Plotino
Plotino (204 – 270), filosofo pagano neoplatonico con aspetti mistici.
La filosofia classica (greca e romana) si conclude con questo filosofo, di intelligenza e importanza pari a Socrate, Platone e Aristotele. I filosofi concordano nell'assegnare a lui la fine dell'antichità e a collocare nel comtemporaneo Sant'Agostino d'Ippona l'inizio del Medioevo culturale, restando al 476 d.C.la data ufficiale della fine dell'impero romano con la resa di Odoacre ai barbari e l'inizio storico del medioevo vero e proprio (basso medioevo).
Plotino amava definirsi semplicemente un commentatore di Platone; in realtà non è solo il primo dei neoplatonici, ma un filosofo sistematico rivalutato da Hegel per la sua completezza e con molte analogie con quest'ultimo, e comunque forte condizionatore delle teorie dello Pseudo Dionigi Areopagita che condizionerà tutta l'arte medioevale.
L'aspetto mistico di cui si parla è l'estasi, il contatto-rapimento con l'Uno che è la famosa conclusione delle Enneadi, la fuga da solo a solo fra l'uomo e Dio. Per Plotino l'esperienza è normale, già provata da Platone e da molti filosofi nalla storia successiva (Platone diceva: "è filosofo chi vede l'intero, chi no no").
Il percorso delle Enneadi è dalla materia all'Uno in cui avviene l'estasi dell'asceta e il ritorno dell'Uno alla materia. Non è solo un percorso filosofico della mente, un modo di esposizione efficace delle teorie filosofiche, è un percorso dell'essere, un'ascesi di vita che fissa le tappe che ognuno può percorrere per la realizzazione di sè. In ogni uomo vi è una parte trascendente che prende letteralmente il volo in estasi non appena ha visione dell'Uno e il fine ultimo della vita umana resta per gli antichi la visione della verità e la contemplazione di Dio, che "è lì sempre ad aspettarti a braccia aperte, ... se non lo vedi sei tu che gli hai voltato le spalle": le Enneadi aiutano l'uomo che ha girato le spalle all'Uno a rivolgergli lo sguardo, a liberarsi dalle catene e dagli idoli della vita per contemplare la verità nella sua faccia (come dice Platone nel mito della caverna).
E le Enneadi sono anche la via seguita dai filosofi neoplatonici che dall'Uno sono stati rapiti per tornarvi,dopo un inevitabile allontanamento. Plotino nota che vi sono tre ipostasi, coeterne: la chora o materia platonica di cui è fatto il mondo sensibile e della molteplicità-spazialità indefinita, l'essere -pensiero e l'Uno. Aristotele e Platone non distinguevano chiaramente l'Uno dall'essere. Tornando dall'Uno alla chora, nell'estasi e prima ancora ragionando, si vede che l'Uno esce fuori di sè (anche lui in estasi) verosimilmente perchè è ridondante divenendo uno-che-è (ora predicabile e non più ineffabile). L'essere guarda la bellezza, pienezza originaria dell'Uno (che diversamente dall'essere non solo è Tutto, ma è più del Tutto perchè ridondante), e non potendola più raggiungere pensa sè stesso che è il bene, nel circolo essere di pensiero - pensiero dell'essere coincidenza di pensiero ed essere e pensiero di pensiero di cui parlava Aristotele. L'essere-pensiero è mondo intellegibile che solo con la nostra mente pensante può essere visto, non con i sensi del corpo; l'estasi-divisione dell'Uno arriva fino al mondo sensibile in cui è frantumata l'unità originaria. Le idee dell'essere si fondono qui con la chora, la materia che per Platone è poter essere, via di mezzo fra essere (in quanto fa esistere il mondo sensibile) e non-essere (in quanto non è idea ed è quindi fuori da questo). il Sensibile è male non solo perchè l'essere è bene, come mostra Platone, e la chora di cui è fatto il sensibile è, almeno in parte non-essere e quindi male; ma anche perchè questa chora che non è ben comprensibile ma che e in sè nella sua vuotezza è comunque una, si fonde con le idee creando una molteplicità dispersiva. Nell'essere ogni idea è tutte le altre, la chora è una anch'essa, ma il sensibile che ne è l'unione non è più Uno ma molteplice. Gli enti di questo mondo sono bene in quanto a immagine dell'essere, ma male in quanto non sono gli altri enti e non sono una cosa sola. È paradossale la natura non solo dell'uomo ma di ttutti gli enti come lui: proprietà dell'ente è essere se stesso e non essere gli altri enti, l'altro -da-sè, altrimenti non potremmo parlare di enti ma si parlerebbe solo di ente.
Il male come diversità
Il male esiste allora in senso relativo come il non-essere, ma c'è. Il male di ogni ente, compreso l'uomo, è la diversità non essere gli altri enti; male che resterebbe anche se fossimo tutti uguali, perchè comunque il mio corpo non sarebbe il tuo, io non sarei te pur essendo due copie uguali. La soluzione non è conformismo, ma la fuga dal mondo (che è diversità); la fuga dal mondo che sarà fondamentale nel medioevo, dovuta a guerre e situazioni storiche, trova però qui un contributo fondamentale nell'orientale alla vita monastica o alla solitudine dal mondo di molti posteri.
Fuggi il molteplice (Opheleie ta panta= lett. "fuggi tutte le cose") è il motto del filosofo, come "conosci te stesso" lo era per Socrate: la fuga dal mondo non vuol dire impoveririsi, ma un arricchirsi ritrovando dentro di noi l'Uno che è il mondo e molto più. Perciò la fuga dal mondo non vuol dire tanto abbandonare ogni bene, che poi si ritrova molto più nell'Uno, ma fuggire il molteplice. È molto vicino all'evangelico impoverirsi per ritrovare Dio, ma il filosofo resta da solo sebbene mostri al mondo la via all'Uno.
Filosofia classica e cristianesimo
Inizia nel tempo di Plotino l'intensa attività della patristica cristiana, nel tentativo di dare alle comunità cristiane una filosofia e teologia conciliabili con la religione e nello stesso tempo all'altezza della filosofia antica. Più di altri filosofi vicino alla nascente teologia cristiana, per Plotino è l'essere che tiene in vita il mondo e ci aspetta: l'Uno vuole questo, ma è anche costretto a farlo e, l'uomo è l'unico essere libero che può tornare all'Uno. Gli altri enti vorrebbero, non bastandogli il poco essere e bene che hanno dentro di se: tutti guardano all'Uno, anche l'essere, e l'uomo che unicamente può arrivarvi gli ha invece voltato le spalle. Gli altri, lottano perchè non hanno le ali per volare: forse anche alcuni uomini, assomigliando le Enneadi a un percorso per inziati. Ma mentre per Sant'Agostino da Ippona Dio punisce l'uomo per questo voltaspalle e gli lancia la Croce di Cristo come zattera di salvataggio, in Plotino l'uomo ha le forze per salvarsi. Fa la differenza e la polemica fra i due filosofi, quello che difendeva l'antichità e l'altro il cristianesimo, motore di futuri tentativi di sintesi come quello di San Tommaso d'Acquino.