Il nucleo originario di Secondigliano corrisponde all’attuale area delimitata da Piazza Zanardelli, via dell’Arco, via Gaetano Enrico e via Vittorio Emanuele III. Sin dall’epoca della dominazione spagnola, il borgo è ricordato come un centro agricolo florido, caratterizzato da estese coltivazioni di frutteti e vigneti, sebbene la produzione vinicola fosse di qualità modesta. Questo borgo agricolo, che ha mantenuto tale vocazione fino agli anni ‘50 del XX secolo, rappresentava anche una meta di villeggiatura per quanti, soprattutto dall’antica Napoli, vi si recavano per trascorrere periodi di riposo o per beneficiare delle sue qualità climatiche.


Fino al 1500

Durante le dominazioni normanna, sveva, angioina e aragonese, Secondigliano, pur essendo classificato come Casale, non presentava ancora quelle caratteristiche architettoniche e urbanistiche tipiche di un Casale regio. Fu solo in epoca vicereale, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, che il borgo assunse una configurazione più definita, in seguito alla realizzazione della strada di Capodichino, la quale ne facilitò l’accesso anche dalla pianura, contribuendo così al suo sviluppo.[1]

«Casale Regio della città di Napoli, da cui ne (sic) dista miglia 3 circa, situato in pianura di buona aria, ma molto umido nel tramontar del sole.

La più antica notizia che abbiamo di questo nostro casale è del 19 ottobre del VII secolo, sotto l'Imperatore Alessio, celebrata in questa nostra città, la quale contiene l'affitto di un fondo posto in villa "Secundillani". In altri 2 diplomi dell'epoca di Carlo II chiamasi "Secundillyanum", ma non si trova sotto l'imperatore Federico II tra il numero dei casali della nostra città. Il suo territorio è di moggia 2800, esso è fertilissimo ed infatti è conosciuto per la produzione della frutta. La sua chiesa Maggiore dedicata ai S.S. Cosma e Damiano è dotata di un poderoso campanile, ma non terminato. I suoi abitanti al numero di 6000 circa, per la massima parte sono addetti all'agricoltura, e tra i medesimi ci sono di quelli che oltrepassano i 100 anni."[2]»

A tutto il XIII secolo, buona parte del territorio di Secondigliano apparteneva alla curia vescovile.

1400



La riorganizzazione dei casali di Napoli fu avviata in seguito alla bonifica angioina dei Paduli, un’ampia area paludosa che si estendeva dalle colline di Capodichino fino a Poggioreale e che rientrava nel territorio pagliense. Tale bonifica, che interessò i terreni agricoli demaniali da infeudare o già infeudati, mirava a favorire lo sviluppo di zone fino ad allora disabitate o improduttive. In questo contesto, una parte significativa del territorio di Secondigliano fu oggetto di interventi di canalizzazione. I lavori di risanamento proseguirono durante il periodo aragonese, tra il 1451 e il 1458, con un’attenzione particolare non solo al prosciugamento delle paludi, ma anche alla regolazione delle acque attraverso un sistema di canalizzazione.

Fu in questa fase che, nell’ambito della razionalizzazione della campagna, si diffusero tracciati geometrici, elemento che influenzò anche la configurazione dei Censi. La morfologia di quest’area, infatti, fu determinata sia dalla canalizzazione delle acque sia dalla suddivisione della proprietà originaria in unità più piccole.

Prima di assumere la sua definitiva identità di casale, Secondigliano veniva indicato come ‘caseggiato’, termine che rifletteva l’origine stessa dei casali. Questi insediamenti, infatti, nacquero prevalentemente per ragioni economiche e si componevano inizialmente di poche abitazioni, disposte in maniera apparentemente irregolare sul territorio. Tra di esse, si distinguevano alcune residenze signorili, configurando così una sorta di borgata.

Con lo sviluppo dell’insediamento e la sua riorganizzazione sotto il profilo amministrativo, il caseggiato assunse la fisionomia di casale. In entrambe le fasi, gli abitanti erano prevalentemente artigiani e contadini, il cui lavoro era strettamente legato, per vincoli di servitù, alla corte e ai notabili del regno.

Alla fine del XV secolo, i casali che facevano parte della città di Napoli erano 43, incluso Secondigliano. Essi si distinguevano per la ricchezza di produzione di lino e seta, che venivano lavorati in loco prima di essere inviati a Napoli. Analogamente, i prodotti agricoli – frumento, frutta e i loro derivati come vino e pane – venivano trasformati nelle masserie, garantendo la sussistenza degli abitanti del casale. Tuttavia, una parte significativa di queste risorse costituiva il tributo dovuto al regno. La lavorazione delle carni, inoltre, richiedeva la presenza di un macello per ogni casale, mentre i prodotti di origine animale, come latte, formaggi e carne, venivano commercializzati sia nei mercati cittadini sia nei luoghi deputati all’interno del casale stesso. FONTE TISXALI

1500


Il primo sviluppo considerevole del Casale, sino ad allora isolato da una fitta vegetazione, difatti, avvenne in corrispondenza all’apertura della strada di Capodichino (1582-86), nonché del principale ingresso di Napoli al tempo, che agevolò le comunicazioni ed i commerci con la città e la pianura a nord di essa.[3] Nondimeno, il primo nucleo dell’abitato nacque intorno all’VIII secolo in contiguità della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, edificata nel medesimo periodo e ricostruita quasi interamente nel 1695, presso l'odierna Piazza Luigi di Nocera, non a caso soprannominata “Piazza del Casale”. [4][5] Secondigliano risulterà  tra i casali del territorio napoletano con Carlo I d'Angiò e Carlo II di Napoli, ma non sotto Federico II di Svevia.[6]


Lo sviluppo di Secondigliano è strettamente connesso a Capodichino, in quanto principale accesso alla città di Napoli, dal momento che la strada di Capodichino fu realizzata durante il Viceregno del Duca d’Ossuna (1582-1586).

Prima del 1585, il villaggio di Secondigliano risultava quasi del tutto irraggiungibile, e la Strada di Capodichino era descritta all’epoca come un’area boschiva infestata da briganti.

L’organizzazione del casale in epoca medievale si basava su rapporti di infeudamento: il territorio apparteneva a ordini monastici o a nobili e veniva concesso in fitto a importanti famiglie del regno affinché fosse meglio sistemato e coltivato. Queste ultime, a loro volta, affidavano le terre ai contadini del luogo, i quali riuscivano a ricavarne appena il necessario per la sussistenza, mentre i proprietari e i primi fittuari godevano delle rendite e dei prodotti della terra.

A Secondigliano questo sistema era già consolidato nel XII secolo, il che spiega le caratteristiche della sua morfologia urbanistica e della tipologia architettonica ancora oggi riscontrabili. Tuttavia, come già accennato, il vero e proprio casale si sviluppò solo a partire dalla fine del XVI secolo, e comunque non prima dell’apertura della strada di Capodichino nel 1585.

Questi rapporti di infeudamento influenzarono anche la conformazione delle masserie, che non si limitavano a strutture residenziali, edifici rurali o all’insieme delle due componenti, come potrebbe apparire oggi sulla base delle tracce ancora esistenti, ma erano costituite dall’insieme delle terre coltivabili e degli edifici annessi. Se il primo livello del rapporto di infeudamento, ovvero il passaggio dai proprietari ai fittuari, riguardava l’intera estensione della masseria, il secondo passaggio, dai fittuari ai contadini, si riferiva solo a una porzione della masseria, comprendendo il terreno, alcuni vani abitativi e le attrezzature agricole.TISCALI

 
Un'azione della Banca Popolare di Secondigliano

Dal 1800 al 1900

Nel corso del XIX secolo ed agli inizi del XX secolo, il comune di Secondigliano crebbe notevolmente demograficamente ed economicamente. La presenza di numerosi opifici, in concomitanza all'avvento delle nuove macchine a vapore atte alla lavorazione di tessuti, non solo generò maggiore occupazione, ma ne plasmò significativamente il panorama architettonico. Al fervore economico, dovuto soprattutto all'attività industriale di cotonifici, pastifici e stabilimenti di vario genere, infatti, conseguì una pregevole espansione edilizia lungo il corso, un tempo noto come corso Napoli, poi ribattezzato corso Umberto I, e oggi denominato corso Secondigliano. Tra le maggiori industrie secondiglianesi figuravano i pastifici Improta, Barbato, la ditta di formaggi dei Baroni Carbonelli di Letino, il cui provolone "Carbonelli IGP" viene tuttora prodotto e commercializzato dall'azienda Zanetti, le vetrerie Simonetti ed i cotonifici di proprietà della famiglia di Nocera. Ad opera di quest’ultima fu la nascita di una delle prime banche popolari italiane, nel 1883, con sede in Secondigliano, per combattere l'usura e dare un ulteriore impulso all’economia cittadina.[7][8]

L'afflusso di nobili, borghesi locali, possidenti, mercanti e intellettuali, insieme ad una porzione della borghesia partenopea che abbandonò il centro cittadino per spostarsi in periferia, fu dunque determinante nella promozione di un'architettura neoclassica e neorinascimentale, sobria ed elegante, che andava di pari passo con giardini sontuosi, impreziositi da piante, statue e fontane.[9]

 
Corso Secondigliano agli inizi del XX secolo.
 
Stemma dell'antico comune di Secondigliano, esistente fino al 1926

Già casale di Napoli, è stato comune autonomo (comprendente anche Scampia) dal 17 marzo 1861 al 3 luglio 1926 per poi essere inglobato nel comune di Napoli, di cui ha costituito la circoscrizione quindicesima, durante il governo Mussolini, nel 1926.[10][11]

Tuttavia, la maggior parte delle costruzioni realizzate risale al periodo degli anni settanta e ottanta del XX secolo, in seguito alla prima più vasta opera di urbanizzazione del quartiere partita negli anni cinquanta. Nella progettazione del quartiere intervenne anche l'architetto organico Piero Maria Lugli.[12]

Molto nota fu la tragedia di Secondigliano, avvenuta il 23 gennaio 1996, dove persero la vita 11 persone.

  1. ^ https://web.tiscali.it/cirodaponte/origini.htm
  2. ^ Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, Presso V. Manfredi, 1º gennaio 1802. URL consultato il 3 giugno 2016.
  3. ^ Ricerca_storica, su web.tiscali.it. URL consultato il 22 aprile 2024.
  4. ^ (AR) Marino Niola, Anime: Il purgatorio a Napoli, Mimesis, 7 aprile 2022, ISBN 978-88-5519-656-7. URL consultato il 4 dicembre 2022.
  5. ^ Touring club italiano, Napoli e dintorni, Touring Editore, 2001, ISBN 978-88-365-1954-5. URL consultato il 4 dicembre 2022.
  6. ^ Emanuela D'Auria, L'immagine storica delle colline di Napoli e dei casali settentrionali: fonti e metodologie d'indagine per un catalogo iconografico (PDF), FedOAPress, p. 174.
  7. ^ La Storia Zanetti, su www.zanetti-spa.it. URL consultato il 22 aprile 2024.
  8. ^ mbergamaschi, Gli imprenditori italiani di un secolo fa - L'Opinione di Paolo Dalcò, su Food, 11 luglio 2020. URL consultato il 22 aprile 2024.
  9. ^ Parrocchia Sant'Antonio di Padova Secondigliano: PRIMI CENNI STORICI SULLA PARROCCHIA, su Parrocchia Sant'Antonio di Padova Secondigliano. URL consultato il 22 aprile 2024.
  10. ^ R.D.L. 3 giugno 1926, n. 1002
  11. ^ REGIO DECRETO-LEGGE 3 giugno 1926, n. 1002, su Normattiva. URL consultato il 14 febbraio 2024.
  12. ^ Facoltà di Architettura di Valle Giulia - Scomparsa del professore emerito Piero Maria Lugli., su w2.architetturavallegiulia.it. URL consultato il 4 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2012).