Pemmone
Pemmone o Pemmo (... – 738 circa) è stato un duca longobardo del Friuli in un periodo tra il 701 e il 712 fino almeno al 734[1].
Biografia
Figlio di Billone, turbolento nobile longobardo di Belluno poi trasferitosi a Cividale, fu innalzato al trono ducale dopo la deposizione di Corvolo, sotto il regno di Ariperto II, forse intorno al 710.[2] Riscosse la stima di Paolo Diacono, che nacque durante il suo regno e lo definisce "uomo intelligente e utile alla patria" (Historia Langobardorum, VI, 26); lo storico narra anche di come la moglie del duca, Ratperga, lo avesse pregato di preferirle un'altra donna, più bella di lei e quindi più adatta al ruolo di duchessa. Riferisce Paolo Diacono:
Come diversi suoi predecessori, dovette anch'egli affrontare gli Slavi, che sconfisse valorosamente e costrinse ad accettare le sue condizioni. La battaglia si svolse in località Lauriana e, stando a Paolo Diacono, si concluse con l'annientamento degli invasori a fronte di una sola perdita da parte longobarda.[3] Lo storico precisa anche che il grosso delle truppe di Pemmone era costituito dai figli, ormai cresciuti, dei guerrieri longobardi caduti, sempre per mano slava, con il duca Ferdulfo;[3] era stato Pemmone stesso a crescerli, accogliendoli "come se anche essi fossero stati generati da lui" (Historia Langobardorum, VI, 26).[2]
Le tensioni con il patriarca di Aquileia e la deposizione
Poco più tardi si trovò coinvolto in una grave contesa con il patriarca di Aquileia Callisto, sostenuto da re Liutprando.[4] Il patriarca protestò contro il fatto che il vescovo di Zuglio, Fidenzio, avesse trasferito la sede della sua diocesi a Cividale; la decisione fu ribadita anche dal successore di Fidenzio, Amatore. Callisto, titolare della cattedra di Aquileia, risiedeva a Cormons a causa dell'eccessiva vulnerabilità della sede patriarcale agli attacchi dei Bizantini e valutò sconveniente che un altro vescovo si insediasse nella capitale ducale: Cromons infatti era una sede non prestigiosa per il patriarca, in cui vi era solo il volgo, mentre un vescovo a lui subordinato frequentava la corte ducale e i nobili longobardi a Cividale.[4] Scacciò quindi Amatore e si insedio nella sua residenza a Cividale.[4] Pemmone e nobili longobardi della corte non accettarono la risoluzione patriarcale e procedette contro Callisto, imprigionandolo sotto dure condizioni nel castello di Pozio (forse l'attuale Duino).[4] Nella contesa intervenne allora re Liutprando, che si adirò contro il duca e, in una data compresa tra il 734 e il 738,[1] lo privò del titolo, affidandolo al maggiore dei figli di Pemmone, Rachis.[4] Pemmone decise di fuggire nella terra degli Slavi, ma Rachis riuscì a intercedere presso il re per far avere udienza al padre.[4] Liutprando mise i tre figli di Pemmone dietro al trono e da qui ordinò l'arresto dei collaborati di Pemmone.[4] Astolfo, adirato, fece per estrarre la sua spada, ma Rachis lo fece desistere.[4] Herfemar, collaboratore di Pemmone, riuscì a sfuggire all'arresto e a rifugiarsi presso la basilica del beato Michele, ottenendo così l'indulgenza del re.[4]
Al ducato gli successe il figlio Rachis, che gli dedicò il famoso altare di Rachis.
Note
Bibliografia
- (LA, IT) Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, introduzione di Bruno Luiselli, traduzione e note di Antonio Zanella, Milano, Rizzoli, 1991, ISBN 88-17-16824-6.
- Marco Stoffella, PEMMONE, duca del Friuli, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 82, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2015.
Collegamenti esterni
- Pemmone, in Dizionario biografico dei friulani. Nuovo Liruti online, Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli.