Samizdat

termine che indica l'attività di diffusione clandestina di scritti illegali riprodotti a mano, poiché censurati dalle autorità o in qualche modo ostili al regime sovietico
«E non aspettavamo una vittoria, non ci poteva essere la minima speranza di vittoria. Ma ognuno voleva avere il diritto di dire ai propri figli: "Io ho fatto tutto quello che ho potuto".»

Samizdat (самиздат; pron.: [səmʲɪz'dɑt]) in russo significa "edito in proprio" (da сам, sam, "da sé", e издать, izdat', "pubblicare"), e indica un fenomeno sociale, culturale e politico spontaneo che esplose in Unione Sovietica e nei paesi sotto la sua occupazione (Cecoslovacchia, Polonia, ecc.) tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta. Viene usato in senso analogo per indicare tutte le produzioni giornalistiche e letterarie costrette alla clandestinità a causa di un regime di censura governativo.

Descrizione

Il samizdat consisteva nella diffusione clandestina di scritti illegali, poiché censurati dalle autorità, ritenuti propagatori di "odio" o in qualche modo ostili al regime sovietico[1]. In tale periodo, quello che era un fenomeno spontaneo e irregolare fece un salto qualitativo e divenne una sorta di canale di distribuzione alternativo[2]. Fu il principale "strumento" (e quasi l'unico) che il nascente dissenso sovietico si diede per poter vivere e comunicare, al punto che talvolta è identificato con esso. Alla fine degli anni cinquanta l'uso di riprodurre in proprio i testi e di diffonderli assunse una consapevolezza precisa e si diffuse a macchia d'olio. I poeti e gli scrittori del samizdat furono talora processati, incarcerati, messi in ospedali psichiatrici e lager, puniti, espulsi, uccisi, perdendo lavoro e posizione sociale.

Il samizdat sovietico è stato un fenomeno unico nel suo genere. Riprodurre in proprio (a mano o con la macchina per scrivere, di rado col ciclostile) dei testi che la censura di stato non avrebbe mai fatto passare non era un'attività che riguardasse solo la letteratura, anzi; in esso confluirono all'inizio documenti di ogni genere, materiali segreti, proteste e appelli, versi, romanzi, saggi filosofici[3]. Ad esempio il 20% circa dei testi dell'Arkhiv Samizdata, la più grande raccolta di testi del samizdat, è di argomento religioso, prevalentemente scritto da autori cristiani (ortodossi, cattolici, riformati) e in misura minore buddisti, ma non islamici, cosa strana vista l'alta percentuale di fedeli a questa religione nell'Unione Sovietica[4].

Tecniche

Tutte le macchine da scrivere i dispositivi di stampa prodotti in Unione Sovietica erano registrati ufficialmente, con i loro campioni tipografici presi direttamente dalla fabbrica e conservati in un archivio dello stato. Avendo ogni macchina da scrivere dei minuscoli segni di riconoscimento, quasi come le impronte digitali, era possibile per gli investigatori del KGB riconoscere da quale dispositivo era stato scritto o stampato il testo e risalire al suo autore. Comunque certe macchine da scrivere con i caratteri cirillici prodotte in Germania Est e in altri paesi dell'est Europa, soprattutto l'Erika, comprate da cittadini sovietici durante viaggi nei vicini paesi socialisti, eludevano la procedura della schedatura dei campioni e quindi erano più difficilmente tracciabili. Le macchine da scrivere prodotte nei paesi dell'ovest venivano comprate all'estero e portate o contrabbandate in Unione Sovietica, erano usate per scrivere testi in cirillico con caratteri latini. La parte esterna dei libri approvati era usata per nascondere i testi proibiti al suo interno.

Note

  1. ^ (EN) Ann Komaromi, The Material Existence of Soviet Samizdat, su jstor.org, autunno 2004, 597–618. URL consultato il 21 maggio 2015.
  2. ^ (RU) Storia del movimento di dissenso dell'Unione sovietica. La nascita del samizdat di Ludmila Alekseyeva. Vilnius, 1992
  3. ^ (EN) Joo, Hyung-min, Voices of Freedom: Samizdat, su jstor.org, Europe-Asia Studies, giugno 2004, 571–594. URL consultato il 21 maggio 2015.
  4. ^ Joo, Voices of Freedom: Samizdat, pag. 574.

Bibliografia

Voci correlate

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