Larinum

antica città in Molise e sito archeologico nel comune italiano di Larino (CB)

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Larinum
Anfiteatro di Larinum
CiviltàFrentani e Romani
UtilizzoCittà
EpocaIV secolo a.C
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
ComuneLarino
Amministrazione
EnteSoprintendenza Archeologia del Molise
ResponsabileAlfonsina Russo
Visitabile
Sito webarcheologicamolise.beniculturali.it/index.php?it%2F179%2Flarino-la-citt-romana-e-lanfiteatro
Mappa di localizzazione
Map

In epoca romana Larinum (oggi Larino) era un fiorente insediamento abitativo, di ampie dimensioni e di antica origine, ubicato sulle colline dell'entroterra molisano, a circa 400 m di altitudine, non molto distante (circa 26 km) dalla costa del mare Adriatico, di notevole importanza proprio grazie alla nevralgica collocazione geografica: si estendeva infatti su un'ampia area, fertile e pianeggiante (l'attuale Piana San Leonardo), in posizione strategica, perché sovrastante il fondovalle ed il basso corso del fiume Biferno, ed anche situato alla convergenza di importanti assi viarii che gli consentivano proficui scambi commerciali.[1]

La città, infatti, era ubicata lungo la via litoranea che costeggiava l'Adriatico fino ad Histonium (Vasto) e poi, dopo aver toccato Larino, proseguiva fino a Brindisi; inoltre, attraverso il fondovalle del Biferno, si collegava agevolmente con l'area interna del Sannio Pentro, in direzione di Bovianum (Bojano), ed utilizzando il percorso del tratturo Celano-Foggia entrava facilmente in comunicazione con la Daunia settentrionale. Questa particolare fisionomia geografica, associata alla fertilità del terreno ed al clima favorevole, determinarono la prosperità e lo sviluppo di Larino già a partire dal III secolo a.C. e le consentirono di svolgere un importante ruolo commerciale, facendosi da tramite tra la zona costiera adriatica e l'area interna del Sannio, restando perciò sempre aperta agli influssi di svariati ambienti culturali, come dimostra la ricca documentazione archeologica, testimonianza della esistenza di una città ricca e popolosa, già in epoca anteriore alle guerre annibaliche.[2] Attualmente Larinum è un sito archeologico in provincia di Campobasso, nel Molise, in Italia.

Nel 2016 l'area archeologica ha fatto registrare 1 566 visitatori.[3]


Storia

Fin dall'inizio, nel 1977, i primi saggi di esplorazione archeologica, inizialmente nella zona di Monte Arcano e poi anche in altre, hanno documentato, sia pure frammentariamente, una stratificazione insediativa di antica origine in tutta l'area, che copre un arco di tempo piuttosto ampio. Purtroppo all'epoca è stato possibile eseguire le esplorazioni limitatamente alle aree rimaste libere da costruzioni, essendo stata ormai l'intera zona già dal dopoguerra abbondantemente urbanizzata.[4] Le successive indagini archeologiche, estese ad altri comuni vicini alla zona costiera molisana, hanno rilevato analoga presenza di nuclei sepolcrali, risalenti alla fase storica preromana, nei centri di Termoli, Guglionesi, Montorio nei Frentani e Campomarino: in quest'ultima località sono state anche rinvenute tracce di un villaggio protostorico, risalente alla prima Età del Ferro, che si estendeva su un terrazzo prospiciente la costa adriatica, difeso naturalmente su due lati. Tali testimonianze documentano l'esistenza di numerosi agglomerati abitativi sparsi, non grandi, distribuiti su un'area piuttosto estesa e costituiti da comunità prevalentemente a vocazione agricola e pastorale. Nell’area del basso Molise i secoli tra il VI ed il IV a.C. sono noti prevalentemente grazie alla cospicua documentazione archeologica proveniente dalle numerose necropoli, che evidenziano una densa occupazione del territorio. I corredi funerari e gli ornamenti personali testimoniano differenziazioni culturali tra i diversi centri: ad esempio, gli insediamenti costieri mostrano aspetti prevalentemente affini alla cultura daunia, al contrario, il centro di Larino partecipa anche della cultura italica occidentale, proveniente dall'area campana, come dimostra la presenza in alcune sepolture della ceramica di bucchero, del tutto assente nella coeva necropoli di Termoli. [5]

Nel rituale funerario, invece, tutta l'area frentana presenta una sostanziale unità culturale, che la differenzia dalla Daunia, dove, ad esempio, il defunto è abitualmente deposto in posizione rannicchiata, su un fianco. Al di là di questa diversità, comunque, esiste fra le due aree una uniformità culturale ed una sostanziale continuità: tra Daunia e Frentania, pertanto, il promontorio garganico non costituisce un diaframma. Anche i ritrovamenti monetali, del resto, confermano il quadro di Larino città aperta alle influenze apule e al tempo stesso importante per i collegamenti con il Sannio interno: già a partire dalle fonti antiche si avvertiva pertanto la difficoltà di inquadrare Larino in un ambito culturale o in un altro. Delle varie emissioni di bronzo, ad esempio, alcune seguono il sistema ponderale greco, in uso nelle zecche campane e sannitiche, altre, più recenti, seguono il sistema italico, con frazionamento decimale, tipico delle aree adriatiche.

Nelle necropoli del basso Molise le sepolture prevedono abitualmente l'inumazione del defunto, in posizione distesa e supina, dentro fosse scavate nello strato argilloso e riempite di scheggioni di pietra calcarea. È probabile che i tumuli di pietra affiorassero sul piano di campagna. Il corredo funerario, deposto ai piedi dell'inumato, è costituito da ceramiche di piccola forma (coppe, anforette e brocchette); rari i vasi metallici. Nelle sepolture femminili sono presenti ornamenti personali (fibule, collane, pendagli, anelli), in quelle maschili armi ed utensili (coltelli di ferro e cuspidi di lancia o giavellotto).[6] Sporadicamente sono stati rinvenuti anche elmi di bronzo, alcuni di tipo piceno, altri di tipo appulo-corinzio, che evidentemente servivano ad evidenziare il rango sociale dei defunti.

Periodo Italico

Larinum urbs princeps Frentanorum recita una antica lapide, a sottolineare l'importanza avuta nel passato da questa importante città del basso Molise, che era stata certamente uno dei centri principali del territorio dei Frentani.

Secondo un'antica tradizione, la sua fondazione è databile con molta probabilità intorno al XII secolo a.C. per mano del popolo Italico degli Osci, i quali le diedero il nome di Frenter, da cui il nome Frentania assegnato alla regione. Successivamente la città venne distrutta dai Romani nell'anno 435 a.C. e poi ricostruita col nome osco di Ladinod, così come trascritto su numerose monete antiche rinvenute in territorio larinese. Con il passare dei secoli il nome subì modifiche e fu deformato in Alarino, Larina, Laurino, Arino, Lauriano, fino a raggiungere in epoca romana il definitivo toponimo di Larinum.

Riguardo ai Frentani, bisogna sottolineare che per lungo tempo è stata considerata incerta la loro appartenenza al gruppo etnico dei Sanniti, sulla base della documentazione archeologica della fase arcaica: quanto più emergevano, a seguito delle ricerche, caratteri culturali ed usi rituali che distinguevano questa popolazione dai Sanniti delle aree appenniniche interne, tanto più si riproponeva la discussione sulla etnostoria italica. Non a caso le fonti antiche (Strabone, Tolomeo, Mela, Plinio) per lo più non concordano sull’estensione territoriale della Frentania e sulla sua delimitazione geografica, ed approssimativa e imprecisa appare anche in esse l’ubicazione geografica dei diversi insediamenti abitativi: evidentemente anche agli occhi degli antichi autori la storia del Sannio appariva estremamente mobile, come un magma in continua modificazione, che in determinate zone si presentava con connotazioni e differenze a volte anche accentuate.

Proprio in base a questa complessa prospettiva di affinità-diversità, il geografo Strabone (V, 4, 2) considera i Frentani etnicamente una popolazione sannitica (∑αυνιτικόν έθνος), ma al tempo stesso la loro regione distinta dal Sannio sotto il profilo culturale. Del resto i Frentani in quasi tutte le fonti antiche sono descritti in una condizione di perifericità rispetto alla regione sannitica, in una posizione marginale rispetto all’area centrale appenninica.

In fondo la storia del Sannio, vista su un lungo periodo, tra l’Età del Ferro e la fine dell’era antica, è la storia di una progressiva evoluzione, con situazioni fortemente diversificate a seconda delle aree geografiche: infatti tra VI e V secolo a. C. mentre il centro dell’area sannitica è ancora legato a forme arcaiche (in cui i gruppi dominanti tentano di conservare la struttura di classe, risalente al VII sec.), ai suoi margini la periferia si accinge al salto di qualità, avviandosi rapidamente verso la urbanizzazione. Infatti, mentre nelle zone centro-italiche l’urbanizzazione penetra solo dopo la guerra sociale, nella periferia meridionale, tra Frentania e Daunia, lo sviluppo economico marcia decisamente verso una civiltà urbana.Del resto, anche sul versante tirrenico dell'Italia centro-meridionale il processo di urbanizzazione si attua precocemente, rispetto alle aree interne, ed è strettamente correlato ad un avanzato sviluppo economico e sociale, determinato dal contatto con le tendenze innovatrici del mondo greco. Nelle realtà che non ancora conoscono l'urbanizzazione restano bassi i livelli di produzione e scarso lo sviluppo delle specializzzioni.

Prima dell'inizio delle guerre sannitiche (IV sec. a.C.) il territorio dell'attuale Molise era stabilmente occupato da popolazioni italiche omogenee per caratteri culturali e linguistici, tutte appartenenti al ceppo sannitico, ma organizzate in due entità culturali distinte, lo stato dei Pentri e lo stato dei Frentani: i primi stanziati nel medio ed alto Molise, i secondi nella fascia costiera, per una ampiezza di circa trenta chilometri, che si spingono anche oltre i confini dell'attuale Abruzzo, sulla sinistra del Trigno, verso nord. Ambedue derivano da un nucleo originario di popolazioni di lingua osca.

Periodo Romano

A seguito delle guerre sannitiche la città venne conquistata dalla Repubblica Romana (319 a.C.) e divenne una res publica, mantenendo una propria autonomia rispetto alle altre città frentane. Il nome fu modificato nel latino Larinum, ossia il luogo dove i Frentani ebbero i Lari. Durante la Seconda guerra punica (217-201 a.C.), fu teatro di battaglie tra l'esercito di Annibale, accampato nella vicina Gerione, e Fabio Massimo, dittatore a Larinum.

Data la sua fiorente economia venne promossa a Municipio Romano (a seguito della vittoria di Silla su Mario) e la città venne dotata di una propria zecca, si espande urbanisticamente e si dota dei principali edifici pubblici che caratterizzavano le città romane dell'epoca: l'area del foro, nella prima metà del I secolo d.C., l'anfiteatro, nella seconda metà dello stesso secolo grazie al finanziamento di un Senatore originario del luogo, il foro, le terme e taluni edifici pavimentati con mosaici bicromi e policromi nel II secolo. Rispettando la conformazione del terreno e i percorsi stradali che si erano configurati da tempo, la forma della città non ebbe mai un contorno regolare; si sviluppò ai lati delle strade assumendo una conformazione "a boomerang". La parte più cospicua dell'abitato romano è da collocare tra l'area denominata "Torre Sant'Anna" e la zona dell'anfiteatro, per poi estendersi su tutto il Piano San Leonardo, dove sono tuttora sono sparsi reperti di varia natura e dal quale provengono due dei mosaici più belli rinvenuti a Larino ed oggi conservati nel Palazzo Ducale.

Di Larinum ebbe modo di parlare Cicerone in una delle sue arringhe più complesse: La Pro Cluentio. Aulo Cluentio (cittadino Larinese) fu accusato da sua madre (nel 66 a.C.) di aver avvelenato il suo patrigno e dal senato romano di aver corrotto i giudici del processo.

Urbanistica

Anche se nell’ambito dell’area frentana Larino è la città meglio nota, grazie ai ruderi rimasti parzialmente sempre fuori terra e grazie ai risultati delle recenti ricerche archeologiche, gradualmente sempre più estese, bisogna dire che solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento fu esteso un primo vincolo archeologico alle aree immediatamente adiacenti all’anfiteatro, già abbondantemente urbanizzate. Dagli anni Settanta l’Amministrazione comunale, in concomitanza con l’istituzione della Soprintendenza archeologica del Molise, ha affrontato in modo costruttivo il problema relativo alla tutela di quelle aree ancora libere da costruzioni, condizionando la destinazione delle particelle, che sono state in tal modo risparmiate dallo sviluppo edilizio. Al di là degli interventi di esproprio, che non hanno ancora oggi trovato completa attuazione, è stato possibile procedere all’esplorazione archeologica di quelle zone rimaste libere, realizzando, dove necessario, interventi di restauro e conservazione nelle aree dove sono state rinvenute evidenze archeologiche (mosaici, lastricati, manufatti). Le strutture rinvenute sono state sottoposte a consolidamento e restauro: i mosaici, in particolare, sono stati restaurati e collocati su specifici supporti, posizionati in situ in modo da poter essere asportati, se necessario, in qualsiasi momento. E’ stata comunque assicurata ad ogni manufatto la dovuta protezione, per rallentarne il processo di disgregazione. Infatti tra la possibilità di asportare il mosaico ed esporlo nella sala di un museo e quella di lasciarlo dopo accurata operazione di restauro nel sito originario, è stata prevalentemente preferita questa seconda soluzione, per l’esigenza di restituire al manufatto la sua più completa leggibilità.

Anfiteatro romano

L'anfiteatro fu realizzato alla fine del I secolo d.C. a seguito di lascito testamentario di un cittadino di Larinum di rango senatorio. Per realizzarlo fu modificato l'impianto viario dell'antica Larinum, rendendo necessario uno scavo nella roccia di più di sei metri sotto il piano stradale. La forma è ellittica, con muri per lo più in opera reticolata. Aveva quattro ingressi distribuiti sulle estremità dei due assi; alla parte superiore (summa cavea) si accedeva mediante scalinate esterne a doppia ala. Dodici porte (vomitoria) permettevano l'accesso alle gradinate. L'edificio mantenne la sua importanza anche nell'alto medioevo, quando venne trasformato in luogo di difesa dagli abitanti di Larino.

«(Larino) Su le rovine dell'anfiteatro Questo rudere insigne ammonisce che un popolo decaduto non è indegno dell'antica grandezza finché serbi fede alle virtù che resero grandi i suoi padri. »

Nel corso della storia la funzione dell'anfiteatro venne modificata in base alle esigenze. Per un lungo periodo divenne una fonte preziosa di materiale da costruzione, infatti alcuni blocchi di pietra sono ancora visibili in alcune facciate di abitazioni del centro storico e nel campanile del Duomo - Cattedrale di San Pardo.

Le terme

Nelle immediate vicinanze dell’anfiteatro, ma sempre all’interno dell’attuale parco archeologico, è possibile ammirare i resti delle sontuose terme, ricche di mosaici policromi, con rappresentazioni di animali fantastici e marini, e di figure geometriche; attualmente è possibile visitare due vasche destinate ai bagni in acqua calda, tiepida e fredda (calidarium, tepidarium, frigidarium), il vano in cui si produceva con il fuoco il riscaldamento dell’acqua (praefurnium), un vano con le suspensurae (cioè con le colonnine che reggevano il pavimento rialzato in cui passava l’aria calda), un grande pilastro pertinente ai portici, un accurato sistema di scarico delle acque, costituito da una poderosa fognatura, coperta da tegole disposte a cappuccina. La particolarità di questo ritrovamento archeologico è che esso conserva ancora l’impianto dell’ipocausto, cioè degli ambienti sotterranei in cui erano ubicati i forni ed altri locali di servizio. Si è provveduto poi ad assicurare una dovuta protezione a quanto è stato portato alla luce, mediante la installazione di una opportuna struttura di copertura; inoltre una passerella metallica consente di visionare il mosaico dall’alto senza calpestarlo.

Il foro

Nell’area di scavo di Torre Sant’Anna è stato identificato il lato orientale del Foro, con i suoi edifici monumentali: in questo settore urbano si concentrano, ben visibili, varie fasi. La prima, risalente al III – II secolo a.C., non prevede ancora la destinazione pubblica; vi si trova ubicata, infatti, una grande e raffinata domus, della quale sopravvivono l’atrio pavimentato in ciottoli policromi dimezzati ed alcuni degli ambienti che si distribuivano intorno all’atrio ed ai lati dell’ampio corridoio di accesso. Oltre alla pavimentazione dell’atrio, la particolarità è data anche dalla presenza di un ampio impluvium il cui pavimento in mosaico policromo raffigura al centro un polpo ed agli angoli quattro cernie, con un’ampia fascia marginale con tralci e grappoli d’uva. Questa parte della città antica conobbe due successive fasi edilizie: dopo la sua costruzione, avvenuta tra la seconda metà del II secolo a.C. e la prima metà del I secolo a.C., fu pesantemente ristrutturata nel IV secolo d.C., quando il governatore della Provincia Samnii, appena istituita, dovette avviare i restauri, dopo il disastroso terremoto che colpì nell’anno 346 d.C. la zona. La vita della città continuò anche successivamente, ma in modo stentato: lentamente gli edifici, ormai abbandonati, cominciarono ad essere oggetto di sistematiche spoliazioni, per un riuso dei materiali. Qua e là, probabilmente, spuntarono modeste casupole, costruite con materiali di spoglio.

Le domus

Galleria d'immagini

Note

  1. ^ Alberto Magliano, Brevi cenni storici sulla città di Larino, Larino, 1925, pp. 7-8.
  2. ^ Angela Di Niro, Larino: la città ellenistica e romana, in AA.VV. Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C., Roma, 1980, pp. 308-312.
  3. ^ Dati visitatori 2016 (PDF), su beniculturali.it. URL consultato il 17 gennaio 2017.
  4. ^ Angela Di Niro, La necropoli di Monte Arcano a Larino, in AA.VV. Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C., Roma, 1980, p. 153.
  5. ^ Angela Di Niro, Necropoli arcaiche di Termoli e Larino, Campobasso, 1981.
  6. ^ Angela Di Niro,, Larino, la necropoli di Monte Arcano, in AA.VV. Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C., Roma, 1980, pp. 71-80.

Bibliografia

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