Italo de Feo
Italo de Feo (Mirabella Eclano, 1912 – Roma, 1985) è stato uno scrittore, critico letterario, saggista e giornalista italiano.
Biografia
Il volume, pubblicato postumo, di Sisto V. Un grande papa tra Rinascimento e Barocco racchiude molte delle qualità di Italo de Feo. Le ultime pagine, quelle conclusive, furono dettate dall'Autore durante i difficili mesi della malattia. In quella ferrea volontà di scrivere, anche se ormai attraverso la mano della giovane nipote Sveva Fede, è a ben vedere uno dei tratti salienti del suo carattere di certo battagliero. Alla chiarezza e velocitas della scrittura la serietà e al rigore scientifico di derivazione storicistica, univa una ben radicata convinzione cattolica. Uomo di fede, dunque, che si dimostrava, però, poco incline soffermarsi a lungo nelle sfere del misticismo prediligendo piuttosto taluni aspetti pratici del costume religioso che l'Autore richiama anche attraverso la pubblicazione di una lettera di Ignazio di Loyola con la quale il Santo ad un suo troppo devoto fedele raccomandava di dedicare meno tempo alla preghiera a vantaggio di un maggiore impegno nel fare del bene al prossimo. A scorrere la vita di de Feo si ha la sensazione che ad un tratto la storia abbia bussato anche alla sua porta e qui vi abbia trovato un uomo ben saldo nei suoi ideali di libertà, pronto a non soccombere al dispotismo. Italo de Feo (nato nel 1912 a irabella Eclano) si era laureato a Napoli in giurisprudenza, filosofia e lingue orientali ed era stato allievo di Omodeo (negli anni in cui tale storico teneva i suoi corsi sulla Restaurazione francese) e di Croce. Ad interrompere la sua attività di insegnante, a causa delle sue idee giudicate non troppo ortodosse, ebbe a provvedere il Regime fascista nel 1933. Arrestato e deferito al Tribunale Speciale, Italo de Feo trascorse una parte della sua esistenza a Cagli (in Provincia di Pesaro e Urbino) dove giunse nell'autunno del 1933 per insegnare al ginnasio inferiore. Di quel periodo ebbe a conservare un particolare ricordo, come rammentano anche i suoi amici fraterni e del quale è una sua diretta testimonianza nell'articolo Ricordo di Cagli edito nell'agosto 1963 per un periodico locale. Prende corpo così l'impegno politico di de Feo che l'8 settembre 1943 è a Napoli da dove parte per ricoprire dapprima il ruolo di capo dell'ufficio stampa del CNL (Comitato di Liberazione Nazionale che raggruppa i partiti antifascisti dai liberali ai comunisti). Divenuto, inoltre, membro della Commissione nazionale della stampa, capo dell'ufficio radio della presidenza del Consiglio fu dal 1944 (fino al 1947) segretario e stretto collaboratore di Togliatti. La conoscenza diretta di taluni eventi comportò tra la fine del 1946 e la primavera del 1947 alla rottura con il PCI. Delle motivazioni di tale scelta, avvertita da de Feo come ineluttabile, e che certo dovette essere coraggiosa e difficile, in anni in cui ad un poeta quale Alfonso Gatto capitò per motivi analoghi di essere sputato per strada, sarà tempo dopo lo stesso de Feo a narrarne nel libro Tre anni con Togliatti. Egli scrive Avevo letto un rapporto sulla situazione dei nostri connazionali in Jugoslavia, e l'indegno trattamento ch'era loro fatto non in quanto fascisti ma semplicemente perché italiani. E non avevo esitato, secondo il mio temperamento, a dirne quello che pensavo […] Avevo pure detto che simili metodi non mi sembravano comunisti, bensì fascisti, anzi nazisti. Era una bestemmia come mi disse una volta Giancarlo Pajetta. Della sospensione da ogni attività di partito, scrive de Feo, Togliatti Mi fece dire che considerava il provvedimento contro di me un grosso errore ma non si adoperò perché fosse revocato. La volontà di non arrendersi porta de Feo nel partito socialriformista di Saragat (del quale fu amico e consigliere) nato dalla scissione maturata a palazzo Barberini con i socialisti di Nenni che avrebbero atteso i fatti del 1956 dell'invasione sovietica dell'Ungheria per una loro decisa presa di posizione. Della RAI-TV, della quale era stato uno dei primi organizzatori, ne fu Direttore per poi passare alla vicepresidenza. Incarico quest'ultimo che ricoprì per undici anni dal 1964. In seno alla Regione Lombardia svolse l'ufficio di consigliere per il partito socialdemocratico. Nel 1985, poche settimane prima di chiudere i suoi giorni, aveva concordato la relazione che avrebbe tenuto quale Presidente del Sindacato Libero degli Scrittori Italiani, il sodalizio che, nel settore della cultura, riunì e rinfrancò centinaia di personaggi di prim'ordine. In questa, sostiene Francesco Grisi, vi è l'insegnamento di de Feo quando afferma la meditazione sul passato non è un esercizio di memoria o una nostalgia ma una necessità per sperare senza cadere del dominio tecnologico. La storia insegna che i valori della persona umana prima o dopo prevarranno sempre sulla retorica e sugli acritici schematismi. Teneva in maniera particolare a tale Sindacato che aveva sostenuto e promosso fin dal 1971 (anno della sua costituzione) e del quale fu il massimo riferimento. Rammenta ancora Francesco Grisi che quando nel febbraio di quell'anno si recò da Italo de Feo per sottoporgli l'iniziativa lui senza esitazioni esclamò non mi sono mai tirato indietro. L'iniziativa è doverosa. Dobbiamo formare un Sindacato libero da schemi ideologici e altamente qualificato. Un uomo fortemente impegnato il cui credo politico si sostanziava in idee quanto mai chiare circa una libertà che non può tramutarsi in deresponsabilizzazione a fini egoistici e che va conquistata e difesa specie dalla silenziosa erosione quotidiana. Egli andava affermando, infatti, che accanto ai diritti della libertà, vi debbono essere i doveri della libertà, ed è con dolore che io intravedo i pericoli di una libertà che può degenerare in anarchia e in servitù. In un altro suo testo dal titolo Diario politico con estrema lucidità chiarisce che la crisi dell'autorità è anche crisi della libertà e viceversa. L'intimo rapporto tra dispotismo e anarchia è così che va esaminato. Il dispostismo è orgoglio che calpesta la volontà dell'altro. E l'anarchia è orgoglio che adora la libertà propria. Vi è una sostanziale identità tra tirannide e licenza sotto qualsiasi forma si manifestino. Tali principi permeano tutta l'attività di de Feo scrittore, critico, saggista, pubblicista ma anche autore e promotore di numerose pubblicazioni, saggi, pellicole su personaggi storici e politici, su scrittori e letterati, sul giornalismo e sulla cultura in genere. In campo televisivo è stato autore di molti programmi e films per la televisione alcuni dei quali hanno conseguito un successo internazionale. Intensa, dunque, l'attività giornalistica che lo portò a collaborare con ''Time'', ''Life'', ''Il Mondo'', ''Il Giornale d'Italia'', ''La Gazzetta del Popolo'', ''Il Resto del Carlino'' e ''La Nazione''. Della sua feconda produzione letteraria vanno anche ricordati Venti secoli di giornalismo, L'Italia dei nostri nonni, L'Italia di Giolitti, Croce e il suo mondo, L'ultima Italia, Giovanna d'Angiò regina di Napoli, Cavour l'uomo e l'opera. L'uomo, di corporatura minuta con occhi descritti come estremamente mobili e con lo sguardo pungente che seguiva attento l'interlocutore e sembrava anticipare la risposta prima che la domanda finisse, poco prima di terminare i suoi giorni, sul letto di morte, ebbe a dire io non sono cristiano, ma mi sforzo di esserlo richiamando così la famosa massima di Croce il quale per qualificare il suo liberismo asseriva non possiamo non dirci cristiani. Termina così l'itinerario di un uomo di vasta esperienza che vedeva nella conoscenza del passato anche un momento necessario della preparazione dell'azione.
Bibliografia
A. Mazzacchera, Italo de Feo, Urbania 2000.
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