Inceneritore
I Termovalorizzatori sono impianti che utilizzano i rifiuti come combustibile per produrre calore o energia. Si tratta quindi di vere e proprie centrali elettriche.
Funzionamento di un termovalorizzatore
Il funzionamento di un termovalorizzatore può essere suddiviso in sette fasi fondamentali:
- Arrivo dei rifiuti. Provenienti dagli impianti di selezione opportunamente dislocati sul territorio, i rifiuti sono conservati in un’area dell’impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Con una gru i materiali sono depositati nel forno.
- Combustione. Il forno è dotato di griglia mobile per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante il trattamento. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per elevare la quantità di ossigeno, favorendo la combustione e mantenendo alta la temperatura (fino a 1000 gradi).
- Estrazione scorie. Le componenti dei rifiuti che resistono alla combustione vengono raccolte in una vasca piena d’acqua posta sotto la griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono estratte e smaltite in discarica senza alcun rischio per l’ambiente.
- Produzione del vapore. L’elevata temperatura prodotta dalla combustione dei rifiuti genera aria calda che porta ad ebollizione l’acqua contenuta in un’apposita caldaia per la produzione di vapore.
- Produzione di energia elettrica. Il vapore generato viene inviato ad una turbina che produce energia elettrica.
- Trattamento fumi. Dopo il passaggio in turbina, i fumi caldi sono avviati, prima della loro emissione in atmosfera, ad un sistema di trattamento multi stadio, che opera in più momenti successivi. Questi sistemi permettono l’abbattimento degli inquinanti nei fumi.
- Inertizzazione. Le ceneri volanti prodotte nella combustione, una volta intercettate con appositi sistemi di aspirazione, vengono inviate all’impianto di inertizzazione dove sono mescolate in una miscela di acqua e cemento. Le scorie vengono così rese inerti e viene bloccata ogni emissione di sostanze pericolose o inquinanti. Nel linguaggio comune gli impianti di termovalorizzazione vengono spesso indicati come inceneritori, mettendo in rilievo soltanto la funzione relativa alla combustione dei rifiuti. Si tratta di un termine riduttivo che non rende giustizia alle innovazioni tecnologiche susseguitesi da oltre vent’anni.
Differenze tra termovalorizzatori e inceneritori
Inceneritori e termovalorizzatori sono assolutamente differenti. I primi distruggevano i rifiuti senza alcuna utilità e con minimi criteri di sicurezza. I secondi, al contrario, sono vere e proprie centrali elettriche. Utilizzando i rifiuti per produrre energia, sostituiscono altri impianti alimentati con fonti fossili (petrolio, carbone), riducendo in questo modo le emissioni di anidride carbonica (CO2), che tanta parte ha nel cosiddetto “effetto serra”.
I termovalorizzatori sono dotati di tutti i sistemi più avanzati di controllo e riduzione delle emissioni che ne fanno una realtà compatibile con le esigenze di tutela ambientale e, come dimostrano numerosi esempi, sono inseriti con successo all’interno di contesti urbani, senza rischi per la salute e senza preoccupazioni da parte dei cittadini.
In Europa sono attivi attualmente 304 impianti di termovalorizzazione, in 18 Nazioni. Paesi notoriamente attenti all’ambiente, quali Germania, Svezia, Danimarca ne fanno ampio uso.
Non solo, a Vienna, Parigi, Londra, Copenhagen e Tokyo, i termovalorizzatori sono all’interno della cinta urbana senza alcun rischio per la salute del cittadino. In Olanda poi, a Avr e Amsterdam, sorgono i più grandi termovalorizzatori d’Europa (fino ad un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno).
In Italia a Brescia, in prossimità della città c’è una centrale elettrica da rifiuti che fa risparmiare ogni anno l’utilizzo di 100mila tonnellate di petrolio, un combustibile in via di esaurimento. A Trezzo sull’Adda, in provincia di Milano vi è uno dei più moderni termovalorizzatore, in esercizio in Europa.
Rapporto tra termovalorizzatori e raccolta differenziata
La termovalorizzazione dei rifiuti non è contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo. Si tratta, al contrario, di due processi che occorre integrare per ottimizzare la gestione dei rifiuti urbani, uscendo così da situazioni di "emergenza" e dall'uso quasi esclusivo delle discariche di rifiuti. La strategia adottata dall’Unione Europea e recepita in Italia con il Decreto Legislativo n° 22/97 affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di gestione integrata del problema. Pertanto, se il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la loro pericolosità, il passaggio successivo riguarda l'esigenza di riutilizzare i rifiuti nelle varie forme possibili, sia in termini di recupero di materia (riciclo), sia in termini di produzione energetica (termovalorizzazione). Le esperienze avviate in vari Paesi d'Europa dimostrano che anche laddove il ricorso alla termovalorizzazione dei rifiuti è stato molto alto, il tasso di crescita della raccolta differenziata non è diminuito, anzi, è cresciuto a ritmi sostenuti.
In Danimarca, ad esempio, un tasso di termovalorizzazione del 58% coesiste con una raccolta differenziata pari al 31% del totale dei rifiuti urbani prodotti. Analogamente, in Olanda e Svizzera dove circa il 45% di rifiuti è avviato a combustione, si registrano tassi di raccolta differenziata superiori al 30%. Tali esperienze confermano, dunque, che le due pratiche non sono incompatibili tra loro: l’una non influenza in modo significativo i risultati dell’altra e insieme possono, e debbono, concorrere all’obiettivo comune di ridurre i rifiuti da conferire in discarica. In Italia, mentre il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo (è oggi intorno al 21,5% per merito, soprattutto, delle regioni del Nord), il ricorso alla termovalorizzazione è ancora limitato e rappresenta, con circa il 10,5%, uno dei valori più bassi in Europa.
Da questo squilibrio scaturisce un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica che interessa attualmente oltre il 51,2% dei rifiuti urbani prodotti, con conseguenze ambientali che si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove molti impianti sono ormai saturi e la raccolta differenziata stenta a decollare. (Dati tratti dal Rapporto Rifiuti 2004 dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti)
Garanzie sanitarie e ambientali dei termovalorizzatori
I termovalorizzatori sono sicuri e dotati dei sistemi più avanzati di trattamento dei fumi e abbattimento delle emissioni, in linea con le leggi del nostro Paese e dell’Unione Europea.
L’esperienza ed i dati registrati da enti pubblici di controllo presso termovalorizzatori regolarmente in funzione, permettono di affermare che i valori delle emissioni sono effettivamente ben al di sotto dei limiti di legge.
I dati dimostrano che le emissioni di questi impianti, oltre ad essere trascurabili così da garantirne la piena compatibilità con il territorio circostante, sono di gran lunga inferiori a quelle riscontrabili in contesti considerati normali e sicuri.
Ad esempio, la concentrazione di inquinanti dei camini di un termovalorizzatore è inferiore a quella prodotta dagli scarichi di poche decine di camion. E’ sicuramente maggiore la presenza di diossina presso un’autostrada o un grande svincolo stradale, che non nelle immediate vicinanze di un termovalorizzatore, dove i valori di questa sostanza sono mediamente inferiori di dieci volte rispetto ai limi di legge.
Riduzione delle emissioni
A partire dagli anni ottanta si è affermata l’esigenza di rimuovere per via chimica gli inquinanti presenti nei fumi della combustione (prevalentemente gas acidi come l’ossido di zolfo) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri. Si è passati dall’utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con rendimenti massimi di captazione degli inquinanti rispettivamente del 70 e dell’85%, ai filtri elettrostatici o filtri a manica che garantiscono rendimenti notevolmente superiori (fino al 99%).
Accanto a ciò, sono state sviluppate misure di contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorando il processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l’utilizzo di temperature più alte, di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime di alte turbolenze e grazie all’immissione di aria per garantire l’ossidazione completa dei prodotti della combustione.
Sistemi multistadio
Per intervenire su specifiche sostanze come mercurio, diossine e furani, sono stati definiti sistemi di depurazione dei fumi del tipo a multistadi, che permettono di raggiungere valori minimi di emissioni, quasi da rendere impossibile la loro misurazione con gli strumenti di rilevazione oggi disponibili.
Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratteristica che li accomuna è quella di essere concepiti a più sezioni di abbattimento; il che permette ad ognuno di questi di raggiungere elevate efficienze, anche nel caso di anomalie di uno degli stadi che compongono la linea di depurazione.
Vanno poi citate le attrezzature specificatamente previste per l’abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico.
La prima di queste tecnologie, definita SCR (selezione selettiva catalitica), consiste nell’installazione di un reattore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che miscelandosi con i fumi e attraversando gli strati dei catalizzatori, riduce gli NOX in azoto e acqua.
La seconda tecnologia SNCR (riduzione selettiva non catalitica) presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti e consiste nell’iniezione di un reagente (urea da ammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell’impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra 850 e 1.050°C con la conseguente riduzione degli NOX in azoto e acqua.
Abbattimenti dei microinquinanti
Altri sistemi sono stati messi a punto per l’abbattimento dei microinquinanti (metalli pesanti e diossine). Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che vapore, la maggior parte di essi condensa nel sistema di controllo delle emissioni, concentrandosi nel particolato fine (ceneri volanti). Il loro abbattimento è affidato all’efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione del 99%.
Per quanto riguarda l’abbattimento delle diossine il controllo dei parametri della combustione e della post-combustione, sebbene sia considerato sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative più stringenti, è accompagnato da un ulteriore intervento specifico, che viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, consistente nel passaggio dalla fase vapore a quella condensata adsorbita su superfici solide.
Tale passaggio di stato è favorito dall’abbassamento della temperatura e dall’utilizzo di materiali con caratteristiche adsorbenti come il carbone attivo che garantiscono abbattimenti delle diossine e furani molto al di sotto dei valori richiesti dalla normativa.
Rispetto delle norme di legge
Le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti, tali da consentire non solo il rispetto dei valori limite adottati dalla normativa vigente in Italia, ma anche quelli di prossima adozione (schema di decreto di recepimento della Direttiva 2000/76/CE) (Tab. 1).