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La Boza, anche Bosa (dal turco: boza), è una bevanda fermentata popolare in Kazakistan, Turchia, Kirghizistan, Albania, Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, parti della Romania, Serbia, Ucraina, Polonia e Lituania.

Boza
Boza con cannella nell Akman Boza Salonu ad Ankara
Origini
Altri nomiбоза, bragă
Luogo d'origine
RegioneAsia Centrale
DiffusioneKazakistan, Turchia, Kirghizistan, Albania, Bulgaria, Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, parti della Romania, Serbia, Ucraina, Polonia e Lituania
Dettagli
Categoriabevanda
Ingredienti principalicereali
Venditore di boza a Bucarest nel 1868

È una bevanda di malto, originariamente a base di miglio, e viene cosi' prodotta in Bulgaria e Romania: si produce anche con mais e grano in Albania, e con grano fermentato in Turchia. Ha una una bassa gradazione alcolica (di solito circa l'1%). Ci sono diversi tipi di Boza, i più importanti dei quali sono la Boza turca (densa e dolce), bulgara e albanese (diluite e piu' acide).

Storia

Etimologicamente, si presume che la parola boza abbia un'origine turco-chagatai [1] o persiana [2] (büze = pers. per miglio).

La determinazione accurata dell'origine è difficile, poiché le bevande alcoliche a base di miglio sono note alle antiche civiltà (babilonesi, egiziane) fin dall'antichità. Nel caso della Boza, vari autori spesso si riferiscono a un'origine centroasiatica.[3] Da qui la bevanda fu portata in Anatolia dalle tribù nomadi. I turchi selgiuchidi chiamavano bevande simili alla birra Bekni.

Nell'impero ottomano, la produzione di Boza era un'importante attività commerciale, e furono costruite molte birrerie e locali di consumo (chiamate Bozahâne). La boza era anche la bevanda abituale dei giannizzeri. In tempo di guerra, un Bozacı - il produttore di boza - seguiva sempre le truppe e quindi ne assicurava la fornitura. Sotto Selim III venne lanciata sul mercato una versione con oppio. Lo scrittore via di viaggi ottomano Evliya Çelebi, il quale viaggiò in tutto il mondo conosciuto, racconta di tossicodipendenti da Boza, i quali "non venivano mai morsi da cani randagi", perché avevano sempre un bastone da passeggio a causa della loro andatura instabile.[4] Il viaggiatore arabo Ibn Battuta riferì della Boza turca nel XIV secolo quando visitò l'Asia centrale. Sotto Mehmed IV, tutte le bevande alcoliche, comprese quelle a bassa percentuale come la Boza, vennero vietate, anche se senza successo.

Con il dominio ottomano, la Boza arrivò nei Balcani,[5][6] dove è conosciuta soprattutto in Bulgaria e Romania come боза o bragă. Prima della diffusione dei negozi di dolciumi bulgari (Sladkarnitsa), dove la Boza veniva spillata da grandi contenitori in grandi bicchieri, i venditori ambulanti di Boza divennero parte di strada cittadina. Poiché molti di questi venditori ambulanti erano albanesi, in Bulgaria si crede che la Boza sia una bevanda albanese. Nella città bulgara di Radomir, che nel XVIII secolo era uno dei centri per la produzione della Boza, c'è un monumento in onore dei venditori ambulanti di Boza.

Anche nelle province ottomane mediorientali come per esempio l'Egitto si consumava Boza. Qui viene prodotta in parte con una maggiore percentuale (fino al 7%),[7] e a volte viene chiamata Boza una bevanda simile a base di liquirizia.[8] Attraverso la parola araba usata per Boza dovrebbe poi essere stato adottato il nome gergale inglese Booze dato alle bevande alcoliche.

Famoso è un locale dove si vende boza a Istanbul, Vefa Bozacısı, che si dice produca una delle migliori boza di Istanbul, consumata dal palazzo imperiale ottomano e, non ultimo, da Mustafa Kemal Atatürk.[9] A differenza della versione spesso piuttosto acida e diluita (ad esempio in Bulgaria o Albania), questa versione della Boza è più densa e più dolce.[10] Insieme a essa si mangiano spesso ceci arrostiti, che si possono acquistare in un negozio di fronte.

L'autore turco Orhan Pamuk ha immortalato la Boza nel romanzo La stranezza che ho nella testa. Il protagonista, Mevlut, arriva dalla provincia anatolica a Istanbul negli anni '60. Qui si guadagna da vivere per sé e la sua famiglia con la vendita ambulante di Boza.

Produzione e consumo

 
Boza bulgara

Originariamente la boza veniva preparata con il miglio. Tuttavia, possono essere utilizzati tutti i tipi di cereali. La fermentazione produce acido lattico ed etanolo, il prodotto finito contiene tra 0,6 e 1% di alcol. La qualità delle porzioni è diversa, poiché l'agente di fermentazione è abbastanza eterogeneo nelle proporzioni batteri / lievito. A seconda della variante viene anche ulteriormente addolcita.[11]

A seconda della consistenza, la Boza ha un colore bianco-marrone e una consistenza viscosa. La bevanda è molto nutriente e viene offerta a prezzi ragionevoli. I più vecchi poster pubblicitari in Bulgaria vennero promossi da bambini ben nutriti con le guance rosse per il consumo di Boza. Nei Balcani si beve in ogni stagione, specialmente a colazione in connessione con la Banitsa.

In Turchia, fino all'introduzione della tecnologia di refrigerazione era una tipica bevanda invernale. Adesso si puo' comprare al supermercato tutto l'anno, ma non è certificata halal a causa del (basso) contenuto di alcol.[12]

Fonti

  1. ^ Charles Perry: Food in Motion: The Migration of Foodstuffs and Cookery Techniques Vol 1 / Oxford Symposium, 1983, Prospect Books, p. 19 [1]
  2. ^ E. Arendt, E. Zannini: Cereal Grains for the Food and Beverage Industries, Elsevier, 2013, S. 341
  3. ^ (EN) Mehrdad Kia, Daily Life in the Ottoman Empire, ABC-Clio, 2011, p. 240.
  4. ^ (EN) Ebru Boyar e Kate Fleet, A Social History of Ottoman Istanbul, Cambridge University Press, 2010, p. 189.
  5. ^ Agnes Sachsenroeder: CultureShock! Bulgaria: A Survival Guide to Customs and Etiquette, Marshall Cavendish International Asia Pte Ltd, 2010, S. 141
  6. ^ Mehrdad Kia: „Daily Life in the Ottoman Empire“, ABC-Clio 2011, S. 240
  7. ^ E. Arendt, E. Zannini: Cereal Grains for the Food and Beverage Industries, Elsevier, 2013, p. 341
  8. ^ (EN) Peter Heine, Food Culture in the Near East, Middle East, and North Africa, Greenwood Publishing Group, 2004, p. 68.
  9. ^ John Freely, Hilary Sumner-Boyd: Istanbul. Ein Führer. 2. durchgesehene Auflage. Prestel, Monaco 1984, ISBN 3-7913-0098-9, p. 249 f.
  10. ^ Vefa Bozacısı, su vefa.com.tr. URL consultato il 7 Ottobre 2018.
  11. ^ E. Arendt, E. Zannini: Cereal Grains for the Food and Beverage Industries, Elsevier, 2013, p. 341
  12. ^ Ciftlikdergisi (in Turco)

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