Declino e scomparsa della Fortezza

Nel 1797 Asola entrò a far parte della Repubblica Cisalpina e nel 1815, in seguito al Congresso di Vienna, fu annessa all'Austria. Infine il territorio asolano fu definitivamente accorpato alla provincia di Mantova, confermando l'ormai esaurita valenza strategica della fortezza.

Escluso ormai da tempo qualsiasi progetto di aggiornamento, ma anche un sistematico piano di interventi manutentivi, alcune partì della fortezza furono affittate, come per esempio la Rocca, considerata ''di cattiva vecchia architettura per la quale il difetto è massimo ed irrimediabile'', all'interno della quale fu richiesta la possibilità di coltivare viti e gelsi.

Nel 1803 si assistette al crollo dì un tratto di mura di ragione comunale ''a monte della fortezza'', e la decisione dell Comune di autorizzare lavori di demolizione nella Rocca fu rimandata in seguito alle decisioni superiori che dichiaravano ''nazionali tutti i forti e posti militari''. La fortezza di Asola fu però, poco dopo, definita ''incapace di difesa e fuori dal novero delle piazze e posti militari da conservarsi per la sicurezza dello stato''.

Considerata l'intenzione del governo di procedere all'alienazione, il Comune ne chiese il possesso per poter garantire la conservazione del fossato, degli spalti e delle mura, oggetto di continuo asporto di materiali che ne comprometteva la stabilità. Pur prive di qualsiasi valore militare, le strutture risultavano fondamentali per preservare e proteggere l'abitato dalle frequenti esondazioni del Chiese.

La fortezza fu acquisita, ma con il vincolo di non poter apportare alcuna alterazione in assenza di autorizzazione statale e di dover cedere tali opere senza alcun corrispettivo nel caso si fosse presentata la necessità di dover erigere una quale opera di fortificazione. La Rocca, in parte demolita, fu invece venduta già nel 1804, a Galeazzo Daina.

Negli anni successivi le nuove destinazioni d'uso dei torrioni, del fossato, l'abbattimento di tratti di cortina ma anche la lottizzazione e la definizione di aree verdi con pubblici passeggi, furono i temi di un dibattito che trovava ragione nelle nuove esigenze di decoro urbano.

La ridefinizione dei tracciati d'accesso alla città determinò invece la demolizione delle opere poste a difesa delle porte. Si inserisce in questo contesto il progetto del 1817 di ampliamento di Porta Fuori e la realizzazione di una piazza semicircolare, delimitata e contornata da alberature, posta all'esterno della porta stessa, così come qualche anno più tardi, sistemato il ponte sul Chiese e realizzato il rettifilo stradale, il progetto di rifacimento di Porta Chiese, in parte demolita per ragioni di pubblica sicurezza, sospeso però nel 1823

L'asporto non autorizzato dei materiali dalle mura e i contratti d'affitto degli spalti tracciano la storia degli anni successivi. Nel 1839 era in atto un contenzioso tra l'amministrazione comunale e Don Giovan Battista Osma, proprietario della Rocca, per una serie di scavi da lui eseguiti all'interno del complesso e la demolizione di tre contrafforti delle mura di proprietà del comune che cingevano la rocca sui versanti nord ed est, in contrasto con gli accordi stipulati al momento della vendita della rocca e che crearono gravi problemi di stabilità.

I cambiamenti politici e amministrativi che seguirono l'annessione al Regno di Sardegna (poi Regno d'Italia) affrettarono la definitiva scomparsa dell'antica fortezza.

All'inizio degli anni Sessanta del XIX secolo la difficile situazione economica e in particolare il bisogno di fornire ''lavoro e pane ai poveri'', indusse l'amministrazione comunale a deliberare, per ragioni di pubblica utilità, lavori di abbassamento degli spalti inferni ''a mezzogiorno della città''. Interventi giustificati dalla volontà di garantire una maggiore ventilazione all'abitato e di realizzare un comodo e ameno passeggio per la popolazione.

Qualche anno più tardi si deliberava la demolizione e ricostruzione delle porte cittadine a causa del loro ''indecoroso aspetto''. Indetto un libero concorso, pervennero due soli progetti, uno dei quali successivamente ritirato. La commissione giudicatrice non espresse alcun giudizio e, iniziata la demolizione delle porte e la vendita dei materiali, fu dato l'incarico all'architetto Carlo Visioli di Cremona per un progetto dì ricostruzione. Il 29 luglio 1873 il perito agrimensore Giovanni Torreggiani si presentava il disegno di due ''barriere''.

Alla fine del XIX secolo quello che rimaneva della quattrocentesca cinta difensiva divenne sempre più elemento di ostacolo alla crescita, allo viluppo e all'espansione urbana. Le esigenze del disegno della città moderna presero il sopravvento. Il ridisegno della rete viaria, l'arrivo della tramvia e la necessità di nuove costruzioni portarono progressivamente alla demolizione e alla conseguente definitiva cancellazione di quanto rimaneva delle antiche mura, del fossato, dei torrioni, della rocca e delle porte che per secoli avevano caratterizzato il disegno della fortezza.

Percorrendo le vie della città si possono ancora riconoscere, accanto a evidenti dislivelli del terreno, alcuni tratti di mura inglobati in più recenti costruzioni assieme all'imponente torrione di viale Brescia e alle chiavi di volta delle porte d'ingresso alla città. Frammenti che, assieme alla memoria conservata nelle carte d'archivio, ricompongono la storia della fortezza di Asola, nel periodo di massimo splendore definita ''terra tanto grossa, forte, et tanto bene munita et de arteglieria et gente''.