Papa Paolo III
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Paolo III, nato Alessandro Farnese (Canino, 29 febbraio 1468 – Roma, 10 novembre 1549), fu Papa dal 1534 alla sua morte[1]. Convocò il Concilio di Trento nel 1545.
Biografia
La giovinezza
Nato come Alessandro Farnese, a Canino, nell'Alta Tuscia Laziale (oggi provincia di Viterbo), era figlio di Pier Luigi Seniore e Giovannella Caetani , discendente dalla famiglia di Papa Bonifacio VIII.
Alessandro era d'intelligenza e modi vivaci, per questo motivo provocò diversi guai alla famiglia. Tuttavia i genitori decisero di avviarlo alla carriera ecclesiastica, pertanto stabilirono che dovesse avere la migliore educazione possibile e già nel 1482 gli procacciarono un posto di Scrittore Apostolico.
I suoi precettori furono: l'umanista Pomponio Leto, per le lettere antiche, la storia e la cultura classica; lo scienziato Alberto Piglio, per le discipline matematiche e scientifiche. Nonostante l'impegno nello studio, la sua vita era fatta di stravizi e bagordi (era amante soprattutto delle donne e del vino) per cui la madre, preoccupata per la carriera futura del figlio decise di chiudere i cordoni della borsa. Alessandro giurò, allora, vendetta alla madre.
Non è dato sapere con precisione cosa avvenne, ma la cosa certa è che finì nelle segrete di Castel Sant'Angelo. Forse Alessandro fece rinchiudere la madre sull'Isola Bisentina per convincerla a fornirgli il denaro di cui necessitava, in ogni caso, ella riuscì a far pervenire un messaggio al Papa, che fece arrestare e mettere in prigione il figlio. Alessandro rimase in carcere per un periodo di tempo piuttosto lungo, ma uno zio, dopo aver corrotto una guardia, lo fece evadere.
Il Papa non fu entusiasta dell'accaduto, ma decretò solamente che il ragazzo dovesse stare lontano da Roma per un certo periodo di tempo. Per salvare la faccia della famiglia questo allontanamento non doveva sembrare un esilio, così venne colta l'occasione per mandare il giovane a proseguire gli studi presso la corte di Lorenzo il Magnifico, dove poté assistere alle lezioni di Marsilio Ficino, conobbe Pico della Mirandola e incontrò il fior fiore dei rampolli della nobiltà italiana, futuri papi, re, duchi, cardinali, artisti, letterati e poeti.
Il ritorno a Roma e il pontificato di Alessandro VI
Nel 1489, giudicando la sua cultura completa, Alessandro tornò a Roma con una lettera del Magnifico che gli permise di diventare, nel 1491, Protonotaio Apostolico della cancelleria pontificia. La sua nuova posizione e la passione del cardinale Rodrigo Borgia, vice cancelliere pontificio, per sua sorella Giulia, gli aprirono le porte della corte pontificia.
L'anno successivo Innocenzo VIII morì e gli succedette Rodrigo Borgia con il nome di Alessandro VI. Nel settembre del 1493 il nuovo papa elevò alla porpora cardinalizia, come cardinale diacono, Alessandro.
Nel 1494, nel castello di Capodimonte morì di malattia suo fratello Angelo e, sia lui che Giulia contrassero lo stesso morbo, ma si salvarono grazie ad un medico mandato da Alessandro VI.
La discesa improvvisa di Carlo VIII in Italia convinse il papa a nominare, in concistoro segreto, Alessandro Legato di Viterbo, con la speranza che la sua presenza avrebbe fermato i francesi, ma così non fu e, anche Giulia, che andava al matrimonio della sorella Gerolama, fu catturata dai francesi. Il papa condusse trattative per la sua liberazione, che andarono a buon fine, ma non perdonò Alessandro per la perdita di Viterbo e per la cattura della sua amante. La cosa peggiore fu, comunque il voltafaccia degli Orsini, che passarono al soldo dei francesi, cedendogli la fortezza di Bracciano e quindi l'accesso a Roma. Questa manovra fece perdere ulteriore credibilità al Cardinale Farnese, visto che i destini della sua famiglia si erano più volte intrecciati con quella degli Orsini. Però, dopo che il Valois ebbe giurato fedeltà al Papa, questi volle ricondurre all'obbedienza i feudatari che gli erano stati infedeli. I primi a subire la vendetta del Papa furono proprio gli Orsini, che furono condannati alla confisca dei beni. Il 16 luglio 1496 Alessandro VI rimandò il cardinale a Viterbo, ma dopo soli due mesi nomino il figlio, Duca di Gandia, console della città.
Ormai la stella di Alessandro Farnese sembrava tramontata e così il cardinale decise di rimanere per qualche tempo confinato nelle sue terre. Tuttavia, nel 1499, Alessandro era nuovamente a Roma, giusto in tempo per vedere il pontefice scagliarsi contro la famiglia Caetani, la famiglia di sua madre. I beni dei Caetani vennero incamerati e rivenduti a Lucrezia Borgia per la somma, mai riscossa, di 80.000 ducati.
Nonostante il regno del terrore instaurato da Alessandro VI continuasse (perseguitò le famiglie Colonna e Savelli) il Farnese riuscì a sopravvivere e la sua costanza fu ripagata nel 1502, quando venne nominato Legato della Marca anconitana. Lo stesso anno Alessandro conobbe la donna sconosciuta che gli dette i quattro eredi, due dei quali legittimati dal pontefice Giulio II, Pier Luigi e Paolo e due mai legittimati, Costanza e Ranuccio.
I pontificati di Giulio II, Leone X, Adriano VI e Clemente VII
Alla morte di Alessandro VI (1503), il Farnese tornò a Roma per partecipare al conclave da cui uscì papa Papa Pio III Piccolomini, ma non passò molto che si dovette procedere all'elezione di un nuovo pontefice: Giulio II della Rovere. Costui reintegrò nei propri feudi i Caetani e riammise al favore papale gli Orsini ed i Colonna. Un altro passo importante fu il matrimonio tra il nipote del Papa Nicola della Rovere e la figlia di Giulia Farnese, Laura Orsini. Tale matrimonio rafforzò i legami di amicizia tra Alessandro e Giulio II, che presto si trasformarono in concessioni sempre più importanti per la famiglia. Il cardinale lasciò la legazione delle Marche nel 1509. Al suo ritorno a Roma lo aspettavano il titolo di Sant'Eustachio, una delle più ricche parrocchie di Roma, e la nomina a vescovo di Parma. L'acquisto del castello di Vico risale proprio a questo periodo. Nel 1510 Alessandro fu colpito dal primo lutto: moriva il secondogenito Paolo.
L'11 marzo 1513 salì al soglio di Pietro Giovanni Medici, che assunse il nome di Leone X. Fu proprio il Farnese che, in qualità di decano dell'ordine dei cardinali diaconi, annunciò alla folla l'elezione del Medici, vecchio amico dei tempi di Firenze, e che il giorno dell'incoronazione gli posò la tiara sulla testa. Il 15 marzo lo stesso Alessandro fu ordinato prete ed il 6 marzo del 1514 fu consacrato vescovo della Diocesi di Benevento[2]. Il nuovo pontefice trasformò in vicariato perpetuo i privilegi accordati dai suoi predecessori del secolo precedente sui feudi di Marta, Capodimonte, Canino e Gradoli. In questo anno iniziò anche la costruzione di Palazzo Farnese a Roma.
Gli anni successivi passarono tra la corte di Papa Medici ed i possedimenti farnesiani con lo scopo di rendere sempre più potente la famiglia. Nel 1519 il primogenito, Pier Luigi, sposò Gerolama Orsini, figlia del Conte di Pitigliano; da questa unione, nel 1520, nacque un altro Alessandro, destinato a diventare cardinale ed a proseguire i fasti della famiglia nella Città Eterna.
Il 1 dicembre 1521 moriva Leone X, così Alessandro Farnese, grazie all'accordo con il cugino del defunto Papa, il cardinale Giulio dei Medici, tentava la scalata alla tiara pontificia. L'ostinazione del cardinale Pompeo Colonna, acerrimo nemico dei Medici e degli Orsini, parenti del Farnese, portò all'elezione di un Papa straniero: il vescovo di Tortona, Adriano VI, un olandese già precettore di Carlo V, ma che i romani chiamavano barbaro. Adriano VI morì pochi mesi dopo la sua elezione, il 14 settembre 1523. Gli elettori si trovavano di nuovo in un'empasse che Alessandro pensava di poter sfruttare dato che il Colonna stavolta non gli si sarebbe opposto. Ma, con suo grande disappunto, il Medici propose un Orsini ed il Colonna, pur di non permettere che un suo nemico fosse eletto Papa, si accordò col Medici e lo appoggiò per la sua elezione. Giulio dei Medici venne eletto il 19 novembre con il nome di Clemente VII.
La primavera successiva morivano i cardinali vice decano e decano del Sacro Collegio, aprendogli così la strada per quell'ambita carica. Il nuovo Papa, per consolare Alessandro della delusione, consolidò la sua antica amicizia con lui e lo consultava in ogni occasione dovesse trattare affari di stato. Nel 1524 moriva Giulia la Bella, artefice delle prime fortune di Alessandro.
I figli del cardinale, che sembravano destinati ad una vita di agi e di ozio, furono mandati al servizio della Serenissima Repubblica di Venezia per poter effettuare il loro apprendistato militare. Ma, mentre Ranuccio restava fedele al Papa, Pier Luigi passò alle dipendenze di Carlo V e fu tra i primi ad entrare in Roma alla testa delle truppe imperiali. Pose il suo quartier generale a Palazzo Farnese, che fu così risparmiato dal saccheggio e dalle devastazioni. Dopo il ritiro dei lanzichenecchi, Pier Luigi non seguì gli imperiali, ma rimase nelle campagne romane al comando di una banda di tagliagole depredando e taglieggiando chiunque gli capitasse a tiro. A causa del suo comportamento il Papa lo scomunicò, ma suo padre lo convinse a fare ammenda dei propri torti e a tornare ad offrire la sua spada all'Imperatore. Nel 1529, alla morte di Ranuccio in Puglia, Clemente VII tolse l'anatema che aveva pronunciato su di lui. Dopo questi fatti Pier Luigi si ritirò nei domini di famiglia.
Il Papa vedeva nel Farnese il solo uomo in grado di proseguire il suo lavoro, pertanto, sentendo la salute vacillare cercava di prepararsi la successione. Quando Clemente VII morì, il conclave durò solo 24 ore. Era il 1534.
Il Concilio di Trento
Un nuovo concilio ecumenico fu convocato a Trento, sede di un principato vescovile appartenente all'Impero germanico, con la bolla Laetare Jerusalem per il 2 novembre 1542, ma per lo scarsissimo concorso di prelati fu sospeso il 6 luglio del 1543; venne riconvocato l'anno dopo, il 19 novembre 1544. Gli stati protestanti tedeschi respinsero aspramente l'invito; Lutero sfogò nuovamente il suo astio verso il papato nello scritto "Contro il papato di Roma, fondato dal diavolo".
Nonostante la tanto attesa convocazione del Concilio, probabilmente a causa del rifiuto protestante di parteciparvi, Carlo V si risolse all'uso delle armi. Come alleati egli aveva guadagnato, oltre suo fratello, re Ferdinando, il duca Guglielmo IV di Baviera, alcuni principi protestanti (tra cui il duca Maurizio di Sassonia), e lo stesso pontefice, il quale, in cambio, era riuscito ad ottenere l'apertura del Concilio. Il momento sembrò opportuno al Pontefice anche per acquisire per suo figlio Pier Luigi i ducati di Parma e Piacenza. Anche se questi appartenevano agli Stati Pontifici, Paolo III pensò di avere la meglio sulla riluttanza dei cardinali scambiando i ducati con i meno preziosi domini di Camerino e Nepi. L'imperatore accettò, a causa della prospettata ricompensa di 12.000 unità di fanteria, 500 cavalieri e una considerevole quantità di denaro. Il 17 agosto 1545 Paolo III erigeva il Ducato di Parma e Piacenza in favore del figlio Pier Luigi, del nipote Ottavio e dei loro discendenti maschi e legittimi per ordine di primogenitura.
I soldati promessi da Paolo III furono inviati all'imperatore sotto il comando di Ottavio Farnese. La “guerra smalcaldica” ebbe uno sviluppo molto celere, l'imperatore sconfisse e sciolse definitivamente la Lega nell'aprile del 1547: con questa vittoria l'astro Carlo V fu più rilucente che mai. Ma in realtà il Protestantesimo era vinto solo come organizzazione politico-militare, non come potenza religiosa.
L'apertura del Concilio (durato complessivamente 18 anni, con due prolungate interruzioni) era stata fissata per la primavera del 1545, ma a causa di nuove difficoltà essa poté celebrarsi solo nella terza domenica d'avvento (13 dicembre) nel duomo della città. Esso non ebbe particolare influsso sullo sviluppo del protestantesimo come tale e non ebbe nessuna azione conciliativa con la nuova confessione ma si pose in chiara azione anti-Protestantesimo. I protestanti, che avevo rifiutato l'invito alla partecipazione, convocarono, nella primavera del 1545, un proprio Concilio a Worms, dove rivendicarono la propria autonomia religiosa dalla Chiesa di Roma, e, per quanto riguardava la dottrina e la disciplina, dichiaravano piena libertà di decisione. Ma il luogo del Concilio non era gradito a Roma. In curia si era accettata controvoglia la scelta di una città dell'impero germanico; più volte si tentò anche di trasferire il concilio in una città più vicina a Roma, ma si dovette rinunciare all'idea per l'opposizione dell'imperatore. L'occasione giunse nel febbraio 1547 quando un preoccupante morbo epidemico (febbre petecchiale) scoppiato a Trento, mise in grave situazione i Legati papali, per la partenza di molti prelati italiani, principali sostenitori del papa. Prima che il guaio fosse irreparabile i Legati decisero, con la maggioranza di due terzi del Concilio di trasferire l'assise a Bologna; il papa confermò il trasferimento. Ma quattordici prelati di tendenze imperiali si fermarono a Trento, e lo stesso Carlo V fu estremamente indignato della traslazione, perché una comparsa dei protestanti tedeschi, ch'egli proprio allora aveva assoggettato alla sua forza in una città dello Stato Pontificio non era proprio pensabile. Perciò egli insistette con ogni energia perché il Concilio fosse riportato a Trento
Ma mentre a nord delle Alpi l'imperatore era stato strumentale al recupero della Germania al Cattolicesimo romano, il Papa si distaccò da lui poiché l'imperatore stesso si era tenuto distante nella questione del riconoscimento di Parma e Piacenza a Pier Luigi, e la situazione giunse ad una rottura totale quando il vice-reggente imperiale, Ferrante Gonzaga, procedette all'espulsione forzata del figlio del Papa.
Il duca venne assassinato a Piacenza e Paolo III credette che ciò non potesse essere accaduto all'insaputa dell'imperatore.
La situazione si era, comunque, ancora più inasprita per una violentissima protesta dell'imperatore (gennaio 1548) e per il suo agire arbitrario presso la Dieta di Augusta, dove aveva fatto emanare un provvedimento provvisorio, il cosiddetto Interim del 30 giugno 1548. Questo documento, tanto dal lato dottrinale come da quello disciplinare, era sostanzialmente cattolico, però concedeva ai protestanti il matrimonio dei preti e il calice ai laici fino a una decisione definitiva del concilio. Della restituzione dei beni ecclesiastici sequestrati non si faceva parola. Il papa ne fu scontentissimo perché vi vedeva un'ingerenza indebita dell'imperatore nella sfera dei diritti ecclesiastici. Per questo agire arbitrario di Carlo V, a cui si aggiungeva la morte di Francesco I che privava il pontefice di un forte alleato, e per l'ostinazione di Ottavio che si era ripreso il Ducato di Parma e Piacenza, il 13 settembre 1549 (due mesi prima della sua morte), Paolo III sospese il concilio.
Morte ed eredità di un grande pontefice
Dopo quindici anni di densissimo pontificato, che l'avevano visto protagonista principale delle vicende europee non solo religiose, in conseguenza di un violento alterco a questo riguardo con il cardinal Farnese, il Papa, ad ottantun anni d'età, ne venne così agitato da cadere in una malattia per la quale morì. Paolo III si spense a Roma il 10 novembre 1549. Fu sepolto nella basilica di San Pietro. Il 18 febbraio 1546 era morto anche Martin Lutero. Paolo III, forse unico fra i pontefici del suo tempo ad aver seriamente compreso la portata e le conseguenza di tale Riforma, è ancora oggi considerato un grande pontefice.
Paolo III fu uno dei più grandi mecenati del Rinascimento italiano. Accordò protezioni a dotti e letterati, fece costruire e restaurare cappelle, chiese e grandi monumenti romani, promosse un grandioso sviluppo edilizio di Roma, abbellendola con nuove vie e fontane, spendendo cifre astronomiche per migliorarne la viabilità. La moneta detta giulio, dopo di lui, prese a chiamarsi paolo'. Prima ancora dell'elezione al soglio pontificio riuscì ad accumulare quella che oggi è conosciuta come 'collezione Farnese'.
Tra i protagonisti di questa stagione, il più grande fu Michelangelo, ritornato a Roma nel 1534, e fermatovisi fino alla morte avvenuta trent'anni dopo. All'artista nel 1534 Paolo III commissionò il Giudizio Universale. In seguito gli affidò molti altri incarichi, tra cui quello di sovrintendente a vita ai lavori della Basilica Vaticana e la realizzazione di Piazza del Campidoglio.
La testimonianza di un contemporaneo
Luigi Cascioli[3], un moderno scrittore ateo e anticlericale, sostiene che l'ambasciatore di Spagna presso gli Stati della Chiesa, lo storico e poeta Diego Hurtado de Mendoza, avrebbe riportato la seguente testimonianza al suo governo a proposito di cosa Paolo III disse di Gesù:
- "Spingeva la sua irriverenza fino al punto di affermare che Cristo non era altri che il sole, adorato dalla setta mitraica, e Giove Ammone, rappresentato nel paganesimo sotto la forma di montone e di agnello. Egli spiegava le allegorie della sua incarnazione e della sua resurrezione mettendo in parallelo Cristo e Mitra. Egli diceva ancora che l'adorazione dei magi non era altro che la cerimonia nella quale i preti di Zaratustra offrivano al loro dio oro, incenso e mirra, le tre cose attribuite all'astro della luce. Egli sosteneva che la costellazione della Vergine, o meglio ancora di Iside, che corrisponde al solstizio in cui avvenne la nascita di Mitra, erano state prese come allegorie per determinare la nascita di Cristo per cui Mitra e Gesù erano lo stesso Dio. Egli osava dire che non c'era nessun documento valido per dimostrare l'esistenza di Cristo e che, per lui, la sua convinzione era che non fosse mai esistito".
Conclave dall’11 al 13 ottobre 1534
Parteciparono alla votazione finale del conclave 33 dei 46 cardinali.
- Alessandro Farnese, seniore, vescovo di Ostia e Velletri, decano del Sacro Collegio dei Cardinali. (Eletto papa Paolo III)
- Giovanni Piccolomini, vescovo di Porto e Santa Rufina, vice decano del Sacro Collegio dei Cardinali.
- Bonifacio Ferreri, vescovo di Palestrina.
- Giovanni Domenico de Cupis, vescovo di Sabina.
- Lorenzo Campeggio, vescovo di Albano.
- Matthew Lang von Wellenberg, arcivescovo di Salisburgo, Austria.
- Innocenzo Cibo.
- Louis de Bourbon de Vendôme, vescovo di Laon, amministratore di Le Mans, Francia.
- Paolo Emilio Cesi, amministratore di Orte e Civita Castellana, amministratore di Sion, Svizzera.
- Alessandro Cesarini, amministratore di Pamplona, Spagna, amministratore di Otranto.
- Giovanni Salviati, amministratore di Ferrara, Teano, Santa Severina, e Bitetto.
- Nicolò Ridolfi, vescovo di Vicenza, amministratore di Imola e Salerno.
- Agostino Trivulzio, amministratore di Tolone, Francia.
- Francesco Pisani, vescovo di Padova, amministratore di Treviso e Città Nova.
- Giovanni di Lorena, vescovo di Metz, Lorena, amministratore di Narbonne, Verdun e Reims, Francia.
- Benedetto degli Accolti, arcivescovo di Ravenna, amministratore di Cremona e Bovino.
- Agostino Spinola, amministratore di Savona, camerlengo di Santa Romana Chiesa.
- Ercole Gonzaga.
- Marino Grimani, amministratore di Concordia e Città di Castello.
- Antonio Sanseverino, Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, vescovo di Taranto.
- Giovanni Vincenzo Carafa, amministratore di Anglona e Tursi.
- Andrea Matteo Palmieri.
- Girolamo Grimaldi, amministratore di Bari, Brugnato e Venafro.
- Francisco Quiñones.
- Francesco Cornaro.
- Girolamo Doria, amministratore di Noli e Terragona, Spagna.
- Ippolito de' Medici, arcivescovo di Avignone, Francia, amministratore di Monreale, Sicilia, vice cancelliere di Santa Romana Chiesa.
- François de Tournon, arcivescovo di Bourges, Francia.
- Antonio Pucci, vescovo di Pistoia, vescovo di Vannes, Francia.
- Esteban Gabriel Merino, patriarca delle Indie Occidentali, vescovo di Jaén, Spagna.
- Jean Le Veneur, vescovo di Lisieux, Francia.
- Odet de Coligny de Châtillon, amministratore di Tolosa, Francia.
- Philippe de la Chambre, Ordine San Benedetto
I seguenti cardinali non parteciparono al conclave:
- François Guillaume de Castelnau-Clermont-Lodève, arcivescovo di Auch, Francia, vescovo di Frascati, amministratore di Agde, Francia.
- Alfonso di Portogallo, arcivescovo di Lisbona, Portogallo.
- Albrecht von Brandenburg, arcivescovo di Mainz, amministratore di Halberstadt, Germania.
- Eberhard von der Mark, amministratore di Valencia, Spagna.
- Niccolò Gaddi, vescovo di Fermo, amministratore di Cosenza e di Sarlat, Francia.
- Antoine du Prat, arcivescovo di Sens, amministratore di Albi e Meaux, Francia.
- Bernhard von Cles (o Bernardo Clesio, o Clesius o de Closs), principe-vescovo di Trento, Tirolo.
- Louis de Gorrevod de Challant, vescovo di Saint-Jean de Maurienne, Savoia.
- García de Loaysa y Mendoza, Ordine Domenicano, vescovo di Sigüenza, Spagna.
- Íñigo López de Mendoza y Zúñiga, vescovo di Burgos, Spagna.
- Alfonso de Manrique, arcivescovo di Siviglia, Spagna.
- Juan Pardo de Tavera, arcivescovo di Toledo, Spagna.
- Claude de Longuy de Givry, vescovo di Poitiers, amministratore di Langres, Francia.
Cardinali creati da Paolo III
Concistoro del 18 dicembre 1534
- 1. Alessandro Farnese, iuniore, vescovo di Parma. + 2 marzo 1589.
- 2. Guidascanio Sforza di Santa Fiora, nipote di Sua Santità, vescovo di Montefiascone. + 6 ottobre 1564.
Concistoro del 21 maggio 1535
- 1. Nikolaus von Schönberg, Ordine Domenicano, arcivescovo di Capua. + 7 settembre 1537.
- 2. Girolamo Ghinucci, vescovo di Worcester, Inghilterra. + 6 luglio 1541.
- 3. Giacomo Simonetta, vescovo di Pesaro. + 1 novembre 1539.
- 4. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, Inghilterra. + 22 giugno 1535.
- 5. Jean du Bellay, vescovo di Parigi, Francia. + 16 febbraio 1560.
- 6. Gasparo Contarini, nobile veneziano. + 24 agosto 1542.
- 7. Marino Ascanio Caracciolo, vescovo di Catania. + 28 gennaio 1538.
Nota. Paolo III offrì il cardinalato ad Erasmo da Rotterdam (1466-1536), il celebre umanista, ma questi declinò a causa dell’età avanzata e della salute malferma.
Concistoro del 22 dicembre 1536
- 1. Gian Pietro Carafa, arcivescovo di Chieti. (Eletto papa Paolo IV il 23 maggio 1555).
- 2. Giovanni Maria Ciocchi del Monte, arcivescovo di Manfredonia. (Eletto papa Giulio III il 7 febbraio 1550).
- 3. Ennio Filonardi, vescovo di Veroli, prefetto di Castel Sant'Angelo in Roma. + 19 dicembre 1549.
- 4. Jacopo Sadoleto, vescovo di Carpentras, Francia. + 19 ottobre 1547.
- 5. Cristoforo Giacobazzi, vescovo di Cassano, datario di Sua Santità, uditore della Sacra Rota. + 7 ottobre 1540.
- 6. Charles de Hémard de Denonville, vescovo di Mâcon, France. + 23 agosto 1540.
- 7. Rodolfo Pio, vescovo di Faenza. + 2 maggio 1564.
- 8. Reginald Pole, protonotaro apostolico. + 19 novembre 1558.
- 9. Rodrigo Luis de Borja y de Castro-Pinós, discendente di papa Alessandro VI, chierico romano. + 6 agosto 1537.
- 10. Girolamo Aleandro, arcivescovo di Brindisi e Oria. + 1 febbraio 1542 (In pectore, manifestato il 13 marzo 1538).
- 11. Niccolò Caetani di Sermoneta, protonotaro apostolico. + 1 maggio 1585 (In pectore, manifestato il 13 marzo 1538)
Concistoro del 18 ottobre 1538
- 1. Pedro Sarmiento, arcivescovo di Compostela, Spagna. + 13 ottobre 1541.
Concistoro del 20 dicembre 1538
- 1. Juan Álvarez y Alva de Toledo, Ordine Domenicano, vescovo di Burgos, Spagna. + 15 settembre 1557.
- 2. Pedro Fernández Manrique, vescovo di Córdoba, Spagna. + 7 ottobre 1540.
- 3. Robert de Lénoncourt, vescovo di Châlons, Francia. + 4 febbraio 1561.
- 4. David Beaton, vescovo di Mirepoix, Francia, ambasciatore di Sua Santità in Francia. + 29 maggio 1546.
- 5. Ippolito II d'Este, arcivescovo di Milano. + 2 dicembre 1572. (In pectore, manifestato il 5 marzo 1539)
- 6. Pietro Bembo, Ordine San Giovanni di Gerusalemme, senatore veneziano. + 19 gennaio 1547. (In pectore, manifestato il 10 marzo 1539)
Concistoro del 19 dicembre 1539
- 1. Federico Fregoso, arcivescovo di Salerno. + 11 novembre 1541.
- 2. Pierre de La Baume, vescovo di Ginevra. + 4 maggio 1544.
- 3. Antoine Sanguin de Meudon, vescovo di Orléans. + 25 novembre 1559.
- 4. Uberto Gàmbara, vescovo di Tortona. + 14 febbraio 1549.
- 5. Pierpaolo Parisio, uditore della Camera Apostolica, vescovo di Nusco. + 9 maggio 1545.
- 6. Marcello Cervini, vescovo di Nicastro. (Eletto papa Marcello II il 9 aprile 1555)
- 7. Bartolomeo Guidiccioni, vescovo di Teramo. + 4 novembre 1549.
- 8. Ascanio Parisani, vescovo di Rimini, 3 aprile 1549.
- 9. Dionisio Laurerio, Ordine dei Servi di Maria, superiore generale del suo Ordine. + 17 settembre 1542.
- 10. Enrique de Borja y Aragón, discendente di papa Alessandro VI, vescovo di Squillace. + 16 settembre 1540.
- 11. Giacomo Savelli, protonotaro apostolico. + 5 dicembre 1587.
- 12. Miguel da Silva, vescovo di Viseu, Portogallo. + 5 giugno 1556. (In pectore, manifestato nel concistoro del 2 dicembre 1541)
Concistoro del 2 giugno 1542
- 1. Giovanni Gerolamo Morone, vescovo di Modena. + 1 dicembre 1580.
- 2. Marcello Crescenzi, vescovo di Marsico. + 28 maggio 1552.
- 3. Giovanni Vincenzo Acquaviva d'Aragona, prefetto di Castel Sant'Angelo in Roma, vescovo di Melfi. + 16 agosto 1546.
- 4. Pomponio Cecci, vescovo di Sutri e Nepi. + 4 agosto 1542.
- 5. Roberto Pucci, vescovo di Pistoia. + 17 gennaio 1547.
- 6. Tommaso Badia, Ordine Domenicano, maestro del Sacro Palazzo. + 6 settembre 1547.
- 7. Gregorio Cortese, Ordine di San Benedetto, congregazione di San Giustino di Padova. + 21 settembre 1548.
- 8. Cristoforo Madruzzo, principe-vescovo di Trento. + 5 luglio 1578. (In pectore, manifestato nel concistoro del 7 gennaio 1545)
Nota. Secondo Conradus Eubel, Hierarchia Catholica Medii et Recientoris Aevi. Volumen III (1503-1592), Münich, Sumptibus et Typis Librariae Regensbergianae, 1935; ristampa, Padova, Il Messaggero di Sant'Antonio, 1960, p. 27, n. 12, in questo concistoro il papa creò in pectore un numero indefinito di cardinali.
Concistoro del 19 dicembre 1544
- 1. Gaspar Avalos de la Cueva, arcivescovo di Compostela. + 2 novembre 1545.
- 2. Francisco Mendoza Bobadilla, vescovo di Coria, Spagna. + 1 dicembre 1566.
- 3. Bartolomé de la Cueva de Albuquerque, chierico della diocesi di Segovia, Spagna. + 29 giugno 1562.
- 4. Georges d'Armagnac, vescovo di Rodez, ambasciatore di re Francesco I di Francia a Roma. + 10 luglio 1585.
- 5. Jacques d'Annebaut, vescovo di Lisieux, Francia. + 6 giugno 1557.
- 6. Otto Truchsess von Waldburg, vescovo di Augsburg, Baviera. + 2 aprile 1573.
- 7. Andrea Cornaro, vescovo di Brescia. + 30 gennaio 1551.
- 8. Francesco Sfondrati, arcivescovo di Amalfi. + 31 luglio 1550.
- 9. Federico Cesi, vescovo di Todi, fratello del cardinale Paolo Emilio Cesi. + 28 gennaio 1565.
- 10. Durante Duranti, vescovo di Cassano. + 24 dicembre 1558.
- 11. Niccolò Ardinghelli, vescovo di Fossombrone. + 23 agosto 1547.
- 12. Girolamo Recanati Capodiferro, vescovo di Saint-Jean de Maurienne. + 1 dicembre 1559.
- 13. Tiberio Crispo, vescovo di Sessa Aurunca. + 6 ottobre 1566.
Concistoro del 16 dicembre 1545
- 1. Pedro Pacheco Ladrón de Guevara, vescovo di Jaén. + 5 marzo 1560.
- 2. Georges II d'Amboise, arcivescovo di Rouen, Francia. + 25 agosto 1550.
- 3. Henrique de Portugal, arcivescovo di Evora, Portogallo. + 31 gennaio 1580.
- 4. Ranuccio Farnese, Ordine San Giovanni di Gerusalemme, amministratore dell’arcidiocesi di Napoli. + 29 ottobre 1565.
Concistoro del 27 luglio 1547
- 1. Charles I de Guise de Lorraine, arcivescovo di Reims, Francia. + 26 dicembre 1574.
- 2. Giulio della Rovere, chierico di Urbino. + 3 settembre 1578. (In pectore, manifestato nel concistoro del 9 gennaio 1548)
Concistoro del 9 gennaio 1548
- 1. Charles II de Bourbon-Vendôme, vescovo di Saintes, Francia. + 9 maggio 1590.
Concistoro dell’8 aprile 1549
- 1. Girolamo Verallo, arcivescovo di Rossano. + 10 ottobre 1555.
- 2. Giovanni Angelo de' Medici, vicelegato di Perugia, arcivescovo di Ragusa. (Eletto papa Pio IV il 25 dicembre 1559).
- 3. Filiberto Ferrero, vescovo di Ivrea. + 14 agosto 1549.
- 4. Bernardino Maffei, vescovo di Massa Maritima. + 16 luglio 1553.
Bibliografia
- Edoardo del Vecchio, I Farnese, Istituto di studi romani editore, Roma 1972
- Annuaire Pontifical Catholique, Maison de la Bonne Presse, Paris,1935
Note
- ^ Nell'immagine del riquadro: Tiziano Vecellio - ritratto di Papa Paolo III, 1543, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli)
- ^ Paolo III
- ^ Luigi Cascioli, La Favola di Cristo, pag ?
Voci correlate