Il processo di Bobigny venne celebrato a Bobigny nell'ottobre e novembre del 1972. L'imputata di questo processo fu la minorenne Marie-Claire Chevalier, la quale venne accusata di aver abortito l'anno precedente. Alla fine di questo evento, l'imputata venne assolta. Questo processo contribuì al raggiungimento della depenalizzazione dell'aborto in Francia avvenuto per mezzo della Loi Veil del 1975.

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L'imputata Marie-Claire Chevalier

Marie-Claire Chevalier (Meung-sur-Loire, 12 luglio 1955 – Orléans, 23 gennaio 2022) è stata un'attivista francese.

Marie-Claire e le sue due sorelle vissero con la madre Michèle vicino a Parigi. La situazione economica della famiglia fu molto precaria, in quanto a mantenerle era solamente lo stipendio della madre, bigliettaia della metrò a Parigi[1]. Questo perché il padre le abbandonò.

A peggiorare il contesto socio-economico, già molto complicato, della famiglia fu quello che accadde nel 1971 a Marie-Claire.

Infatti, nell'autunno del 1971, Marie-Claire venne violentata da un compagno di scuola più grande di lei, di nome Daniel P. Lei, a seguito di questo rapporto non consenziente, rimase incinta. La ragazza, non ancora sedicenne, decise di confidarsi con la madre, la quale, dopo aver constatato che la figlia non voleva tenere il bambino, la aiutò ad abortire.

La madre Michèle decise così di rivolgersi alle proprie colleghe, due delle quali la aiutarono nella ricerca, per cercare un abortion provider (espressione utilizzata dalla storiografia anglofona, per indicare le persone, con formazione medica e non, che eseguono aborti. La formula scelta evita il ricorso a espressioni stigmatizzanti come “mammana”, “praticona”, “medicona” ecc), in quanto, a causa della propria condizione economica, non potevano permettersi un aborto sicuro in cliniche private dove l'interruzione di gravidanza era permessa dalla legge, in Francia, infatti, l'aborto, fino al 1975, era considerata una pratica illegale.

A procurarle l'aborto fu Madame Bambuck, la quale utilizzò la tecnica della sonda. Essa consisteva nell'inserimento di una sonda (di materiali diversi, non necessariamente morbido) all'interno dell'utero della donna e lasciato lì per giorni. Questa pratica provocava la dilatazione dell'aborto e la conseguente emorragia. Tutto ciò successe anche a Marie-Claire.

La ragazza e la madre Michèle si recarono in ospedale a causa di un principio di emorragia che, altrimenti, avrebbe portato a conseguenze anche fatali per Marie-Claire. Come accadeva spesso alle migliaia di donne che ricorrevano a questa tecnica abortiva, i medici non la denunciarono, in quanto i sintomi di un aborto procurato sono indistinti da quelli a seguito di un aborto spontaneo. Per questo motivo, moltissime donne non vennero punite.

Nonostante ciò dopo alcune settimane venne scoperto che Marie-Claire aveva abortito. Questo perché Daniel P., il ragazzo che l'aveva violentata, la denunciò per distogliere l'attenzione dal suo caso, in quanto venne accusato di aver rubato un'auto.

Così l'11 ottobre 1972 iniziò il processo a Marie-Claire, accusata di aver abortito l'anno precedente, presso il Tribunale dei Minori a Bobigny. Vennero inoltre messe sotto accusa come «complici la mamma, le due amiche che l'hanno consegnata e aiutata e la "fabbricante di angeli" Madame Bambuck»[2].

Il processo

Quante Marie-Claire in Italia?

Note

  1. ^ Carlo Cavicchioli, Cortei e scontri a Parigi per un'imputata d'aborto, in La Stampa, a. 106, n. 224, 12 ottobre 1972, p. 13.
  2. ^ Pinuccia Bonetti, Tutta Parigi con lei, in Noi Donne, a. XXVII, n. 49, 10 dicembre 1972, pp. pp. 21-22-23.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni