Partito pigliatutto

partito politico che cerca di attrarre persone con diversi punti di vista
Versione del 5 feb 2017 alle 16:07 di Dario Carcano (discussione | contributi) (Voci correlate: Inseriti esempi sulla base della voce in lingua inglese [http://en.wikipedia.org/wiki/Big_tent Big tent])

Il partito pigliatutto, o pigliatutti (in inglese: catch-all party, definizione coniata da Otto Kirchheimer nel 1966), è una tipologia di partito politico che nasce nel secondo dopoguerra per l'esigenza, da parte dei partiti di massa, di attrarre il consenso del massimo numero di elettori e di trascendere dunque gli interessi di gruppo al fine di conquistare una fiducia generale.

Descrizione

Proprio per tale definizione, dunque, il politologo Gianfranco Pasquino tende a preferire la traduzione di partito "pigliatutti" piuttosto che "pigliatutto", poiché il termine inglese "all" segnala l'obiettivo perseguito della conquista di tutti gli elettori disponibili per tutte le cariche acquisibili e non di tutto il potere o di tutte le risorse; in questo senso difatti, per Pasquino, tutto in inglese, sarebbe "whole" o "everything". Ma l'abbondante letteratura in materia continua ad usare l'espressione "pigliatutto".

Alcune caratteristiche che contraddistinguono questa nuova forma partito e che le consentono di saper parlare a tutto l'elettorato e non a specifici gruppi sociali:

  1. Una drastica riduzione del bagaglio ideologico;
  2. Una minor accentuazione del riferimento a una specifica classe sociale per reclutare elettori tra la popolazione in genere;
  3. Assicurare l'accesso a diversi gruppi di interesse.

Ad ogni modo la principale caratteristica di tale partito, secondo Kirchheimer, è il concentrare tutte le sue energie nella competizione elettorale attraverso la scelta di temi consensuali che trovano ampio consenso nella popolazione (si pensi per esempio, in questi ultimi anni, al tema della sicurezza, ormai divenuto seppur con accenti diversi, patrimonio di tutte le maggiori forze politiche che aspirano al governo).

Bibliografia

Esempi

Note

  1. ^ a b Sarah Elise Wiliarty (16 agosto 2010). The CDU and the Politics of Gender in Germany: Bringing Women to the Party. Cambridge University Press. pp. 218–221. ISBN 978-1-139-49116-7.
  2. ^ Lowell Barrington (2009). Comparative Politics: Structures and Choices. Cengage Learning. p. 379. ISBN 0-618-49319-0.
  3. ^ Maria Maguire (1986). Ireland. In Peter Flora. Growth to Limits: Germany, United Kingdom, Ireland, Italy. Walter de Gruyter. p. 333. ISBN 978-3-11-011131-6.
  4. ^ Eoin O'Malley (2011). Contemporary Ireland. Palgrave Macmillan. p. 13. ISBN 978-0-230-34382-5.
  5. ^ James L. Newell; James Newell (28 gennaio 2010). The Politics of Italy: Governance in a Normal Country. Cambridge University Press. p. 27. ISBN 978-0-521-84070-5.
  6. ^ Günther Pallaver (2008). South Tyrol's Consociational Democracy: Between Political Claim and Social Reality. In Jens Woelk; Francesco Palermo; Joseph Marko. Tolerance Through Law: Self Governance and Group Rights In South Tyrol. Martinus Nijhoff Publishers. pp. 305, 309. ISBN 978-90-04-16302-7.
  7. ^ David Lublin (2014). Minority Rules: Electoral Systems, Decentralization, and Ethnoregional Party Success. Oxford University Press. p. 229. ISBN 978-0-19-994884-0.
  8. ^ Sventlana S. Bodrunova; Anna A. Litvinenko (2013). New media and political protest: the formation of a public counter-sphere in Russia, 2008–2012. In Andrey Makarychev; Andre Mommen. Russia’s Changing Economic and Political Regimes: The Putin Years and Afterwards. Routledge. p. 35. ISBN 978-1-135-00695-2

Voci correlate

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