Utente:Francedil/Sandbox
Cerchi delle fate
I cerchi delle fate, così chiamati dalle popolazioni locali, sono zone circolari prive di vegetazione circondati da un anello di erba alta del genere Stipagrostis. Distribuiti in maniera irregolare essi si presentano lungo una fascia di 2.000 chilometri che percorre il margine orientale del deserto della Namibia meridionale, dall’Angola fino alla parte nord occidentale del Sudafrica.
I cerchi non sono perenni. In media vivono per circa 24 anni, ma alcuni di essi soprattutto i più grandi, raggiungono anche i 75 anni. L’apparire e lo scomparire dei cerchi è stato verificato e confermato dallo studio di alcune immagini satellitari prese a quattro anni di distanza l’una d’altra.
Dal diametro variabile (dai 2 ai 12 metri), i cerchi delle fate sono un fenomeno ancora sconosciuto, anche se negli ultimi 40 anni molte ipotesi scientifiche sono state proposte.
Lo stesso fenomeno è stato riscontrato anche nel Sudan, nel Kenya orientale e nel 2004 a 15 km dalla città di Newman nell’Australia orientale.
Credenze popolari
Tra le popolazioni locali che vivono nel nord della Namibia, gli Himba, si crede che i cerchi siano un fenomeno legato all’intervento divino. Essi rappresenterebbero le impronte del loro Dio Mukuru che porta la pioggia e guarisce i malati.
Una leggenda di questo popolo sostiene che i cerchi delle fate vengano creati dal respiro velenoso di un drago che vive nel sottosuolo. Il gas sale in superficie ed uccide le piante presenti nei cerchi.
Si pensa anche che i cerchi siano piste di atterraggio per gli Ufo, oppure zone dove dormirebbe l’orice, un animale comune nelle terre sabbiose della Namibia.
Teorie scientifiche
La verifica delle molteplici teorie scientifiche si basa sull’ampia elaborazione di dati matematici, il cui obiettivo è quello di spiegare e tracciare uno schema per i cerchi delle fate, ricercando eventuali organismi o veleni che possano influire nella trasformazione dei cerchi o causarne la morte.
In tal modo, nel tempo sono stati catalogati grandi quantità di dati usati per cercare di svelare il mistero associato ai cerchi delle fate. Ciononostante essi ancora oggi rimangono un mistero.
Walter Tschinkel
Walter Tschinkel professore di Scienze Biologiche presso la Florida State University nel Tallahassee ha studiato per 4 anni delle immagini satellitari scattate al NamibRand Nature Reserve in Namibia, luogo dove nei primi anni 70 sono apparse le prime formazioni circolari.
In seguito al suo viaggio nelle terre della Namibia, Tschinkel in un primo momento ha sospettato che le termiti siano le principali cause della formazione dei cerchi.
Tuttavia dopo un'attenta ricerca e una estrapolazione di informazioni dai dati raccolti su un'altra specie di termiti del deserto (Baucaliotermes), non ha trovato nessun nesso diretto con i cerchi, anche se le gallerie sotterranee costruite da quest’ultime e le loro colonie sono molto più ampie rispetto alle termiti della sabbia.
In seguito il ricercatore ha ipotizzato: «È possibile che la causa di tutto sia una qualche forma di autoregolazione tra le piante esistenti. Faccio riferimento ad alcuni modelli matematici che ipotizzano che alcune piante possono attrarre risorse minerarie presenti nel suolo verso di loro, ma se da un lato comporta un beneficio per tali piante, dall’altro determina l’impossibilità per altre piante di occupare aree più lontane»[1].
I modelli matematici a cui fa riferimento portano alla formazioni di cerchi, ma al momento non si è in grado di capire come le piante creino tali cerchi.
Esperimenti
Nell'ottobre del 2009, abbiamo sono stati fatti esperimenti che testato specificamente quattro ipotetiche cause, e monitorati gli sviluppi 5 volte tra il 2009 e il 2015.
La mancanza di vegetazione nei cerchi a causa delle infiltrazioni di vapori o di gas sotterranei è stato testato bloccando o riducendo il movimento del vapore verso l'alto scavando una sezione di cerchio pari a 2,5 metri quadrati a una profondità di 30 cm. Ponendo un telo pesante gommato più o meno impermeabile all'acqua ed ai gas all’interno della buca creata si può verificare come la densità e la crescita delle piante non differivano dai controlli imposti dalla barriera.
La germinazione delle piante e l'inibizione della crescita da allelochimici o carenze nutrizionali nei cerchi sono stati testati con il trasferimento di una parte del terreno appartenente ad un cerchio in una matrice erbosa adiacente a quest’ultimo, mentre la terra della matrice è stata spostata in un cerchio.
L’esperimento verte sull’ipotesi che il terreno dei cerchi inibisce la germinazione o la crescita delle piante sia attraverso meccanismi nutrizionali o allelochimici, quindi il trasferimento di 10 cm di questo terreno nella matrice adiacente dovrebbe ridurre la crescita delle piante, mentre il suolo della matrice trasferito nei cerchi dovrebbe stimolarne la crescita.Ciascuno dei cinque gruppi replicati consisteva in due cerchi naturali adiacenti e due cerchi di dimensioni simili realizzati artificialmente rimuovendo e sradicando l’erba.
La sabbia superficiale di ogni cerchio è stata rastrellata in pile e quest’ultime trasferite come segue: da cerchio artificiale a cerchio naturale; da cerchio naturale a cerchio naturale; da cerchio naturale a cerchio artificiale ed infine da cerchio artificiale a cerchio artificiale. Nessuno dei trasferimenti ha cambiato la densità e la crescita delle piante.
La limitazione dello sviluppo delle piante a causa dell’esaurimento di micronutrienti all'interno dei cerchi delle fate è stato testato inserendo nei cerchi una miscela di micronutrienti.
I componenti della miscela di micronutrienti sono stati ottenuti separatamente e in seguito disciolti nell’acqua per ottenere una soluzione.Per l'applicazione, questo composto è stato diluito 10 volte e spruzzato 1l per m² sui cerchi presi come campione, conseguentemente depositando 2,3 g del miscuglio per m². A questo ritmo di irrigazione il terreno risulta bagnato fino a 10 cm di profondità per un totale di micronutrienti aggiunti di 11 mg per kg di terreno (assumendo una densità apparente di circa 1,5).
Inizialmente, cinque paia di cerchi vicini sono stati scelti per ogni replica, un paio in ogni sito replicato sulla pista Jagkop. Quattro repliche supplementari sono state realizzate sulla sabbia a 16 km più a nord. Ad un cerchio di ciascuna coppia è stato aggiunto il miscuglio di micronutrienti per mentre l'altro cerchio assume la funzione di controllo al quale è stato aggiunto esclusivamente dell’acqua.L’esperimento una volta concluso non ha portato differenze di crescita rispetto al cerchio di controllo.
I risultati della competizione tra piante sono stati testati poiché secondo gli scienziati i cerchi interagiscono tra loro, quindi la crescita delle piante negli ambienti artificiali dovrebbe variare in base alla distanza dai cerchi naturali, e anche dalle dimensioni. Alcuni cerchi naturali sono stati scelti per l’esperimento, e in seguito dei cerchi artificiali dal diametro di 2 o 4 m sono stai creati e situati a due distanze differenti dai cerchi delle fate naturali (2 m, 6 m) liberati da qualsiasi traccia di erba. I diametri dei cerchi naturali erano: 7,5m, 9,5m, 7,5m, 7,5m, 7.2m. Ad esperimento concluso si è visto che i cerchi naturali sono rimasti nudi mentre i cerchi artificiali si sono arricchiti di piantine.
Questi quattro esperimenti hanno fornito la prova che i cerchi delle fate non sono stati causati da vapori sotterranei, che il terreno dei cerchi non inibisce la crescita delle piante, e che i cerchi non sono stati causati dalla carenza di micronutrienti.
Risultati
In seguito alla conclusione degli esperimenti riguardanti l’inserimento di una barriera al disotto del livello del terreno nei cerchi si può notare come non ci sia una significativa differenza riguardo la crescita delle piantine. Il trattamento non ha avuto alcun effetto sulla altezza della pianta, rispetto cerchi di controllo.
L'aggiunta di micronutrienti nei cerchi non ha cambiato significativamente sia la densità sia la crescita delle piante. La crescita in altezza tra febbraio e maggio del 2011 è stato particolarmente evidente ma tale crescita è stata simile per i cerchi destinati ai trattamenti e per i cerchi di controllo.
Infatti nelle immagini delle nove coppie di cerchi trattati, non si notano differenze nella crescita della vegetazione tra i vari cerchi. Nei 18 cerchi usati per l’esperimento, si nota che la salute delle piante varia da scarsa a buona fenomeno però non correlato ai trattamenti fatti. Cinque anni dopo l’inserimento dei micronutrienti nel terreno non vi erano differenze tra gli ambienti trattati e quelli di controllo. Non vi è alcuna prova sul fatto che il terreno dei cerchi riduca la crescita delle piante, anche se la densità delle piante era significativamente differente dopo i tra trattamenti.
Il trasferimento del terreno naturale dei cerchi nelle matrici artificiali non ha cambiato in alcun modo la crescita delle piantine; medesimo risultato si ha avuto anche per il trasferimento del terreno di un cerchio artificiale ad un'altra matrice artificiale, né il trasferimento del terreno da una matrice ad un cerchio naturale e neanche il terreno da un cerchio naturale trattato ad un altro cerchio naturale ha apportato un qualsiasi tipo di cambiamento nella crescita delle piante.
In quasi tutti i casi, le piante sono state valutate in cattiva salute nei cerchi naturali dopo i trattamenti, mentre sono state definite in ottima salute le piantine presenti nelle matrici artificiali. Solo 2 su 5 trattamenti da cerchio naturale a cerchio naturale nel febbraio 2010 ha goduto di buona salute. In tutti i casi, la matrice si ripopola normalmente, specialmente durante la crescita elevata nel maggio del 2011, mentre i cerchi sono rimasti nudi. Non c'era dunque alcuna prova del fatto che il terreno dei cerchi inibisca la crescita delle piante.
Per quanto riguarda l’esperimento riguardante la creazione di alcuni cerchi artificiali vicino ai cerchi naturali si può dire che in quelli artificiali indipendentemente dalla loro dimensione o dalla distanza dal cerchio naturale ritornano a crescere le piante. Tale fenomeno è stato reso più evidente durante le abbondanti piogge che hanno colpito la Namibia nel 2011. Così come non vi è stato alcun effetto sui cerchi artificiali, non vi era effetto nei cerchi artificiali, risultato confermato dalla mancanza di variazioni nell’altezza dell'erba perimetrale dei cerchi naturali e artificiali, e da nessun cambiamento significativo nei 5 diametri dei cerchi naturali come misurato dalle immagini di Google Earth prese nel corso degli anni fino al 2015.
Jean-Baptiste Ramond
Dr Jean-Baptiste Ramond ecologista microbico presso l’Università di Pretoria nel Sudafrica, ha in programma di misurare le sostanze organiche presenti nel terreno dei cerchi della Namibia.
In termini di ecologia microbica, “traccerà” le molecole per scoprire quali sono gli organismi nel terreno che potrebbero contribuire a quello che chiamano fenomeno della morte dei cerchi, così come nella ricerca di tossine fungine.
Per confermare la sua ipotesi Ramond ha scavato un buco di circa 10 cm in profondità nel centro di un cerchio per inserire al loro interno dei dispositivi elettronici: un sensore per misurare la temperatura e l'umidità ogni 10 minuti, e un colino da tè che contiene piccole fasce di budello pesca.
Un'altro sensore è posto appena sotto la superficie, in modo che i ricercatori possano confrontare la temperatura e l’umidità sotterranea con la temperatura e l'umidità in superficie.
Sviluppati presso l'università, questi sensori sono dei campionatori passivi di gas, che misurano i livelli di gas sotto i cerchi delle fate, e può aiutare a scoprire se esso è la ragione per la mancanza di piante al centro dei cerchi.
Esperimenti
Nell’ aprile del 2013, circa 200 g di terreno superficiale (da 0 a 5 cm di profondità) sono stati prelevati da cinque differenti cerchi. Un totale di tredici campioni per cerchio sono stati collezionati: quattro campioni di terra esterna ai cerchi e nove di terra all’interno dei cerchi, dei medesimi, quattro sul bordo del cerchio e cinque al centro.
I moduli raccolti sono stati in seguito conservati ad una temperatura di 4° gradi durante il trasporto al laboratorio dell’ Università di Pretoria. Un grammo è stato immagazzinato a -80° gradi per permettere agli scienziati di effettuare un’analisi molecolare mentre il terreno restante per un’analisi chimica.
L’analisi chimica del terreno è stata effettuata al Soil Science Laboratory a Pretoria previa setacciatura. Per tale analisi è stato usato il metodo Walkey-Black per determinare il carbone presente nel terreno analizzato. Una soluzione di 10 ml di potassio dicromato è stato aggiunto a 2 grammi di terreno. 10 mL di acido solforico viene poi miscelato e il composto viene in seguito messo a riposare in una stanza fredda per 30 minuti.
150 ml di acqua deionizzata e 10 ml di acido fosforico è stato mescolato al composto e quest’ultimo viene lasciato a raffreddare per circa 30 minuti. In seguito è stato aggiunto 1ml di fenilalanina e la titolazione è stata eseguita aggiungendo solfato ferrico ammonico finché la reazione non avviene, ossia quando la soluzione cambia da viola a verde.
L’ammonio e il nitrato contenuti nel terreno vengono determinati tramite la distillazione a vapore. 5 grammi di terreno sono stati mischiati con 50ml di potassio di cloruro e scosso per 30 minuti. I campioni sono stati filtrati tramite un filtro di 110 mm di diametro e conservati in una cella a 4° gradi.
Il potassio presente nel terreno invece viene individuato attraverso il metodo P-Bray con qualche piccola variante. Una soluzione di 50 ml di P Bray-1 è stata aggiunta a 4 grammi di terreno. Il miscuglio è stato poi agitato a mano per circa un minuto e successivamente filtrato utilizzando un filtro di 110 mm di diametro.
La concentrazione di ioni viene definita aggiungendo 40ml di acetato ammonico a 4 grammi di terreno. Il miscuglio ottenuto è stato poi agitato per un ora e filtrato poi da un filtro di 110mm di diametro.
Stephan Getzin
Stephan Getzin, un ecologista al Helmhotlz Centre for Environmental Research in Leipzig in Germania, sostiene che il fenomeno dei cerchi delle fate non sia una conseguenza dell’eruzione di gas tossico presente nel sottosuolo in grado di uccidere le piante e gli insetti che abitano i terreni sabbiosi del deserto.
L’ecologista sostiene che i cerchi sarebbero quindi, il risultato di una riorganizzazione nel terreno di specie vegetali che competono tra loro per arrivare alle risorse necessarie alla loro sopravvivenza, come l’acqua(in modo analogo in cui giovani alberi si distribuiscono nelle foreste per assicurarsi di avere abbastanza nutrimenti per crescere).
Tale fenomeno prende il nome di organizing spatial vegetation pattering.
Per confermare tale ipotesi Getzin ha analizzato delle immagini satellitari scattate di un’area a nord ovest della Namibia, dove compaiono i cerchi. Getzin e la sua equipe hanno osservato per l’appunto che queste strutture si formano in zone aride, al confine tra i terreni erbosi e le aree deserte.
I cerchi quindi sarebbero strutture dinamiche. In sostanza essi si formano e scompaiono secondo un ciclo vitale che si ripete anche se alcuni di essi sono spariti, altri invece lentamente stanno scomparendo.
Michael Cramer e Nicole Barger
Il gruppo di lavoro che include Michael Cramer, un biologo dell’università del Città del Capo, e Nicole Barger un ecologista all’università del Colorado, hanno sostenuto che i cerchi delle fate si vengano a formare non a causa di emissioni sotterrane di gas. In accordo con Stephan Getzin ritengono che i cerchi siano modelli della vegetazione naturali risultanti dalla competizione per le scarse risorse presenti nel terreno.
Per verificare tale ipotesi il team ha iniettato isotopi nel centro dei cerchi per mappare il flusso dell’acqua.
Cramer e Barger, inoltre hanno pubblicato un documento dichiarando che i 'heuweltjies', tumuli circolari di terra, che si trovano in Sudafrica sono creati da un sistema di auto-organizzazione, piuttosto che dalle termiti, ipotesi sostenuta da altri ricercatori.
Esperimenti
Gli esperimenti sono stati fatti nel 2012 nel deserto della Namibia a circa 110 km dalla costa, tra il mare vicino il deserto della Namibia a ovest e il Great Namibian Escarpment a est. Un minuzioso campionamento è stato eseguito a 4 livelli differenti di profondità e ad un intervallo dal centro di ogni cerchio delle fate. Il terreno è stato prelevato mediante una trivella e in seguito collezionato da 15 diversi centri dei cerchi. Immediatamente esso viene imbustato in contenitori di plastica in modo da mantenere invariata l’umidità presente.
Alcune buche vengono create dalla matrice al centro del cerchio ed inoltre per ognuno dei cinque siti l’area e la distanza tra i cerchi e gli 11 cerchi vicini vengono misurate. Per completare queste misurazioni sul campo riguardanti la distribuzione dei cerchi, lo strumento di misurazione di Google Earth è stato utilizzato per definire una zona di 100 x 100m per ogni sito.
Per quanto riguarda l’analisi del terreno l'umidità e la densità di massa sono stati determinati con il metodo gravimetrico mediante il metodo del l'essiccazione sotto-campioni di suolo per 48 ore a 105 ° C in un forno di essiccazione. La capacità del campo è stata misurata bagnando il suolo, permettendo al team di lavoro di pesare, ed essiccare il terreno per 48 ore a 105 ° C in un essiccamento forno e in seguito ripesandolo. Alcuni sottocampioni sono stati separati ed essiccati a 40 ° C per 36 ore e utilizzati per l'analisi dei nutrienti e degli isotopi.
L’ analisi per spettrometro di massa è stata condotta presso il Dipartimento di Archeometria (Università di Città del Capo). Circa 40 mg di terreno è stato pesato in capsule di stagno e bruciati in un EA Thermo Flash 1112. Un sottocampione del terreno è stato anche acidificato con 1 M HCl per 24 ore per rimuovere carbonati.
Un altro esperimento effettuato nel 2010 riguarda la germinazione di alcune piante che al momento in cui sono arrivare ad essere alte 0.06m sono state trapiantate in vasi contenti 1.5kg di sabbia raccolta dalla superficie di cinque cerchi e cinque matrici di cerchi associate.
Le piante sono state mantenute ad temperatura costante di circa 27° C in una serra presso l'Università di Città del Capo, innaffiando le piantine tutti i giorni e spostandole tre volte a settimana all'interno per garantire la parità di esposizione ai gradienti ambientali. Dopo 53 giorni, le piante sono state raccolte rimuovendo accuratamente il suolo dalle radici e separando le parti della pianta in germogli vegetativi, infiorescenze e radici e poi essiccandole a 80 ° C per 48 h in un essiccatore a forno.
Il gruppo di lavoro di Cramer e Barger ha realizzato un’analisi analisi fotografia aerea. Utilizzando le informazioni pubblicate come guida, per ogni sito una nuvola di punti a caso è stata generata in un raggio di 50 km. Per ognuno di questi punti sono state ottenute dal server di Google Static Map immagini terrestri satellitari con la scala = 1, zoom = 17, dimensione = 640 × 640.
Queste immagini sono state poi esaminate per determinare se vi fossero dei cerchi delle fate che fossero evidenti nelle immagini. Ciò è stato fatto in modo minuzioso e alla fine sono state mantenute un totale di 1 921 immagini, 80 delle quali avevano i cerchi. Questi luoghi di presenza / assenza sono stati utilizzati per l'analisi ad albero di regressione potenziato.
Per ogni immagine opportuni parametri sono stati impostati manualmente per il numero di elementi collegati, la porzione di immagine da utilizzare mentre casi problematici sono stati scartati. Da questa analisi immagine le distanze tra i cerchi delle fate e la densità dei cerchi sono stati calcolati. Questi valori sono stati trovati per confrontarli meglio con quelli di campionamento del suolo.
Norbert Juergens
Norbert Juergens, ricercatore del Biozentrum Klein Flottbek di Amburgo, ha concentrato le sue ricerche in una fascia di deserto lunga 2.000 km che va dall’Angola al Sudafrica, studiando i cerchi nelle loro diverse fasi di vita. Le ricerche del biologo sono iniziate circa un anno dopo quelle di Tschinkel. Ha iniziato viaggiando attraverso l’Africa nel 2006 comprese nelle zone più remote dell'Angola.
Ha registrato ogni segno di vita animale presente dentro e fuori dai cerchi, come tracce, escrementi, resti. Ha inoltre scavato delle buche al centro dei cerchi verso l’esterno in modo da poter trovare organismi sotterranei che potrebbero nascondersi nel sottosuolo. Juergens ha osservato numerose specie che vanno dagli insetti agli uccelli ai mammiferi che passano del tempo nei cerchi, mangiando le termiti unica loro fonte di nutrimento, nell'erba alta perimetrale, oppure predando altre specie che si aggregano nelle vicinanze.
Quel che ha particolarmente interessato Juergens è stato il fatto che le termiti della specie Psammotermes allocerus sono gli unici animali presenti nel suolo quando i cerchi iniziano a formarsi. Le termiti si cibano delle radici della vegetazione che cresce dopo le piogge; esse infatti creano le condizioni ideali per garantire il mantenimento dell’umidità in modo da trattenerla per lunghi periodi nel sottosuolo, assicurando la sopravvivenza degli insetti nell’ambiente desertico.
Il biologo, infatti, ha trovato che nei primi 100 cm di suolo si concentrano ben 5 cm di acqua la quale rimane persino durante la stagione secca. Dentro l’anello l’acqua piovana non viene persa perché non evapora attraverso le piante ma viene conservata nelle profondità del suolo sabbioso. L’accumulo d’acqua aiuta l’erba a crescere e a prosperare lungo i margini del cerchio trasformando in breve un deserto in un prato permanente.
Willem Jankowitz
Willem Jankowitz presso l'Università della Namibia, ha lavorato con i sudafricani, Gretel van Rooyen e Noel van Rooyen, per testare le varie ipotesi comuni.
Ha proposto un’ altra teoria, ossia il gas metano, un gas semivolatile prodotto dal sottosuolo nel momento in cui sale in superficie inibisce la crescita delle piante all’interno dei cerchi creando così queste formazione simmetriche. Questo fa sì che una maggiore concentrazione di acqua sotto la superficie attiri le termiti.
Esperimenti
Due differenti cerchi sono stati selezionati nel NamibRand Nature Reserve. Il sito A è stato dislocato in un’area sopraelevata mentre il sito B è stato disposto in una zona meridionale su una duna con una pendenza di circa 4°. Entrambi i siti sono stati recintati per evitare che vi entrino sciacalli e per impedire il pascolo di animali erbivori.
Nel seguente esperimento la vitalità della pianta Stipagrostis ciliata è stata analizzata in differenti trattamenti. Tre fattori differenti sono stati considerati:
- L’origine del terreno: l’effetto del terreno all’interno del cerchio è stato comparato con quello del suolo dalla matrice tra i cerchi;
- Contenitori sigillati: la presenza del gas è stata verificata mettendo a confronto la crescita delle piante nei contenitori dal fondo sigillato e la crescita di quelle nei contenitori dal fondo aperto;
- La posizione dei recipienti: questo si riferisce ai contenitori piazzati dentro i cerchi o dentro le matrici tra i cerchi.
Una piantina del tipo S.ciliata, che è una delle piante perenni del deserto della Namibia, è stata piantata in ogni contenitore. I recipienti che sono stati inseriti nei cerchi sono stati disposti a croce ed ogni raggio della croce rappresenta un trattamento diverso.
Il trattamento nella matrice è stato messo in righe parallele a meno di 2 cm dal cerchio del sito A, dove ogni riga rappresenta un differente trattamento. Il trattamento non è stato replicato nel sito B. Prima di trapiantare le piante, le radici sono state lavate per fare in modo che non vi sia alcuna traccia di terra. Per evitare che il terreno si bagni troppo durante l’irrigazione delle piante, la quantità di acqua che deve essere data alle piantine deve essere proporzionale al volume del terreno nei contenitori.
È stato determinato che la quantità giusta per l’irrigazione è di 500 ml di acqua penetrata quasi in fondo dei contenitori senza effettivamente raggiungerlo. Per evitare ulteriore inumidimento del terreno le piante vengono annaffiate due volte a settimana.
Per misurare la vitalità e la crescita delle piante trapiantate una valutazione di ogni pianta è stata fatta basandosi su di una scala che va da 0 a 10. Questi misurazioni sono state effettuate ogni due settimane da un periodo di tempo che va dal 5 Maggio 2005 al 14 Giugno 2005. I risultati ottenuti sono stati analizzati utilizzando il Proc Glm per capire quali sono gli effetti dell’origine del suolo, sui tipi di contenitore e la posizione di quest’ultimi.
Il risultato di questa investigazione in sito indica che il terreno dei cerchi non mantiene la sua capacità di inibire la crescita delle piante quando sono immessi in contenitori nella matrice. Allo stesso modo il terreno delle matrici non continua a supportare la buona crescita delle piante quando viene piazzato nei cerchi. Queste osservazioni non spiegano le ipotesi su fossili delle termiti, composti allelopatici rilasciati dalle piante del genere E. damara, o termiti che consumano il materiale vegetale.
Il fatto che le piante inserite nei contenitori chiusi ottengano migliori risultati delle piante inserite nei contenitori aperti può essere interpretato come un risultato che confermerebbe che il gas-semivolatile prodotto dal terreno dei cerchi inibisce la crescita delle piante.
Curiosità
Da circa 10 anni la NamibRand Nature Reserve in Namibia ha messo in vendita i cerchi ai turisti per 50 dollari: i proprietari non ne possiedono davvero il terreno, ma ne adottano la formazione favorendo la conservazione naturalistica e paesaggistica[2].
Ogni cerchio venduto viene contrassegnato dalla data del suo acquisto e il titolare ottiene così latitudine e longitudine per poterlo in seguito controllare da Google Earth.
Note
- ^ (IT) Cerchi misteriosi in Namibia, nel sud dell’Africa, su Finanza Online, Giugno 2015.
- ^ (EN) Fairy Circles, su Wolwedans,simply out of this world….
Bibliografia
- Norbert Juergens, The Biological Underpinnings of Namib Desert Fairy Circles, in Science, vol. 339, n. 6127, 29 marzo 2013, pp. 1618-1621, DOI:10.1126/science.1222999.
- Michael D. Cramer e Nichole N. Barger, Are Namibian “Fairy Circles” the Consequence of Self-Organizing Spatial Vegetation Patterning?, in PLoS ONE, vol. 8, n. 8, 15 agosto 2013, DOI:10.1371/journal.pone.0070876.
- Jean-Baptiste Ramond, Niche-Partitioning of Edaphic Microbial Communities in the Namib Desert Gravel Plain Fairy Circles, in PLoS ONE, n. 9, 3 Ottobre 2014, DOI:10.1371/journal.pone.0109539.
- Walter R.Tschinkel, Experiments Testing the Causes of Namibian Fairy Circles, in PLoS ONE, n. 10, 28 Ottobre 2015, DOI:10.1371/journal.pone.0140099.
- Walter R.Tschinkel, The Life Cycle and Life Span if Namibian Fairy Circles, in PLoS ONE, n. 7, 27 Giugno 2012, DOI:10.1371/journal.pone.0038056.
- Stephan Getzin,Thorsten Wiegand, New studies on fairy circles need to account for new observations on their spatial patterns, in Eccgraphy, 28 Gennaio 2015.
- Sarah Wild, Investigations into Namibia's "fairy circles" in the desert, in SciBraai, 2 Maggio 2014.
- Rachel Nuwer, What Causes Namibia’s Fairy Circles? Probably Not Termites, in Smithsonian, 22 Maggio 2014.
Collegamenti esterni
- Cosa sono i misteriosi “cerchi delle fate”, su Il Post, 19 marzo 2016.