Unité d'Habitation de Marseille

Edificio residenziale polifunzionale progettato dall'architetto svizzero Le Corbusier

L'Unité d'Habitation de Marseille, nota anche come ‘’’Cité Radieuse’’’, è un edificio progettato dall'architetto svizzero Le Corbusier del tutto analogo agli altri quattro successivamente realizzati a Nantes, a Briey a Firminy e a Berlino Ovest.

Unité d’Habitation de Marseille
Cité Radieuse
File:Unité d'Habitation 1 - panoramio.jpg
Una veduta del prospetto principale
Localizzazione
StatoFrancia (bandiera) Francia
Indirizzo280 Boulevard Michelet
13008 Marseille
Coordinate43°15′41.04″N 5°23′47″E
Informazioni generali
Condizionicompletato
Costruzione19471952
Stilebrutalismo
Usocommerciale e residenziale
Altezza
  • Tetto: 52 m
Piani18
Area calpestabile59.500 mq
Realizzazione
ArchitettoLe Corbusier
 Bene protetto dall'UNESCO
Unité d’Habitation de Marseille “Cité Radieuse”
 Patrimonio dell'umanità
TipoArchitettonico
CriterioC (i) (ii) (iv) (v)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal2016

Essa rappresenta una delle realizzazioni pratiche delle teorie ideate dal celebre architetto svizzero circa il nuovo concetto di costruire la città, nonché uno dei punti di arrivo fondamentali del Movimento Moderno nel concepire l'architettura e l'urbanistica.

Storia

Nel 1946, in un tragico scenario di devastazione e macerie, le varie nazioni europee sopravvissute alla seconda guerra mondiale avviarono ognuna dei grandi progetti di ricostruzione. In Francia il ministro dell'Urbanistica e della Ricostruzione Raoul Dautry interpellò, tra gli altri, il celebre architetto avanguardista Le Corbusier già noto per i suoi progetti e le intuizioni all'avanguardia per i tempi, anticipando molte delle più diffuse concezioni architettoniche contemporanee.[1]

Se molte di queste sue innovative idee progettuali erano sino a quel momento rimaste sulla carta, una prima occasione per realizzarle si concretizzò ufficialmente nell’area di Marsiglia non lontana dal porto che aveva subìto ingenti danni dovuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Fu così che nel 1947 fu reso noto a Le Corbusier l'incarico ufficiale da parte del ministro Raoul Dautry di realizzare «un nuovo edificio sperimentale nel contesto della ricostruzione postbellica».[2] Stabilito il luogo consono all'edificazione in boulevard Michelet a Marsiglia, vennero eseguiti più di mille disegni preparatori dagli architetti suoi collaboratori: André Wogenscky, Georges Candilis e Jacques Masson, sotto la tenace supervisione di Le Corbusier, che non si lasciò scoraggiare malgrado le innumerevoli difficoltà che lo ostacolarono poiché le formalità con le istituzioni si rivelarono tuttavia lunghe ed estenuanti, così come le ininterrotte critiche dei detrattori.[3]

Nell'ottobre 1952, la costruzione dell’Unité d'Habitation di Marsiglia fu ultimata, malgrado il grande ritardo dovuto ai finanziamenti discontinui e alle lungaggini burocratiche, e venne solennemente inaugurata il 14 ottobre, dopo cinque anni esatti dalla posa della prima pietra; essa fu rinominata Cité Radieuse e a partire da quell'anno sorsero altri quattro complessi edilizi analoghi a Nantes per una cooperativa privata, a Berlino Ovest nel 1957 in occasione dell'Interbau 57, a Briey nel 1961 e infine a Firminy nel 1967. Essi hanno tutti caratteristiche del tutto simili tra loro e si differenziano soltanto per il numero di piani.

File:Unité d'Habitation 2 - panoramio (1).jpg
Una veduta esterna dell’edificio dove si possono notare i "pilotis" alla base della struttura

Nonostante le iniziali incomprensioni e le stroncature della critica che la soprannominò maison du fadà,[4][N 1] l’Unité d'Habitation di Marsiglia divenne ambìta residenza di esponenti del ceto borghese medio-alto, professionisti e intellettuali.

Essa è stata nominata il 12 ottobre 1995 Monument Historique, nonché Patrimonio UNESCO nel 2016 ed è tuttora luogo di visita di numerosi turisti, scolaresche e studiosi d'architettura ogni anno.

Architettura

La sinossi progettuale

Secondo il pensiero di Le Corbusier non esisteva una sostanziale distinzione tra l'urbanistica e l'architettura, discipline che egli tentò di coniugare con demiurgica perizia. La sua attenzione era principalmente rivolta a studiare un sistema di relazioni che, partendo dalla singola unità abitativa intesa come cellula di un insieme, si estendeva all'edificio, al quartiere e all'intero ambiente costruito.[5]

L'Unité d'Habitation di Marsiglia, è la magistrale sintesi di questa teoria e racchiude in sé tutti i princìpi architettonici da lui ideati, divenendo la somma delle funzioni prettamente domestiche coniugate a quelle urbanistiche. Essa venne quindi concepita come una vera e propria «città verticale», una sorta di «macchina per abitare» caratterizzata da spazi individuali inseriti in un ampio contesto di aree comuni; questo equilibrio fu supportato dall'impiego delle più moderne tecniche progettuali e costruttive già scoperte in precedenza dal Razionalismo e dall'esperienza del Bauhaus, con un largo uso del cemento armato e di materiali innovativi.[6]

L'edificio rappresenta quindi una sorta di contenitore che racchiude in esso uno spazio urbano, trascendendo la funzione meramente abitativa di un semplice condominio e concependo l'edificio come una sorta di «macchina per abitare» per un elevato numero di persone. Secondo i princìpi di Le Corbusier, l'attuazione di questa teoria porterebbe al salto dimensionale tra il singolo edificio e la città, cosicché il primo divenga un sottomultiplo della seconda.[7]

Attraverso un accurato studio delle planimetrie Le Corbusier, con la sua Unité d'Habitation, riesce a proporre un modello architettonico in grado di coniugare armoniosamente la vita individuale, familiare e collettiva. Partendo da queste premesse, si pone il problema di gestire con cautela la concrezione abitativa che si viene così a generare. Le Corbusier, come già accennato, ha risolto questa problematica a partire sin dalle planimetrie dei singoli appartamenti. Egli, infatti, ripudiando l'architettura più tradizionale che concepiva gli spazi in maniera scatolare, come una mera giustapposizione di stanze, concepì una sorta di frantumazione dell'unità familiare per generare una disgregazione, approdando a una nuova concezione degli spazi che da un lato stimola i momenti di riunione, ma dall'altro assicura anche aree a uso individuale, dove il singolo utente può isolarsi in maniera appartata.[8]

Partendo da questo fondamentale concetto antropologico Le Corbusier integra gli appartamenti, di per sé ben isolati come si è visto, inserendoli in un contesto collettivo alla luce di un'equilibrata riconciliazione tra famiglia e società; per coniugare al meglio questi due ambiti sociali e concretizzare il concetto di città verticale egli prevede, oltre ai singoli appartamenti, una ricca dotazione di servizi extraresidenziali essenziali come asili nido, palestre, supermercati, aree ricreative a diretto beneficio di tutti gli abitanti.[9]

Descrizione e caratteristiche

File:Marseille - Cité Radieuse (16233839160).jpg
Uno dei corridoi interni della porzione residenziale dell'Unité d'Habitation di Marsiglia
 
Lo schema tridimensionale delle singole unità abitative duplex
File:Marseille - Cité Radieuse (15802044833).jpg
Uno dei corridoi vetrati della porzione adibita a ospitare aree comuni in cui si nota l'assenza dei setti portanti perimetrali
File:La Cité Radieuse - toit terrasse.jpg
La terrazza sul tetto dell’edificio con la pista per correre

Esterno

L’edificio può contenere più di 1.500 abitanti, si estende su un'area di circa 3.500 metri quadrati e misura 137 metri di lunghezza per 24 metri di larghezza e 56 di altezza. Posta al centro di un'area verde, la struttura si sviluppa su diciotto piani e osservando il basamento si può notare uno dei primi Cinque Punti dell'opera di Le Corbusier, ovvero l'adozione dei grandi e massicci pilotis rastremati di forma troncoconica che, sorreggendo tutto il corpo di fabbrica, sostituiscono i setti portanti perimetrali. Inoltre, la loro funzione strutturale separa volutamente l'edificio dal suolo eliminando definitivamente la presenza di abitazioni penalizzate dall'oscurità e dall'umidità derivanti dalla collocazione a piano terra.

L'arretramento degli stessi pilotis rispetto al filo dei solai consente, inoltre, lo sviluppo degli altri elementi compresi nei Cinque Punti, ovvero la «facciata libera» che conta l'impiego di ampie finestrature «a nastro» lungo i principali prospetti perimetrali a tutto vantaggio di un ottimale livello di illuminazione interna, uno degli aspetti fondamentali dell'opera di Le Corbusier. Al contrario del prospetto minore sinistro, che è completamente cieco e uniforme, i prospetti principali delle altre tre facciate sono scanditi dai ripetuti moduli rettangolari dei terrazzi degli appartamenti, caratterizzati ciascuno dalla presenza di un colore differente al proprio interno in netto contrasto con l'uniformità cromatica del cemento armato grezzo che caratterizza l'intera struttura, ovvero «un parallelepipedo imponente che, rinnegando il gusto della superficie levigata, esalta il béton brut, il cemento roccioso colato in casseforme di legno grezzo, la materia scabra su cui è impressa la sigla del Modulor», ricorda il critico Bruno Zevi.[10]

Interno

L’Unité d'Habitation ospita volutamente anche aree dedicate a servizi solitamente dislocati nel contesto urbano circostante, creando una commistione di spazi comuni, zone commerciali e aree residenziali che rappresenta il valore aggiunto distintivo dell'opera, altresì organizzata con grande razionalità, pur senza tralasciare la funzionalità.

Al settimo e ottavo piano dell’edificio un ampio corridoio vetrato percorre longitudinalmente la struttura come una sorta di galleria e consente l'accesso ai principali servizi utili alla collettività: una lavanderia, un supermercato, una palestra, un centro benessere, un albergo con ventuno camere, una biblioteca e poi svariati negozi, ristoranti e uffici, tra cui l'ufficio direttivo del syndic, ovvero l'amministratore dell'immobile. A differenza della superficie esterna, gli interni dell'edificio sono caratterizzati dalla presenza del colore pressoché ovunque, utilizzato come vero elemento di arredo. Al di sopra e al di sotto della porzione centrale dedicata ai servizi vi è la parte prettamente residenziale dell'edificio, composta da una successione di 337 appartamenti disposti trasversalmente rispetto allo sviluppo longitudinale dell'edificio.

Uno degli aspetti più rivoluzionari dell’Unité d'Habitation fu l'innovativa concezione della singola cellula abitativa, non più contraddistinta dal contesto sociale di chi la abita. Analizzando la planimetria degli appartamenti è interessante notare come Le Corbusier abbia concepito delle unità abitative tutte uguali e di dimensioni medio-grandi, quasi fossero oggetti da assemblare in serie; ciascuna di esse è del tipo duplex, ovvero disposta su due livelli diversi collegati da una scala interna. Gli appartamenti sono tutti identici ma speculari e con una volumetria a "L" rovesciata, dalla cui sovrapposizione si ottengono i vani centrali che costituiscono gli ampi corridoi che ogni due piani percorrono l'intero edificio e su cui vi sono gli ingressi di ciascun appartamento; secondo la logica progettuale di Le Corbusier questi corridoi, caratterizzati da colori vivaci, rappresentano le "strade" del complesso residenziale.

L'architetto concepì questi spazi abitativi applicando il proprio sistema denominato Modulor, ovvero «una gamma di misure armoniose per soddisfare la dimensione umana, applicabile universalmente all'architettura e alle cose meccaniche».

Una rappresentazione del Modulor è raffigurata su una parete dei locali presenti sul tetto dell'edificio, che rappresenta l'ennesima innovazione del progetto. Il tetto abitabile, noto anche come «tetto giardino», è infatti uno dei celebri Cinque Punti dell'opera di Le Corbusier. Analogamente a quanto accade negli odierni grattacieli, grazie all'impiego del calcestruzzo armato, esso è stato concepito come un vasto giardino pensile, altresì adibito a funzioni complementari o ricreative utili alla collettività. Esso ospita infatti svariati locali a uso comune come una piccola piscina, l'asilo nido, un solarium, un auditorium all'aperto e un percorso ginnico di circa trecento metri per l'attività sportiva; in origine nei locali presenti sul tetto vi era anche una palestra, ma dal 2013 gli ambienti ospitano una galleria d'arte contemporanea.

Note

Note al testo

  1. ^ Letteralmente: «casa dei matti». È anche conosciuta come cube de béton (letteralmente: «cubo di cemento»).

Fonti

  1. ^ Brooks, p. 144.
  2. ^ Brooks, p. 145.
  3. ^ Brooks, p. 146.
  4. ^ (FR) Olivier Bertrand, La saga de la Cité radieuse de Marseille, in Libération, 11 febbraio 2012. URL consultato il 1º luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2012).
  5. ^ Brooks, pp. 144-145.
  6. ^ Brooks, pp. 146-147.
  7. ^ (FR) Unité d'habitation, su fondationlecorbusier.fr, Fondation Le Courbusier. URL consultato il 9 marzo 2014.
  8. ^ Brooks, pp. 146-147.
  9. ^ Brooks, pp. 146-147.
  10. ^ Zevi, p. 107.

Bibliografia

  • H. Allen Brooks et al., Le Corbusier, 1887-1965, Milano, Electa, 1987.
  • Bruno Zevi, Storia dell'architettura moderna, collana Piccola Biblioteca Einaudi, I, Einaudi, ISBN 978-88-06-20606-2.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàVIAF (EN234754713 · GND (DE4342551-3