Età alto imperiale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Alto Impero romano.

Dai Severi all'anarchia militare

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dinastia dei Severi e Anarchia militare.

Struttura della legione

Riforma di Settimio Severo
 
Busto in alabastro di Settimio Severo, Musei Capitolini

Sotto Settimio Severo si avviarono importanti riforme militari che toccarono numerosi aspetti dell'esercito romano. Il numero delle legioni fu portato a 33 (con la creazione delle legioni I, II e III Parthica), con la II Parthica spostata alle porte di Roma, presso i Castra Albana, con l'intenzione di creare una nuova forza mobile a difesa della capitale, nel cuore dell'impero, pronta intervenire in caso di necessità.

Fu predisposto un aumento della paga dei soldati, ad ogni campagna ben remunerati con elargizioni e gratifiche, e venne attribuito loro il riconoscimento del diritto di sposarsi durante il servizio. Il reclutamento venne aperto maggiormente ai provinciali e venne favorita la nomina di comandanti di rango equestre nelle legioni, in particolare in quelle sua fondazione, ponendo a capo delle stesse non un legatus legionis, bensì un praefectus legionis, prendendo atto di una involuzione dell'esperienza militare dei senatori (a questo aspetto va aggiunta la naturale ostilità di Severo verso il senato).

Da Alessandro Severo in poi andrà maturando nei tre-quattro decenni successivi un progressivo rafforzamento della cavalleria con la crescente costituzione di unità di cavalieri corazzati (clibanarii) di origine sarmata, e il ricorso ad arcieri montati osroeni, palmireni ed emesi integrati nei numeri dei cavalieri dalmati e mauri, operativi già nel II secolo. Il successore, Massimino il Trace, sembra aumentò maggiormente l'importanza della cavalleria di origine germanica e di quella sarmatica, arruolata dopo aver battuto queste popolazioni durante le guerre del 235-238.[1] Questo processo di graduale incremento di reparti di cavalleria, potrebbe aver generato una maggiore "mobilità" anche nella legione stessa, che culminò con la riforma di Gallieno. Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica. L'esercito iniziava a tradursi in una forza meno stanziale, non più puramente di "confine o sbarramento", come era stato per i due secoli precedenti fin dai tempi di Adriano, in cui era apparsa legata in prima istanza alle forze di fanteria e in misura ridotta a quelle montate.[2][3]

Gordiano III durante la campagna militare condotta personalmente contro Sapore I, si pose alla testa di un esercito reclutato "nell'intero impero romano e fra i popoli dei Goti e dei Germani",[4] si deduce da una iscrizione rinvenuta a Naqs-i-Rustam che commemora la vittoria contro i romani. Gordiano aveva fatto ricorso quindi a un cospicuo numero di gentiles (volontari mercenari o foederati) goti e germani del limes danubiano. Filippo l'Arabo, invece, licenziò molti di questi mercenari, preferendo pagare 500.000 denari ai Sasanidi, piuttosto che continuare la campagna contro gli stessi, e generando tra i federati un diffuso malcontento per la sospensione del pagamento abituale del tributo.[5]

Riforma di Gallieno

Non è chiaro se sia stato l'imperatore Gallieno ad aumentare il contingente di cavalleria interno alla legione stessa, portandolo da soli 120 cavalieri a 726, o i suoi successori, gli imperatori illirici, come una parte della storiografia moderna sembra sostenere.[6] La verità è che la nuova unità di cavalleria legionaria risultava divisa tra le dieci coorti legionarie, dove alla prima coorte erano affiancati 132 cavalieri, mentre alle altre nove 66 ciascuna. Questo incremento della cavalleria fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" e versatile nel corso del III secolo,[7][8] come conseguenza delle continue invasioni, sia da parte dei barbari lungo i confini settentrionali, sia a causa della crescente minaccia orientale, dove alla dinastia dei Parti Arsacidi subentrò (dal 224) quella dei Sasanidi, assai più bellicosa e che intendeva replicare ai fasti dell'antico Impero achemenide.[9]

Gallieno promosse il rafforzamento delle vexillationes equitum, i reparti mobili a cavallo, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Mediolanum (Milano). Promossa o meno da Gallieno, si assistette al consolidamento delle forze di uomini a cavallo, detti Equites promoti (con base nella già citata Milano) formati da unità reclutate nell'Illirico (dalmatae), in Nord Africa (mauri) e in aggiunta da forze d'elite (scutarii), sempre svincolati dalla legione, non è chiaro se preposte all'intervento come forza d’emergenza (come "riserva mobile") nel caso di invasione.[10][11] Queste forze insieme erano definite Equites illyriciani o vexillatio. L’importanza di questa nuova organizzazione crebbe a tal punto che chi guidava queste unità di cavalleria poteva aspirare a ruoli di maggiore prestigio e addirittura a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano). Con Gallieno, inoltre, si completa il travaso di responsabilità nella gestione dell’esercito dalla classe senatoria al cavalierato, già iniziato sotto Settimio Severo e che aveva portato alla presenza di legati augusti di rango pretorio. Con un editto infatti l'imperatore abrogò l'accesso dei senatori alla legazione di legione.[12]

Comandi complementari interni alla legione

Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).

Il ricorso alle unità di catafratti, create per la prima volta da Adriano,[13] in quest'epoca è altamente documentato. Si fa già molto ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, ad imitazione dello stile di combattimento aggressivo tipico di sarmati e iazigi, fondato sulla carica diretta.[14] Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano sospettate di essere facilmente corruttibili.[15] Una delle prime unità di contarii fu l' Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia.

La cavalleria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni e prefetti d'ala. In battaglia (in cui si disponevano solitamente a cuneo o anche a testudo in schieramento difensivo) il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e era seguito da un calo, schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva.

Nel corso del III secolo fanno la loro comparsa anche i cunei equitum. Erano simili ai numeri, quindi con marcate connotazioni etniche, ma a differenza di questi ultimi, sembra si differenziassero proprio per la caratteristica di utilizzare solo reparti di truppe montate a cavallo.[16]

Genio militare

Gerarchia interna

Con la riforma di Gallieno, che di fatto aboliva le cariche senatoriali all'interno dell'esercito romano (il tribunus laticlavius ed il legatus legionis) e, di conseguanza, anche all'interno della legione stessa, la gerarcia di comando subì una parziale modifica almeno nella parte concernente il comando. Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimaneva pressoché invariato:

  1. il semplice miles (legionario romano), poi
  2. gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): ingegneri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius);
  3. i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):
    1. sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e
    2. duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero l'optio, l'aquilifer, il signifer, l'imaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor. A questo punto troviamo gli ufficiali della legione imperiale.[17][18]
  4. i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);[19][20][21]
  5. i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus;[19] quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;[22][21]
  6. un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni[18]);[17]
  7. i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni[21]);[17][18]
  8. un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);[21]
  9. un praefectus legionis di rango equestre, identificabile con il "vecchio" praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento).

Disposizione tattica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tattiche della fanteria romana.

Modello strategico

Armamento

 
Armamento tipico di legionario operante nelle province settentrionali intorno al 275 circa. Il soldato indossa un elmo imperiale gallico con rinforzo incrociato sul coppo, una lorica hamata con un focale al collo per evitare le abrasioni, un balteo cui sono appesi il gladio e il pugio, mentre nella mano destra regge un pilum pesante. Nella sinistra reca un clipeo ovaliforme. Indossa pantaloni, tunica a maniche a tubo e scarponi, essenziali per operare nei climi freddi del limes renano.
Armi da difesa
  • Un clipeus ovale, composto di assi di legno con rinforzi di ferro, dotato di umbone, o uno scutum rettangolare con rilievo metallico trasversale e umbone;
  • Un elmo di tipo imperiale (o nella variante italica), con paragnatidi e paranuca, oppure di tipo Berkasovo;
  • Una lorica hamata leggermente modificata, priva di rinforzi alle spalle, dotata di maniche ricoprenti anche tutto il braccio, simile a un giaco o a un usbergo, oppure la versione squamata, che inizia a diffondersi;
Armi di offesa
  • Una spatha lunga, che sostituisce il gladio;
  • Vari pila, con fusti a incastro o muniti di codolo;
  • Un pugio, leggermente diverso da quello del I secolo, con lama più larga;
Altro equipaggiamento
  • Una tunica indossata sotto la lorica;
  • Un paio di pantaloni, ormai entrati nell'uso anche dei legionari;
  • Un budriere o balteo per sostenere la spatha;
  • Un paio di scarponi, ormai sempre più usati rispetto alle caligae.

Tardo impero

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tardo Impero romano.

Dalla riforma di Diocleziano alla fine della guerra civile (285-324)

Struttura della legione

 
Soldato romano del III-IV secolo. Indossa un elmo Berkasovo, lorica hamata con maniche simile a un giaco, un budriere per la spatha e un cingulum per la semispatha. Nella mano destra sembra impugnare due tipologie di spiculum. Lo scudo, un grande clipeo, presenta la vivacità delle rappresentazioni, anche a sfondo mitologico e religioso, tipiche di quest'epoca.

Diocleziano riorganizzò l'esercito, uscito dalla grande crisi del III secolo, comprendendo quale rilievo ora rivestissero le forze di cavalleria. Egli, infatti, trasformò la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (formata di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii).[23]

Comandi complementari interni alla legione

Cavalleria
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).
Genio militare
  Lo stesso argomento in dettaglio: Genio militare (storia romana).

Gerarchia interna

Disposizione tattica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tattiche della fanteria romana.
Modello strategico

Armamento

Armi da difesa
Armi di offesa
Altro equipaggiamento

Da Costantino, unico Augusto, alla Notitia dignitatum (324-400 circa)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma costantiniana dell'esercito romano e Notitia dignitatum.

Struttura della legione

Con la riforma costantiniana dell'esercito il comitatus fu rafforzato e ristrutturato, venendo composto da 5 legioni (ridotte nel numero di soldati e forse composte da non più di 1000-2000 uomini), 5 vessillazioni e 10 unità di auxilia. Le legioni, meno flessibili, erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto agli auxilia ed erano più pesantemente armate. Accanto agli auxilia esistevano gli auxilia palatina, corpi più flessibili e meno adatti ad operazioni speciali delle normali legiones. I comitatensi palatini si distinguevano in legiones, vexillationes o auxiliae. Tali unità, attive in tutto il periodo tardo imperiale, costituivano il cosiddetto "esercito mobile centrale", ovvero amministrato dall'imperatore mediante il magister militum. Al contrario, le unità definite comitatenses costituivano il cosiddetto "esercito mobile regionale", ovvero amministrato dai governatori locali (i comes) [24].

Alcuni corpi degli auxilia erano addestrati al ruolo di fanteria leggera, specializzati, a seconda dei corpi, come arcieri (sagittarii), ricognitori (exculcatores), frombolieri (funditores e fundibolatores, i primi armati di fionda, i secondi di mazzafionda), balestrieri (balistarii o manuballistarii), questi ultimi non si sa se operai addetti al funzionamento delle baliste o veri e propri uomini armati di balestra.[25]

Il supremo potere militare poteva essere assunto da un magister militum, secondo la Notitia Dignitatum, unico per l'Occidente (Magister equitum per Gallias), mentre se ne citano cinque per la parte orientale. Ai due magistri militum erano sottoposti, per la sola parte occidentale, i numeri su base territoriale "pseudo-prefettizia", un tempo unità ausiliarie formate in prevalenza da elementi meno romanizzati o di origine barbarica. Al comando dei numeri i duces, talora agli ordini di comites dei comitatensi. Il magister equitum era a capo di tutte le forze di cavalleria della porzione occidentale organizzate in vexillationes, parallelamente a quello della fanteria, ai quali erano sottoposti gli auxilia palatina, legioni palatine e comitatensi e pseudocomitatensi, questi ultimi distaccamenti dei limitanei presso il comitatus.

Questa la struttura dell'esercito secondo la Notitia Dignitatum:

  1. le Scholae palatinae, ovvero unità della guardia personale dell'imperatore, dopo scioglimento della guardia pretoriana;
  2. l'esercito "mobile", diviso in seguenti sotto-unità (per rango gerarchico):
    1. unità Palatinae (di palazzo o praesentalis o Comitatus, ovvero l'esercito mobile degli imperatori), ovvero l'élite dell'esercito romano, suddivise in:
      1. Legiones palatinae, reparti di fanteria pesante (tra cui: Ioviani, Herculiani, Primani e Moesiaci);
      2. Auxilia palatina, fanteria leggera (tra cui: Batavi, Reges, Cornuti, Brachiati, Celtae, Heruli e Petulantes);
      3. Vexillationes palatinae, cavalleria;
    2. unità Comitatenses vere e proprie, unità "mobili regionali", a disposizione dapprima dei singoli Cesari, figli di Costantino, più tardi dei vari magistri militum non praesentalis, a loro volta suddivise in:
      1. Legiones comitatenses, fanteria pesante;
      2. Vexillationes comitatenses, reparti di cavalleria;
    3. unità Pseudocomitatenses, unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus), le quali potevano essere solo di un tipo:
      1. Legiones pseudocomitatenses, unità trasferite dalle frontiere all'esercito "mobile";
  3. l'esercito "lungo le frontiere" (limes), dei Limitanei e/o Riparienses, suddivise in:
    1. legiones limitaneae, fanteria pesante;
    2. Auxilia (o auxiliares o auxilium);
    3. Milites o Numeri;
    4. Equites e Cunei, reparti di cavalleria limitanea;
    5. Alae e Cohortes erano forse i residui di vecchie unità alto-imperiali.

Comandi complementari interni alla legione

Cavalleria
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).
«Venivano in ordine sparso i corazzieri a cavallo, chiamati di solito "clibanari", i quali erano forniti di visiere e rivestiti di piastre sul torace. Fasce di ferro avvolgevano le loro membra tanto che si sarebbero creduti statue scolpite da Prassitele, non uomini. Erano coperti da sottili lamine di ferro disposte per tutte le membra ed adatte ai movimenti del corpo, di modo che qualsiasi movimento fossero costretti a compiere, la corazzatura si piegasse per effetto delle giunture ben connesse.»

All'interno del comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), fu assegnata una importanza particolare forze di cavalleria (vexillationes).[26] Le vessillazioni in quest'epoca designano non più i distaccamenti di legioni, ma reparti formati da uomini a cavallo. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Diocleziano ma soprattutto con quella di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità importantissime, alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni.

La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena.[27] Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartenneo al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.

I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale. Unità d'elite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores.[28] Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale.[29]

Genio militare
  Lo stesso argomento in dettaglio: Genio militare (storia romana).

Gerarchia interna

Ai vertici della gerarchia con la riforma costantiniana vengono collocati il magister equitum e il magister peditum (i due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica mutava in magister peditum et equitum o magister utriusque militiae), che subentrarono alla figura del Prefetto del pretorio, sprovvisto di imperium, direttamente dipendente dall'imperatore in ogni prefettura in cui era stato diviso l'impero con la riforma diocesana. Al di sotto di questi c'era un Magister militum, capo supremo del comitatus. Un comes era poi posto alle dipendenze del magister militum della sua prefettura del pretorio. Il comes aveva come suoi sottoposti delle figure paragonabili ai centurioni, i centenarii.[30] Le forze di limitanei erano invece sottoposte a duces provinciali o tribuni,[31] i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di frontiera. Alla fine del regno di Costantino vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali veniva affidato il comando effettivo sul campo, soppiantando a livello strettamente militare il magister militum.[32]

Disposizione tattica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tattiche della fanteria romana.
Modello strategico
 
Mappa dell'mondo romano poco dopo la morte di Costantino (337), con i territori assegnati ai suoi tre figli (Costante I, Costantino II e Costanzo II) ed ai due nipoti (Dalmazio e Annibaliano)

Le legioni e le unità di ausiliari e legionari stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate più in profondità e distribuite presso le città, qui dislocate a causa delle difficoltà logistiche incontrate nei rifornimenti delle truppe. La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, definite limitanei o ripenses se poste a guardia dei confini fluviali, un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati tra cittadini e peregrini).

La Notitia Dignitatum fonisce un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni, della struttura delle province e delle unità militari. Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni e coorti, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma.[33] L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo a motivo del fatto che chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione della esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città preposto alla esazione dei tributi), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma per coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni. [34]

Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica (i limitanei più vicini ai confini e il comitatus dislocato presso le fortezze interne), ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, alla funzione di "riserva strategica" o "forza mobile".[35] Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano.[36]

È nota l'accusa di Zosimo rivolta a Costantino, e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini.

«Costantino distrusse quella sicurezza rimuovendo gran parte dei soldati dalle frontiere e insediandoli nelle città che non avevano alcun bisogno di aiuto. In tal modo privò della protezione le popolazioni molestate dai barbari e, contemporaneamente, lasciò le città, non vessate da loro, in balia della violenza dei soldati, così da renderle deserte in gran numero.»

La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di 4.000 soldati circa.[37] Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici.

Armamento

 
Legionario romano del IV-V secolo, dotato di elmo Berkasovo, lorica hamata, spiculum e scudo tondo riccamente dipinto.

Per il tardo impero si segnala la grande eterogeneità delle uniformi. A partire dalla fine del IV secolo, infatti, lo stato non conferiva più il vestiario direttamente al solato, ma forniva delle indennità per il suo acquisto. A tal proposito va evidenziato un diverso abbigliamento, e con tutta probabilità anche una difformità di armamento, segnatamente tra limitanei e comitatensi. Si suppone che i primi, alloggiando presso i castella di confine, si rifornissero presso le fabbriche (segnalate in 35 dalla Notitia Dignitatum) e i magazzini statali dei forti, e quindi godessero di una maggiore uniformità di equipaggiamento.[38] Per i comitatensi, in genere per l'esercito regolare, la situazione era diversa. L'introduzione dell'indennità era infatti diretta a superare le difficoltà logistiche della distribuzione delle uniformi e nel caso di questi ultimi, trattandosi di truppe "mobili" e più soggette a spostamenti, è plausibile pensare che l'eterogeneità di vestiario e armamento fosse ancora più accentuata, proprio a motivo della molteplicità degli scenari toccati da questi soldati e del continuo impegno sul campo di battaglia, aspetto che postulava un frequente ricambio e una ripetuta sostituzione di armi e equipaggiamento, vuoi perché danneggiate, vuoi perché inadatte al nuovo nemico che si apprestava ad affrontare.

A ciò va aggiunto che la consuetudine di richiamare le legioni da altre regioni di confine, sempre più periclitante a partire dall'epoca di Marco Aurelio, per tamponare situazioni di emergenza, imponeva inevitabilmente un adeguamento dell'armamento e del vestiario. I soldati potevano passare da operare in climi freddi, allo svolgere operazioni belliche in climi torridi, o viceversa.[39] Va tenuto conto, infine, del fatto che, solitamente, alla fine di una guerra, specie vittoriosa, gli uomini potevano tornare in patria reduci dagli scontri col nemico con indosso armature e indumenti peculiari del popolo sconfitto. A tal punto che un esercito di ritorno da una o più campagne poteva portare con se un variegato melting pot di elementi di abbigliamento, mode e usanze.

Tra i legionari romani continuarono a essere diffuse la lorica hamata e la lorica squamata, molto più diffusa. Potevano essere armati con spathae di varia lunghezza;[40] con vari tipi di armi da lancio: uno spiculum, equivalente al vecchio pilum, un vericulum, probabilmente un giavellotto leggero,[41] e, a partire dal IV secolo, un particolare tipo di dardo chiamato plumbata, che doveva essere lanciato senza l'ausilio di armi;[42][43] infine con una lancia da urto che assunse sempre più importanza, tanto da diventare arma fondamentale nell'equipaggiamento della fanteria pesante.[44] Nei combattimenti corpo a corpo poteva essere più agevole utilizzare una spada corta, chiamata semispatha.[45] Lo scudo, di circa un metro di diametro, era principalmente di forma ovale o tonda, con decorazioni che indicavano l'unità di appartenenza,[46] mentre l' umbone poteva essere semisferico oppure conico.[47]

Armi da difesa
  • Un elmo di tipo Intercisa con paragnatidi e paranuca, Berkasovo con paranaso, Spangenhelm con paragratidi e senza paranaso e paranuca;
  • Un clipeo ovale o rotondo, formato da assi di legno con profilo di cuoio attorno, munito di umbone;
  • Una lorica squamata o hamata, più raramente musculata o un semplice farsetto imbottito, talvolta munito di pteruges.
Armi di offesa
  • Uno spiculum, una lancia lunga, con asta di un 1,60 m e punta di ferro triangolare di 22 cm;[48]
  • Un verutum, un giavellotto corto, con asta di 1 m e punta di ferro di 12 cm;[48]
  • Alcune plumbate, speciali dardi con punta di metallo, definiti da Vegezio mattiobarbuli, fissati allo scudo; sempre Vegezio sostiene che laddove armati di questi dardi "i soldati scudati svolgono la stessa attività degli arcieri";[49]
  • Una spatha lunga, appesa al balteo o una semispatha, più corta;[50]
Altro equipaggiamento
  • Un berretto pesante di pelle "pannonico", portato perché "l'elmo non sembrasse pesante durante il combattimento";[51]
  • Un sagum, mantello rettangolare usato dai militari sin dall'epoca repubblicana, orlato di frangiature e decorato con vari motivi;
  • Una camisia con maniche a tubo, che in epoca tarda si sostituisce, quando non è indossata la toga, alla tunica (nel IV secolo plissettata) come tenuta regolamentare; [52]
  • Scarponi con laccio integrato, dotati di suola chiodata o liscia.

Note

  1. ^ AE 1905, 179; AE 1958, 194; AE 1964, 220a; AE 1966, 217; AE 1966, 218.
  2. ^ Santo Mazzarino, L'impero romano, Bari 1973, pp. 514-515.
  3. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, p. 268
  4. ^ Res Gestae Divi Saporis, righe 8-9.
  5. ^ Giordane, De origine actibusque Getarum, XVI, 1-3.
  6. ^ Gabriella Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Bologna 2012, p. 224
  7. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 6.
  8. ^ K. Dixon & P. Southern, The roman cavalry, pp. 27-28.
  9. ^ Giovanni Alberto Cecconi, La città e l'impero, Carocci, 2012, pp. 334-345.
  10. ^ Santo Mazzarino, L'impero romano, Bari 1973, pp. 551-552.
  11. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, pp. 270-271
  12. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus, 33, 33-34
  13. ^ CIL XI, 5632.
  14. ^ (EN) Richard Brzezinski, The Sarmatians 600 BC-AD 450, su books.google.it, 39-40. URL consultato il 27 ago 2012.
  15. ^ Tacito, Historiae, III, 5
  16. ^ K. Dixon & P. Southern, The roman cavalry, p. 32.
  17. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore LeBohec33
  18. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Keppie176
  19. ^ a b Y.Le Bohec, L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo, Roma 2008, p. 57.
  20. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.174.
  21. ^ a b c d L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.178.
  22. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p. 55.
  23. ^ Simon MacDowall, pag. 4, in Late Roman Cavalryman.
  24. ^ Simon MacDowall, pag. 4, in Late Roman Infantryman.
  25. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, III, 14, 13
  26. ^ Simon MacDowall, Late Roman Cavalryman, p. 4.
  27. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, pp. 276-277
  28. ^ Warren T. Treadgold, Byzantium and Its Army 284-1081, Stanford University Press, 1995, p. 92
  29. ^ Notitia dignitatum, Pars Orientis XI.4-10 & Pars Occidentis IX.4-8
  30. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, II, 13, 4
  31. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 33, 3.
  32. ^ Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, p.110
  33. ^ Barbero, pp. 167-168
  34. ^ Barbero, p. 169
  35. ^ Tale teoria si deve alla pubblicazione nel 1976 del libro dello stratega militare Edward Luttwak dal titolo "La grande strategia dell'impero romano", in cui si sosteneva la tesi della difesa in profondità attribuita a Costantino
  36. ^ Averil Cameron, Il tardo impero romano, Bologna 2011, p. 50-51, p. 187
  37. ^ Gabriella Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Bologna 2012, pp. 263-264
  38. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, pp. 279-280
  39. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, pp. 282-283
  40. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.143
  41. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.153
  42. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, I, 17
  43. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.156
  44. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.154
  45. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.151
  46. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 18
  47. ^ Cascarino, Sansilvestri, p.140
  48. ^ a b Vegezio, Epitoma Rei Militaris, II, 15, 5
  49. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, I, 17, 3
  50. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, II, 15, 4
  51. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, I, 20, 18
  52. ^ Jean-Michel Carrié, Il soldato, in Andrea Giardina (a cura di), L'uomo romano, Laterza, 2009, p. 137