. 95, 105
  5. ^ Pennacchia, pp. 35, 36, 67
  6. ^ Pennacchia, pp. 16, 35, 36
  7. ^ a b c Pennacchia, p. 36
  8. ^ a b Pennacchia, p. 37
  9. ^ Pennacchia, pp. 37, 38
  10. ^ Pennacchia, p. 38
  11. ^ L'albero degli sportivi, in Nuova Stampa Sera, 23 dicembre 1949, p. 4. URL consultato il 29 aprile 2012.
  12. ^ a b c Moro, il portiere di ogni prodezza, in La Stampa, 29 gennaio 1974, p. 16. URL consultato il 29 aprile 2012.
  13. ^ Pennacchia, p. 12
  14. ^ Gigi Bocaccini, È giunto per i granata il nuovo asso cecoslovacco, in Stampa Sera, 30 dicembre 1948, p. 4. URL consultato il 21 aprile 2012.
  15. ^ Pennacchia, pp. 1, 9
  16. ^ Pennacchia, pp. 10, 13, 107-118
  17. ^ Pennacchia, p. 15
  18. ^ a b È morto Moro portiere nazionale, in Stampa Sera, 28 gennaio 1974, p. 11. URL consultato il 29 aprile 2012.
  19. ^ Bruno Roghi, Per battere un Napoli autarchico, molto sudore e un colpo di testa, in Corriere dello Sport, 13 ottobre 1947, 1, 4. URL consultato il 29 aprile 2012.
  20. ^ Martin, Consuntivo della Nazionale, in L'unità (ed. piemontese), 15 giugno 1949, p. 4. URL consultato il 29 aprile 2012.
  21. ^ Giuseppe Melillo, Roma-Bari 0-0, in Corriere dello Sport, 14 febbraio 1949, p. 1. URL consultato il 29 aprile 2012.
  22. ^ È morto Moro, il portiere personaggio, in L'Unità, 29 gennaio 1974, p. 10. URL consultato il 29 aprile 2012.
  23. ^ Fulvio Bernardini, Bari-Fiorentina 2-0 (1-0), in Corriere dello Sport, 31 gennaio 1949, p. 4. URL consultato il 29 aprile 2012.
  24. ^ Pennacchia, p. 102
  25. ^ Nino Avanzini, Necessità di allevare e perfezionare i giovani: quindi massima cura per gli elementi indigeni, in Il Littoriale, 24 giugno 1939, p. 4. URL consultato il 7 maggio 2012.
  26. ^ L'inquadratura del Padova per il prossimo campionato, in La Stampa, 21 agosto 1941, p. 4. URL consultato il 7 maggio 2012.
  27. ^ Modena-Alessandria 1-1, in Il Littoriale, 6 ottobre 1942, p. 2. URL consultato il 7 maggio 2012.
  28. ^ Pennacchia, pp. 36, 38
  29. ^ Pennacchia, pp. 40, 41
  30. ^ Pennacchia, p. 41
  31. ^ a b c Pennacchia, p. 42
  32. ^ Moro alla Fiorentina per sei milioni, in Corriere dello Sport, 15 luglio 1947, p. 2. URL consultato il 7 maggio 2012.
  33. ^ Fulvio Bernardini, Fiorentina-Roma 1-0 (0-0), in Corriere dello Sport, 15 settembre 1947, p. 1. URL consultato il 7 maggio 2012.
  34. ^ Miracolo di Ferrero la nuova Fiorentina, in Corriere dello Sport, 25 settembre 1947, p. 4. URL consultato l'8 maggio 2012.
  35. ^ Pennacchia, pp. 42, 43
  36. ^ Pennacchia, p. 49
  37. ^ AAVV, vol. 4, p. 690
  38. ^ a b Alberto Fassano, Storie curiose del calcio mercato di altri tempi, in Stampa Sera, 12 luglio 1988, p. 19. URL consultato il 26 gennaio 2012.
  39. ^ a b Sappino, p. 367

Bibliografia

Opere

Libri

  • Gianni Brera, Il mestiere del calciatore, Milano, Baldini & Castoldi, 1994.
  • Marco Sappino, Dizionario del calcio italiano, Milano, Baldini & Castoldi, 2000.
  • Mario Pennacchia, La vita disperata del portiere Moro, a cura di Massimo Raffaeli, Milano, ISBN, 2011.

Collegamenti esterni

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