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Versione del 12 giu 2025 alle 00:26 di NoemiMcc (discussione | contributi) (Carmela Baricelli)

Carmela Baricelli (Casalbuttano, 25 gennaio 1861Cremona, aprile 1946) è stata un'insegnante italiana, giornalista e scrittrice.

Biografia

Carmela Baricelli nacque a Casalbuttano il 25 gennaio 1861, figlia di Stefano, agente di commercio e di Carolina Sartori, filatrice di professione[1]. Ebbe sette fratelli, nessuno dei quali tuttavia le sopravviverà.

Nel 1872 si trasferì con la famiglia a Cremona dove rimase fino al 1904. La famiglia cambiò spesso domicilio, sempre nell'ambito di Cremona, e nel frattempo nacquero altri tre figli oltre ai cinque che erano già al mondo al momento del trasferimento, ma tre degli otto morirono entro i primi dieci anni di vita. Nonostante il forte desiderio di Carmela Baricelli di intraprendere gli studi, fu costretta dalle circostanze a imparare sin da piccola la professione di sarta[1] . Ma nel 1873 si ribellò platealmente per manifestare la sua intenzione di voler andare a scuola. Poiché già in grado di leggere e scrivere, fu iscritta direttamente alla seconda elementare. Bruciò le tappe e appena sei anni dopo, nel 1879, conseguì il diploma di maestra. Si laureò nel 1887 a Pavia, risultato da primato dato che solo da quell'anno una disposizione di legge consentiva alle donne l'accesso all'università (formalmente aperta fin dal 1870, ma in pratica tutte le iscrizioni femminili venivano respinte).

Tre anni dopo la laurea, Carmela inizia subito a insegnare presso l'istituto Anguissola di Cremona, lì inizierà a collaborare nel 1885, come giornalista con “La provincia-Corriere di Cremona” firmandosi spesso con lo pseudonimo Malvina, ricordando la scrittrice veneta e conferenziera proto femminista Malvina Frank.

Impegno politico e sociale

La sua lunga permanenza a Cremona si caratterizzò per la posizione da protagonista che assunse nell'ambito delle lotte sociali caratteristiche di quel periodo[2]. Nel 1892 fu presente a Genova al congresso dal quale nacque il Partito dei lavoratori italiani.

Entrò a far parte anche della commissione esecutiva della camera del lavoro di Cremona che nel 1893 aveva contribuito a fondare, di cui fu figura rappresentativa di spicco con un consenso di 308 dei 314 votanti all'atto dell'istituzione[2]. Insieme all'allora presidente Garibotti, concretizzò la sua idea di organizzare ed educare gli operai tramite l'avviamento di una scuola serale e di assistenza ai disoccupati tramite l'istituzione di un vero e proprio ufficio di collocamento.

Fu promotrice della lega per l'emancipazione femminile e sempre in prima linea nell'organizzazione degli scioperi delle filande, pezzo forte dell'industria cremonese[1]. In collaborazione con Leonida Bissolati, organizzò i primi scioperi delle lavoratrici impiegate nelle filande della realtà cremonese. Baricelli, che esercitava un notevole ascendente sulle filatrici[3], spesso scese in piazza con loro , chiese l'aumento di mezzo centesimo sulla paga oraria, l'abolizione delle multe e la riduzione a 13 ore, anziché 14, dell'impegno di lavoro giornaliero.

La carriera di insegnante e il trasferimento per motivi politici

L'inizio del 1900 segnò il principio di una lunga carriera, svolta in diversi istituti del Nord Italia. Dopo l'Istituto di Cremona, nel 1904 fu la volta dell'Istituto Magistrale "Adelaide Cairoli" di Pavia[1], finché, dal 1912 al 1914, anni che coincisero con la sua militanza socialista, venne trasferita, come lei stessa riferì nella sua autobiografia, "per castigo delle mie idee che parevano rivoluzionarie"[1], presso l'Istituto Magistrale di Padova. Il trasferimento per motivi politici evidenzia le pressioni del sistema educativo dell'epoca sui docenti dalle idee progressiste.

Durante l'esperienza padovana, la Baricelli intraprese una sua personale indagine sulle condizioni del proletariato femminile nella provincia di Padova, da lei stessa definita «brevissima e incompiuta», ma in realtà ricca di dati sul numero di operaie impiegate, su paghe e orari, multe, tipo di lavoro[4]. Nelle sue conclusioni dell'inchiesta sul lavoro femminile nella provincia padovana emergeva un triste panorama: «Di previdenza per malattia o per vecchiaia nessuna traccia, le organizzazioni di resistenza sono lettera morta. I tentativi fatti per riunire in lega le lavoratrici naufragarono tutti per l'opera deleteria delle egoiste e delle fanatiche sobillate dai preti».[5]

Successivamente venne trasferita a Torino presso la Regia Scuola complementare autonoma «Margherita di Savoia» e, dopo un breve ritorno all'Anguissola di Cremona, assunse l'incarico di preside presso l'Istituto Magistrale di Belluno.

L'impegno femminista e socialista

Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni del nuovo secolo, la Baricelli si dedicò alla politica, legandosi al Partito Socialista italiano. L'inizio della sua attività politica risale a qualche anno prima e la vide in collaborazione con Leonida Bissolati nell'istituzione di dibattiti e conferenze, che la resero nota fra i giovani socialisti cremonesi di fine Ottocento e operante all'interno di alcune realtà associative cittadine[6], quali la Società operaia femminile di mutuo soccorso, la Lega di resistenza femminile e la Lega di emancipazione femminile, motivo per il quale venne iscritta come elemento sovversivo nel casellario politico dell'Archivio centrale dello Stato.

In quegli anni fu a fianco di personaggi di spicco del socialismo dell'epoca, come Turati, Ghisleri, Bissolati. La sua attività a favore dell'emancipazione femminile iniziò sulle pagine de "La Provincia", ma prese corpo con la formazione di un circolo, "L'alleanza femminile", all'interno del quale prese vita il settimanale "L'alleanza", del quale Carmela Baricelli fu direttrice per tutta la durata del periodico[3]. Attorno a questo giornale riuscì a radunare in pratica tutti i nomi di rilievo del femminismo dell'epoca: Linda Malnati, Emilia Mariani, Maria Pasolini, Paolina Schiff, Teresa Labriola, Giselda Brebbia, Bice Sacchi, Anna Franchi.

L'obiettivo del circolo L'Alleanza Femminile era favorire l'istruzione sociale e politica delle donne. Nel 1910 il settimanale si sdoppiò in due sedi: quella di Pavia sempre guidata da Carmela e quella di Milano diretta da Abigaille Zanetta. Tra le due il contrasto fu però insanabile: Carmela voleva portare la sua opera di proselitismo verso tutte le donne indipendentemente dal partito di appartenenza, mentre Zanetta, più vicina alle posizioni di Anna Kuliscioff, proponeva la dissociazione dal suffragismo borghese.

I dissidi all'interno del giornale "L'Alleanza" l'avevano progressivamente allontanata dalle idee socialiste, e dal partito uscì nel 1914, prendendo posizioni interventiste in totale contrasto con quelle neutraliste del partito. Il "maschilismo" socialista l'aveva certamente disgustata già in precedenza: l'8 aprile 1910 attaccò duramente Turati che aveva definito le donne "prive di mentalità politica", sostenendo che le responsabilità di questo erano proprio dei socialisti che nulla facevano per eliminare i pregiudizi esistenti nei confronti delle donne.

Nel primo decennio del 1900, i rapporti di Baricelli con il Partito Socialista si ruppero definitivamente. Come molte altre femministe, maturò la scelta interventista, abbandonando il PSI e fondando il giornale "L'alleanza interventista".

La conversione

Dopo l'esperienza torinese e la delusione dell'esperienza socialista, Baricelli fece ritorno nella sua città, Cremona, nel 1919, mostrando una netta inversione di tendenza. Come riferisce Angelo Maria Telli nella biografia a lei dedicata, ella «per la prima volta sceglie il silenzio di fronte ad eventi che pure avrebbero influenzato pesantemente la vita del Paese»[7], mostrando «il primo segnale di un cambiamento radicale nella Baricelli, da sempre abituata per temperamento a prendere posizione e a scendere in campo in prima persona»[8]

Nel 1919 tornò a Cremona prendendo servizio presso la scuola normale femminile "Sofonisba Anguissola" e rimase a Cremona fino al 1923, quando venne trasferita a Belluno dove completò il suo percorso nell'insegnamento e nella scuola assumendo incarichi direttivi. Durante questa esperienza compì un viaggio a Roma con la scolaresca e visitò il pontefice Pio XI, episodio che narrò nell'opuscolo Misteri del cuore umano[9].

Gli ultimi anni

Dopo l'esperienza bellunese come preside dell'istituto magistrale della città, ritornò a Cremona nel 1931, dove iniziò a frequentare la chiesa di Sant'Agata per arrivare, un anno più tardi, al definitivo riaccostamento alla religione. Nel 1932 la crisi sfociò nella conversione, ancora tormentata e costellata da dubbi fino al 1935, quando in concomitanza con l'anno benedetto, trovò la serenità di una fede completa attraversata anche da esperienze mistiche.

Trovando fuori posto intraprendere il percorso religioso del monachesimo a oltre 70 anni di età, decise di entrare come ospite pagante al Buon Pastore tra la fine del 1934 e l'inizio del 1935. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in un appartamento presso l'Istituto del «Buon Pastore» dove ebbe l'occasione di approfondire temi riguardanti la fede e si occupò dell'istruzione delle giovani sfortunate accolte dall'istituto. Qui rimase per undici anni fino alla morte avvenuta il 14 aprile 1946[9].


  1. ^ a b c d e Carmela Baricelli, su liberliber.it.
  2. ^ a b Ritorno alla fede sulle vie del Vangelo. Uno sguardo sul mondo.
  3. ^ a b Angelo Maria Telli, p. 54.
  4. ^ Donne sulla scena pubblica, p. 284.
  5. ^ Donne sulla scena pubblica, p. 300.
  6. ^ Angelo Maria Telli, p. 116.
  7. ^ Lettera al Paradiso con nastro azzurro, p. 116.
  8. ^ Lettera al Paradiso con nastro azzurro, p. 54.
  9. ^ a b Carmela Baricelli, su liberliber.it.