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L'induismo è la più antica delle principali religioni del mondo e con più di 800 milioni di fedeli, è attualmente la terza più diffusa, dopo il cristianesimo, che conta circa 2 miliardi di fedeli, e l'islam, che supera il miliardo e cento milioni.

Tentativo di definizione

L'induismo (सनातन धर्म) o più correttamente Sanātana Dharma (all'incirca "Eterna legge morale") è più un modo di vivere e di pensare che una religione organizzata. Storicamente, la parola "indù" non faceva riferimento a un sistema di credenze religiose: il termine, di origine persiana, indicava semplicemente coloro che, dal punto di vista dei persiani abitavano dall'altra parte del Sind, sulle rive dell'Indo. Dopo la colonizzazione britannica, il termine fu impiegato per indicare un insieme variabile di fatti religiosi. Nel 1966 la Corte suprema dell'India ha definito il quadro della "fede indù" sui seguenti principi:

  1. l'accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo gli argomenti religiosi e filosofici, e l'accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi indù come base unica della filosofia indù;
  2. lo spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell'avversario, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;
  3. l'accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia indù, di un ritmo dell'esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o Yuga che si succedono senza fine;
  4. l'accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici indù della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri.
  5. il riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono multipli;
  6. la comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere indù e non credere che sia necessario adorare le murti (rappresentazioni) delle divinità;
  7. a differenza di altre religioni o fedi, la religione indù non è legata a un insieme definito di concetti filosofici.

Secondo un altro punto di vista, un "indù" e colui che crede alla filosofia esposta nei Veda (lett. "sapere"). I Veda sono forse le scritture religiose più antiche del mondo e il loro insegnamento di base è che la vera natura dell'uomo é divina. Dio, o il Brahman, come è di solito chiamato, esiste in ogni essere vivente. La religione è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del Divino presente in ogni individuo. I Veda dichiarano che nessuno ha bisogno "di essere salvato", perché nessuno non è mai condannato; nel peggiore dei casi, si vive nell'ignoranza della propria vera natura divina.

I Vedanta riconoscono che ci sono molti approcci diversi a Dio, e tutti sono validi. Non importa quale genere di pratica spirituale si conduca, poichè ognuna conduce al medesimo stato di realizzazione del Sé. Così i Vedanta insegnano il rispetto di tutte le credenze e si distinguono dalla maggior parte delle altre fedi maggiori per il loro forte incoraggiamento alla tolleranza verso questi diversi sistemi di fede.

La tradizione induista

Dare una definizione veritiera di induismo sembra un'impresa azzardata, tanto il concetto è complesso e multiforme. È dunque preferibile passare in rassegna l'induismo attraverso le sue idee e le sue pratiche. L'induismo esiste attualmente su due piani differenti, il primo basato puramente sulla fede e il secondo basato sulla filosofia, anche se spesso i due piani si incrociano.

  • Il piano filosofico:
Si contano tradizionalmente sei antiche astika o scuole di filosofia ortodosse (ortodosse perché accettano l'autorità dei Veda), dette Darshana o Shad Dharshana (le Sei Darshana): Nyaya, Vaisheshika, Samkhya, Yoga, Purva Mimamsa (o semplicemente Mimamsa) e Uttara Mimamsa (o Vedanta). Le nastika, o scuole non ortodosse, che non sono qui trattate, sono il giainismo, il buddismo, il chârvâka, e l'ateismo antico classico dell'India che confuta l'esistenza dell'anima o atman.
  • Il piano della fede:
Contrariamente all'opinione popolare, il vero induismo non è né politeistamonoteista, ma è propriamente una religione enoteista. Le diverse divinità e avatar adorati dagli indù sono considerati come diverse forme dell'Uno, il Dio Supremo, o Brahman, forme adottate che sole sono accessibili all'uomo. (si presti attenzione a non confondere Brahman, l'Essere Supremo e fonte ultima di ogni energia divina, con Brahma, il creatore del nostro universo particolare)

Si può tracciare un parallelo interessante tra la trinità cristiana e le tre divinità principali del Pantheon induista, che prendono il nome di Trimurti: Brahma, Vishnu e Shiva. Sono i tre aspetti fondamentali del Divino, così come l'onda e il fotone sono due aspetti della luce. Brahma rappresenta il creatore, Vishnu il conservatore e Shiva il distruttore all'interno del ciclo dell'esistenza.

Il Brahmanesimo, che è la forma moderna della religione vedica si divide in rami, essi stessi divisi in varie sette:

Ciascuno di questi culti si pratica con i medesimi mezzi filosofici o di yoga, sono solo i loro metodi che differiscono.

I Vaishnava, che costituiscono approssivativamente l'80% degli indù di oggi, adorano uno dei tre più recenti avatar - o incarnazioni terrestri - di Vishnu come divinità principale. Il settimo avatar di Vishnu è Rama, l'ottavo è Krishna, e il nono cambia secondo le fonti: è identificato con Buddha nella grande maggioranza delle scuole, ma anche, più raramente e meno seriamente, con Gesù Cristo. L'integrazione di Buddha nel panteon indù è comparsa tardi, probabilmente nell' VIII secolo; questo procedimento - in fin dei conti abbastanza ardito - è l'espressione della controriforma brahmanica al Buddhismo, iniziata nel II secolo AC. Alcuni riconoscono tutti i personaggi menzionati come veri avatar, aumentando così il numero tradizionale di dieci avatar (incluso Kalki, che apparirà alla fine dell'era presente, il Kali Yuga) fino a 27. La maggior parte del 20% degli indù che restano sono shivaiti; il resto si consacra a Shakti, una delle cui forme è la dea Kali, una divinità benefica e terrifica al tempo stesso. Tuttavia, solitamente, il credente induista possiede nella propria dimora le rappresentazioni (murti) di molte di queste forme di Dio.

Credenze e pratiche comuni all'induismo

Benché l'induismo sia il nome comune di un insieme di culti diversi, ogni indù condivide un nucleo di valori comuni. La somma di questi valori identifica il credente indù.

Il ciclo della vita

Come ogni religione, l'induismo ha fondato la sua fede su un rituale funebre particolare e su una originale concezione della morte. L'indù crede nella reincarnazione e nella vita dopo la morte, dal momento che il corpo è considerato un mero involucro materiale temporaneo. Quando giunge il momento di lasciare la vita, l'anima o Atman abbandona il corpo. Se ha accumulato karma attraverso troppe azioni negative, l'anima si incarna in un nuovo corpo su un pianeta come la terra o inferiore, come l'inferno (Naraka), per subire il peso delle sue malvagie azioni. Se il suo karma è positivo, vivrà come un essere divino, o deva, su uno dei mondi celesti (superiori alla terra, come il paradiso o Svarga) nei quali sperimenterà grandi piaceri spirituali, fino al momento in cui il suo karma positivo non sarà esaurito; allora l'anima ritornerà in un altro corpo sulla terra, facendo parte di una casta (o classe sociale) spiritualmente elevata. Questo ciclo è chiamato Samsara. Quando il karma viene completamente assolto, l'anima abbandona definitivamente il mondo fisico (fatto di sofferenza, poichè soggetto a malattia, vecchiaia e morte) e può infine raggiungere la liberazione, Moksha, ovvero l'unione con Dio. Ma per realizzare questo obiettivo e spezzare il ciclo perpetuo di morte e rinascita, l'indù deve vivere in maniera che il suo karma non sia né negativo ne positivo, ovvero agendo solo per dovere (Dharma), senza scopi egoistici, ed offrendo a Dio il frutto delle proprie azioni, così come prescrive la Bhagavad Gita; quest'ultima insegna vari metodi, o Yoga, tramite cui giungere a questo risultato, lasciando all'individuo la scelta del metodo che gli si addice di più, secondo le diverse scuole di filosofia indiana. Oggi, il credende indù, dal momento che vive in un'epoca estremamente materialista, chiamata Kali Yuga (lett. era delle tenebre, l'era attuale, caratterizzata da una diffusa ignoranza spirituale), preferisce scegliere sentieri spirituali semplici ed efficaci, come ad esempio quello del Bhakti Yoga (la via della devozione) o del Karma Yoga.

I quattro stadi della vita

Secondo la tradizione vedica, l'indù deve attraversare quattro stadi della vita o ashram (l'altro significato di questa parola designa un eremo di sannyasi). Questi quattro periodi della vita sono:

  1. Il brâhmâchârya : il giovane indù, sotto la guida del suo maestro o guru, osserva un periodo di formazione tanto profana che spirituale, durante la quale svilupperà il suo sapere e la sua virtù.
  2. Il grihastha : l'indù entra nella vita mondana, si sposa e fonda una famiglia, che è anche un dovere religioso. Durante questo periodo, ha il diritto di godere della vita, contemporaneamente imparando ad avere dominio di sé.
  3. Il vânaprastha : dopo aver compiuto il suo dovere sociale, l'indù lascia la sua famiglia, a cui ha lasciato mezzi di sussistenza, e va a vivere un periodo di studio delle scritture sacre nel "soggiorno nella foresta", praticandovi la meditazione e il digiuno.
  4. Il sannyâsa : l'indù raggiunge lo stato di rinuncia, disinteressandosi dal mondo, e diviene un sannyasi. Distaccato dal mondo, può ritornare tra i suoi poiché non teme più le tentazioni materiali e potrà far partecipi coloro che lo circondano della sua esperienza e del suo sapere.

Oggi, le due ultime tappe non sono più praticate che da un piccolo numero di persone, avendo gli indù trovato nel Bhakti Yoga un mezzo più semplice e più sicuro di liberarsi del mondo, dedicandosi all'amore verso Dio.

I quattro scopi della vita

In parallelo ai quattro periodi della vita indù, l'induismo ritiene che esistano quattro scopi all'esistenza o purushārtha. Poiché i desideri umani sono naturali, ciascuno di questi scopi serve a perfezionare la conoscenza dell'uomo dal momento che, tramine il risveglio dei sensi e la sua partecipazione al mondo, ne scopre i princìpi. Ciononostante, l'indù deve guardarsi dall'essere affascinato da questi scopi, sotto la pena di errare senza fine nel ciclo del samsara. Gli scopi sono:

  1. Artha o la ricchezza: l'uomo deve partecipare alla società creandosi un patrimonio e delle relazioni che saranno il frutto del suo lavoro. Deve fare attenzione però a non farsi ingannare dal fascino di una vita agiata, la quale deve venire usata per trarne un insegnamento. Il periodo del Grihastha è propizio al perseguimento di questo fine.
  2. Kâma o il piacere: contrariamente alla tradizione cristiana, il piacere non è percepito come un male: è un dono della divinità. Nella mitologia induista, il dio Amore, Kāma, è la sorgente della creazione. Il Kama Sutra espone i mezzi per esaltare i sensi e far fiorire la vita di coppia. Grazia ai piaceri, il campo della conoscenza si allarga e l'atto amoroso ne è il culmine, in cui l'uomo e la donna non si distinguono più, ma formano un tutt'uno che ricrea l'unità divina. Il piacere deve essere diretto allo scopo di conoscere e non deve diventare uno stile di vita che condurrebbe a commettere degli atti immorali o contro il dharma.
  3. Dharma o il dovere: il dharma deve dirigere tutti i quattro periodi della vita indù. Il dovere permette all'uomo di proseguire la propria vita sul retto cammino, conformandosi al diritto e alla morale che sono trascritti nel Dharma Sūtra o nel Manu-Samhitā detto anche Legge di Manu.
  4. Moksha o la liberazione: durante i due ultimi periodi della vita dell'indù, questo ricerca Moksha. Si tratta in realtà dello scopo ultimo della vita dell'induista, che può essere raggiunto attraverso mezzi differenti, come ad esempio il Bhakti Yoga.

La svastikā, sfortunatamente più conosciuta sotto il nome di croce uncinata, è il simbolo stesso dei quattro periodi e scopi della vita. Questo segno, di origine molto antica, si ritrova in molte civiltà e simbolizza la rivoluzione del sole e le forze cosmiche. I quattro bracci simbolizzano gli oggetti e le stagioni della vita che convergono verso il medesimo centro, chiamato bindu. Questo punto centrale, che rappresenta l'etere, il quinto elemento, si irradia sugli altri quattro, così come sui punti cardinali, sugli scopi e sulle stagioni della vita umana. Comprendere questo simbolo e meditarvi permette di realizzare l'unità dell'universo e di Dio.

La vita sociale

In India si ritiene che la società è ugualmente organizzata secondo l'equilibrio del dharma. Questa organizzazione permette l'armonizzazione dei rapporti tra gli uomini e di definire i doveri che spettano loro. Questa preoccupazione per l'equilibrio ha un'origine dottrinale, perché essa corrisponde, di fatto, al simbolismo dei Guna, o qualità/sapori. Ai tre Guna corrispondono i tre colori che sono ciascuno associato ad una casta. All'origine, l'indù non nasce in una casta: acquisterà la sua casta in funzione del ruolo e delle responsabilità che sarà condotto a ricoprire. Molti testi mitologici denunciano l'usurpazione del titolo di brahmino da parte di certi personaggi che, sotto la copertura della nascita, approfittano di uno status importante senza compiere i propri doveri. Ma, in seguito alle invasioni e alla colonizzazione britannica, la regola si è fatta più stretta a vantaggio delle caste superiori, relegando i sudra alla posizione di dominati. Questo sistema, che sembra arcaico, è tuttavia pur sempre in vigore nelle società occidentali: in genere, sono pochi gli uomini di umile estrazione che riescono ad arrivare ai piani alti della società. In occidente, tuttavia, l'organizzazione sociale non è dogmatica, ma pratica, e il suo sentimento di incomprensione si spiega per la sua assimilazione all'antico sistema feudale europeo. Si ignora spesso che questo sistema naturale ed innato, che si ritrova anche nel regno animale, come nelle formiche, e nell'organizzazione della famiglia, è evolutivo e che si adatta di fatto all'evoluzione sociale: che il sistema sia aristocratico, teocratico, proletario o borghese si ritrova una gerarchia simile che le crisi e le fratture sociali illustrano.

La religione vedica: le origini dell'Induismo

Restano pochissime informazioni sull'induismo primitivo. I documenti più antichi conosciuti sono i Veda, che si ritiene siano stati codificati nella loro forma attuale secoli prima delle prime versioni scritte note e trasmessi con esattezza per tradizione orale. I testi più antichi sono scritti in una variante arcaica di sanscrito, e presentano delle somiglianze con i testi dello zoroastrismo. Di fatto, il sanscrito e l'avestico, la lingua dello Zoroastrismo, sono lingue molto vicine. L'età dei Veda e l'origine dei loro autori sono dei soggetti controversi, sebbene appaia chiaro che la religione vedica avesse tratti molto arcaici, strettamente connessi con l'arcaica società indoeuropea.


Il contributo delle civiltà della valle dell'Indo all'induismo

Le scritture sacre

La Shruti: I Veda

La Smriti : Le scritture post-vediche

La filosofia dell'induismo

L'induismo nel mondo

Saggi e mistici indiani

Vedere anche

Bibliografia

  • Dictionnaire de la sagesse orientale, ed. Robert Laffont, 2002
  • Alain Daniélou, Mythes et Dieux de L'Inde, le polythéisme hindou, ed. Flammarion, 1992
  • Jean Herbert, La mythologie Hindoue, son message, ed. Albin Michel, 1980


Voci correlate

Collegamenti esterni

(in francese)

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