San Costanzo
San Costanzo (agiotoponimo del VI secolo d.C.) è un comune italiano di 4 696 abitanti[1] della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche.
San Costanzo comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Margherita Pedinelli (lista civica) dall'8-6-2009 |
Territorio | |
Coordinate | 43°46′01.92″N 13°04′23.02″E |
Altitudine | 150 m s.l.m. |
Superficie | 40,89 km² |
Abitanti | 4 696[1] (31-7-2018) |
Densità | 114,84 ab./km² |
Frazioni | Cerasa, Marotta, Stacciola |
Comuni confinanti | Fano, Mondolfo, Monte Porzio, Terre Roveresche, Trecastelli (AN) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 61039 |
Prefisso | 0721 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 041051 |
Cod. catastale | H809 |
Targa | PU |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 193 GG[3] |
Nome abitanti | sancostanzesi |
Patrono | san Costanzo |
Giorno festivo | 15 gennaio |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
Lo stemma araldico di San Costanzo
Quello attualmente in uso e raffigurato sul gonfalone non è che una piccola porzione del più complesso stemma di San Costanzo, antica e nobile Terra del Piceno ricca di storia e, nel corso dei secoli, più volte degna di particolari attenzioni da parte dei romani Pontefici. Lo storico Paolo Vitali, che ha trattato l'argomento con dovizia di particolari, nel volume Palazzo Cassi a San Costanzo a pagina 617 ebbe a scrivere : " il vero stemma di San Costanzo è un compendio di secoli di storia...la testimonianza più antica la troviamo in un preziosissimo documento del 1661 conservato nella Biblioteca del Senato della Repubblica a Roma e nell'Archivio Storico di Palazzo Cassi. Si tratta dei Capitoli dell'Archivio della Terra di San Gostanzo approvati dal cardinale Antonio Bichi legato di Urbino.... La blasonatura dello stemma originale è la seguente : D'azzurro alla figura del vescovo San Costanzo in maestà, in abiti pontificali al naturale, impugnante con la mano destra il pastorale, pure d'oro, e tenente con la mano sinistra un piccolo monte di tre colli all'italiana, di verde"[4]. I tre colli sulla mano sinistra del vescovo rappresentano San Costanzo quello centrale, i laterali rispettivamente Cerasa e Stacciola appodiati del comune principale.
Storia
Le origini autentiche del nome e la reliquia del Santo
Un'antichissima e consolidata tradizione vuole che San Costanzo si chiamasse originariamente Monte Campanaro che, in seguito al dono di una preziosa reliquia del braccio di San Costanzo martire (140 - 175 d.C.) da parte di una nobildonna di Perugia, avrebbe cambiato nome. Nella realtà, dall'esame di numerosi ed autorevoli documenti contenuti nel volume di Paolo Vitali "Storia di San Costanzo dalle Origini al XIX Secolo", quali il "Codex Diplomaticus Dominii Temporalis S. Sedis" e le " Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV - Marchia", si può con assoluta certezza affermare, che il castello di San Costanzo e quello di Monte Campanaro si trovavano territorialmente vicini ma tra loro ben distinti.
Il nome San Costanzo sarebbe in realtà un agiotoponimo (nome di luogo che si identifica con quello di un santo) e risalirebbe al periodo altomedievale della dominazione bizantina (VI secolo d.C.). Nel territorio esisteva certamente una piccola cappella o altare campestre intitolato al vescovo Costanzo martirizzato il 29 gennaio 175 d.C. e, da questo culto, originò il nome della località San Costanzo seguendo una consuetudine a quel tempo diffusissima. La reliquia del Santo protettore è effettivamente conservata negli archivi della chiesa collegiata. La sua presenza è attestata da un documento dell'archivio vescovile di Fano già nel 1734. Nel corso dei secoli i vari vescovi hanno rilasciato lettere di autenticità; l'ultima è di Sua Eccellenza Vincenzo Franceschini in data 26 maggio 1906: "Vincentius Franceschini Dei et Apostolicae Sedis Gratia Episcopus Fanensis ac eidem Sanctae Sedi immediate subiectus Universis, et singulis praesentes literas inspecturis fidem facimus, et attestamur, Nos ad majorem Omnipotentis Dei gloriam, suorumque Sanctorum venerationem recognivisse sacras particulas de Brachii S. Constantii Martiris quas ex authenticis locis extracta reverenter collocavimus in Urna lignea inaurata rettangularis figurae, crystallis munita bene clausa, et funicolo serico coloris rubri colligata, ac sigillo nostro signata, easque consignavimus cum facultate apud se retinendi, aliis donandi, et in quacumque Ecclesia, Oratorio, aut Cappella publicae Fidelium venerationis exponendi. In quorum fidem has literas testimoniales manu nostra subscriptas, nostroque sigillo firmatas per infrascriptum Sacrarum Reliquiarum Custodem expediri mandavimus. Fani ex Aedibus nostris Episcop. Die 26 Mensis Maii Anni 1906".[5]
I primi insediamenti
I numerosi reperti archeologici datano all'VIII secolo a.C. la presenza dei primi villaggi nel territorio di San Costanzo: siamo agli inizi dell'età del ferro che si identifica, nel centro collinare, con la civiltà dei Piceni. A San Costanzo è stata rinvenuta una delle più antiche ed importanti necropoli picene. L'insediamento dei Piceni avrebbe avuto inizio nell'VIII secolo a.C. ed un suo consolidamento nei secoli VII e VI a.C. È inoltre ipotizzabile la presenza di un insediamento di Etruschi intorno al VI - V secolo a.C. Più avanti negli anni nel territorio dove oggi si trova San Costanzo venne a formarsi un pagus o vicus romano, un villaggio di campagna dove agricoltura e pastorizia formavano la maggiore occupazione; vista però la posizione strategica ai confini della Gallia cisalpina è assai probabile che vi fossero stanziate guarnigioni romane, incaricate del controllo di questa "zona cuscinetto". San Costanzo, con altri centri limitrofi, si trovava sulla direttrice della via Gallica, che permetteva di scendere agilmente dalle colline verso il mare e viceversa. In virtù della particolarissima geografia fu di primo piano il coinvolgimento di San Costanzo in una delle più importanti battaglie della storia, quella conosciuta come battaglia del Metauro (207 a.C.).
Il periodo altomedievale
A questo periodo risalgono le prime fortificazioni difensive sulle alture di San Costanzo. Molti abitanti delle zone costiere andavano ad accrescere i numerosi insediamenti collinari, che offrivano maggiore possibilità di difesa dalle continue invasioni barbariche e dalla sanguinosa guerra gotico - bizantina che ebbe inizio nel 535 e trovò il suo epilogo solo nel 553. Al termine del conflitto gotico - bizantino e con la comparsa delle prime fortificazioni, San Costanzo viene ad assumere una più decisa rilevanza strategica pronto ad opporsi ad una nuova e temibile invasione che non si farà attendere, quella da parte dei Longobardi. Nel territorio di San Costanzo esistono svariati riscontri topografici segni certi della presenza dei Longobardi e dei popoli giunti al loro seguito: esempi fra i tanti Valdeprati che deriverebbe da Waldipert (toponimo longobardo da nome personale) e Montelibino (Monte di Libino) tipico toponimo longobardo di tipo settimànico (nome di persona preceduto da un appellativo). Altro toponimo settimànico è Fontanamaggio (Fontana di Magio o Maio). Con i Longobardi giunsero in Italia, a più riprese, altri popoli: i Sarmati, i Pannoni, i Gepidi, i Suavi, i Norci ed i Bulgari. L'antica presenza di questi ultimi, nel territorio di San Costanzo, è testimoniata da alcuni significativi toponimi quali Monte Bugaro, Rio Bugaro e Monte Bugra.
Il basso Medioevo
Dopo l'appartenenza nel VI secolo alla Pentapoli marittima controllata dall'Esarca di Ravenna, San Costanzo, in virtù delle numerose concessioni imperiali, passa sotto il dominio dei Romani Pontefici. Nel 1283, come si evince dal Codex Diplomaticus Dominii Temporalis S. Sedis, è parte del contado di Fano. Dagli inizi del Trecento sarà la famiglia guelfa dei Malatesta ad esercitarne il diretto controllo. Nel 1434 il castello di San Costanzo risulta annesso al vicariato di Mondavio. Tre anni più tardi Sigismondo Malatesta cede a Bartolomeo del Palazzo la terra di San Costanzo ormai smembrata dal resto del vicariato; nel 1440 lo stesso Malatesta la riunirà ai suoi stati permutandola con Barchi e la Villa di San Sebastiano. Sei anni dopo San Costanzo, parte del vicariato, è ceduto a Fano da papa Eugenio IV con la bolla Licet Summorum Predecessorum Nostrorum del 13 aprile 1446. Venuta meno la fortuna dei Malatesta, con le capitolazioni del 25 settembre 1463 Fano ed i suoi territori tornano ad essere soggetti alla Sede Apostolica. Papa Pio II, il 28 novembre 1463, con la bolla Inter Multiplices Curas investe del vicariato suo nipote Antonio Piccolomini. Terminata la breve signoria dei Piccolomini con la morte di Pio II, San Costanzo torna sotto il controllo di Fano. Eletto quindi papa Sisto IV, il vicariato viene ceduto a Giovanni Della Rovere con la bolla Universalis Ecclesie Regimini del 12 ottobre 1474. Il duca Francesco Maria, nel 1512, concede in feudo il castello di San Costanzo all'antica e nobile famiglia milanese dei Landriani, nella persona del capitano Ambrogio. Con l'elezione al pontificato di papa Leone X, il Della Rovere vede vacillare la stabilità del proprio potere: nel 1517 è Lorenzo de' Medici ad occupare la terra di San Costanzo. Più avanti negli anni persistendo papa Leone X nel disegno di smembrare il ducato, cede nuovamente a Fano il vicariato di Mondavio e con esso San Costanzo (bolla Ad Apostolicae Dignitatis Apicem del 26 maggio 1520). Più tardi i Della Rovere, vedendosi nuovamente arridere la fortuna, recupereranno senza colpo ferire i territori loro appartenuti. Nel 1631, con la morte dell'ultimo duca Francesco Maria II, il Ducato di Urbino e con esso San Costanzo passa alla Santa Sede.
San Costanzo nello Stato Pontificio
Venuta meno la successione dei Della Rovere, lo Stato di Urbino passa alla Santa Sede assumendo il titolo di legazione. Della Legazione di Urbino faceva parte anche San Costanzo. In questo periodo la terra, delimitata dalle mura castellane, al cui interno si trovava la piazza Grande ed il corso, andava perdendo la propria centralità a favore del borgo: qui si andavano sviluppando le botteghe di artigiani, il barbiere, il fabbro, il fornaio, il calzolaio, lo speziale anche se l'agricoltura, con una buona produzione di grano, olio e vino era la fonte di maggiori entrate per l'economia del tempo. Il territorio di San Costanzo era diviso in contrade, fra queste le più importanti erano contrada del Castello, la contrada San Silvestro (dal nome della chiesa omonima) e la contrada Sant'Agostino (dal nome del convento degli Agostiniani). Come in altri piccoli centri a San Costanzo risiede il Podestà, ospitato nel palazzo Magistrale, in diretti e frequenti contatti con il Cardinale Legato e l'Arciprete del luogo. Si ha notizia di una grave emergenza per la presenza di pirati (anno 1672): si trattava di bande di Turchi più o meno organizzate che, provenienti dal mare, interessarono per alcuni anni il litorale e le zone adiacenti con le loro incursioni. Si ha notizia di un mal contagioso, probabile pestilenza che interessò San Costanzo dal 1731 al 1737. Negli anni 1738 e 1739 si ebbe il male epidemico, violenta e grave epidemia fra gli animali bovini. Dal 1742 al 1746 si segnala il passaggio a San Costanzo di truppe alemanne: in questo periodo l'Europa e la penisola erano coinvolte in un'aspra lotta di successione, iniziata con la morte dell'imperatore Carlo VI il 20 ottobre 1740. Altro fatto saliente che ha interessato San Costanzo nella seconda metà del Settecento è stata la riforma del locale catasto.
L'Ottocento
Dal 1797 al 1814 San Costanzo visse i fatti d'arme, che si susseguirono ad un ritmo incalzante ed inusitato, in seguito all'arrivo in Italia del giovane generale Napoleone Bonaparte. Il 19 marzo 1801 si fermarono a San Costanzo tre dragoni francesi di cavalleria e la piccola comunità dovette provvedere a tutte le necessità della guarnigione. Le Marche, sottratte al controllo del Pontefice, vennero suddivise in Dipartimenti: il comune di San Costanzo faceva parte del Dipartimento del Metauro - Distretto di Senigallia. Dopo la sconfitta subita da Napoleone a Lipsia (ottobre 1813) e la firma dell'armistizio con gli austriaci (16 aprile 1814), San Costanzo tornava nuovamente sotto il controllo della Santa Sede. Rimaneva comunque il comune principale ed aveva come appodiati Cerasa e Stacciola. Tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo San Costanzo ebbe fama di dotta ed ospitale cittadina. Da Fano e Pesaro si saliva volentieri su in collina, che alla felicissima posizione geografica univa un clima salubre ed un vivere tranquillo. Era in uso trascorrervi la primavera e l'estate, periodi che offrivano ai forestieri emozioni particolari. Anche l'inverno, abbondante di neve, aveva un suo fascino nelle case del Borgo e nei palazzi aristocratici del centro. Il conte Francesco Cassi amava spesso soggiornare a San Costanzo dove possedeva una residenza. Gli inviti in casa Cassi erano frequenti, con le più importanti personalità del momento che passavano qui, ben volentieri, un po' del loro tempo. Si andavano formando cenacoli di artisti e letterati, si leggevano i classici, ci si misurava in recitazione nelle residenze gentilizie o nel Teatro Della Concordia (1721). Questo periodo di locale Rinascimento sarà interrotto dai luttuosi eventi del 1822, che porteranno il piccolo centro alla ribalta delle cronache nazionali. Il 26 giugno 1822 moriva a San Costanzo, in casa del cugino conte Cassi, il letterato Giulio Perticari. Della morte fu ingiustamente accusata la bellissima moglie del Perticari, Costanza, figlia di Vincenzo Monti e Teresa Pikler. In realtà il conte Giulio Perticari morì per una grave malattia al fegato, che aveva manifestato i suoi primi sintomi fin dai primi anni di matrimonio. L'atto di morte del conte Perticari si conserva negli archivi della Collegiata.[6]
Monumenti e luoghi d'interesse
Le mura castellane
Nel V-IV secolo a.C. San Costanzo era un pagus o vicus, un villaggio di campagna dove agricoltura e pastorizia formavano la maggiore occupazione; vista però la posizione strategica ai confini della Gallia cisalpina è assai probabile che vi fossero stanziate guarnigioni romane, incaricate del controllo di questa zona cuscinetto. Le prime fortificazioni furono erette intorno al VI secolo d.C., a completamento di una posizione geografica militarmente favorevole, in un periodo che potremmo collocare dopo la devastante guerra gotico-bizantina e prima della venuta in Italia dei Longobardi. Molte genti delle zone costiere andavano ad accrescere i primi insediamenti collinari, che offrivano una maggiore possibilità di difesa dalle continue invasioni barbariche. Nel 1283 (Codex Diplomaticus Dominii Temporalis S. Sedis) San Costanzo era uno dei castelli che formavano il Comitato di Fano, le fonti del periodo sono tuttavia mute quanto ad informazioni sulla costruzione e conformazione della cinta muraria. Con i Malatesta gli interventi a favore delle mura si fecero frequenti e finalmente suffragati da riscontri di archivio. Nel 1349 il castello venne riparato sotto la supervisione del capitano Cello di Chompangniuccio per i danni subiti durante un incendio demmo e paghammo a Cello di Chompangniuccio di XXII d'aghosto perché fue mandato a Sanghostanzo per chapitano quando il chastello arse per fallo chonciare... libre XV (SASFa, ASC, Depositaria, reg.6, c.87r), circostanza da ricondursi comunque ad eventi non bellici visto che San Costanzo, in quell'anno, non fu coinvolto in alcuna azione militare. Nel 1429 Galeotto Roberto Malatesta, responsabile amministrativo per conto dei più giovani fratelli, in linea con una deliberazione del Consiglio generale di Fano del 17 dicembre, accondiscende alla ristrutturazione delle mura diroccate del nostro castello, che avevano risentito delle frequenti ribellioni e conseguenti riconquiste dal 1410 al 1416. I lavori del 1429 furono certamente fra i più importanti e, molto probabilmente, delinearono l'assetto definitivo con struttura scarpata del perimetro che, pur con innumerevoli rimaneggiamenti, è giunto fino a noi. Si è ipotizzato un intervento, nella fortificazione delle mura di San Costanzo, da parte dell'architetto Francesco di Giorgio Martini. L'intervento del famoso architetto militare, al servizio della corte feltresca, verrebbe a collocarsi durante la signoria di Giovanni Della Rovere che, nel 1474, fu infeudato dallo zio Sisto IV della Città di Senigallia con relativo contado e del vicariato di Mondavio che includeva anche il castello di San Costanzo. Tuttavia l'ipotesi di un diretto coinvolgimento di Francesco di Giorgio Martini relativamente alle mura di San Costanzo, peraltro non confortata da nessuna fonte storica, deve essere criticamente rivista. Alcuni preziosi documenti, rinvenuti nell'archivio vescovile di Fano[7] hanno permesso di stabilire con certezza che il complesso torre-chiesa venne edificato solo a partire dal 1570, circa settanta anni dopo la morte dell'architetto senese. Nella concezione antropomorfa martiniana verrebbe quindi a mancare un elemento fondamentale che, al tempo dell'ipotizzato intervento, non era ancora in essere. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, nel settore meridionale della cinta muraria, quello prospiciente l'attuale piazza Perticari, venne costruito il palazzo del Pubblico o palazzo della Comunità dove prese stabile residenza il Podestà. Da alcune missive, conservate nell'archivio parrocchiale di San Costanzo, sappiamo che nell'anno 1899 i torrioni e gran parte delle mura conservavano intatta la loro forma primitiva. Nella prima metà del ventesimo secolo, la quasi totalità della cinta muraria compreso il torrione nord-orientale, quello sud-occidentale (Torrione Tomani) e la porta settentrionale del castello, hanno subito dei radicali e sconsiderati interventi che hanno completamente alterato l'architettura e la funzione originaria della struttura. È stato invece risparmiato il torrione nord-occidentale ed un piccolo tratto di mura adiacenti.
Il Pozzo
All'interno della cinta muraria di San Costanzo, nel piccolo cortile di Palazzo Tomani, esisteva un Pozzo oggi inaccessibile essendone stato murato definitivamente l'ingresso. Del manufatto, nel corso dei secoli, ebbero a scrivere diversi storici alcuni dei quali ne attribuirono la realizzazione ai Serenissimi Duchi di Urbino. Renato Canestrari, su L'Avvenire d'Italia, ne parlò come un'opera di idraulica ed arte militare "singolarissimo monumento unico nel suo genere nella nostra provincia". Il prevosto Rinaldo Reposati parla non solo della sua profondità ma anche della "singolare struttura". Più recentemente lo storico Paolo Vitali, che ha potuto raccogliere al riguardo alcune testimonianze dirette[8], concorda perfettamente con il Canestrari. Secondo l'autore sancostanzese il Pozzo avrebbe una profondità di circa quindici metri. Al suo interno una scala di ferro giungeva fino al livello di un corso d'acqua sotterraneo, preziosissimo nei periodi di particolare siccità. Nelle pareti interne del Pozzo si trovavano gli ingressi di almeno tre gallerie che permettevano la fuga dal castello ed il comodo passaggio di una persona. Una di queste gallerie conduceva in località Fonte Vecchia nella campagna adiacente di San Costanzo, una seconda giungeva in prossimità di quella che oggi è via Mazzini. E' quindi ragionevole pensare che la funzione della struttura sia stata quella di importante riserva d'acqua oltreché di agile e segreta via di fuga dal castello in situazioni di particolare necessità.
La Chiesa Parrocchiale Collegiata (secolo XVI)
Stando alle notizie forniteci dallo storico Paolo Vitali nel volume "Storia di San Costanzo dalle Origini al XIX Secolo", testo fondamentale per seguire senza soluzione di continuo le significative e per certi versi straordinarie vicende storiche del piccolo centro collinare, la Chiesa Parrocchiale, intitolata ai Santi Cristoforo e Costanzo, iniziò ad essere costruita nell'anno 1570, nella parte meridionale del Castello, recuperando la struttura di un antico e capiente salone.
Insieme alla Chiesa si dette inizio anche alla costruzione dell'annessa Torre (1570). Le spese vennero equamente suddivise fra il Rettore ed i Pubblici Rappresentanti del tempo con la sottoscrizione, il 27 marzo 1569, di un'apposita convenzione "quando fu fabbricata questa Chiesa Collegiata, dico meglio, quando fu fabbricata insieme col Campanile, fusse fatta a spese, tanto del Rettore della Chiesa di quel tempo, tanto della Comunità: e che ciò consta dai pubblici Capitoli di Convenzione fatti di quel tempo tra la Comunità, e Rettore, e che anco consta dalla Bolla di Paolo Quinto, quando eresse questa Chiesa, che prima era plebania, in Collegiata" (Archivio Vescovile di Fano, inedito in Paolo Vitali, Op. citata). Nel 1573 i lavori erano già terminati, rettore della Chiesa era il nobile fanese Don Francesco Maria Rusticucci Protonotario Apostolico.
Il modesto status di Pieve non si addiceva tuttavia a questo tempio così importante oltreché elegante nella struttura, né soddisfaceva gli abitanti di San Costanzo, terra notevolissima e ricca di tradizioni religiose. Già nel 1585, in seno al Consiglio Comunale, si iniziò a discutere sulla possibilità di implorare al Santo Padre l'elevazione al rango di Collegiata. Il 6 ottobre 1607, nella generale esultanza, Papa Paolo V concedeva benignamente l'ambito privilegio con la Bolla In supernae apostolicae dignitatis specula (per la trascrizione integrale e la traduzione del documento pontificio si veda Paolo Vitali, Op. citata). La Bolla era nunc pro tunc, ora per allora, in pratica la Collegiata avrebbe iniziato a funzionare come tale solo alla morte dell'ultimo Pievano don Giulio Cesare Bambini, avvenuta nel 1619.
Il 19 giugno 1619 si insediava solennemente il primo Reverendissimo Capitolo della Collegiata formato da un Arciprete, sei Canonici e due Mansionari Beneficiati. Al momento dell'erezione vennero assegnati alla Collegiata i beni della soppressa Pievania, alcuni fondi furono donati dai fedeli ed altri acquistati nel corso degli anni. Nella Chiesa venne eretta anche la Cappella Musicale, con atto notarile del 5 ottobre 1700, grazie ad una disposizione testamentaria del Canonico di San Costanzo Gregorio Balducci. Nel 1784 si iniziò a costruire, accanto alla Chiesa, la nuova Casa Collegiale, destinata ad abitazione degli Arcipreti Parroci pro tempore ed in parte ad uso del Capitolo. Sua Santità Papa Pio VI, con Lettere Apostoliche del 21 maggio 1792, concedeva al Capitolo della Collegiata la facoltà di sostituire l'antica Almuzia (mantello di pelliccia con cappuccio) con Rocchetto e Mozzetta, abito distintivo segno di maggiore dignità. Nel 1810, il governo di napoleonica memoria, tentò di sopprimere la Collegiata destinando i relativi beni al viceré d'Italia Eugenio Beauharnais.
L'atto di soppressione non trovò conferma da parte di alcuna Autorità Ecclesiastica e non ebbe mai efficacia. I Parroci della Chiesa dei Santi Cristoforo e Costanzo conservano tuttora l'Arcipretura in titulo con facoltà di vestire rocchetto e mozzetta, in forza delle sovrane pontificie disposizioni ancora oggi nel loro pieno vigore. L'Ordinario diocesano potrebbe inoltre legittimamente conferire il titolo onorifico di canonico della Collegiata. Nella Chiesa, come era consuetudine, furono costruiti venti Sepolcri dei quali due di pertinenza della Venerabile Confraternita del Santissimo Rosario, uno destinato alle sepolture comuni, uno per gli Angioli, quello in mezzo alla navata per i sacerdoti ed i rimanenti per le numerose famiglie gentilizie che abitavano San Costanzo.
La sepoltura centrale, aperta con speciale permesso, dopo la rimozione di una lapide in marmo (visibile al centro della navata) ed una sottostante in legno, ha dato modo di vedere alcuni scheletri deposti in una piccola stanza, alla quale si accede per una scala in pietra di tre gradini. Il piccolo ambiente è poi diviso da due pareti laterali, di recente costruzione, da altri spazi che contengono una certa quantità di ossa. Il 23 settembre 1831 la Congregazione Sanitaria di San Costanzo vieta la tumulazione dei cadaveri nella Chiesa, in osservanza all'articolo 9 del Regolamento Sanitario della Sacra Consulta. La stessa Commissione Sanitaria ritenne pure necessario un urgente spurgo delle tombe per estirpare le putride esalazioni tramandate dall'infetto terreno. La Chiesa Parrocchiale conta al suo interno sette Altari la cura dei quali era un tempo affidata al Capitolo, a facoltose famiglie del luogo oppure alle numerose antiche Confraternite. Ogni altare aveva un suo corredo con preziose suppellettili e propria titolatura.
Chi ne aveva la competenza, o ius patronatus, era vincolato dall'obbligo di farvi celebrare la Santa Messa in stabiliti periodi dell'anno. Nell'altare maggiore si trova un Coro in noce con dodici posti canonicali, lo stesso altare è ornato da una tela raffigurante La Beata Vergine con i Santi Cristoforo e Costanzo (sec. XVIII), i tre Protettori di San Costanzo, attribuita a Gaetano Lapis di Cagli. Al di sopra, nella cimasa, è posta una piccola tela raffigurante l'Eterno Padre. Nel primo altare di destra, entrando in chiesa, si conserva un Presepe del 1580 dell'arceviese Ercole Ramazzani.
Il secondo altare di destra è collocato all'interno della Cappella dedicata al Santissimo Sacramento, abbellita da quattro medaglioni con gli Evangelisti e due tele raffiguranti una Lavanda dei piedi e l'Ultima Cena. In due nicchie laterali allo stesso altare, si conserva una statua lignea raffigurante San Costanzo Vescovo del 1729 ed un'urna dorata contenente la Reliquia del braccio del Santo Protettore ed altri reliquiari di Santi. Il terzo altare di destra è contornato da quindici formelle con i Misteri del Rosario (sec. XVII). Nel primo altare di sinistra, entrando in chiesa, si venera un antichissimo e miracoloso Crocifisso ligneo (sec. XV). Questa sacra immagine venne rinvenuta insieme ad una Madonna su tavola nella Grotta di San Paterniano, in località Caminate.
Un importante documento d'archivio, Breve raguallio del Miracoloso Crocifisso che si venera nella Terra di San Costanzo, parla dello straordinario rinvenimento da parte di alcuni cacciatori. Nel secondo altare di sinistra è collocata una Madonna della Misericordia del 1757, opera di Matteo Zuccaroli, esposta per la prima volta alla venerazione dei fedeli il 10 maggio 1794, in occasione di un evento tellurico. L'intaglio e la doratura della cornice, del 1863, si deve al fanese Gaetano Ponzetti. Nel terzo altare di sinistra si può ammirare una Vergine con Bambino e Santi del 1558 (?) attribuita a Domenicus Fanensis (Persuti). Alle pareti del tempio si trovano quattordici tele raffiguranti la Via Crucis (sec. XVIII). La porta principale d'ingresso alla Collegiata è sovrastata da una cantoria in legno dove è collocato un antico organo con venticinque canne di facciata, lo strumento venne costruito nel 1803 dal maestro Sebastiano Vici di Montecarotto. Nella Chiesa, dal giugno 1822 all'agosto 1854, furono conservate le spoglie del conte Giulio Perticari, genero di Vincenzo Monti avendone sposata la figlia Costanza. L'atto di morte del conte Perticari, fine ed insigne letterato, deceduto a San Costanzo a Palazzo Cassi ospite del cugino Francesco, alle ore quattro pomeridiane del 26 giugno 1822, è conservato negli archivi parrocchiali.
La Chiesa di San Pietro detta di Sant'Agostino (secolo XVII)
Nell'Opera di Paolo Vitali vengono descritte, con dovizia di particolari, le numerose chiese che sorgevano nel territorio di San Costanzo, alcune delle quali oggi non più esistenti, testimonianza della grande religiosità degli abitanti che si palesava anche con la presenza di numerose Confraternite che ricoprivano un ruolo importante non solo nella vita religiosa ma anche nel contesto sociale più ampio del tempo: chiesa di San Silvestro Papa, chiesa di San Sebastiano, chiesa "col titolo di Oratorio", chiesa di Santa Maria, chiesa di Santa Caterina, chiesa di Santa Croce, chiesa di Santa Maria in Castellara, chiesa della Beatissima Vergine della Consolazione, chiesa di San Giovanni del Monte, chiesa di San Giovanni di Vencareto. Fra queste, seconda per importanza, dopo la Collegiata, era la chiesa di San Pietro detta di Sant'Agostino. La più antica testimonianza della presenza degli agostiniani nella terra di San Costanzo risale a prima dell'anno 1445 quando il convento si trovava in località Monte Campanaro, piccolo castello poco distante da quello di Querciafissa (attuale Cerasa). Facendosi sentire l'esigenza di vivere a più stretto contatto della popolazione, il vecchio convento venne demolito e, grazie alla generosità del conte Pietro Barbetta e della popolazione di San Costanzo, si dette inizio alla costruzione di un nuovo convento e dell'attigua Chiesa dedicata a Maria Santissima Regina del Cielo ed a San Pietro Principe degli Apostoli, ma sempre indicata come Chiesa di Sant'Agostino. La prima pietra fu posta il 27 settembre del 1610, in vocabolo Sant'Agostino o Porta Marina, alla presenza di tutto il clero con il pievano Don Giulio Cesare Bambini in paramenti episcopali. Nella zona detta Borgo di sotto, verso il mare per la strada pubblica dalla parte del ponente "si gettò la prima pietra sulli fondamenti nel cantone verso casa degli eredi di Costanzo Salucci sotto la quale furono posti alcune medaglie et monete di oro et argento in memoria di detta fabrica et compita tale cerimonia furono dal medesimo benedetti tutti li fondamenti di detta Chiesa dandosi per tutti i luochi l'acquasanta et ciò compito si cantò dal medesmo messa solenne in detto luoco sotto una tenda che ivi era apparecchiata et dopoi compita detta messa se ne ritornò detto clero accompagnato dal populo alla Chiesa Maggiore cantando il Tedeum Laudatis et questo sia stato et sempre sia laude del nome di Gesù et di Maria et del Santo Beato Pietro Amen” (SASFa, inedito in Paolo Vitali, Op. citata). Nel 1617, a costruzione da tempo ultimata, venne collocata una lapide in arenaria sulla facciata, a ricordo dei benefattori: TEMPLUM HOC COELOR REGINAE, ET APOSTOLOR<UM>PRINCIPI DICATUM, PETRUS BARBETTA VIR SUMMA PIETATE PRAEDITUS, ATQ<UE> PRAECLARA S.CONSTANTII UNIVERSITAS, UT RELIGIOSAM OBSERVANTIAM IN AMPLISSIMAM DIVI AUGUSTINI FAMILIAM TESTATAM FACERENT. COMMUNI AERE A FUNDAMENTIS ERIGI MANDARUNT. QUA RE BENEFICIARII BENEFACTOR<UM> MEMORES AD AETERNITATIS MEMORIAM HOC EIS POSUERE MONIMENTUM ANNO REPARATAE SALUTIS MDCXVII. Il convento passò indenne attraverso la Soppressione dei piccoli conventi decretata da Papa Innocenzo X nel 1652. Fu definitivamente chiuso nel 1811, durante il Regno Italico napoleonico. I locali dell'ex Convento furono acquistati da Andrea Lazzarini e dal conte Francesco Cassi. La Chiesa venne invece dichiarata succursale della parrocchia ed aperta al pubblico il 27 gennaio 1811. Al suo interno si contavano sei sepolcri: uno nel coro dietro l'altare maggiore, dove venivano sepolti i religiosi, uno nel presbiterio appartenente alla famiglia Balducci, altri di proprietà rispettivamente della famiglia Diotallevi ed Angelini, le ultime due sepolture erano riservate a li fratelli e sorelle ascritti alla Società di Divozione sotto il titolo della Madonna della Cintura. Nella Chiesa si trovano cinque Altari adorni di stucchi di buona fattura. Di particolare interesse anche le tele, tutte ispirate dalle devozioni care agli Agostiniani: il Crocifisso, la Madonna, Sant'Agostino e San Nicola. L'altare maggiore, in marmo, è sovrastato da un grande quadro ovale con cornice dorata raffigurante la Consegna delle chiavi a San Pietro Apostolo (è questa una copia, non perfetta, del famoso dipinto di Guido Reni originariamente conservato nella Chiesa di San Pietro in Valle a Fano, prelevato dalla stessa dai commissari napoleonici il 21 febbraio 1797 ed oggi conservato al Museo del Louvre). Posteriormente c'è un Coro in abete “vernigiato di color di noce quasi negro con suo legivo di noce”. Alle pareti laterali del presbiterio si possono ammirare due grandi tele realizzate nel 1787 dal pittore Giuseppe Ceccarini ed un tempo proprietà della nobile famiglia Balducci il cui stemma gentilizio figura nel sepolcro posto davanti all'altare maggiore: un Miracolo di San Nicola da Tolentino quella di destra, la Tomba di Sant'Agostino quella di sinistra. Il dipinto raffigurante il miracolo fa riferimento a due distinte processioni, con il Crocifisso e la statua di San Nicola, svoltesi nella città di Cordova, per intercedere il termine di una terribile pestilenza. Al momento dell'incrocio, le due statue prendono vita e si abbracciano. Entrando in chiesa, nel primo altare di destra si conserva una Madonna del Carmine. Nel secondo altare di destra una tela di uguali dimensioni (restaurata da Giuseppe Ceccarini) rappresenta San Nicola da Tolentino. Nel primo altare di sinistra è collocata una Crocifissione, realizzata da Giuseppe Ceccarini nel 1785 ed appartenuta alla famiglia Foselli. Sotto lo stesso altare, all'interno di un'urna, è posto un simulacro in legno del Cristo Morto realizzato nel 1826, in Ancona, da Filippo Reali allievo del Canova. Nel secondo altare di sinistra è incorniciata da gradevoli stucchi la Madonna della Cintura, commissionata molto probabilmente dall'omonima Confraternita, particolarmente operante in questa Chiesa insieme a quella della Buona Morte. Alle pareti sono poi appesi quattordici piccoli quadri di carta, con cornice in legno, a ricordo della Via Crucis. Nella chiesa si può ammirare anche un Cristo Risorto del 1871, opera di Gaetano Vitene di Faenza. Questa statua venne fatta “mercé l'obolo dei devoti, ove concorse a questo il Municipio con la somma di lire cento”. Nella cantoria fa bella mostra un pregevole Organo di Gaetano Callido (1785) con suo cassone di legno dipinto in bianco. In questa chiesa, nel corso della Settimana Santa, viene allestita La Machina di legno del Monte Calvario, con rievocazione della passione e morte di Nostro Signore. Tutto il materiale occorrente alla rappresentazione era di proprietà della Confraternita della Buona Morte. Sul Monte Calvario si possono ancor oggi ammirare le statue in carta pesta, dipinte ad olio, rappresentanti la Madonna, San Giovanni Evangelista, la Maddalena, il Gran Sacerdote, i soldati di guardia e gli altri personaggi testimoni della passione di Nostro Signore. Dalla stessa Chiesa, la sera del venerdì santo, si snoda una suggestiva processione, retaggio di un'antichissima tradizione, con il simulacro del Cristo Morto deposto su un Cataletto con quattro lumiere seguito dalla statua della Madonna Addolorata. Anticamente, durante la processione, diciotto bambini venivano vestiti da angeli e portavano gli strumenti della Passione. Il Cataletto era invece preceduto da tre Ufficiali della Compagnia della Buona Morte che portavano le mazze e da due Mazzieri preposti a dirigere il mesto corteo. Il Convento, un tempo abitato dagli agostiniani, interessava parte delle costruzioni, a destra dell'osservatore, a ridosso della chiesa. L'attuale corridoio (sala Don Geri) che dalla pubblica via conduce alla sagrestia era utilizzato come magazzino, nella parete destra alcune porte immettevano nel chiostro. Attraverso una piccola scaletta si saliva al piano superiore adibito a dormitorio dei frati. Le stanze dei religiosi si aprivano in un corridoio posto al di sopra di quello a piano terra, illuminato da quattro finestre che si affacciavano nel cortile interno.
Il Teatro "Della Concordia" (secolo XVIII)
Il Teatro Della Concordia venne realizzato a partire dal 18 marzo 1721 nell'ala residenziale sud orientale del castello di San Costanzo. I lavori furono finanziati da alcune famiglie del luogo. Nell'autunno del 1778 venne rappresentata al Della Concordia una commedia per musica di Pasquale Melilotti dal titolo I Viaggiatori, dedicata al presidente della Legazione di Urbino monsignor Carlo Livizzani. Filippo Nicolini, maestro di Cappella di Mondavio, recitava la parte del protagonista Giancostanzo. Primo violino dei balli era il sancostanzese Giambattista Cenerini. Il libretto, curato dalla stamperia Leonardi , si conserva nella Biblioteca Federiciana di Fano[9]. Il Teatro fin dal suo inizio era aperto alla popolazione e non ha mai avuto il carattere di una struttura privata riservata ad una ristretta cerchia di persone. Nell'Archivio Comunale di San Costanzo si conservano alcune lettere indirizzate dalla "gioventù del luogo" al delegato Apostolico per ottenere licenza "a rapresentarvi alcune rapresentazioni ed estrarvi tre tombole... e per farvi agire una comica compagnia". Più avanti negli anni reciteranno al Della Concordia la contessa Costanza Monti, il marito di lei Giulio Perticari, il cugino conte Francesco, il generale Guglielmo Pepe e quanti altri erano soliti far visita e farsi ospitare a Palazzo Cassi, residenza nobiliare al centro di San Costanzo, vero cenacolo di artisti nella prima metà dell'Ottocento, di proprietà del conte Francesco. Al Della Concordia venivano rappresentate le tragedie dell'Alfieri, di preferenza il Saul , l'Aristodemo del Monti e le commedie di Goldoni. E' molto probabile che lo stesso Gioacchino Rossini abbia assistito ad alcune rappresentazioni essendo spesso ospite dei Perticari e legato loro da una affettuosa amicizia, in modo particolare con Costanza. Vncenzo Monti conosceva molto bene il piccolo teatro di San Costanzo tanto da permettersi di scherzarci sopra in una gustosissima lettera indirizzata alla figlia dove la invitava a dar fuoco "al teatrino di San Costanzo che olocausto più bello non si può dare". Lo storico Paolo Vitali ha rinvenuto l'interessantissimo documento e lo ha pubblicato integralmente in "Palazzo Cassi di San Costanzo" a pagina 154. Da più parti si sostiene che al Della Concordia vennero rappresentate, per la prima volta, le tragedie del Monti. Il Locchi scrive sul Teatro "vanta tradizioni artistiche degne di ricordanza, perché vi furono rappresentate per la prima volta, con l'intervento di numerosi spettatori dei luoghi vicini, le tragedie del Monti". Altri, con argomenti per la verità poco convincenti, hanno invece contestato questo primato. Paolo Vitali sostiene che al Della Concordia vennero allestite delle "anteprime" dell'Aristodemo e del Galeotto Manfredi in un clima di maggiore confidenza e libertà, alla presenza di un pubblico più disincantato insieme a quella comitiva di amici letterati che volentieri si spostava fra la Romagna e le Marche, animati da una voglia febbrile di recitare. Queste anteprime furono una sorta di banco di prova e precedettero le rappresentazioni ufficiali nei teatri delle grandi città italiane. In quegli anni a San Costanzo si viveva un momento di grande fervore artistico e culturale e, sempre secondo il Vitali massimo studioso di quel periodo, è da ritenersi che in questo contesto culturalmente vivo e stimolante sia più tardi maturato il matrimonio fra Giulio e Costanza. Il 26 giugno 1822 moriva a San Costanzo, per una grave patologia al fegato che manifestò i suoi primi sintomi molto tempo prima, il conte Giulio Perticari sposo della bellissima Costanza Monti, che venne ingiustamente accusata di essere stata la causa della prematura morte del marito. A conseguenza delle tristi vicende che fecero seguito al luttuoso evento, San Costanzo vide la fine del suo periodo di rinascimento culturale ed il Teatro subì una inevitabile battuta di arresto[10]. Quanto alla scelta del nome "Della Concordia" non sappiamo in che misura possa essere stata influenzata dal motto della vicina città di Fano (Ex Concordia Felicitas) che con la storia di San Costanzo ha avuto sempre a che fare, oppure dall'appartenenza del piccolo centro collinare allo Stato Pontificio e dalla particolare attenzione che i Sommi Pontefici hanno sempre avuto nei suoi confronti[11]. Si è detto che dal palcoscenico, nelle giornate terse, si possa vedere distintamente il mare Adriatico e questo è vero. E' stato anche definito una "piccola bomboniera" ma questo appellativo non gli rende sicuramente giustizia. Con i suoi due ordini di palchi e loggione è stato oggetto di alcuni interventi di restauro che lo hanno adattato alle "moderne esigenze". Questo piccolo gioiello del passato avrebbe certamente meritato una ricerca più attenta, nel trovare idonee soluzioni atte a conservare la sua identità settecentesca che è andata irrimediabilmente perduta. Del materiale di scena e di un sipario dipinto ad olio nulla si è conservato. I numerosi e per certi versi sorprendenti documenti ritrovati e studiati dal Vitali, fanno di questo Teatro uno dei più blasonati della provincia di Pesaro e Urbino e sicuramente dell'Italia intera.
Società
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[12]

Tradizioni e folclore
A San Costanzo si svolge la centenaria Sagra Polentara, nella sua doppia veste invernale (marzo) ed estiva (luglio). Nel marzo 2013 è giunta alla sua 197ª edizione.[13] Durante questa manifestazione, organizzata dall'associazione[14], si può degustare polenta con sugo di carne, secondo un'antica ricetta tradizionale tramandata negli anni.
Geografia antropica
Frazioni
Il comune di San Costanzo consta di 6 agglomerati urbani principali. Il centro e le frazioni di Cerasa, Solfanuccio, Stacciola e le località di Le Grazie e Santa Croce, in più il comune ha compreso nel suo territorio anche una parte della frazione di Marotta.
Amministrazione
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
21 giugno 1985 | 24 maggio 1990 | Luciana Nataloni | Partito Comunista Italiano | Sindaco | [15] |
25 maggio 1990 | 23 aprile 1995 | Massimo Ferretti | Partito Comunista Italiano Partito Democratico della Sinistra |
Sindaco | [15] |
24 aprile 1995 | 13 giugno 1999 | Fausto Baldarelli | Partito Democratico della Sinistra | Sindaco | [15] |
14 giugno 1999 | 12 giugno 2004 | Giuliano Lucarini | Centro-sinistra | Sindaco | [15] |
13 giugno 2004 | 7 giugno 2009 | Giuliano Lucarini | Lista civica | Sindaco | [15] |
8 giugno 2009 | 25 maggio 2014 | Margherita Pedinelli | Uniti per San Costanzo (Centro-sinistra) | Sindaco | [15] |
26 maggio 2014 | in carica | Margherita Pedinelli | Uniti per San Costanzo (Centro-sinistra) | Sindaco | [15] |
Gemellaggi
Sport
L'unica società calcistica locale è l'Unione Sportiva San Costanzo, fondata nel 1966.[16] Il miglior risultato sportivo è stato il raggiungimento della Prima Categoria, divisione cui la squadra prenderà parte nel 2019-20 dopo aver conquistato la promozione con largo anticipo.[16][17] I colori sociali sono il bianco e l'azzurro, mentre l'impianto di gioco è lo stadio comunale.[18]
Sono inoltre presenti due formazioni di calcio a 5, le cui partite vengono disputate in palestra.[19]
Note
- ^ a b Dato Istat - Popolazione residente al 31 luglio 2018.
- ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
- ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
- ^ In Paolo Vitali, "Palazzo Cassi a San Costanzo" pagina 624..
- ^ Inedito, dall'archivio parrocchiale di San Costanzo, in Paolo Vitali Storia di San Costanzo dalle origini al XIX secolo, pagg. 21 e 22
- ^ Archivio Parrocchiale di San Costanzo, Registro dei morti, volume F, anni 1822/1862, pag.2, foglio 4 - documento inedito pubblicato in Paolo Vitali, op. citata, alla pagina 153
- ^ Armadio XIII -Parrocchie: San Costanzo, vol. 1607-1889 e vol. 1706-1799
- ^ Vitali Paolo, Storia di San Costanzo dalle origini al XIX secolo, pagina 198..
- ^ Il Frontespizio del libretto è stato pubblicato da Paolo Vitali nel volume "Storia di San Costanzo dalle Origini al XIX secolo" pag. 204..
- ^ Paolo Vitali, "Palazzo Cassi a San Costanzo" - Morte a Palazzo di Giulio Perticari, pag. 173 e segg..
- ^ Paolo Vitali, "Della Concordia Storia del Teatro di San Costanzo - Il Voto del 1637", pag.28 e segg..
- ^ Dati tratti da:
- Popolazione residente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1991 (PDF), su ebiblio.istat.it, ISTAT.
- Popolazione residente per territorio – serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno.
- ^ ProLoco San Costanzo - Home
- ^ PRO-LOCO di San Costanzo
- ^ a b c d e f g http://amministratori.interno.it/
- ^ a b U.S. San Costanzo, su romagnasport.com. URL consultato il 2 marzo 2019.
- ^ Cristiano Pucci: "San Costanzo promosso, meglio delle previsioni...", su marcheingol.it, 15 marzo 2019.
- ^ S.Costanzo, su tuttocampo.it. URL consultato il 23 marzo 2019.
- ^ Real San Costanzo, su tuttocampo.it. URL consultato il 30 giugno 2018.
Bibliografia
- Paolo Vitali, San Costanzo: Storia - Arte - Cultura, Mondolfo, 1984.
- Paolo Alfieri, a cura di. Il Paese nella memoria, Immagini di San Costanzo nel Novecento. Edizioni Pro Loco San Costanzo, 1994
- Paolo Vitali. Chiesa dei Santi Cristoforo e Costanzo, in "Il Faro, Bollettino Parrocchiale di San Costanzo", aprile 1973.
- Paolo Vitali. Il Conte Giulio Perticari in "Il Faro, Bollettino Parrocchiale di San Costanzo", marzo 1974.
- Paolo Vitali. Una Correzione Necessaria in "Il Faro, Bollettino Parrocchiale di San Costanzo", aprile 1979
- Fabio Mariano, Francesco di Giorgio: la pratica militare. Un'ipotesi attributiva per la "Cittadella simbolica" di San Costanzo, Editore Quattroventi, Biblioteca del Rinascimento, Urbino, 1989.
- Paolo Vitali, Storia di San Costanzo dalle origini al XIX secolo., Fano, Il lavoro editoriale, 2004 [1995], ISBN 978-88-7663-564-9.
- Paolo Vitali. Aggiornamenti di Storia in "Il Faro, Bollettino Parrocchiale di San Costanzo", marzo 1996.
- Paolo Vitali per la parte storica e Benedetta Montevecchi per le schede delle opere (testi di). La Quadreria Comunale di San Costanzo, Editrice Fortuna, Fano 1997.
- Paolo Vitali. Riaperta al culto la seicentesca chiesa di Sant'Agostino in "San Nicola da Tolentino - Bollettino Mensile Santuario San Nicola Tolentino MC" n.9 - anno LXXI - novembre 1999.
- Paolo Vitali. Chiesa di Sant'Agostino ed ex convento degli agostiniani annesso alla chiesa in "Quaderni della Fondazione - Restauri 1998/'99", Quaderno n.3 della Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, aprile 2001.
- Paolo Vitali. San Costanzo, S. Pietro detta Sant'Agostino, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, Progetto editoriale Le Chiese Ritrovate - Grapho 5, Fano 2003.
- Paolo Vitali. San Costanzo, Chiesa Parrocchiale Collegiata, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, Progetto editoriale Le Chiese Ritrovate - Grapho 5, Fano 2003.
- Fabio Mariano, Architetture per Giovanni della Rovere: San Costanzo e Orciano, in Bonvini Mazzanti M., Piccinini G. (a cura di), La quercia dai frutti d'oro. Giovanni della Rovere (1457-1501) e le origini del potere roveresco, Atti del convegno di studi (Senigallia, 23-24 novembre 2001), Deputazione di Storia patria per le Marche, Studi e testi, n.s., n.22, Ostra Vetere, 2004.
- Gianni Volpe. Le Mura di San Costanzo; collaboratori Paolo Alfieri, Giuseppina Boiani, Simone Servizi. Fano, Editrice Fortuna, 1992
- Paolo Vitali. Della Concordia Storia del Teatro di San Costanzo, Il Voto del 1637. Fano, 2008.
- Paolo Vitali. Palazzo Cassi a San Costanzo, Grapho 5, Fano 2013. (Testo fondamentale pubblicato grazie alla "Fondazione Cassa di Risparmio di Fano", arricchito da documenti inediti, sulla storia di una delle residenze nobiliari più importanti di San Costanzo e sulle vicende che precedettero e seguirono la morte del conte Giulio Perticari, insigne letterato, deceduto nello stesso palazzo il 26 giugno 1822, marito di Costanza e genero di Vincenzo Monti, evento che occupò le cronache italiane della prima metà dell'Ottocento).
- Paolo Sorcinelli - Paolo Alfieri, curatori di Storie e immagini del ‘900-Un'autobiografia collettiva di San Costanzo (Metauro Edizioni), Fano 2015 - ISBN 978-8861561021
- Paolo Vitali con Pantaleo Palmieri, Giacomo Leopardi e Giulio Perticari - Tema della Giornata Nazionale di Studi Perticariani, Centro Studi "Giulio Perticari" in collaborazione con la "Rubiconia Accademia dei Filopatridi", Teatro Della Concordia di San Costanzo, Giugno 2015.
- Paolo Sorcinelli - Paolo Alfieri, "Il paese in posa" Gli studi fotografici e la rappresentazione dei sentimenti (1880-1960) Laboratorio di Memorie, Fano gennaio 2017.
- Paolo Vitali con Silvia Cecchi, Alberto Berardi, Guido Chiocci e Lucia Ferrati, Costanza una donna moderna - Iniziativa culturale in occasione della Giornata Internazionale della Donna, Centro Studi "Giulio Perticari", Teatro Della Concordia di San Costanzo, 12 marzo 2016.
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