Tempio di Apollo Patroos
Il tempio di Apollo Patroos era un edificio eretto nella parte occidentale dell'agorà di Atene, tra la stoà di Zeus e il Metroon. L'edificio potrebbe essere stato costruito su un precedente tempio di Apollo datato al VI secolo a.C., forse distrutto dai Persiani nel 480 a.C. Databile tra il terzo quarto del IV secolo a.C. e la prima parte del III secolo a.C., misura circa 10x16 metri, è tetrastilo in antis con un adyton impostato sul lato nord, in comunicazione con la cella, il quale formava con il corpo principale una struttura a L; sul lato nord si trovava anche un più piccolo e precedente tempio che si pensò potesse essere consacrato a Zeus Phratrios e Atena Phratria, in base ad un collegamento ideale privo di testimonianze materiali o letterarie certe.
Storia e descrizione
Dopo aver scritto dei dipinti nella stoà di Zeus, Pausania ricorda Eufranore anche come autore della statua di culto consacrata ad Apollo Patroos, che si trovava nel tempio vicino. Di fronte a questo tempio si trovavano anche una statua di Apollo opera di Leocare e una statua di Apollo Alexikakos opera di Calamide (Paus., I, 3.4). Essendo il Metroon l'edificio successivo nell'itinerario di Pausania si è dedotto che il tempio di Apollo Patroos doveva trovarsi tra questo e la stoà di Zeus.
Il risultato degli scavi, condotti a partire dal 1895 dall'Istituto archeologico germanico e dai greci (Greek Archaeological Service) nell'area occidentale dell'agora, fu pubblicato insieme ai risultati degli scavi dell'ASCSA (1931-1935) nel 1937 da Homer Thompson.[1] In base alla ricostruzione effettuata dal Thompson l'area doveva essere stata occupata da un edificio absidale dedicato ad Apollo risalente al tardo VI secolo a.C., le testimonianze e le deduzioni relative alla forma e alla stessa esistenza di tale edificio tuttavia non sono considerate conclusive.[2] Dopo il saccheggio da parte dei Persiani, non presentando segni di riedificazione, l'area sarebbe stata utilizzata come recinto aperto, fino a quando venne edificato un piccolo tempio a fianco della stoà di Zeus, a soli 4 metri da quest'ultima, il quale venne datato alla seconda metà del IV secolo a.C. da testimonianze materiali di tipo ceramico. Accanto a questo piccolo tempio dovette sorgere, in epoca immediatamente successiva, ma facente parte secondo la ricostruzione del Thompson di uno stesso progetto architettonico, un secondo edificio a forma di L; in realtà, la cronologia relativa alla costruzione del muro di contenimento dietro la stoà di Zeus sembrerebbe negare questa connessione progettuale tra i due edifici.[3] Uno dei due edifici doveva essere identificato come quello in cui Pausania vide la statua di Eufranore. Si presunse, in assenza di prove evidenti, che si trattasse dell'edificio più grande, mentre quello più piccolo il Thompson ritenne potesse essere dedicato a Zeus Phratrios e Atena Phratria, trattandosi anche in questo caso di divinità ancestrali degli ateniesi.[4]
L'altare del tempio di Zeus Phratrios e Atena Phratria
Un altare trovato nei pressi della parte a nord della stoà di Attalo, in marmo grigio e con una iscrizione su due linee che lo collega al culto di Zeus Phratrios e Atena Phratria[5] è stato collegato dal Thompson ad una base in poros trovata di fronte al piccolo edificio che egli aveva collegato alle stesse divinità. Sembra che la base in poros sia stata utilizzata in due epoche differenti, una prima volta per la lastra in marmo grigio appena citata, ma la possibilità di effettuare il collegamento dipende da un plinto di connessione solo ipotetico,[3] e una seconda per una lastra dedicata invece ad Apollo Patroos trovata nei pressi del Varvakeion (a circa 500 m a nord dell'Agorà).[6]
Note
- ^ Homer A. Thompson, Buildings on the West Side of the Agora, in Hesperia, vol. 6, n. 1, American School of Classical Studies at Athens, 1937, pp. 1-226.
- ^ Hedrick 1988, passim.
- ^ a b Hedrick 1988, p. 193.
- ^ Patroos, ossia paterno, in quanto padre di Ione, il fondatore e antenato degli Ioni, popolazione della quale gli ateniesi facevano originariamente parte.
- ^ ASCSA, Object I 3706, in Athenian Agora Excavations. URL consultato il 24 aprile 2013.
- ^ I. G. II24984.