Il nucleo originario di Secondigliano corrisponde all’attuale area delimitata da Piazza Zanardelli, via dell’Arco, via Gaetano Enrico e via Vittorio Emanuele III. Sin dall’epoca della dominazione spagnola, il borgo è ricordato come un centro agricolo florido, caratterizzato da estese coltivazioni di frutteti e vigneti, sebbene la produzione vinicola fosse di qualità modesta. Questo borgo agricolo, che ha mantenuto tale vocazione fino agli anni ‘50 del XX secolo, rappresentava anche una meta di villeggiatura per quanti, soprattutto dall’antica Napoli, vi si recavano per trascorrere periodi di riposo o per beneficiare delle sue qualità climatiche.

Durante le dominazioni normanna, sveva, angioina e aragonese, Secondigliano, pur essendo classificato come Casale, non presentava ancora quelle caratteristiche architettoniche e urbanistiche tipiche di un Casale regio. Fu solo in epoca vicereale, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, che il borgo assunse una configurazione più definita, in seguito alla realizzazione della strada di Capodichino, la quale ne facilitò l’accesso anche dalla pianura, contribuendo così al suo sviluppo.[1]

«Casale Regio della città di Napoli, da cui ne (sic) dista miglia 3 circa, situato in pianura di buona aria, ma molto umido nel tramontar del sole.

La più antica notizia che abbiamo di questo nostro casale è del 19 ottobre del VII secolo, sotto l'Imperatore Alessio, celebrata in questa nostra città, la quale contiene l'affitto di un fondo posto in villa "Secundillani". In altri 2 diplomi dell'epoca di Carlo II chiamasi "Secundillyanum", ma non si trova sotto l'imperatore Federico II tra il numero dei casali della nostra città. Il suo territorio è di moggia 2800, esso è fertilissimo ed infatti è conosciuto per la produzione della frutta. La sua chiesa Maggiore dedicata ai S.S. Cosma e Damiano è dotata di un poderoso campanile, ma non terminato. I suoi abitanti al numero di 6000 circa, per la massima parte sono addetti all'agricoltura, e tra i medesimi ci sono di quelli che oltrepassano i 100 anni."[2]»

A tutto il XIII secolo, buona parte del territorio di Secondigliano apparteneva alla curia vescovile.

1400



La riorganizzazione dei casali di Napoli fu avviata in seguito alla bonifica angioina dei Paduli, un’ampia area paludosa che si estendeva dalle colline di Capodichino fino a Poggioreale e che rientrava nel territorio pagliense. Tale bonifica, che interessò i terreni agricoli demaniali da infeudare o già infeudati, mirava a favorire lo sviluppo di zone fino ad allora disabitate o improduttive. In questo contesto, una parte significativa del territorio di Secondigliano fu oggetto di interventi di canalizzazione. I lavori di risanamento proseguirono durante il periodo aragonese, tra il 1451 e il 1458, con un’attenzione particolare non solo al prosciugamento delle paludi, ma anche alla regolazione delle acque attraverso un sistema di canalizzazione.

Fu in questa fase che, nell’ambito della razionalizzazione della campagna, si diffusero tracciati geometrici, elemento che influenzò anche la configurazione dei Censi. La morfologia di quest’area, infatti, fu determinata sia dalla canalizzazione delle acque sia dalla suddivisione della proprietà originaria in unità più piccole.

Prima di assumere la sua definitiva identità di casale, Secondigliano veniva indicato come ‘caseggiato’, termine che rifletteva l’origine stessa dei casali. Questi insediamenti, infatti, nacquero prevalentemente per ragioni economiche e si componevano inizialmente di poche abitazioni, disposte in maniera apparentemente irregolare sul territorio. Tra di esse, si distinguevano alcune residenze signorili, configurando così una sorta di borgata.

Con lo sviluppo dell’insediamento e la sua riorganizzazione sotto il profilo amministrativo, il caseggiato assunse la fisionomia di casale. In entrambe le fasi, gli abitanti erano prevalentemente artigiani e contadini, il cui lavoro era strettamente legato, per vincoli di servitù, alla corte e ai notabili del regno.

Alla fine del XV secolo, i casali che facevano parte della città di Napoli erano 43, incluso Secondigliano. Essi si distinguevano per la ricchezza di produzione di lino e seta, che venivano lavorati in loco prima di essere inviati a Napoli. Analogamente, i prodotti agricoli – frumento, frutta e i loro derivati come vino e pane – venivano trasformati nelle masserie, garantendo la sussistenza degli abitanti del casale. Tuttavia, una parte significativa di queste risorse costituiva il tributo dovuto al regno. La lavorazione delle carni, inoltre, richiedeva la presenza di un macello per ogni casale, mentre i prodotti di origine animale, come latte, formaggi e carne, venivano commercializzati sia nei mercati cittadini sia nei luoghi deputati all’interno del casale stesso. FONTE TISXALI

1500

Prima di acquisire la fisionomia di casale, un termine che ha lasciato un segno profondo nella storia di Secondigliano, il luogo era conosciuto come ‘caseggiato’. Questa denominazione evidenziava la sua origine comune con quella dei casali, ovvero insediamenti sorti per esigenze economiche e caratterizzati da un numero limitato di abitazioni, disposte in maniera apparentemente irregolare sul territorio, tra le quali spiccavano alcune dimore signorili. Fu soltanto attraverso una riorganizzazione amministrativa che il caseggiato assunse ufficialmente lo status di casale. In entrambe le fasi della sua evoluzione, la popolazione di Secondigliano era costituita prevalentemente da artigiani e contadini, vincolati da rapporti di servitù nei confronti della corte o dei notabili del regno.

Il passaggio da caseggiato a casale fu sancito formalmente dall’esenzione dal pagamento della tassa del focatico, un’imposta che gravava su ogni focolare domestico, ossia su ogni unità abitativa occupata da un singolo nucleo familiare o da più gruppi familiari, nel caso in cui condividessero la stessa dimora. Tale esenzione, avviata durante il periodo aragonese e completata nel 1505 per volere di Ferdinando il Cattolico, rappresentò un momento cruciale per la crescita e lo sviluppo di Secondigliano.

L’abolizione di questa imposizione fiscale determinò un notevole incremento demografico. Pur continuando a vivere in una condizione di sostanziale dipendenza economica, gli abitanti seppero trarre vantaggio dalle risorse disponibili, ottenendo terreni coltivabili e costruendo le proprie abitazioni. Questo cambiamento ebbe un impatto significativo sul sistema agricolo locale, favorendo una nuova fase di sviluppo economico e sociale. L’economia dell’antico Casale si basava soprattutto sull’agricoltura e la vita quotidiana era regolata da rapporti di tipo feudale. https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2023/12/secondigliano-prima-del-cinquecento-la-trasformazione-da-caseggiato-a-casale.html?m=1


Il primo sviluppo considerevole del Casale, sino ad allora isolato da una fitta vegetazione, difatti, avvenne in corrispondenza all’apertura della strada di Capodichino (1582-86), nonché del principale ingresso di Napoli al tempo, che agevolò le comunicazioni ed i commerci con la città e la pianura a nord di essa.[3] Nondimeno, il primo nucleo dell’abitato nacque intorno all’VIII secolo in contiguità della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, edificata nel medesimo periodo e ricostruita quasi interamente nel 1695, presso l'odierna Piazza Luigi di Nocera, non a caso soprannominata “Piazza del Casale”. [4][5] Secondigliano risulterà  tra i casali del territorio napoletano con Carlo I d'Angiò e Carlo II di Napoli, ma non sotto Federico II di Svevia.[6]


Lo sviluppo di Secondigliano è strettamente connesso a Capodichino, in quanto principale accesso alla città di Napoli, dal momento che la strada di Capodichino fu realizzata durante il Viceregno del Duca d’Ossuna (1582-1586).

Prima del 1585, il villaggio di Secondigliano risultava quasi del tutto irraggiungibile, e la Strada di Capodichino era descritta all’epoca come un’area boschiva infestata da briganti.

L’organizzazione del casale in epoca medievale si basava su rapporti di infeudamento: il territorio apparteneva a ordini monastici o a nobili e veniva concesso in fitto a importanti famiglie del regno affinché fosse meglio sistemato e coltivato. Queste ultime, a loro volta, affidavano le terre ai contadini del luogo, i quali riuscivano a ricavarne appena il necessario per la sussistenza, mentre i proprietari e i primi fittuari godevano delle rendite e dei prodotti della terra.

A Secondigliano questo sistema era già consolidato nel XII secolo, il che spiega le caratteristiche della sua morfologia urbanistica e della tipologia architettonica ancora oggi riscontrabili. Tuttavia, come già accennato, il vero e proprio casale si sviluppò solo a partire dalla fine del XVI secolo, e comunque non prima dell’apertura della strada di Capodichino nel 1585.

Questi rapporti di infeudamento influenzarono anche la conformazione delle masserie, che non si limitavano a strutture residenziali, edifici rurali o all’insieme delle due componenti, come potrebbe apparire oggi sulla base delle tracce ancora esistenti, ma erano costituite dall’insieme delle terre coltivabili e degli edifici annessi. Se il primo livello del rapporto di infeudamento, ovvero il passaggio dai proprietari ai fittuari, riguardava l’intera estensione della masseria, il secondo passaggio, dai fittuari ai contadini, si riferiva solo a una porzione della masseria, comprendendo il terreno, alcuni vani abitativi e le attrezzature agricole.TISCALI

1600

Nel XVII secolo, l’intero territorio di Secondigliano era caratterizzato dalla presenza di numerose masserie, le cui strutture, integrate con quelle di primaria importanza, costituivano il casale. L’economia locale si fondava prevalentemente sull’agricoltura, favorita dalla straordinaria fertilità del suolo. Il Casale di Secondigliano, successivamente evolutosi in Universitas, ospitava uno dei mercati agroalimentari più dinamici dell’area napoletana, situato nell’attuale Piazza Di Nocera. Da questo centro giungevano a Napoli prodotti agricoli di eccellente qualità, tra cui frutta, grano, piselli, fragole, orzo, vino e gelso.

Di particolare rilievo era la coltivazione del gelso lungo l’antica via Appia, che collegava Secondigliano a Melito. Tale coltivazione favoriva una fiorente produzione serica, la cui seta, rinomata per la sua eccellenza, era considerata tra le migliori del Regno di Napoli. Un altro settore produttivo rilevante era la lavorazione del lino, un’attività artigianale svolta principalmente dalle donne del luogo, mentre gli uomini si occupavano della commercializzazione e dell’esportazione di tali beni al di fuori del casale.

Nel corso del XVII secolo, Secondigliano si distinse anche per l’industria della macellazione delle carni suine, con particolare riferimento alla produzione del celebre salame di Secondigliano, che godeva di una reputazione consolidata a livello internazionale.

Tuttavia, la popolazione del casale subì una drastica riduzione a seguito di una carestia che colpì l’intera area napoletana a partire dal 1656. Le conseguenze furono devastanti, determinando una riduzione demografica fino a un terzo rispetto all’inizio del secolo. Fortunatamente, le abbondanti piogge autunnali registrarono un calo significativo del tasso di mortalità, fino a un sostanziale miglioramento della situazione nel dicembre dello stesso anno.

Le difficoltà non si limitarono alla carestia: già nel 1631, per far fronte alle esigenze belliche legate alla guerra di Messina, il viceré, su ordine del sovrano, mise in vendita il casale di Secondigliano, insieme ad altri insediamenti. Molti di questi furono ceduti a privati, ma la popolazione di Secondigliano si oppose fermamente alla vendita, preferendo contrarre ingenti debiti pur di preservare l’autonomia del proprio territorio e scongiurare il rischio di un’amministrazione feudale.

Grazie a una sottoscrizione popolare promossa dagli ambienti ecclesiastici e al contributo economico decisivo di Cosma Piscopo, venne raccolta la somma di circa 2.300 ducati, che fu versata al governo spagnolo per riscattare il casale. Nel 1642, a seguito di tale operazione, Secondigliano ottenne il riconoscimento ufficiale come Universitas, un’istituzione amministrativa e giudiziaria del sistema feudale dotata di autonomia e governata da assemblee popolari.

Il casale continuava a rifornire gran parte della città di Napoli con un’ampia varietà di prodotti agricoli, tra cui frutta, vino, grano e ortaggi, grazie alla fertilità dei suoi terreni, situati a circa 150 metri di altitudine. Particolarmente prospera era la coltivazione del gelso, da cui si ricavava una seta di qualità eccelsa.

Nel 1656, Secondigliano fu nuovamente colpita da una grave crisi demografica a causa di una pestilenza che dimezzò la popolazione dell’intero Viceregno di Napoli. La situazione si aggravò ulteriormente con due disastrosi terremoti: il primo, avvenuto nel 1688, causò la morte di circa 10.000 persone nel Sannio, mentre il secondo, nel 1694, provocò oltre 6.000 vittime tra Irpinia e Basilicata.https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2024/02/la-terribile-carestia-e-i-due-devastanti-terremoti-che-colpirono-secondigliano-nel-seicento.html?m=1

A seguito di tali eventi calamitosi, nel 1695 il parlamento popolare deliberò la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, poiché quella preesistente, edificata nei primi anni del Cinquecento, risultava gravemente danneggiata dai sismi. L’intera comunità fu coinvolta nel finanziamento dell’opera, con il contributo della congregazione del Santissimo Sacramento e delle offerte popolari. I lavori ebbero inizio nel 1703 e si conclusero l’anno successivo.

Nel 1721, il vecchio campanile venne abbattuto per far posto a una nuova struttura, che è rimasta intatta sino ai giorni nostri.

Un'azione della Banca Popolare di Secondigliano

1700

Secondigliano è stato teatro di numerose esecuzioni capitali, particolarmente frequenti nei primi decenni del XVIII secolo, come attestato dai registri matrimoniali e di morte dell’epoca. Le esecuzioni venivano eseguite tramite impiccagione nel piazzale di Capodichino, area ancora esistente e attuale punto di snodo, nonché linea di confine tra il territorio di Secondigliano e quello dell’odierno quartiere di San Carlo all’Arena.

Le strutture destinate a tali esecuzioni venivano allestite nel luogo dove, nel XIX secolo, sarebbe sorto il cosiddetto Tempietto di Marte. Quest’ultimo, danneggiato durante il secondo conflitto mondiale, fu successivamente sostituito da un pilone in marmo bianco, recante incisi i nomi di alcuni caduti. Le condanne a morte venivano decretate da un commissario della campagna, che risiedeva alternativamente a Capua o a Napoli. I crimini per cui si applicava la pena capitale includevano furti in luoghi pubblici, incendi dolosi, estorsioni e qualsiasi atto di pirateria.

Nel 1784, il maestro di scuola elementare Russo, figura di spicco della cultura locale, descriveva Secondigliano come un luogo ameno e pittoresco, tradizionalmente frequentato per villeggiatura e cure termali sin dall’antichità. Situato nelle immediate vicinanze di Napoli, il casale rappresentava un rifugio ideale dalla frenesia della città, immerso in un contesto naturale rigoglioso e sereno.

Secondigliano era altresì celebre per la fertilità delle sue terre, irrigate da fiumi e torrenti che attraversavano le valli circostanti. Numerose ville nobiliari, circondate da giardini ben curati e ampie terrazze, ospitavano l’élite napoletana, composta da nobili e facoltosi mercanti, i quali vi trascorrevano i mesi estivi per sottrarsi al caldo opprimente e alle insalubrità urbane. Le residenze erano spesso circondate da agrumeti e vigneti, e i contadini, impegnati nella coltivazione dei campi, contribuivano al sostentamento della città di Napoli.

La rivoluzione partenopea del 1799 e le ripercussioni a Secondigliano

La rivoluzione della Repubblica Partenopea del 1799 scatenò a Secondigliano un’ondata di agitazioni popolari, provocando divisioni all’interno delle famiglie e trasformazioni nel tessuto sociale, i cui effetti si protrassero per diversi decenni. Il casale partecipò attivamente agli eventi, con manifestazioni di sostegno ai nuovi ideali rivoluzionari. Sui muri comparvero scritte giacobine inneggianti alla libertà e all’uguaglianza, tra cui il motto “Viva la libertà e l’uguaglianza”.

Contestualmente, sorsero anche nuove formazioni politiche ispirate ai principi francesi, sebbene queste abbiano avuto vita breve e siano rapidamente scomparse.

Durante il XVIII secolo, l’amministrazione dei casali seguiva le stesse normative in vigore a Napoli, pur conservando un margine di autonomia gestionale. Nel tempo, tuttavia, si perse progressivamente l’obbligo per i cittadini del casale di prestare servizio per le necessità della città, un’imposizione che risaliva al periodo del ducato.


Tra gli studiosi che hanno trattato di Secondigliano, Domenico Chianese lo annoverò tra i 37 casali aggregati alla città di Napoli, beneficiari di particolari privilegi e prerogative.

In modo più dettagliato, lo incluse tra i 10 casali situati oltre la collina di Capodichino. Ambrosi, invece, descrive il borgo come situato a 99 metri sul livello del mare, caratterizzato da un’aria salubre e da una popolazione nota per la sua eccezionale longevità. Egli evidenzia inoltre la presenza di strade ampie, regolari e ben lastricate, nonché un’abbondanza di fontane, con acqua proveniente dal Serino e distribuita capillarmente in tutte le abitazioni. Ribadisce, infine, che il paese esisteva già a partire dall'VIII secolo.


1800

Agli inizi del 1800 le Universitas, istituzioni ormai obsolete, furono abolite e convertite in comuni autonomi.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il Comune di Secondigliano attraversò una fase di significativa crescita, sia sotto il profilo economico che urbanistico. L’incremento dello sviluppo industriale fu favorito dalla nascita di numerosi opifici, dotati di macchinari a vapore, che impiegavano una vasta forza lavoro composta da decine di operai. Contestualmente, si affermò un fiorente settore artigianale, con particolare rilievo nella produzione e nel commercio tessile. La prosperità economica incentivò i commercianti locali a espandere le proprie attività oltre i confini nazionali, rafforzando il ruolo di Secondigliano nel panorama economico dell’epoca.

Questo periodo di crescita si rifletté anche nell’ambito edilizio, con la realizzazione di costruzioni di pregio lungo l’asse viario principale, inizialmente denominato corso Napoli, successivamente corso Umberto I e oggi noto come corso Secondigliano.

La borghesia emergente, composta da proprietari terrieri, imprenditori, commercianti e intellettuali, nonché da una parte della borghesia napoletana che si era trasferita dalle zone centrali della città verso la periferia, promosse la costruzione di edifici in stile neoclassico e neorinascimentale. Tali palazzi, sobri ed eleganti, erano spesso arricchiti da giardini rigogliosi con elementi decorativi quali statue e fontane.

Tra gli esempi più rappresentativi di questa architettura figurano il palazzo sito al civico 148, edificato nel 1890, quello al numero 165, risalente al 1889, e il palazzo situato al civico 264, realizzato nel 1870. Quest’ultimo, caratterizzato da richiami stilistici all’opera dell’architetto Ferdinando Sanfelice, fu scelto nel 1883 come sede della Banca Cooperativa Popolare di Secondigliano, a testimonianza del prestigio e della solidità economica raggiunti dalla comunità locale.

https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2023/11/blog-post_30.html?m=1


1900

Dopo la restaurazione i casali non ancora inclusi nella cittadina diventarono comuni suburbani. Secondigliano resterà tale fino al settimo anno dell’era fascista (1929), quando entra a far parte del comune di Napoli.  FONTE TISCALI)

Negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale, nel 1945, il quartiere di Secondigliano fu colpito da una grave carestia alimentare. Un episodio significativo legato a questo periodo riguarda un gruppo di partigiani provenienti dal quartiere Vomero, che si recò a Secondigliano con l’obiettivo di recuperare provviste da un grande mulino situato nei pressi dell’attuale via De Pinedo, non lontano dal campo di aviazione di Capodichino, all’epoca occupato dalle truppe tedesche (oggi sede dell’Aeroporto di Napoli-Capodichino). Nonostante le difficoltà dell’operazione, la missione ebbe esito positivo e consentì alla popolazione di ottenere diverse razioni di pane, alleviando temporaneamente la crisi alimentare.https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2023/04/quando-i-partigiani-vennero-prendere-le.html?m=1

Fino agli anni Cinquanta, Secondigliano mantenne intatte le sue caratteristiche di borgo rurale, divenendo una meta privilegiata per le scampagnate delle famiglie napoletane. Il quartiere era apprezzato per l’aria salubre e per la presenza di numerose trattorie.https://www.sauroerricopascoli.edu.it/la-scuola/la-storia/

Nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, Secondigliano fu interessata da una profonda trasformazione del tessuto urbano, determinata da un’intensa attività edilizia sia privata che pubblica. Con il completamento dell’insediamento a scacchiera adiacente a via De Pinedo, negli anni Cinquanta e Sessanta vennero realizzati numerosi interventi di edilizia popolare. Tra i principali complessi residenziali sorti in questo periodo si annoverano il rione INA Casa - Don Guanella, il rione Berlingieri e il rione INA Casa lungo corso Secondigliano in direzione di Scampia. Successivamente, con l’approvazione della legge n. 167 del 1962, l’area nord-occidentale di Secondigliano vide la nascita di un quartiere a vocazione popolare, che sarebbe poi divenuto parte della circoscrizione di Scampia.

Durante gli anni Sessanta e Settanta, si verificò una significativa espansione edilizia anche al di fuori delle previsioni del piano regolatore vigente. Alcune aree adiacenti al centro storico furono oggetto di costruzioni abusive, come nel caso del rione Kennedy e, più tardi, di alcune zone nei pressi di corso Italia, in contrasto con il piano regolatore del 1972.

Nel 1976, Secondigliano venne incluso nel Piano delle Periferie, un programma di intervento urbano che interessava l’intera cintura settentrionale di Napoli. Tale piano fu successivamente modificato e ampliato con il Programma Straordinario di Edilizia Residenziale (PSER), elaborato in seguito al terremoto del 1980. Sebbene caratterizzati da alcune criticità, tra cui problematiche gestionali e incertezze estetico-architettoniche, questi interventi rappresentarono un primo tentativo di modernizzazione urbanistica, avvicinandosi ai principi dei Piani di Terza Generazione.

Negli anni Ottanta e Novanta, gli interventi urbanistici si concentrarono sulla riqualificazione dell’area dei Censi, mediante opere di conservazione, completamento e sostituzione edilizia. Inoltre, si assistette alla nascita di un nuovo quartiere a carattere popolare, il Rione dei Fiori, nel quale furono decentrate alcune importanti funzioni amministrative del quartiere, tra cui la sede municipale, la ASL e il comando della polizia municipale. Tali interventi contribuirono alla progressiva riqualificazione urbana di Secondigliano, incidendo sullo sviluppo del quartiere nel lungo periodo.

Nel 1973 fu inaugurato il circolo Claudio Villa, sul corso Secondigliano a cui l’omonimo cantante fu presente. https://unavocepersecondigliano.blogspot.com/2017/02/la-foto-claudio-villa-circolo-secondigliano.html?m=1

Dal 1800 al 1900

Nel corso del XIX secolo ed agli inizi del XX secolo, il comune di Secondigliano crebbe notevolmente demograficamente ed economicamente. La presenza di numerosi opifici, in concomitanza all'avvento delle nuove macchine a vapore atte alla lavorazione di tessuti, non solo generò maggiore occupazione, ma ne plasmò significativamente il panorama architettonico. Al fervore economico, dovuto soprattutto all'attività industriale di cotonifici, pastifici e stabilimenti di vario genere, infatti, conseguì una pregevole espansione edilizia lungo il corso, un tempo noto come corso Napoli, poi ribattezzato corso Umberto I, e oggi denominato corso Secondigliano. Tra le maggiori industrie secondiglianesi figuravano i pastifici Improta, Barbato, la ditta di formaggi dei Baroni Carbonelli di Letino, il cui provolone "Carbonelli IGP" viene tuttora prodotto e commercializzato dall'azienda Zanetti, le vetrerie Simonetti ed i cotonifici di proprietà della famiglia di Nocera. Ad opera di quest’ultima fu la nascita di una delle prime banche popolari italiane, nel 1883, con sede in Secondigliano, per combattere l'usura e dare un ulteriore impulso all’economia cittadina.[7][8]

L'afflusso di nobili, borghesi locali, possidenti, mercanti e intellettuali, insieme ad una porzione della borghesia partenopea che abbandonò il centro cittadino per spostarsi in periferia, fu dunque determinante nella promozione di un'architettura neoclassica e neorinascimentale, sobria ed elegante, che andava di pari passo con giardini sontuosi, impreziositi da piante, statue e fontane.[9]

 
Corso Secondigliano agli inizi del XX secolo.
 
Stemma dell'antico comune di Secondigliano, esistente fino al 1926

Già casale di Napoli, è stato comune autonomo (comprendente anche Scampia) dal 17 marzo 1861 al 3 luglio 1926 per poi essere inglobato nel comune di Napoli, di cui ha costituito la circoscrizione quindicesima, durante il governo Mussolini, nel 1926.[10][11]

Tuttavia, la maggior parte delle costruzioni realizzate risale al periodo degli anni settanta e ottanta del XX secolo, in seguito alla prima più vasta opera di urbanizzazione del quartiere partita negli anni cinquanta. Nella progettazione del quartiere intervenne anche l'architetto organico Piero Maria Lugli.[12]

Molto nota fu la tragedia di Secondigliano, avvenuta il 23 gennaio 1996, dove persero la vita 11 persone.

  1. ^ https://web.tiscali.it/cirodaponte/origini.htm
  2. ^ Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, Presso V. Manfredi, 1º gennaio 1802. URL consultato il 3 giugno 2016.
  3. ^ Ricerca_storica, su web.tiscali.it. URL consultato il 22 aprile 2024.
  4. ^ (AR) Marino Niola, Anime: Il purgatorio a Napoli, Mimesis, 7 aprile 2022, ISBN 978-88-5519-656-7. URL consultato il 4 dicembre 2022.
  5. ^ Touring club italiano, Napoli e dintorni, Touring Editore, 2001, ISBN 978-88-365-1954-5. URL consultato il 4 dicembre 2022.
  6. ^ Emanuela D'Auria, L'immagine storica delle colline di Napoli e dei casali settentrionali: fonti e metodologie d'indagine per un catalogo iconografico (PDF), FedOAPress, p. 174.
  7. ^ La Storia Zanetti, su www.zanetti-spa.it. URL consultato il 22 aprile 2024.
  8. ^ mbergamaschi, Gli imprenditori italiani di un secolo fa - L'Opinione di Paolo Dalcò, su Food, 11 luglio 2020. URL consultato il 22 aprile 2024.
  9. ^ Parrocchia Sant'Antonio di Padova Secondigliano: PRIMI CENNI STORICI SULLA PARROCCHIA, su Parrocchia Sant'Antonio di Padova Secondigliano. URL consultato il 22 aprile 2024.
  10. ^ R.D.L. 3 giugno 1926, n. 1002
  11. ^ REGIO DECRETO-LEGGE 3 giugno 1926, n. 1002, su Normattiva. URL consultato il 14 febbraio 2024.
  12. ^ Facoltà di Architettura di Valle Giulia - Scomparsa del professore emerito Piero Maria Lugli., su w2.architetturavallegiulia.it. URL consultato il 4 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2012).