Antonio abate
Sant'Antonio Abate chiamato anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto o Sant'Antonio l'Anacoreta (251?-356), eremita egiziano, è considerato l'iniziatore del Monachesimo cristiano e il primo degli Abati. A lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita ci è stata tramandata dal suo discepolo Sant'Atanasio. È ricordato nel Calendario dei santi il 17 gennaio, ma la Chiesa Copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde, nel loro calendario, al 22 del mese di Tobi.

La figura
Le fonti
Conosciamo la vita di Sant'Antonio abate soprattutto attraverso la Vita Antonii pubblicata nel 357, opera agiografica attribuita a Sant'Atanasio, vescovo di Alessandria che conobbe Antonio e fu da lui coadivato nella lotta contro la eresia ariana.
L'opera tradotta in varie lingue divenne popolare tanto in Oriente che in Occidente e diede un contributo importante alla affermazione degli ideali della vita monastica. Grande rilievo assume, nella Vita Antonii la descrizione della lotta di Antonio contro le tentazioni del demonio.
Un significativo riferimento alla vita di Sant'Antonio si trova nella Vita Sanctii Pauli primi eremitae scritta da San Girolamo verso il 375. Vi si narra l'incontro, nel deserto della Tebaide, di Antonio con con il più anziano San Paolo di Tebe. Il resoconto dei rapporti tra i due santi (con l'episodio del corvo che porta loro un pane affinché si sfamino, sino alla sepoltura dl vecchissimo Paolo ad opera di Antonio) vennero poi ripresi anche nei resoconti medievali della vita dei santi, in primo luogo nella celebre Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
La vita
Antonio nacque a Coma in Egitto (l'odierna Qumans) intorno al 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent'anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l'esortazione evangelica "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri" (Mt 19,21). Così, distribuiti i beni ai poveri e affidata la sorella ad una comunità femminile, seguì la vita solitaria che già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità.
Si racconta che ebbe una visione in cui un eremita come lui riempiva la giornata dividendo il tempo tra preghiera e l'intreccio di una corda. Da questo dedusse che oltre alla preghiera, ci si doveva dedicare a un'attività concreta che divenne il famoso motto Ora et labora, della regola benedettina. Così ispirato condusse da solo una vita ritirata, dove i frutti del suo lavoro gli servivamo per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, dubbi lo assalivano sulla validità di questa vita solitaria. Consultando altri eremiti venne esortato a perseverare. Lo consigliarono di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Allora, coperto da un rude panno, si chiuse in una tomba scavata nella rocca nei pressi del villaggio di Coma. In questo luogo sarebbe stato aggredito e percosso dal demonio; senza sensi venne raccolto da persone che si recavano alla tomba per portagli del cibo e fu trasportato nella chiesa del villaggio, dove si rimise.
In seguito Antonio si spostò verso il Mar Rosso sul monte Pispir dove esisteva una fortezza romana abbandonata, con una fonte di acqua. Era il 285 e rimase in questo luogo per 20 anni, nutrendosi solo con il pane che gli veniva calato due volte all’anno. In questo luogo egli proseguì la sua ricerca di totale purificazione, pur essendo aspramente tormentato, secondo la leggenda, dal demonio.
Con il tempo molte persone vollero stare vicino a lui e, abbattute le mura del fortino, liberarono Antonio dal suo rifugio. Antonio allora si dedicò a lenire i sofferenti operando, secondo tradizione, "guarigioni" e "liberazioni dal demonio".
Il gruppo dei seguaci di Antonio si divise in due comunità, una a oriente e l'altra a occidente del fiume Nilo. Questi Padri del deserto vivevano in grotte e anfratti, ma sempre sotto la guida di un eremita più anziano e con Antonio come guida spirituale.
Antonio contribuì all'espansione dell'anacoretismo in contrapposizione al cenobitismo.
Anche Sant'Ilarione visitò nel 307 Antonio, per avere consigli su come fondare una comunità monastica a Gaza, in Palestina, dove venne costruito il primo monastero della cristianità. Nel 311, durante la persecuzione dell'Imperatore Massimino Daia, Antonio tornò ad Alessandria per sostenere e confortare i cristiani perseguitati. Non fu oggetto di persecuzioni personali. In quella occasione il suo amico Sant'Atanasio scrisse una lettera all'Imperatore Costantino per intercedere nei suoi confronti. Tornata la pace, pur restando sempre in contatto con Atanasio e sostenendolo nella lotta contro l'Arianesimo, visse i suoi ultimi anni nel deserto della Tebaide dove pregando e coltivando un piccolo orto per il proprio sostentamento, morì, ultracentenario, il 17 gennaio 357. Venne sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto.
Il culto
Le reliquie
Nel 561 le sue reliquie vengono traslate ad Alessandria d'Egitto presso la chiesa di San Giovanni, verso il 635 in seguito all'occupazione araba dell'Egitto, vengono spostate a Costantinopoli. Nel XI secolo il nobile francese Jocelin de Chateau Neuf le ottiene in dono dall'Imperatore di Costantinopoli e le porta in Francia nel Delfinato. Nel 1070 il nobile Guigues de Didier fa costruire nel villaggio di La Motte presso Vienne una chiesa dove vengono traslate le spoglie del Santo.
Per la prima volta nella storia dal 6 al 13 Gennaio 2006, in occasione del Giubileo Antoniano, le Reliquie di Sant'Antonio Abate hanno lasciato la città di Arles (Francia) alla volta del Comune di Novoli in provincia di Lecce. Dal 13 al 17 sono state accolte nella stupenda cornice dell'Isola d'Ischia. Il 20 Agosto 2006 arrivano ad Aci Sant'Antonio (CT), in Sicilia per poi far ritorno ad Arles. Per la chiusura dell'Anno giubilare Antoniano e la festività del Santo le Reliquie faranno ritorno ad Ischia a Gennaio 2007, successivamente, dal 21 al 29 Gennaio 2007 infine saranno nella Parrocchia Sant'Antonio Abate in Vibonati (SA). Successivamente saranno traslate ad Arles in Francia
Il "fuoco di sant'Antonio"
Molti erano i malati che accorrevano per chiedere grazie e salute. Molti di questi erano afflitti dal fuoco sacro o male degli ardenti conosciuto anche come fuoco di Sant'Antonio che è una malattia provocata da una intossicazione alimentare. La segale era spesso contaminata da un fungo, l'ergot o segale cornuta, che provocava negli intossicati febbri altissime, accompagnate da allucinazioni, deliri e bruciori insopportabili. Queste intossicazioni toccavano intere collettività e provocavano nelle stesse delle vere e proprie stragi.
Gli Antoniani
Nel 1088, i monaci benedettini dell'Abbazia di Montmajeur presso Arles, vengono incaricati dell'assistenza religiosa dei pellegrini. Per quanto riguarda l'assistenza corporale, fu un nobile, certo Gaston de Valloire, che dopo la guarigione del figlio dal fuoco di Sant'Antonio, decise di costruire un hospitium e di fondare una confraternita per l'assistenza dei pellegrini e dei malati. Confraternita che si trasformerà nell'Ordine Ospedaliero dei canonici regolari di S. Agostino di S. Antonio abate, detto comunemente degli Antoniani.
L'Ordine nel 1095 venne approvato da Papa Urbano II al Concilio di Clermont e nel 1218 confermato con bolla papale di Onorio III. La divisa degli Antoniani era formata da una cappa nera con una tau azzurra posta sulla sinistra, e con le loro questue mantevano i loro ospedali diove curavano i pellegrini e gli ammalati.
Questo ordine ottenne il permesso di allevare maiali all'interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di Sant'Antonio. I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella, non a caso l'immagine del maiale con la campanella spesso accompagna l'iconografia di questo Santo.
Il 17 gennaio la chiesa benedice gli animali e le stalle che sono sotto la protezione di questo Santo. Anche tutti quelli che hanno a che fare con il fuoco sono sotto la sua protezione; in onore del racconto che vedeva Sant'Antonio addirittura recarsi all'inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori.
Le immagini di Sant’Antonio nella storia dell'arte
La popolarità della vita del Santo – esempio preclaro degli ideali della vita monastica - spiega il posto centrale che la sua raffigurazione ha costantemente avuto nell’arte sacra. Una delle più antiche immagini pervenutaci, risalente al VIII secolo, è contenuta in un frammento di affresco proveniente dal convento di Apollo a Bawit (Egitto).
Sant'Antonio fu presto invocato in Occidente come patrono dei macellai e salumai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici; fu reputato essere potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili. Troviamo immagini del Santo nei codici miniati, nei capitelli, nelle vetrate (come in quelle del coro della cattedrale di Chartres), nelle sculture lignee destinate agli altari ed alle cappelle, negli affreschi, nelle tavole e nelle pale poste nei luoghi di culto. Con l'avvento della stampa la sua immagine comparve anche in molte incisioni che i devoti appendono nelle loro case o addirittura nelle loro stalle.
Nel periodo medievale, il culto di Sant'Antonio fu reso popolare soprattutto per opera dell'ordine degli Ospedalieri Antoniani, che ne consacrarono altresì la iconografia: essa ritrae il Santo ormai avanti negli anni, mentre incede scuotendo un campanello (come facevano appunto gli Antoniani), in compagnia di un maiale (animale dal quale essi ricavavano i grasso per preparare emollienti da spalmare sulle piaghe). Il bastone da pellegrino termina spesso (come nel dipinto di Matthias Grünewald per l'altare di Isenheim) con una croce a forma di tau che gli Antoniani portavano cucita sul loro abito (thauma in greco antico significa stupore, meraviglia di fronte al prodigio). Tra gli insediamenti degli Ospedalieri è famoso quello di Issenheim (Alto Reno), mentre in Italia deve essere ricordata almeno la precettoria di Sant'Antonio in Ranverso (vicino a Torino) ove si conservano affreschi con le storie del Santo dipinte da Giacomo Jaquerio (ca. 1426).
Di fronte alla mole delle manifestazioni artistiche che hanno per oggetto la vita del Santo, occorre limitarsi ad alcune citazioni.
In numerosi dipinti l'immagine di Sant'Antonio è associata a quella di altri santi, in contemplazione spesso di una scena sacra. Ricordiamo ad esempio la suggestiva tavola del Pisanello (ca.1440-50) consevata alla National Gallery di Londra, che raffigura una visione della Madonna col Bambino che appare ad un rude e barbuto Sant'Antonio e ad un San Giorgio elegantemente vestito; ed ancora la tavola con il nostro santo accovacciato assieme a San Nicola di fronte alla scena della Visitazione in una tavola di Piero di Cosimo (ca. 1490) conservata alla National Gallery of Art di Washington.
Grande popolarità ebbero anche le scene di incontro tra Sant’Antonio e San Paolo eremita, narrate da San Girolamo. Nel Camposanto di Pisa il pittore fiorentino Buonamico Buffalmacco affrescò (ca. 1336) – con un linguaggio pittorico popolare ed ironico alquanto dissacrante – scene di vita che hanno per protagonisti i due grandi eremiti ambientate nel paesaggio roccioso della Tebaide.
Il tema dell'incontro dei due santi eremiti venne ripreso innumerevoli volte: citiamo la tavola del Sassetta alla National Gallery of Art di Washington (ca. 1440), la tela di Gerolamo Savoldo alla Galleria dell'Accademia in Venezia (ca. 1510) e quella di Diego Velázquez (ca. 1635) al Museo del Prado.
Ma l'abate Antonio, per la storia dell'arte, è soprattutto il santo delle tentazioni demoniache: sia che esse assumano – in accordo con la Vita Antonii scritta da Sant'Atanasio – l'aspetto dell'oro, come avviene nella tavola del Beato Angelico (ca. 1436) posta nel Museum of Fine Arts di Houston, oppure l'aspetto delle lusinghe muliebri come avviene nella tavola centrale del celebre trittico delle tentazioni di Hieronymus Bosch al Museu Nacional de Arte Antigua di Lisbona, oppure ancora quello della lotta, contro inquietanti demoni, scena che fu popolarissima nel XVI e XVII secolo soprattutto nella pittura del Nord.
Tra le opere più celebri a questo riguardo va menzionata la celebre tavola (ca 1515-20) di Matthias Grünewald che fa parte dell’altare di Isenheim conservato al Musée d'Unterlinden a Colmar. Essa è spesso citata assieme alla irriverente incisione (ca. 1480-90) di Martin Schongauer al Metropolitan Museum of Art di New York, New York.
Vanno poi ricordate anche le molteplici Tentazioni dipinte dai fiamminghi David Tenier il giovane e da Jan Brueghel il Vecchio, con la raffigurazione di paesaggi popolati da presenze demoniache che congiurano contro il santo, mentre sullo sfondo ardono misteriosi incendi (richiamo evidente al fuoco di Sant'Antonio); esse segnarono per molti anni un genere imitato da numerosi artisti minori.
Il tema delle Tentazioni di Sant'Antonio riletto con una diversa sensibilità, si ritrova anche in non pochi pittori moderni. Ricordiamo innanzi tutto Paul Cézanne con la sua tentazione (ca. 1875) della E. G. Bührle Collection (Svizzera); poi la serie di tre litografie eseguite (1888) da Odilon Redon per illustrare il romanzo La tentation de Saint-Antoine di Gustave Flaubert.
Relativamente al XX secolo vanno menzionate le interpretazioni date a questo tema - con scoperta attenzione alla lezione psicanalitica - da pittori quali Max Ernst e Salvador Dalì, entrambe eseguite nel 1946.
Galleria di Immagini
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Pisanello, Madonna col Bambino, Sant'Antonio Abate e San Giorgio, ca 1440-50, National Gallery di Londra
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Piero di Cosimo, Visitazione con San Nicola e Sant'Antonio Abate, ca. 1490, National Gallery of Art, Washington
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Sassetta, Sant'Antonio Abate e San Paolo Eremita, ca. 1440, National Gallery of Art, Washington
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Diego Velázquez, Sant'Antonio Abate e San Paolo Eremita, ca 1635, Museo del Prado, Madrid
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Hieronymus Bosch, Tentazioni di Sant'Antonio, ca. 1505, Museu Nacional de Arte Antigua. Lisbona
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Matthias Grünewald, Tentazioni di Sant'Antonio, ca. 1515-20, Musée d'Unterlinden, Colmar
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Spagnoletto, Ritratto di Sant'Antonio Abate, Pio Monte della Misericordia, Napoli
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David Tenier il giovane, Tentazioni di Sant'Antonio, Museo del Prado, Madrid
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Paul Cézanne, Tentazioni di Sant'Antonio, ca. 1875, E. G. Bührle Collection (Svizzera)
Alcune chiese dedicate a Sant'Antonio Abate
- Sant'Antonio Abate di Carmiano (Lecce)
- Sant'Antonio Abate di San Cataldo (Caltanissetta)
- Sant'Antonio Abate di Novoli (Lecce)
- Sant'Antonio Abate di Massafra (Taranto)
- Sant'Antonio Abate di Monteroni di Lecce
- Sant'Antonio Abate di Aci Sant'Antonio (Catania)
- Sant'Antonio Abate di Fasano (Brindisi)
- Sant'Antonio Abate in Vibonati (Salerno)
- Sant'Antonio Abate di Recoaro Terme (Vicenza)
- Sant'Antonio Abate di San Fili (Cosenza)
- Sant'Antonio Abate di Deiva Marina (Genova)
- Sant'Antonio Abate di Decimomannu (Cagliari)
- Sant'Antonio Abate di Pedara (Catania)
Città e paesi di cui Sant'Antonio Abate è patrono
- Aci Sant'Antonio (Catania)
- Carmiano (Lecce) - Compatrono
- Galluccio (Caserta)
- Novoli (Lecce)
- Recoaro Terme (Vicenza)
- Sant'Antonio Abate (Napoli)
- Caliano, frazione di Montoro Superiore (Avellino)
- Vibonati (Salerno)
- Decimomannu (Cagliari)
- Bolzone, frazione di Ripalta Cremasca (Cremona)
- Villa d'Agri, frazione di Marsicovetere (Potenza)
Folklore
Di grande interesse è la festa di "Pastellessa" che si tiene ogni anno a Macerata Campania (CE) in occasione della ricorrenza liturgica del 17 gennaio.
Bibliografia
- Antonio il Grande. Secondo il vangelo. Le venti lettere di Antonio. Matta el Meskin (a cura di), Comunità di Bose, 1999. ISBN 88-8227-046-7
- Athanasius, Vita Antonii. Ed. G.J.M. Bartelink. Paris 2000. Sources Chrétiennes 400.
- Traduzione di Evagrio: P.H.E. Bertrand, Die Evagriusübersetzung der Vita Antonii: Rezeption - Überlieferung - Edition. Unter besonderer Berücksichtigung der Vitas Patrum-Tradition. Utrecht 2005 [dissertation] [testo critico e commento: http://igitur-archive.library.uu.nl/dissertations/2006-0221-200251/index.htm]
- S. Athanasius. Vita di Antonio. introduzione di Christine Mohrmann, testo critico e commento a cura di G. J. M. Bartelink, traduzione di Pietro Citati e Salvatore Lillao. Milano, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori editore, 1998. ISBN 88-041-1183-6
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Chiesa S. Antonio Abate (Carmelo) - Diocesi di Caltanissetta - (Sicilia)
- BIOGRAFIA di S. ANTONIO su Associazione Eugubini nel Mondo
- (EN) Traduzione inglese della Vita Antonii
- Il Santuario antoniano di S. Antonio abate di Grottole (Basilicata)
- Parrocchia S. Antonio Abate a Novoli nella Diocesi di Lecce (Puglia)
- Festa in onore di Sant'Antonio Abate a Novoli con la tradizionale "Focara"
- Parrocchia Sant'Antonio Abate (nella Diocesi di Acireale (Sicilia)
- Parrocchia Sant'Antonio Abate in Vibonati (SA) - Diocesi di Teggiano - Policastro
- Parrocchia Sant'Antonio Abate in Decimomannu (CA)
- Parrocchia S. Martino Vescovo in Macerata Campania (CE) nella Diocesi di Capua (Campania)