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Al-Nābigha al-Jaʿdī (in arabo ﺍﻟﻨﺎﺑﻐـة ﺍﻟﺠﻌﺪﻱ?; Arabia, ... – Khorasan, 698-99) è stato un poeta arabo e un Sahaba del profeta Maometto.

Ḥibbān (o Ḥassān) ibn Qays ibn ʿAbd Allāh al-Nābigha al-Jaʿdī, appartenente ai Banū Jaʿda, sottogruppo della più grande tribù araba dei Banū ʿĀmir b. Ṣaʿṣaʿa, appartenne alla categoria più tardi classificata dei poeti mukhaḍramūn, che vissero cioè a cavallo tra la Jāhiliyya e l'Islam, e dei fukhūl (lett. "stalloni", a indicare l'eccellenza dei versi[1]

Si convertì all'Islam quando una delegazione della sua tribù giunse nel 630 a Medina per contrarre con Maometto un'alleanza. In quell'occasione il Profeta lo benedisse e lo trattò con particolare affabilità.

In base alla sua stessa testimonianza, contenuta nel Dīwān (Canzoniere) edito da Maria Nallino, si trasferì a Baṣra con la sua tribù all'epoca del secondo Califfo "ortodosso" 'Umar ibn al-Khattab.[2]

(. . .)

Note

  1. ^ Jāḥiẓ ad esempio, ne riporta con ammirazione la sua descrizione del cavallo nel Kitāb al-ḥayawān "Il libro degli animali" (I, 330 dell'edizione curata nel 1967 al Cairo da M. Hārūn per i tipi di Muṣṭafā al-Bābī al-Ḥalabī).
  2. ^ Dīwān, XI, versi 6-8.

Bibliografia

  • Maria Nallino (ed.), Dīwān, edito sotto il titolo Le Poesie di an-Nābigha al-Ǧaʿdī: raccolta critica dei testi, traduzione e note, Roma, Bardi, 1953.
  • Fuat Sezgin, Geschichte des Arabischen Schriftums (GAS), 13 voll., Leida, E. J. Brill, 1967-2000, II, pp. 245-47.
  • Lemma «al-Nābigha al-Djaʿdī» (A. Arazi), su: The Encyclopaedia of Islam.