Ut queant laxis
Ut queant laxis è l'inno liturgico dei Vespri della solennità della natività di San Giovanni Battista che ricorre il 24 giugno.
La fama di questo inno in strofe saffica, scritto dal monaco storico e poeta Paolo Diacono, si deve a Guido d'Arezzo, che ne utilizzò la prima strofa per trarne i nomi delle sei note musicali dell'esacordo:

«Affinché possano cantare
con voci libere
le meraviglie delle tue gesta
i servi Tuoi,
cancella il peccato
dal loro labbro impuro,
o San Giovanni»
A ciascuna sillaba qui evidenziata corrisponde infatti, nella musica dell'inno, la relativa nota con cui è cantata. Da tale criterio convenzionale derivarono i nomi delle note musicali Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La, con Ut che, successivamente, venne sostituito da Do, sillaba che, terminando con una vocale, si pronuncia in modo più agevole nel solfeggio.[1]
Il nome della nota Si non si deve a Guido D'Arezzo, ma fu aggiunto solo nel XVI secolo: infatti il canto gregoriano, e la musica medievale in genere, non prevedevano l'uso della sensibile, cioè del settimo grado della scala. Non stupisce pertanto, nella musica dell'inno in questione, che la nota iniziale del settimo e ultimo verso della strofa non prosegua l'andamento diatonico ascendente delle sillabe iniziali dei 6 versi precedenti (infatti non è un Si, secondo la notazione moderna, ma un Sol).
Il nome della settima nota della scala diatonica fu tratto dalle iniziali delle due parole che compongono detto verso: (Sancte Iohannes = Si).
L'inno nella versione originale prosegue così:
- Nuntius celso veniens Olympo
- te patri magnum fore nasciturum,
- nomen et vitae seriem gerendae
- ordine promit.
- Ille promissi dubius superni
- perdidit promptae modulos loquelae;
- sed reformasti genitus peremptae
- organa vocis.
- Ventris abstruso positus cubili
- senseras regem thalamo manentem,
- hinc parens nati meritis uterque
- abdita pandit.
- Antra deserti teneris sub annis
- civium turmas fugiens, petisti,
- ne levi saltim maculare vitam
- famine posses.
- Praebuit hirtum tegimen camelus,
- artubus sacris strofium bidentis,
- cui latex haustum, sociata pastum
- mella locustis.
- Caeteri tantum cecinere vatum
- corde praesago iubar adfuturum;
- tu quidem mundi scelus auferentem
- indice prodis.
- Non fuit vasti spatium per orbis
- sanctior quisquam genitus Iohanne,
- qui nefas saecli meruit lavantem
- tingere limphis.
- O nimis felix meritique celsi
- nesciens labem nivei pudoris,
- prepotens martyr heremique cultor,
- maxime vatum!
- Serta ter denis alios coronant
- aucta crementis, duplicata quosdam;
- trina centeno cumulata fructu
- te, sacer, ornant.
- Nunc potens nostri meritis opimis
- pectoris duros lapides repelle
- asperum planans iter, et reflexos
- dirige calles,
- ut pius mundi sator et redemptor
- mentibus pulsa luvione puris
- rite dignetur veniens sacratos
- ponere gressus.
- Laudibus cives celebrant superni
- te, deus simplex pariterque trine,
- supplices ac nos veniam precamur:
- parce redemptis!
Nell'uso liturgico l'inno viene diviso in più parti per essere cantato in diversi momenti: così la sezione che inizia ad "Antra deserti teneris sub annis" è propria del Mattutino mentre quella che ha per primo verso "O nimis felix meritique celsi" viene cantata durante le Lodi. In tempi recenti il primo verso della seconda strofa è stato cambiato in "Nuntius caelo veniens supremo" per eliminare la menzione troppo paganeggiante all'Olimpo.
Note
- ^ Successivamente la sillaba ut fu sostituita con do; l'artefice della sostituzione fu per lungo tempo erroneamente identificato in Giovanni Battista Doni, il quale nel XVII secolo avrebbe a questo scopo impiegato la prima sillaba del proprio cognome; in realtà l'uso della sillaba do è attestato già nel 1536 (dunque molto prima della nascita di Doni) in un testo di Pietro Aretino, ed è presa dal latino "Dominus".
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Collegamenti esterni
- (EN) Ut queant laxis, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Ut queant laxis, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.