Sine populo

Versione del 23 mar 2020 alle 13:31 di Enzo Encius (discussione | contributi) (Creata dalla traduzione della pagina "Sine populo")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)

Sine populo (in latino "senza il popolo") è un'espressione utilizzata nella liturgia del rito romano per descrivere una messa celebrata da un sacerdote senza fedeli[1].

L'attuale Messale Romano

L'edizione rivista del Messale romano, promulgata da Papa Paolo VI nel 1969, presentava due possibilità per lo svolgimento della Messa: Ordo Missae cum populo e Ordo Missae sine populo. Questi due termini compaiono nella traduzione inglese ufficiale del Messale, pubblicata nel 1973, come "Ordine di messa con una congregazione" e "Ordine di messa senza una congregazione".

L' Istruzione Generale del Messale Romano del 1970 trattava la prima di queste forme di messa celebrativa tra i numeri 77-152[2], e con la seconda sotto i numeri 209–231[3].

Nell'edizione del 2002, riveduta e ampliata, il termine Missa cum populo rimane intestazione delle informazioni fornite ai numeri 115-198, ma l'altra sezione (252–272) parla della Missa cuius insolus minister tantat participat (Massa alla quale partecipa solo un chierico).

Storia

La messa senza fedeli era stata ideata al Concilio Vaticano II, con il nome di Messa privata. [4]

Josef Andreas Jungmann ha definito la SIne populo come "una Messa celebrata per se stessa, senza pensare a nessuno che vi partecipasse, una Messa in cui è presente solo il chierico che svolge le funzioni "[5]

I sacerdoti monastici iniziarono, nel VII secolo, a celebrare quotidianamente tali Messe e altari laterali furono aggiunti alle chiese per facilitare la celebrazione di tali rituali da parte dei sacerdoti a bassa voce e indipendentemente dalla presenza di una comunità religiosa[4]. Nonostante ciò decreti furono emanati contro la celebrazione solitaria della messa; queste leggi imponevano la presenza di almeno due persone, in modo da giustificare l'uso del plurale in formule liturgiche come Dominus vobiscum [6]. Questa regola fu in seguito mitigata, così che il Codice di Diritto Canonico del 1917 prescriveva: "Un sacerdote non deve celebrare la Messa senza un chierico addetto al suo aiuto"[7]. Inoltre, in un passo successivo, lo stesso Codice di Diritto Canonico afferma: "Un sacerdote non può celebrare il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno uno dei fedeli, a meno che non ci sia una buona e ragionevole motivo per farlo" [8].

Nel XVI secolo, i protestanti espressero la propria contrarietà a qualsiasi Messa senza fedeli, ma il Concilio di Trento difese la pratica [4]. Il canone 6 della sessione XXII di questo concilio riporta infatti: Il sacro e santo Sinodo vorrebbe davvero che, ad ogni Messa, i fedeli presenti dovessero comunicare, non solo nel desiderio spirituale, ma anche attraverso la partecipazione sacramentale dell'Eucaristia, .. .: ma non quindi, se ciò non è sempre possibile, condanna, in quanto privato e illegale, ma approva e pertanto raccomanda quelle messe in cui solo il sacerdote comunica solitariamente con Dio[9].

Dal momento che la parola "privato" potrebbe essere intesa in contrapposizione al pubblico, il Codice di Rubriche di Papa Giovanni XXIII raccomandava di evitare l'espressione "Messa privata", poiché ogni Messa adeguatamente celebrata è un atto di culto pubblico[10].

Il Concilio Vaticano II ha decretato: "Va sottolineato che ogni volta che i riti, secondo la loro specifica natura, prevedono la celebrazione comunitaria della messa e la partecipazione attiva dei fedeli, devono essere svolti in tale modo, evitando per quanto possibile, una celebrazione individuale e quasi privata "[11].

Papa Paolo VI sottolineò inoltre che "Nessuna Messa è Privata'", spiegando che "ogni celebrazione non è qualcosa di segreto, anche se un sacerdote lo celebra privatamente; è invece un atto di Cristo e della Chiesa"[12].

Sebbene la Chiesa non usi più il termine "Messa privata", preferendo invece il termine, come nel motu proprio Summorum Pontificum, "Messe celebrate senza popolo" ( In Missis sine populo celebratis ), [13] vi sono alcuni che continuano ad usare questa definizione[14].

Note

  1. ^ English translation, su christusrex.org. URL consultato il 17 maggio 2012.
  2. ^ I. Mass with a congregation, su christusrex.org. URL consultato il 17 maggio 2012.
  3. ^ III. Mass without a congregation, su christusrex.org. URL consultato il 17 maggio 2012.
  4. ^ a b c Marian Szablewski, Mass without a Congregation: A Sign of Unity or Division? (Unum, Cracow, 2004), reviewed on AD2000 Archiviato il 26 luglio 2008 in Internet Archive.
  5. ^ The Mass of the Roman Rite (Westminster Christian Classics, 1986), vol. I, p. 215
  6. ^ Edward Foley et alii, A Commentary on the General Instruction of the Roman Missal (Liturgical Press, 2008 ISBN 0-8146-6017-7, 978-0-8146-6017-1), p. 311
  7. ^ Canon 813, su intratext.com, 4 maggio 2007. URL consultato il 17 maggio 2012.
  8. ^ Canon 906, su intratext.com, 4 maggio 2007. URL consultato il 17 maggio 2012.
  9. ^ Session 22 of the Council of Trent, su history.hanover.edu. URL consultato il 17 maggio 2012.
  10. ^ 269. Sacrosanctum Missae Sacrificium, iuxta canones et rubricas celebratum, est actus cultus publici, nomine Christi et Ecclesiae Deo redditi. Denominatio proinde «Missae privatae» vitetur.
  11. ^ ''Sacrosanctum Concilium'', 27, su vatican.va, 4 dicembre 1963. URL consultato il 17 maggio 2012.
  12. ^ Paul VI, ''Mysterium Fidei'', 32, su vatican.va. URL consultato il 17 maggio 2012.
  13. ^ Text and translation of the motu proprio article 2
  14. ^ Colin B. Donovan, STL, su ewtn.com. URL consultato il 17 maggio 2012.

Bibliografia