Intenzionalità
L'intenzionalità, nella specifica corrente filosofica della fenomenologia, è l'attitudine costitutiva del pensiero ad avere sempre un contenuto, ad essere essenzialmente rivolto ad un oggetto.[1] Non ha a che vedere con la libera volontà né con l'agire "intenzionalmente".
Origine ed evoluzione del termine
Il concetto di intenzionalità era stato elaborato originariamente dalla filosofia scolastica, e fu reintrodotto nella filosofia contemporanea dal filosofo e psicologo Franz Brentano nella sua opera Psychologie vom Empirischen Standpunkte (Psicologia dal punto di vista empirico). Con l'intenzionalità della coscienza o della mente egli intendeva appunto l'idea che la coscienza sia sempre diretta ad un oggetto, che abbia sempre un contenuto, andando oltre se stessa. Brentano definì l'intenzionalità come la caratteristica principale dei fenomeni psichici (o mentali), tramite cui essi possono essere distinti dai fenomeni fisici. Ogni fenomeno mentale, ogni atto psicologico infatti ha un contenuto, è diretto a qualcosa (l'«oggetto intenzionale»). Ogni credere, desiderare, etc. ha un oggetto: il creduto, il desiderato.
Husserl
Edmund Husserl riprese la nozione da Brentano, ma introducendo alcune significative distinzioni. All'interno di ogni vissuto intenzionale si possono individuare due aspetti: uno soggettivo, che cioè prende in considerazione l'atto intenzionale, e uno obiettivo, che invece considera l'oggetto inteso in quanto tale. Husserl chiama noesi l'aspetto soggettivo dell'atto intenzionale (ad esempio il pensare), e noema l'elemento oggettivo (il pensato), da non confondere con l'oggetto esterno, la cui esistenza al di fuori dell'esperienza è per il filosofo moravo una questione metafisica. L'oggetto inteso dalla coscienza però non è un oggetto intra-mentale, bensì l'oggetto reale. L'oggetto inteso è quindi per Husserl trascendente, in quanto, nel rapportarsi al suo oggetto, il pensiero è rivolto verso altro da sé, e tuttavia a qualcosa che fa parte dell'esperienza.
Ulteriori sviluppi
Tramite le opere di Husserl, l'idea di intenzionalità penetrò nella ricerca contemporanea, sia nella filosofia continentale che nella filosofia analitica.
Nell'intelligenza artificiale e nelle scienze cognitive è un tema controverso e si considera l'intenzionalità come qualcosa che una macchina non potrebbe mai davvero possedere da un punto di vista strutturale. Tra i sostenitori di questa tesi vi è John Searle, che col suo famoso esperimento mentale della stanza cinese ha provato a dimostrare l'impossibilità logica che una macchina possa mai avvicinarsi al funzionamento della mente umana.
Note
- ^ Nicola Abbagnano, Linee di storia della filosofia, III vol., pag. 182, Paravia, Torino 1960.
Bibliografia
- Patrizia Luzi, Intenzionalità e trascendenza. Il pensiero di Husserl e Heidegger, Roma, Carocci, 2010.
- Dominik Perler (a cura di), Ancient and Medieval Theories of Internationality, Leiden, Brill, 2001.
- Karl Schuhmann, Husserl's Abhandlung 'Intentionale Gegenstände', Edition der ursprünglichen Druckfassung, in «Brentano Studien» (1990/1991), 1992, pp. 137–176.
Voci correlate
Collegamenti esterni
- Template:Thesaurus BNCF
- (EN) Edward N. Zalta (a cura di), Intentionality, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.
- (EN) Edward N. Zalta (a cura di), Ancient Theories of Intentionality, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.