Fascismo
Template:Fascismi Il fascismo fu un movimento politico italiano del XX secolo, rivoluzionario e reazionario[1], di carattere nazionalista e totalitario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussolini alla fine della prima guerra mondiale.
Di ispirazione sindacal-corporativa, combattentistica[2], Socialista revisionista[3] e organicista[4], raggiunse il potere nel 1922 con un colpo di stato e si costituì in dittatura nel 1925. Il fascismo descrive sé stesso come una terza via tra capitalismo liberale e comunismo marxista, basata su una visione organicista, corporativista e totalitaria dello Stato. Radicalmente e violentemente contrapposto al comunismo e pur riconoscendo la proprietà privata, il fascismo rifiuta infatti anche i principi della democrazia liberale.
Nacque contemporaneamente come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso[5] in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale,[6] unendo aspetti ideologici tipici dell'estrema destra (nazionalismo, militarismo, espansionismo, meritocrazia) con quelli dell'estrema sinistra (primato del lavoro, rivoluzione sociale e generazionale, sindacalismo rivoluzionario soreliano), inserendovi elementi ideali originali e non, quali l'aristocrazia dei lavoratori e dei combattenti, la concordia fra le classi (principio organicista),[7] il primato dei doveri dell'uomo sui diritti (originariamente concepito da Giuseppe Mazzini), e il principio gerarchico, portato al suo culmine dell'obbedienza cieca e pronta al capo di alcuni reparti d'assalto (Arditi) durante la grande guerra[8]
Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini:
Fra le innumerevoli interpretazioni successive del fascismo si riporta la seguente di Lelio Basso
Etimologia del termine

Il nome fascismo deriva da Fasci di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini[10]origine etimologica dalla parola fascio (in lingua latina: fascis).
Il riferimento era ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo del potere legittimo, e poi passati ai movimenti popolari e rivoluzionari come simbolo di unione dei cittadini (per tale motivo, il fascio è tutt'oggi presente nelle panoplie nazionali americana e francese). L'ascia presente nel fascio simboleggiava il supremo potere di ius vitae necisque, diritto di vita o di morte, esercitato solo dalle massime magistrature romane, mentre le verghe erano simbolo dell'ordinaria potestà sanzionatoria, e materialmente usate dai littori per infliggere la pena (non capitale) della verberatio.
Il richiamo ai fasci va inoltre letto come un esempio dell'innegabile fascino che il mito di Roma esercitava sul fascismo, il quale di fatti tentò una restaurazione degli antichi fasti imperiali romani. e giustificò la sua politica espansionistica alla luce di una missione civilizzatrice del popolo italiano, erede di Roma.
Nascita e sviluppo (dalle origini alla dittatura)
Il fascismo nacque ufficialmente il 23 marzo 1919 a Milano. Quel giorno a Piazza san Sepolcro n° 9, in un locale messo a disposizione dal Circolo degli Interessi Industriali si radunò un piccolo gruppo di circa 120 ex combattenti, interventisti, arditi e intellettuali, che fondarono i Fasci italiani di combattimento.[11]
Il programma di questo gruppo fu essenzialmente volto alla valorizzazione della vittoria sull'Austria Ungheria, alla rivendicazione dei diritti degli ex-combattenti, al "sabotaggio con ogni mezzo delle candidature dei neutralisti". Seguì quindi un programma economico-sociale che prevedeva - fra l'altro - l'abolizione del Senato, tasse progressive, pensione a 55 anni, giornata lavorativa di otto ore, abolizione dei Vescovati, sostituzione dell'Esercito con una milizia popolare.
Un fondamentale contributo alla nascita del fascismo fu dato dal movimento dello Squadrismo, ovvero l'organizzazione di squadre paramilitari con le quali si realizzò una sistematica demolizione dei movimenti politici rivali (socialisti, popolari, comunisti, sindacalisti) e la progressiva occupazione - con mezzi legalitari e illegali - di posizioni chiave nelle amministrazioni comunali.
Le squadre, che, a detta di Mussolini, giunsero a raccogliere 300.000 aderenti,[12] fornirono il nerbo della forza golpista con la quale, il 28 ottobre 1922 il Fascismo forzò la mano al sovrano Vittorio Emanuele III marciando su Roma.
Con il congresso di Roma del 9 novembre 1921 il fascismo si trasformò da movimento in partito. In seguito alla marcia su Roma del 28 ottobre il re Vittorio Emanuele III incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo governo. Mussolini si presentò alla Camere con un governo di coalizione formato soprattutto da esponenti liberali, cattolici e da alcuni esponenti moderati dal Partito Fascista, ed ottenne la fiducia . Il programma politico aveva subito una serie di aggiustamenti con l'obbiettivo di favorire gli abboccamenti con le forze conservatrici e reazionarie, le quali iniziarono quasi da subito a finanziare il movimento.[13]
Con l'arrivo al potere, Mussolini intraprese una politica di riassetto delle casse dello stato, di liberalizzazioni e riduzioni della spesa pubblica. Venne riformata la scuola dietro impulso del filosofo Giovanni Gentile. D'altro canto diede seguito ad una serie di rivendicazioni delle associazioni combattentistiche, e dei sindacati fascisti, garantendo le pensioni e le indennità ai reduci e ai mutilati e rendendo obbligatoria la giornata lavorativa di otto ore agli operai. In politica estera, l'Italia accettò i patti siglati a Locarno con la Iugoslavia, ma ebbe la protezione delle minoranze italiane in Dalmazia e l'autonomia di Fiume (che nel 1924 venne riunita alla madrepatria). Infine ci fu anche la revisione - a favore dell'Italia - dei confini delle colonie in Tripolitania e Cirenaica con gli imperi coloniali di Francia e Gran Bretagna. [14]
La presenza tuttavia di un'ala oltranzista nel PNF, rappresentata da elementi estremisti come Italo Balbo e Roberto Farinacci, impedì la "normalizzazione" delle squadre d'azione, che continuarono ad imperversare nel paese spesso fuori da ogni controllo.[15] Ne fecero le spese numerosi antifascisti, il più importante dei quali, Giacomo Matteotti, che accusò in Parlamento Mussolini di aver vinto grazie a brogli elettorali, venne assassinato il 10 giugno 1924 durante un tentativo di rapimento da parte di una banda di squadristi capeggiata da Amerigo Dumini.
La cosiddetta "crisi Matteotti" che ne seguì mise il governo Mussolini di fronte ad un bivio: continuare a governare in modo legalitario, rispettando quantomeno nella forma lo Statuto, oppure imprimere una svolta autoritaria. Mussolini, premuto dai ras dello squadrismo, optò per la seconda scelta. Il fascismo divenne dunque dittatura.[16]
I passaggi successivi con cui il governo Mussolini si trasforma in dittatura sono i seguenti (per approfondire, vedi anche leggi fascistissime:
- 3 gennaio 1925 - Discorso della "Ceka" (il c.d. "mezzo colpo di stato" del 3 gennaio .[17]) Mussolini respinge l'accusa di essere mandante dell'omicidio di Matteotti ma rivendica la "responsabilità politica storica e morale" degli avvenimenti e del clima di violenza di quei mesi. Annuncia provvedimenti straordinari contro la Secessione dell'Aventino e minaccia di usare la Milizia contro le aggressioni dell'opposizione a membri dei Fasci e a militari. Il giorno successivo il ministro degli Interni Federzoni, inoltre, fa diramare telegrammi a tutti i prefetti affinchè si proceda alla "chiusura di tutti i circoli e ritrovi sospetti dal punto di vista politico", "lo scioglimento di tutte le organizzazioni "sovversive"", "la vigilanza sui comunisti e gli "antinazionali"".
- 2 ottobre 1925 - Patto di Palazzo Vidoni (perfezionato con la legge Rocco del 3 aprile 1926) che riduce i sindacati a due, uno per i lavoratori e l'altro per il padronato (entrambi fascisti), abolisce il diritto di sciopero (per gli operai) e di serrata (per il padronato) e riconduce le controversie fra lavoratori e datori di lavoro all'arbitrato dello stato e delle corporazioni.
- 24 dicembre 1925 - Tutti i poteri vengono affidati a Mussolini: il capo del governo viene dichiarato non più responsabile di fronte al Parlamento, ma solo nei confronti del sovrano.
- 31 ottobre 1926 - Mussolini subisce un attentato da parte di Anteo Zamboni in seguito al quale vengono abolite la libertà di stampa per l'antifascismo, i partiti e le organizzazioni antifasciste e si dichiarano decaduti i deputati della Secessione dell'Aventino.
Cenni di storia del Fascismo (dalla dittatura alla caduta)
In seguito alla crisi del 1924-25 il regime fascista - fino ad allora al governo in maniera statutaria - subirà una svolta autoritaria che porterà all'abolizione delle libertà democratiche e alla realizzazione di una dittatura autoritaria. Il potere relativamente ampio del regime mussoliniano, ottenuto tramite la soppressione poliziesca dell'opposizione politico-partitica e il contemporaneo ottenimento di un vasto consenso interno, consentirà al fascismo di imprimere radicali modificazioni al paese, alla sua società, alla sua cultura e alla sua struttura economica.
Nel corso dei due decenni di governo, detti Ventennio, il fascismo cercherà anche di imporre la propria visione antropologica al popolo italiano attraverso politiche educative, culturali, eugenetiche e infine attraverso una legislazione razzista ed antisemita.
In politica estera, il regime promuoverà prima una blanda revisione dei trattati di pace del 1919 per assicurare contemporaneamente una maggiore forza all'Italia e la stabilità in Europa, ma in seguito al sorgere del nazismo in Germania a metà degli anni trenta, il regime si vedrà costretto ad una spirale di scelte tali che nel suo ultimo quinquennio il fascismo finì col legarsi sempre più al regime nazista, con il quale finirà coinvolto nella seconda guerra mondiale.
L'esperienza bellica sarà disastrosa per il regime e per il paese. L'invasione alleata delle regioni meridionali portò alla caduta del governo di Mussolini ed al suo arresto e la nomina del generale Badoglio come primo ministro: in una sola giornata venti anni di regime - oramai completamente privato di consenso popolare - vennero spazzati via e quindi ad una divisione della penisola in due tronconi, occupati rispettivamente da Asse al nord ed Alleati al sud. Questa divisione consentì una temporanea rinascita del fascismo nelle regioni settentrionali, dove esso organizzò uno Stato di fatto (Repubblica Sociale Italiana, RSI) riconosciuto solo dai paesi dell'Asse.
Negli ultimi venti mesi di esistenza il fascismo fu coinvolto nella guerra civile con le formazioni partigiane che fiancheggiavano l'avanzata alleata.
Alla fine di aprile 1945 con il crollo del fronte e l'insurrezione popolare proclamata per il giorno 25 dal Comitato di Liberazione Nazionale, la RSI fu spazzata via. I suoi elementi dirigenti - compreso Mussolini - catturati dai partigiani, furono eliminati sommariamente fra 28 e 29 aprile 1945. Con la morte di Mussolini l'esperienza fascista può essere considerata conclusa.
Precursori e premesse
In Italia il fascismo trovò i suoi precursori negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo (il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini), e nel decadentismo di Gabriele D'Annunzio e in numerosi altri pensatori ed azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle file fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno , conseguenza della prima guerra mondiale, dell'arditismo.
Fu l'indiscussa abilità di politico di Benito Mussolini, ex dirigente del Partito Socialista Italiano, convertito alla causa del nazionalismo e della grande guerra, a fondere la confusa congerie di idee, aspirazioni, frustrazioni degli ex combattenti reduci dalla dura esperienza della guerra di trincea, in un movimento politico che all'inizio ebbe una chiara ispirazione socialista e rivoluzionaria (vedi il programma dei fasci di combattimento del marzo 1919) e che si contraddistinse fin da subito per la violenza dei metodi impiegati contro gli oppositori.
La crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione e l'inflazione crescenti, la smobilitazione dell'esercito (che restituì alla vita civile migliaia di persone), i conflitti sociali e gli scioperi nelle fabbriche del nord, l'avanzata del partito socialista divenuto il primo partito alle elezioni del 1919, crearono, negli anni 1919-1922, le condizioni per un grave indebolimento delle strutture statali e per un crescente timore da parte dei ceti agrari e industriali di una rivoluzione comunista in Italia sul modello di quella in corso in Russia.
In questa situazione fluida, Mussolini colse l'occasione e, abbandonando rapidamente il programma socialista e repubblicano, si pose al servizio della causa antisocialista; le milizie fasciste, appoggiate dai ceti possidenti e da buona parte dell'apparato statale che vedeva in lui il restauratore dell'ordine, lanciarono una violenta offensiva contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista (ma anche cattolici), in particolar modo nel centro-nord d'Italia (soprattutto Emilia Romagna e Toscana), causando numerose vittime nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine.
Le violenze furono nella gran parte dei casi provocate dagli squadristi fascisti, che sempre più apertamente furono appoggiati da Dino Grandi, l'unico reale competitore di Mussolini per la leadership all'interno del partito, che nel congresso di Roma del 1921 si fece da parte e diede via libera al futuro Duce.
La violenza crebbe considerevolmente negli anni 1920-22 fino alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922).
Il fascismo al potere
Di fronte all'avanzata di milizie fasciste mal armate e guidate su Roma, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, preferendo evitare ogni spargimento di sangue e ignorando i suggerimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Luigi Facta che gli chiedeva di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio, decise di affidare l'incarico di Presidente del Consiglio a Mussolini, che in quel momento aveva in Parlamento non più di 22 deputati.
Vittorio Emanuele mantenne sempre il controllo dell'esercito: se avesse voluto, avrebbe potuto senza problemi bandire da Roma Mussolini e le forze fasciste, inferiori in tutto alle guarnigioni di stanza nella capitale; in virtù di ciò la marcia su Roma, a rigor di termini, non può essere considerata un colpo di stato, in quanto Mussolini ottenne, di fatto, l'incarico di formare un nuovo esecutivo legalmente, godendo dell'appoggio (quantunque oggetto di molte e profonde critiche) del sovrano.
Da primo ministro, i primi anni di Mussolini (1922-1925) furono caratterizzati da un governo di coalizione, composto da nazionalisti, liberali e popolari, che non assunse fino al delitto Matteotti veri e propri connotati dittatoriali. In politica interna Mussolini favorì la completa restaurazione dell'autorità statale e la soppressione dell'estrema sinistra, con l'inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e la progressiva identificazione del Partito in Stato.
In politica economica e sociale vennero emanati provvedimenti che favorivano i ceti industriali e agrari (privatizzazioni, liberalizzazione degli affitti, smantellamento dei sindacati).
Nel luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale maggioritaria, che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi, regola puntualmente applicata nelle elezioni del 6 aprile 1924, nelle quali il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche dai brogli, dalle violenze e dalle intimidazioni contro gli oppositori.
L'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l'annullamento delle elezioni per le irregolarità commesse, provocò una momentanea crisi del governo Mussolini.
Il leader socialista Matteotti fu ucciso perché denunciò alla Camera dei deputati nel 1924 i brogli e le violenze commesse dai fascisti durante la campagna elettorale. Il suo assassinio ebbe un'eco vastissima nell'opinione pubblica in cui si diffuse la convinzione che a ordinarlo fossero stati i vertici del governo.
L'episodio dimostrava che la "normalizzazione" dello squadrismo annunciata da Mussolini non era riuscita e che un'opposizione legale non era gradita. I partiti d'opposizione reagirono abbandonando il Parlamento: fu la "secessione dell'Aventino", così chiamata in analogia con la decisione della plebe dell'antica Roma di ritirarsi sul colle dell'Aventino per protesta contro i soprusi dei patrizi. Contrario a tale scelta fu solamente il Partito Comunista che rimase isolato nel proporre uno sciopero generale.
Gli aventiniani miravano a incrinare l'intesa tra fascisti e la loro coalizione provocando un intervento del re, ma le loro aspettative furono deluse poiché Vittorio Emanuele III si astenne da ogni iniziativa.
La debole risposta delle opposizioni, incapaci di trasformare il loro gesto in un'azione antifascista di massa, non fu sufficiente ad allontanare le classi dirigenti e la Monarchia da Mussolini che, il 3 gennaio 1925, ruppe gli indugi e, con un noto discorso nel quale assumeva su di sé l'intera responsabilità del delitto Matteotti e delle altre violenze squadriste, di fatto proclamò la dittatura, sopprimendo ogni residua libertà e completando l'identificazione assoluta del Partito Nazionale Fascista con lo Stato.
La dittatura
Per l'effettiva realizzazione di uno stato dittatoriale - ossia per vedere formalmente inserite all'interno dello Stato italiano organizzazioni e istituzioni derivate dal Partito Fascista - occorrerà attendere la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta il 9 dicembre 1928. Pur potendo essere definito un regime dittatoriale, il regime conservò in vigore lo Statuto del Regno (Statuto Albertino) piegandolo però alle proprie esigenze.
Dal 1925 fino alla metà degli anni trenta il fascismo conobbe solo un'opposizione sotterranea e di carattere cospirativo, guidata in buona parte da comunisti come Antonio Gramsci, socialisti come Pietro Nenni, demo-liberali come Giovanni Amendola, liberali come Piero Gobetti, molti dei quali pagarono con la vita, l'esilio, pene detentive o il confino il loro rifiuto.
Consenso e propaganda
La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti ma anche quel mondo agricolo vicino al Partito Popolare, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e il socialismo e soprattutto contro il disordine economico successivo alla guerra '15-18: da parte sua, il fascismo italiano non esercitò mai una grande opera di indottrinamento della popolazione come quella intrapresa dal nazismo in Germania, ma piuttosto, come il franchismo spagnolo, si limitò nella maggior parte dei casi ad esigere solo una partecipazione di facciata.
Tale situazione venne favorita dal riavvicinamento con la Chiesa Cattolica, che culminò nel Concordato dell'11 febbraio 1929, con cui si chiudeva l'annosa questione dei rapporti tra Stato e Chiesa aperta nel 1870 dalla Breccia di Porta Pia e che restituiva al cattolicesimo il ruolo di religione di Stato. Con i patti lateranensi firmati il 29 febbraio 1929 ci fu un accordo tra stato italiano e chiesa: la Santa Sede riconobbe lo stato italiano, che a sua volta riconosceva la sovranità della chiesa sullo stato della città del Vaticano, che ricevette anche delle indennità per la perdita dello stato della Chiesa. Con questi patti ci fu un riavvicinamento alla politica della popolazione italiana (in Italia la popolazione era per il 99 per cento cattolica).
Inoltre è proprio a questo periodo che risalgono i notevoli risultati del regime nel campo dei lavori pubblici e delle politiche sociali, che giovarono al regime stesso altissimi consensi: sono gli anni, infatti, della bonifica delle paludi pontine, della battaglia del grano e dell'appoderamento delle vaste aree del latifondo paludoso-malarico a favore delle famiglie degli strati più indigenti tra gli ex combattenti del primo conflitto mondiale, o con iniziative come le colonie estive per combattere il gozzo (allora malattia endemica), gli anni che danno inizio alla politica delle bonifiche e delle fondazioni delle "città nuove", opera del Razionalismo italiano, rurali o coloniali come Latina (allora Littoria), Sabaudia o Portolago, che, oltre al consenso popolare, donarono un'ampia visibilità internazionale al regime.
Politica economica
Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati)[18]. Si limitò la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925.[19]
Nel settore previdenziale, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (CNAS), istituita nel 1919, venne trasformata nel 1933 nell' ente di diritto Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS, attuale INPS) e arrivò ad impiegare 6.000 dipendenti nel 1937." [20]Vennero inoltre disciplinati istituti di diritto del lavoro quali malattia, maternità ed infortuni. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione.[21]
L'autarchia
La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi.
Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia. Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital ed il formaggio italico.
- La battaglia del grano
- Per raggiungere l'autosufficienza alimentare venne iniziata la battaglia del grano, che prevedeva l'aumento della superficie coltivata e l'utilizzo di tecniche più avanzate. La "battaglia" portò ad un aumento del 50 per cento della produzione cerealicola e le importazioni si ridussero di un terzo. Ciò comportò però una riduzione della produzione di colture ortofrutticole.
- Le bonifiche
- In soli tre anni vennero concluse le operazioni d i bonifica dell'Agro Pontino, che videro al lavoro migliaia di uomini, soprattutto poveri contadini del centro-nord.[22] Vennero costruite nella nuova fertile pianura 3000 fattorie, da destinarsi, in buona parte, ai contadini che lavorarono alla bonifica. Altre imponenti bonifiche si ebbero nella valle del Po, sulla murgia barese e in Maremma.
La riforma Gentile
Uno dei primi atti del governo Mussolini fu una radicale riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile nel 1923: questa prevedeva un'istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile. La riforma tuttavia non fu mai completata nel senso voluto dal filosofo, ma subì diversi aggiustamenti successivi.
Fra gli scopi fondamentali - in senso fascista - della riforma vi era l'elevazione della scuola dell'obbligo ai 14 anni (per la lotta all'analfabetismo); la preminenza assoluta degli insegnamenti classici, i soli che permettevano l'accesso all'università, una regola che tuttavia subì successivamente modifiche (lo scopo era selezionare un'élite intellettuale per la guida del paese); la realizzazione di una solida istruzione tecnica per tutti coloro i quali invece non avessero avuto le doti per accedere ai gradi superiori d'istruzione (allo scopo di gerarchizzare la società, ma anche di preparare meglio i futuri lavoratori).
Nel complesso si trattò di una riforma all'insegna del tradizionalismo, della gerarchia e della più rigida meritocrazia.
Nel 1939 seguì la riforma Bottai. Accusando la vecchia riforma Gentile di "intellettualismo", Bottai si prefissò di allargare la base d'accesso agli atenei, e propose l'unificazione delle scuole medie (unico provvedimento di questa riforma ad essere sopravvissuto alla catastrofe bellica). La seconda guerra mondiale impedì la completa applicazione della riforma Bottai, che rimase in gran parte sulla carta.
La politica estera
In politica estera il fascismo seguì fino alla nomina agli Esteri di Galeazzo Ciano esclusivamente le direttive mussoliniane, improntate al pragmatismo ed al cinismo, dopodiché si trovò a dover agire - sia per la direzione di Ciano degli Esteri, sia per i minori margini di manovra dati dalla situazione internazionale - in maniera sempre meno autonoma e sempre più ideologica.
Dopo l'incidente di Corfù del 1923, Mussolini non si discostò per un lungo periodo dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa, seguendo una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista e militarista fossero tra i caratteri distintivi del regime.
L'Italia mantenne buone relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919), tentando altresì di estendere la sua influenza verso i Paesi sorti dallo sfacelo dell'Impero austro-ungarico (Austria e Ungheria) e nei Balcani (Albania, Grecia) in funzione anti-jugoslava.
L'Italia fu il secondo Paese al mondo, dopo la Gran Bretagna, a stabilire nel 1924 relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica.
Scopo dichiarato della politica estera fascista, fin dai primissimi atti e discorsi politici di Mussolini, era quello di assicurare "ad un popolo di quaranta milioni di individui" un posto di primo piano sulla scena mondiale. Nel lungo periodo questo significava acquistare all'Italia territori coloniali dove "esportare" la propria eccedenza demografica attraverso la valorizzazione delle colonie esistenti e poi - nel 1935 - con la conquista dell'impero d'Abissinia. Contemporaneamente, la politica a breve periodo previde - fin quando possibile - la revisione dei trattati sottoscritti dall'Italia fra il 1918 e il 1922 che "mutilavano" la vittoria nella grande guerra e che portarono l'Italia ad acquisire Fiume nel 1924 e a garantire Zara nonostante la rinunzia al resto della Dalmazia.
Spartiacque della politica estera fascista fu essenzialmente la prima crisi austriaca del 1934, con il tentativo di Hitler di annettere l'Austria dopo aver fatto assassinare il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss (amico personale di Mussolini). In quel frangente l'Italia schierò le proprie divisioni al Brennero, minacciando un'azione militare in difesa dell'alleato austriaco, se la Germania avesse varcato le frontiere. Di fronte a questa crisi - tuttavia - le potenze europee rimasero a guardare, ingenerando in Mussolini la penosa sensazione che in caso di guerra fra Italia e Germania, il nostro paese sarebbe stato lasciato solo. Alle dichiarazioni generiche della conferenza di Stresa dell'aprile 1935, con la quale le tre potenze dell'Intesa dichiaravano che non avrebbero consentito ulteriori violazioni revisioniste da parte della Germania, seguirono infatti accomodamenti anglo-tedeschi (come l'accordo navale del giugno dello stesso anno) che fecero comprendere a Mussolini quanto debole poteva diventare la posizione italiana in caso di guerra europea contro la Germania.
Il passo successivo fu dettato dunque dalla convinzione di Mussolini di dover dotare l'Italia di un potente impero coloniale al più presto, come "retrovia" e riserva demografica, industriale, agricola e di materie prime in caso di un nuovo conflitto generalizzato in Europa. Giocoforza, questo impero non poteva che essere cercato in Abissinia, uno dei pochi territori africani ancora indipendente.
La guerra d'Abissinia, lungamente ritardata da Mussolini proprio per trovare con inglesi e francesi un accordo diplomatico che smembrasse l'impero di Haile Selassie senza ricorrere all'invasione, portò alla rottura dei cordiali rapporti finora intrattenuti coi vecchi alleati. L'Italia subì delle sanzioni economiche e i suoi rapporti con le nazioni democratiche si incrinarono definitivamente.
Frattanto, la deflagrazione della guerra civile spagnola iniziò a polarizzare il mondo in due campi avversi legati non da interessi geopolitici ma ideologici, togliendo all'Italia progressivamente spazio di manovra.
La crisi interna del regime negli ultimi anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, il logoramento delle forze armate dopo cinque anni di continui impegni militari (Abissinia, Spagna, Albania), l'emergere deciso della Germania come prima potenza militare d'Europa e la sua alleanza con Stalin (Patto Molotov-Ribbentrop, spinsero Mussolini verso una politica doppiogiochista (alleanza dichiarata con la Germania, trattative sotterranee con la Gran Bretagna) che portò l'Italia in guerra.
Durante la prima fase del conflitto la politica estera fascista fu sostanzialmente mossa dal tentativo di svilupparsi parallelamente (e spesso ai danni) di quella tedesca: un tentativo destinato a fallire in seguito ai numerosi rovesci militari subiti dalle forze armate italiane su quasi ogni fronte. Si segnala, in questo periodo, la durezza del contegno italiano verso la Francia, sconfitta dai tedeschi, il quale fu fra i principali motivi per i quali questa nazione non si unì decisamente all'Asse.
Sempre più prigioniera della propria propaganda, la politica estera fascista fu spinta ad azioni dettate più dalle necessità ideologiche che non da quelle pragmatiche, infilando il paese in una spirale di fallimenti della quale si giovarono tanto gli alleati dell'Asse quanto i nemici.
A partire dal 1943, Mussolini cercò continuamente di convincere Hitler della necessità di un accordo con l'Unione Sovietica, per concentrare le forze contro gli angloamericani, mentre, tuttavia, continuavano segretamente i contatti fra il dittatore italiano ed il premier britannico Winston Churchill.
Con la caduta del fascismo, l'armistizio di Cassibile e la nascita della RSI cessa ogni quasi del tutto ogni residuo tentativo di politica estera autonoma del Fascismo, eccezion fatta per le pressioni su Hitler per un accomodamento russo-tedesco e gli sporadici contatti fra Mussolini e Churchill. [23]
L'Etiopia
La campagna militare italiana per la conquista dell'Abissinia fu conseguenza della decisione di Mussolini di fornire all'Italia un'ampia retrovia coloniale dove attingere materie prime, derrate, uomini e fornire altresì uno sbocco all'emigrazione in vista di un prossimo e probabile conflitto generalizzato in Europa. Come visto, infatti, il crollo repentino del Fronte di Stresa in funzione di contenimento della Germania nazista aveva posto Mussolini di fronte alla prospettiva di un isolamento dell'Italia in caso di guerra con i tedeschi per il mantenimento dello status quo in Europa.
Questo aveva convinto il dittatore italiano che l'Italia poteva fare una politica autonoma solo a patto di ottenere un'autosufficienza alimentare, industriale e demografica che il solo territorio metropolitano e le colonie fino allora acquisite non potevano garantire.[24]
La campagna fu condotta con un imponente dispiegamento di forze e vinta con relativa facilità.
Dal punto di vista propagandistico, essa fu il più grande successo del regime fascista, che riuscì a galvanizzare l'intera nazione e perfino molti antifascisti attorno ai leitmotiv del posto al sole, della liberazione degli abissini dalla schiavitù e della rinascita dell'Impero Romano.
Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo e le sanzioni economiche condotte da 52 nazioni (fra cui tutte le potenze coloniali europee). Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles.
In seguito l'Impero in Africa Orientale fu tuttavia amministrato con pugno di ferro contro le bande di ribelli e lealisti al vecchio governo del Negus, e si preparò una forma di sviluppo separato fra le popolazioni indigene e i nuovi coloni italiani non dissimile dall'apartheid praticato in alcune colonie e dominion britannici come il Sudafrica.
In seguito, nei vari tentativi di Mussolini di trovare una nuova intesa con la Gran Bretagna, l'Italia propose di risolvere il cosiddetto "problema ebraico" in Europa e Palestina offrendo ai sionisti un piano embrionale di colonizzazione territori nel Goggiam già abitati da secoli da popolazioni abissine di religione israelita, i falascia, con la creazione di uno "stato" federato all'Impero Italiano in AOI. A quanto risulta il piano restò lettera morta.[25]
Crimini italiani in Abissinia
La campagna militare in Abissinia fu condotta dall'Italia senza risparmio di forze e mezzi, e fra questi vi fu anche l'impiego indiscriminato di gas tossici ed altri aggressivi chimici. La giustificazione ufficiale - ovvero come rappresaglia per le continue violazioni abissine della Convenzione di Ginevra (uso di pallottole Dum Dum, atrocità contro i prigionieri etc.) - in realtà servì per mascherare la necessità di Mussolini di ottenere il più rapidamente possibile la vittoria totale.
Le forze armate italiane disponevano di un vasto arsenale di granate e bombe da aeroplano caricate a iprite, sostanza che a volte fu anche spruzzata dall'alto come aerosol su combattenti e villaggi. Fu Mussolini in persona ad autorizzare l'impiego di queste armi:[26]
- Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco.
- Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini. [27]
Gli ordini impartiti da Mussolini furono molto chiari:
- Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini.
- Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V. E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini.
La parte preponderante dell'opera di repressione fu compiuta dagli Italiani, che oltre alle bombe a iprite, istituirono campi di concentramento, impiantarono forche pubbliche, uccisero gli ostaggi, mutilarono i corpi dei nemici. Alcuni militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate. Qualcuno si mostrò sorridente ai fotografi mentre teneva in mano, per i capelli, uno di questi lugubri trofei.[28]
Un altro sanguinoso episodio dell'occupazione italiana in Etiopia fu la strage di Addis Abeba del febbraio 1937, seguita a un attentato dinamitardo contro Graziani. [29]
Verso la guerra
Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini ed attuando un blocco navale per impedire rifornimenti di armi ai repubblicani. Già in questa fase si palesarono le deficienze della macchina bellica italiana, sia dal punto di vista tecnologico che di capacità di comando strategiche e tattiche, che si sarebbero acuite paurosamente pochi anni dopo.
Lungi dal rafforzare economicamente il paese, queste imprese indebolirono il consenso al regime gettando i primi semi del risentimento popolare, e in politica estera lo allontanarono da Francia e Inghilterra spingendolo ad allinearsi in maniera crescente con la Germania nazista (1936: Asse Roma-Berlino, 1937: Patto Anticomintern comprendente anche l'Impero giapponese; 1938: acquiescenza di Mussolini all'annessione dell'Austria; 1939: Patto d'Acciaio in funzione offensiva).
Nel 1938 Mussolini fece promulgare da re Vittorio Emanuele III le leggi razziali antisemite, che non avevano precedenti in Italia e che furono applicate senza entusiasmo. Con la promulgazione di un insieme di provvedimenti legislativi e normativi noto come Provvedimenti per la difesa della razza, secondo autorevoli testimoni quali Galeazzo Ciano redatte in gran parte da Mussolini in persona,[30] il fascismo si dichiarò esplicitamente anche antisemita [31] e, anche se non fu realizzato alcun intento di sterminio fino al 1943 (quando l'Italia venne occupata dall'esercito nazista), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, spesso privati del lavoro ed esposti a varie forme di vessazione.
Nel marzo 1939, per motivi di prestigio nei confronti della Germania, Mussolini ordinò l'occupazione dell'Albania già saldamente nella sfera d'influenza italiana, ponendovi come governatore (viceré) un fedelissimo del genero Galeazzo Ciano.
Nonostante le clausole del Patto d'Acciaio (assistenza automatica in caso di guerra), nel settembre 1939 Mussolini si dichiarò non belligerante, ma nel giugno 1940, contro la volontà di gran parte della corte, degli alti gradi della Regia Marina e dell'Esercito e di alcuni dei maggiori gerarchi fascisti, entrò in guerra contro Francia ed Inghilterra, fidando nella rapida vittoria tedesca. L'impreparazione dell'esercito e l'incapacità dei suoi comandanti condussero a terribili sconfitte su tutti i fronti (Grecia 1940) e alla rapida perdita delle colonie dell'Africa Orientale (1941) e della Libia (1943), creando un indebolimento delle difese che aprì le porte all'invasione della Sicilia.
La caduta
Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse tra il giubilo della popolazione italiana, stanca del regime e della guerra, cui sperava potesse essere posta fine in breve tempo.
Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile.
Filosofia politica, ideologia e prassi del Fascismo
Il fascismo nasce come movimento politico filosoficamente a carattere prettamente idealista,[32] ma anti-ideologico[33] e pragmatico.[34]
Storicamente il fascismo si è estrinsecato in una serie di posizioni, di volta in volta supportate da un'ampia e roboante propaganda, apparentemente contraddittorie - se non incoerenti - fra loro. Per tale motivo, nell'analizzare il fenomeno fascismo occorre scindere il fascismo "ideale" da quello "reale" esattamente come si fa per il marxismo, considerando che il modus operandi del fascismo storico fu dettato dalle circostanze tanto quanto dall'ideologia e dalla filosofia, e che a circostanze diverse la medesima ideologia è stata cambiata e piegata dalla filosofia originaria del movimento.[35]
Il fascismo come idea
Il fascismo si percepisce come movimento nazionalista, il cui obiettivo finale è "una più grande Italia".[36] Secondo i pensatori fascisti e lo stesso Mussolini, questo obbiettivo si inquadra in una visione della storia di tipo conflittuale, nella quale società a base più o meno nazionale si incontrano, concorrono fra loro e - se necessario - si scontrano. E - per necessità darwiniana - in questo scontro sopravvivono solo le nazioni compatte al proprio interno, da cui discende la necessità di trovare una sintesi hegeliana della lotta di classe e delle esigenze dello stato, tramite l'obbligo per ciascun cittadino (prestatore d'opera o capitalista) a concorrere ad una concordia nazionale nel nome della produzione (industriale, agricola, bellica, etc., fonte di ricchezza per l'intera comunità nazionale e di potenza per lo Stato).
All'origine del movimento vi è l'idea mussoliniana della nascita, nelle trincee della grande guerra e nelle fabbriche della produzione bellica di una nuova aristocrazia dei combattenti (trincerocrazia) e dei lavoratori, che realizzi, appunto, "la sintesi dell'antitesi classe-nazione".
La concordia interna al paese viene sostenuta con argomentazioni organiciste e con l'affermazione metafisica che la Nazione è più della somma dei singoli individui che la abitano, bensì "un organismo comprendente la serie indefinita delle generazioni di cui i singoli sono elementi transeunti". Per la qual cosa, i viventi sono impegnati da un obbligo di riconoscenza verso le generazioni che li hanno preceduti e da un obbligo a lasciare un paese migliore alle generazioni che seguiranno.
Cardine fondamentale della filosofia fascista è l'assoluta preminenza dello Stato e tramite questo del partito fascista (che se ne considerava al servizio), in ogni aspetto della vita politica e sociale. In questo senso il fascismo si pone come un movimento politico di stampo neohegeliano propugnando lo stato etico.
Organicismo e stato etico hanno come conclusione logica la proclamazione del totalitarismo, nel IV Congresso del PNF (1925) per voce dello stesso Mussolini. Lo Stato totalitario avoca a sé tutte le prerogative e i diritti e pervade in maniera "totalitaria", appunto, le esistenze dei suoi cittadini.
La concezione fascista dell'uomo prevede la negazione del cosiddetto homo economicus, visione che gli ideologi fascisti sostengono accomuni liberalismo e marxismo, per proporre una visione differente.
Il fascismo è filosoficamente debitore di due opposte e differenti correnti di pensiero ottocentesche: da un lato vi è una corrente che si potrebbe definire "di sinistra", che si pretende ispirata a personaggi come Sorel, Proudhon, Corridoni e ai Futuristi, che propugnavano la rivoluzione, il sindacalismo combattente, l'ascesa della violenza come irrazionale ma decisiva soluzione ai problemi e alle aporie della logica e della democrazia liberale.[37] Dall'altro lato si riallaccia a correnti di pensiero ultraconservatrici, che risalgono al XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune. Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa "che avvilisce l'uomo" (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (in particolare Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente).
Infine, non meno importante, soprattutto in Mussolini, è l'influenza del pensiero di Nietzsche, che - sebbene sommamente impolitico - permea continuamente il modus cogitandi del capo del fascismo.[38]
Il fascismo come ideologia
Sebbene il fascismo, come si è visto, si proclamasse anti-ideologico una "ideologia" del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte. In particolare essa non fu mai rigidamente codificata, sebbene abbondassero durante tutto il ventennio le "volgarizzazioni" e i "catechismi", che ebbero più che altro funzione propagandistica verso il popolo minuto. In pratica, però, nell'elite dirigente e intellettuale del Regime si dibatté aspramente sui vari indirizzi da dare alla politica italiana, e il fascismo oscillò spesso fra posizioni diversissime e - apparentemente - contraddittorie.[39]
Fra gli aspetti ideologici del fascismo che occorre citare, vi sono i seguenti [40]
- Il culto di Roma - Il fascismo si propone come ideale rinnovatore dei fasti di Roma antica.
- Il culto della giovinezza - Il fascismo si considerava innanzitutto una rivoluzione generazionale. Mussolini è stato il più giovane primo ministro dell'Italia unita e attraverso il Futurismo il fascismo ha assorbito il mito della gioventù.
- Il culto della violenza - Nascendo dagli arditi e dai futuristi e dal sindacalismo rivoluzionario di Sorel il fascismo fa suo ed esalta il culto della violenza.
- Il "principio del capo" - Anche questo mediato dagli arditi, prevede una concezione gerarchica e piramidale del mondo. Viene dunque esaltata l'obbedienza, anche cieca, irrazionale e totale[41]
- Il corporativismo, inteso come superamento sindacal-organicista del socialismo e del liberalismo.
In particolare quest'ultimo addentellato divenne sempre più importante nel fascismo a partire dalla grande crisi del 1929, tanto da poter essere considerato più un aspetto genetico del fascismo che non semplicemente ideologico.
Il fascismo opposto alla democrazia
Fondamentalmente il fascismo rifiuta la democrazia, proprio in virtù delle consapevolezze sopra espresse. Il fascismo non si considera una "crociana" esigenza temporanea, ma un sistema politico a se stante a tutti gli effetti: la "Terza via" contrapposta tanto alla destra reazionaria quanto alla sinistra marxista.
Il fascismo sostiene che le "autoproclamatesi" democrazie siano in realtà effettivamente regimi plutocratici.
Questa considerazione viene da un aspetto dell'origine del fascismo, che è riassunta nel famoso discorso di Benito Mussolini nella frase:
Il fascismo secondo il suo fondatore avrebbe dovuto rappresentare una forma di governo al di sopra delle divergenti opinioni dei partiti.
Il fascismo "reale"
Pochi punti fermi dell'ideologia fascista furono sempre rispettati, cambiando di volta in volta la politica contingente, attraverso una visione pragmatica quando non cinica: fra essi, il principio di "una più grande Italia"; il principio del "primato del Duce"; il principio dei "doveri dell'uomo".
Tutto il resto, dalla politica economica (di volta in volta liberista nel suo primo periodo, statalista dopo la crisi del 1929, infine socializzatrice[44] durante il periodo repubblicano) a quella estera (con le alleanze oscillanti, l'anticomunismo accompagnato dal riconoscimento dell'URSS), a quella militare (militarismo per le masse, accompagnato da una progressiva riduzione delle spese per le Forze Armate[45]), fu di volta in volta determinato dalle direttive mussoliniane.
Il fascismo visse infatti soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta. Inoltre questo portò ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto: un fenomeno che ha preso il nome di "mussolinismo".
Fascismo e totalitarismo
Il fascismo definiva se stesso un sistema politico totalitario. Sorto originariamente nell'ambito dell'antifascismo, il termine "totalitario" fu in seguito usato da Mussolini in senso apprezzativo e quindi con lo stesso significato dagli esponenti e dagli intellettuali del regime, e con esso si intendeva la volontà del fascismo di controllare totalmente l'esistenza di ogni cittadino italiano, "dalla culla alla tomba". Nella concezione fascista dello Stato, infatti, l'individuo ha libertà e gode di diritti solo quando è pienamente inserito all'interno del corpo sociale gerarchicamente ordinato dello Stato (il c.d. Stato etico).
Nelle successive analisi degli storici (a partire dallo studio di Hannah Arentd del 1951) si sono sviluppate sostanzialmente due linee interpretative riguardo al carattere del regime fascista: una che lo considera "totalitario" (ma senza alcuna accezione apprezzativa) e che ha in Emilio Gentile uno dei massimi sostenitori, e un'altra, promossa inizialmente da Hannah Arendt e sviluppata successivamente da diversi autori (fra cui Renzo De Felice) che lo considera come prettamente "autoritario".
Interpretazione totalitaria
Tale interpretazione è soprattutto da riferirsi al concetto, promosso da Emilio Gentile, di:
e ancora:
In tale contesto interpretativo, assumono carattere totalitario sia le leggi che hanno provveduto ad eliminare (o "fascistizzare") le libertà liberali quali quelle di associazione, di stampa, di espressione etc., sia le leggi c.d. "fascistissime", ossia:
- legge 24 dicembre 1925: tutti i poteri vengono attribuiti al duce;
- legge 31 gennaio 1926: al potere esecutivo viene data la facoltà di emanare norme giuridiche;
- legge 5 novembre 1926: viene creato il "tribunale speciale" (e, fra l'altro, ripristinata la pena di morte);
- legge 9 dicembre 1928: il Gran Consiglio del Fascismo diventa, da vertice gerarchico del partito, organo dello Stato, sovrapposto ai poteri e agli istituti designati dallo Statuto;
- Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 6 maggio 1926: viene ripristinato il confino di polizia, rivolto in particolare agli oppositori politici.
Queste leggi - altrimenti tipiche di qualunque autoritarismo - considerate nel contesto organico dello sviluppo del fascismo, permettono di approfondire ulteriormente i caratteri totalitari del fascismo, ovvero:
- una ideologia ufficiale improntata da una filosofia assolutistica che prevede l'identificazione dell'individuo con lo Stato e la subordinazione dell'individuo allo Stato in tutti gli aspetti della vita (e per questo è legittimata la repressione nei confronti di qualsiasi opposizione)
- Un sistema politico atto a sfruttare e sviluppare i caratteri della società di massa, dominato da un partito unico i cui vertici si identificano con le massime cariche del legislativo e dell'esecutivo
- L'organizzazione capillare delle forze di polizia a fini di controllo della vita privata dei cittadini e di repressione del dissenso in ogni sua forma (e, conseguente a ciò, un'ampia discrezionalità di tali forze nel fermare, imprigionare, interrogare qualsiasi cittadino da esse ritenuto sospetto di devianza politica nonché collusione palese tra polizia e magistratura nel trattamento giuridico e penitenziario di esponenti, veri o presunti tali, dell'opposizione)
Altro aspetto totalitario del regime si trova nella volontà appunto "totalitaria" di costringere ogni cittadino nell'ambito di un organismo collettivo (il c.d. "Armonico Collettivo"); l'individuo viene così inserito forzatamente, a prescindere dalla sua volontà, all'interno di strutture di partito le quali si occupano di "intergrarlo" e inquadrarlo "dalla culla alla tomba" in formazioni educative, paramilitari, politiche, culturali, sindacali, corporative e assistenziali.
Accanto alle organizzazioni di partito, il fascismo intese anche dominare i mezzi di comunicazione di massa, avendo intuito Mussolini che il controllo capillare di stampa, radio e cinema era "l'arma più forte" per facilitare la trasmutazione fascista della società italiana; vi fu quindi un controllo rigoroso della circolazione delle informazioni sia attraverso il monopolio statale dei mezzi di informazione di massa (giornali, cinegiornali e radio), sia attraverso il controllo e l' uso della censura preventiva sugli altri mezzi di comunicazione di massa (teatro, cinema, canzonetta, fumetti) culminato nel 1939 con l'estensione del visto di censura preventivo anche per le opere musicali.
Ulteriore carattere totalitario del regime fu il costante uso della violenza e della repressione - oltre che il costante richiamo all'odio, al disprezzo e alla denigrazione - verso i partiti e i movimenti antifascisti o antinazionali (comunisti, neutralisti, bolscevichi, pacifisti, democratici)[46], teso ad imporre l'idea fascista su quelle dei suoi nemici (fin dall'inizio), nonchè (dal 1938) verso gli ebrei, tramite l'approvazione dei provvedimenti di segregazione razziale.
Alla luce di questi elementi, il fascismo inteso come forma di stato "totalitaria" si contraddistingue per la presenza di un partito unico che pervade la società in ogni suo aspetto, tramite un'incisiva e mirata propaganda tesa ad imporre il volere del partito unico ad ogni individuo, e tramite l'uso delle forze di polizia e della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale[47] atte a scoraggiare qualsiasi atto contrario al regime, nonchè con l'identificazione di un "nemico" da additare al popolo (comunisti, partiti antifascisti, democratici, pacifisti, e dal 1938 anche ebrei).
Interpretazione autoritaria
Tale interpretazione si basa in gran parte sull'idea, proposta da Hannah Arendt, di considerare il terrore come "la vera essenza" della forma totalitaria di governo; in tal senso, il regime fascista non può considerarsi "prettamente" totalitario in quanto mancò, a differenza di altri regimi quale quello nazista e quello stalinista, uno "stermnio di massa" ed un uso costante del "terrore di massa".
Mancò inoltre, un completo controllo della comunicazione e dell’informazione[48].
Inoltre, sempre secondo questa interpretazione, lo stato autoritario ha limiti prevedibili all'esercizio del potere, ovvero è possibile "vivere tranquilli" e non incorrere nella vendetta dello Stato se si seguono alcune regole di comportamento, e non si fa opera di militanza e propaganda politica[49], mentre nello stato totalitario i limiti all'esercizio del potere sono mal definiti e incerti.
Infine, a sostegno di questa tesi, vi è anche il fatto che il fascismo (a differenza di nazismo e comunismo sovietico) fu obbligato a convivere (spesso anche trovando un comune accordo[50]) con i poteri della Monarchia e della Santa Sede, i quali, nonostante una progressiva erosione delle proprie prerogative, mantennero la propria autonomia (spesso più formale che sostanziale). [51].
Il problema del "totalitarismo imperfetto"
Posizione intermedia fra le due precedentemente citate, il concetto di "totalitarismo imperfetto", coniato dallo storico Giovanni Sabbatucci, riconosce nel fascismo una chiara matrice ed una volontà totalitaria, resa però inane dalla presenza di altri poteri (Chiesa e Monarchia), dal suo eccessivo gradualismo e dalla politica mussoliniana di lasciare sempre qualche "valvola di sfogo" a personaggi afascisti o fascisti non "ortodossi" (come ad es. il caso di Nicola Bombacci)[52].
Differenze con i totalitarismi nazista e comunista
Sono assenti o solo embrionali nel totalitarismo fascista i seguenti attributi caratteristici delle esperienze nazista e comunista:
- la supremazia del partito rispetto allo Stato
- i campi di sterminio di massa (Konzentrationslager e GULag)
- un'ideologia sterminazionista nei confronti di nemici "di classe" o "di razza"
Riepilogo: attributi del totalitarismo fascista
- monopolio dei mezzi di comunicazione
- presenza di un'ideologia organica, propagandata con i mezzi di comunicazione di massa, cui l'individuo è tenuto ad aderire fideisticamente
- presenza di un partito unico, portatore di questo di questa ideologia, che esercita un'autorità assoluta sotto la guida di un capo e di un ristretto numero di persone
- abbattimento di ogni forza antagonista [54]
- ricorso sistematico alla mobilitazione delle masse, mediante il partito, l'uso della stampa, della radio, del cinema, delle grandi manifestazioni scenografiche, etc.
- controllo e repressione di tutte le opposizioni (in particolare quella comunista)
- presenza di una polizia politica segreta (OVRA) che controlla l'effettiva "fascistizzazione" degli individui
- sacralizzazione della politica e del capo
- programma di costruzione di un "uomo nuovo"
- affermazione del dirigismo politico in ambito economico
Razzismo e antisemitismo
Alla fine degli anni trenta il fascismo iniziò ad elaborare una serie di teorie razziste ed antisemite, in parte ad imitazione di ciò che stava avvenendo parallelamente in Germania. In seguito ad una feroce campagna di stampa (in parte pagata segretamente da agenti tedeschi incaricati da Goebbels)[55] si giunse ad approvare in fasi successive delle leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei e delle popolazioni non indoeuropee delle colonie. In queste ultime si puntò alla realizzazione di una sorta di sviluppo separato (apartheid) del genere praticato in quel periodo già in alcune colonie britanniche e negli stati del sud degli Stati Uniti. In seguito i provvedimenti discriminatori[56] si estesero anche ai cittadini italiani e libici di religione israelita, con un progressivo allontanamento della maggioranza di essi dalla vita pubblica italiana.
Venne anche promulgato un Manifesto della razza, nella stesura del quale oltre a nomi dell'accademia italiana vi era anche la mano di Mussolini.
Nel 1938 Benito Mussolini espose il suo pensiero circa la questione razziale in questa maniera:
Mussolini, in merito all'insorgere di una questione ebraica per il fascismo, poi, così proseguiva:
Il razzismo fascista prese varie forme, nel tentativo di distinguersi da quello nazista[57] , e in esso convissero sia la convinzione del razzismo biologico che quella del razzismo spirituale[58], invece generalmente assente nei razzismi nazista e in quelli di altri paesi. Un importante contributo all'antisemitismo fascista venne anche da taluni ambienti cattolici, sebbene il Vaticano non abbia mai né approvato, né appoggiato ufficialmente i provvedimenti antisemiti. Nessun documento proverebbe invece pressioni ufficiali e dirette da parte tedesca[59] durante la genesi dei provvedimenti razziali.
A differenza degli altri razzismi del suo tempo, quello fascista è solo tangente alle politiche eugenetiche condotte dal regime, che erano fondamentalmente razziste nella Germania nazista e invece assenti nei razzismi coloniali e post-schiavisti rispettivamente britannico e statunitense. Infatti sebbene i provvedimenti per la difesa della razza prevedessero l'apartheid degli ebrei e dei non-indoeuropei rispetto agli italiani ariani, tutte le provvigioni e le iniziative a carattere eugenetico (ginnastica, colonie per l'infanzia, sanatori, Opera Maternità e Infanzia etc.) proposte e imposte dal regime continuarono ad applicarsi anche ai sudditi di cittadinanza libica e a quelli dell'AOI, almeno fino al 1942[60].
Fascismo e nazismo
Il nazionalsocialismo nelle sue forme originarie, soprattutto dal punto di vista ideologico, è stata una particolare forma di socialismo fascista. Il nazismo, inteso come la corrente politica che si è diffusa in Europa dal regime totalitario di Hitler in Germania, si configura ideologicamente in una corrente sostanzialmente diversa dal nazionalismo-socialista originario; anzi, molti storici ritengono che il nazionalismo estremo di Hitler abbia solamente pochi punti in comune con il nazional-socialismo che era nato in precedenza. Hitler mantenne solo alcune forme esteriori di socialismo. Alcuni hanno sostenuto che il Nazismo fu anch'esso una forma di fascismo, anche se questa visione è respinta dalla maggior parte degli storici moderni. Secondo una dotta analisi di Stanis Ruinas il nazismo nasce come ideologia gemella al fascismo italiano, e tale rimane solo fino al 29-30 giugno 1934, quando con la "notte dei lunghi coltelli" la corrente "di destra" facente capo ad Hitler elimina la corrente "di sinistra" facente capo a Ernst Röhm. Da quel momento il nazismo abbraccia implicitamente il capitalismo e si prefigura come un ideologia prettamente di destra, abbandonando ogni ipotesi rivoluzionaria e quindi rimanendo "socialista" solo nel nome. Questo come pegno ai poteri economici internazionali che l' avevano sostenuto finanziariamente nell' ascesa al potere. Da quel momento il paragone tra fascismo e nazismo è quindi unicamente fittizio ed artificialmente mantenuto dal nazismo per motivi propagandistici di immagine pubblica. Nel fascismo italiano ciò non accadde mai, ed anzi nella Rsi fu la componente di destra a divenire minoritaria.[61]
L'idea di Impero (neoghibellinismo)
Il continuo ritorno ad un'idea di romanità portò come logica conseguenza l'affermarsi di teorie filosofiche neo-ghibelline, ovvero propugnanti la ricostituzione di un Sacro Romano Impero che si ricongiungesse in qualche misura con una mistica tradizione ancestrale, e alla fine proponesse il superamento del fascismo in una forma di nuovo imperialismo spirituale e supernazionale, a carattere essenzialmente anticristiano.
Alfiere di queste tesi fu Julius Evola, il quale rimase tuttavia alquanto isolato nell'ambito del dibattito culturale e filosofico fascista, dominato invece da logiche nazionaliste e da forti correnti cattoliche che poco spazio intendevano lasciare al cosiddetto imperialismo pagano propugnato dal filosofo.
Questa idea trovò in seguito sponda e nuovi argomenti in alcuni ambienti nazionalsocialisti e si diffuse soprattutto nel dopoguerra fra i movimenti neofascisti e tradizionalisti.
Secondo la teoria di Julius Evola, il fascismo si configurerebbe come una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, al Sacro Romano Impero[63].
La creazione dell'uomo nuovo
Fin dal suo inizio il fascismo sentì il bisogno di farsi interprete del famoso adagio "Fatta l'Italia occorre ora fare gli italiani". Fin nel suo inno, Giovinezza[64] si canta degli italiani "ricreati"
furon fatti gli italiani,
li ha rifatti Mussolini
per la guerra di domani (...)»
Peraltro, in un'altra versione dell'inno fascista, il quarto verso è sostituito da "con la fede nel domani", sottolineando dunque un atteggiamento fideista e la necessità per l'Italiano di credere nel fascismo per il proprio rinnovamento spirituale.
A questa esigenza storica nel pensiero fascista si aggiunge il superomismo nietzeschiano, così come si era diffuso nella cultura europea a cavallo fra otto e novecento, con le sue contraddizioni, volgarizzazioni ed equivoci.
Il progetto fascista - anche questo mai davvero codificato rigidamente - si basava su un aspetto mitico (quello del superuomo) e un aspetto pratico (quello di portare il popolo italiano ad uno standard qualitativo ritenuto superiore). Per questo secondo aspetto, di volta in volta il fascismo individuò alcuni modelli, il primissimo del quale, per ovvi motivi cronologici e ideologici, fu il trincerista, l'uomo proveniente dal fronte della grande guerra, esaltato da Mussolini come prototipo di una nuova realtà ideale - ma anche biologica - del popolo italiano. In un secondo momento si aggiunse e sovrappose al primo quello del popolano, in particolare il popolano trasteverino.[65]
L'uomo nuovo immaginato dai pensatori fascisti era essenzialmente un modello anti-borghese: giovanile, vigoroso, rude, pragmatico, strafottente, disciplinato. Legato alla tradizione e contemporaneamente proiettato nell'epoca della macchina. Un misto di legionario e colono romano e di aviatore futurista.
Il fascismo si propose di realizzare la mutazione antropologica del popolo italiano in questa direzione attraverso un'educazione intellettuale - basata sull'esposizione continua di modelli storici e mitologici che fossero di esempio (Balilla, Cincinnato, Muzio Scevola, Ettore Fieramosca, Cesare Battisti etc.) e un assiduo martellamento propagandistico a base di slogan eroici (Osare, durare, vincere; noi ce ne freghiamo e tireremo diritti). Fisicamente si intendeva riformare eugeneticamente il popolo, spingendolo (e costringendolo) ad una vita sportiva e spartana, nella quale la figura e l'esempio del Duce - così come veniva rappresentato dalla propaganda - doveva essere considerato come l'obbiettivo finale di ciascun italiano e fascista.
In questo quadro si inseriscono le - talvolta maldestre - campagne volute da Achille Starace, quale l'abolizione della stretta di mano, il sabato fascista, le esibizioni ginniche cui erano obbligati a partecipare i membri del partito, con "gare di ardimento". E anche in questo senso và inserito uno dei motivi scatenanti del razzismo fascista, secondo l'intenzione mussoliniana di sferrare un cazzotto allo stomaco del popolo italiano per costringerlo ad assumere l'atteggiamento e la volontà di "razza padrona".[66]
In sostanza il fascismo tentò - senza alcun successo - di "raffinare" il popolo italiano di quegli aspetti che secondo la propria filosofia erano negativi, raffinando e facendo trionfare invece quelle che erano ritenute - sempre secondo il punto di vista fascista - virtù italiane.
François Furet riscontra un'affinità - mutatis mutandis - con il bolscevismo: "Le passioni suscitate dal militante fascista non sono le stesse che invoca il bolscevismo, ma sono della stessa natura. Al posto dell'uguaglianza sociale c'è la patria reinventata come un'utopia comunitaria... Quanto ai mezzi, quelli consigliati o adoperati dal movimento fascista sono già presenti nell'arsenale bolscevico: se servono alla causa, sono tutti buoni"[67].
Il mito del Sangue contro l'Oro
Originariamente nato come slogan propagandistico per giustificare l'inferiorità di mezzi italiana rispetto a quella dei suoi nemici sui fronti della seconda guerra mondiale, questa parola d'ordine acquisterà via via sempre più importanza nell'immaginario collettivo dei fascisti, colorandosi di antisemitismo[68].
Grande diffusione a questa parola d'ordine verrà con la canzone Battaglioni M di Auro d'Alba e M. Pellegrino del 1942, che recita
sarà il sangue a far la storia»
dove per "giuda" si intende tanto il traditore per eccellenza (già in alcuni ambienti fascisti si sentiva "puzza di tradimento" e di sabotaggio dello sforzo bellico italiano)[69] quanto l'israelita, identificato dalla propaganda razzista come fonte d'ogni male e corruttore - tramite appunto l'oro, le mollezze, e le blandizie - di una sana, spartana e virile razza italiana.[70]
Da "parola d'ordine" a pilastro ideologico del fascismo nel suo legame con l'Asse, il mito del "Sangue contro l'Oro" sarà uno dei principali deragliamenti dell'originaria linea fascista - pragmatica, anti-ideologica ed idealista - nel regno di una visione del tutto ideologica, e pertanto necessariamente avulsa dalla realtà, del mondo.
L'oro diventa infatti simbolo della prevalenza delle armi alleate su quelle dell'Asse sui fronti bellici[senza fonte], tanto perché con esso si comprano i mezzi con cui le truppe italotedesche venivano ributtate indietro a partire dalla fine del 1942, quanto perché con esso si compravano i traditori che "pugnalavano alla schiena" lo sforzo bellico dell'Asse. In questo senso assume le coloriture di una giustificazione della disfatta, causata - appunto - non dagli errori dei capi dell'Asse o dal valore del nemico ma da una "sleale" preponderanza di mezzi materiali, che sono riusciti a schiacciare la "superiorità spirituale" dei popoli dell'Asse.
Con la sconfitta della primavera 1945 [71] il mito del "sangue contro l'oro" sarà fra i principali leitmotiv consolatori dei reduci fascisti e porterà ad una serie di ricostruzioni storiche ex post basate su una dicotomia manichea fra "nazioni proletarie e povere dell'Asse" - forti solo dei loro buoni diritti e dell'eroismo delle loro truppe - contro le "nazioni plutocratiche, giudaiche e comuniste" - che invece trionfano grazie all'inganno, al tradimento, alla superiorità numerica e, soprattutto, all'oro con cui avrebbero "comprato" in varie misure la vittoria finale.
Queste tesi si sposano poi con la convinzione che le nazioni dell'Asse fossero portatrici di valori spirituali ("il sangue") alieni a quelle Alleate, invece rappresentanti di un mondo materialista, capitalista e\o marxista ("l'oro"). Essendo quindi il capitalismo finanziario e speculativo visto come massimamente dominato da elementi ebraici (il "grande capitale giudaico") e il marxismo-leninismo un'ideologia concepita e sviluppata da pensatori di origine ebraica (Carlo Marx, Lev Trotsky, Rosa Luxemburg), il tutto veniva ad essere interpretato in chiave antisemita, come uno sforzo del "complotto mondiale giudaico" contro "l'Europa Ariana".
L'Era fascista
La volontà del fascismo di incidere in maniera decisiva nella storia si manifestò con l'istituzione della cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923. Il riferimento diretto era alla Rivoluzione francese[72].
Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista.
L'Era fascista fu istituita il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio negli atti pubblici dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista).
L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945. Durante il periodo di maggiore consenso del regime, si nota l'uso della datazione fascista anche nella corrispondenza personale e in alcuni portali di private abitazioni, al posto dell'abituale datazione che si usava, all'epoca, per indicare l'anno di completamento dell'edificio.
Il ruralismo fascista
Il termine "fascismo" nel mondo
Nei paesi non anglo-americani
Nell'ambito storiografico italiano il termine "fascismo" è usato in riferimento al regime di governo e all'ideologia promossi e attuati da Benito Mussolini tra il 23 marzo 1919 ed il 28 aprile 1945.
Tale posizione è sostenuta anche da numerosi storici di formazione non-angloamericana.
In particolare, gli storici che sostengono tale punto di vista ritengono improprio l'utilizzo del termine "fascista" in riferimento alla Germania nazionalsocialista ed ai regimi autoritari formatesi in Europa negli anni trenta e quaranta, considerati derivazioni del caso nazista più che di quello fascista (se si eccettuano il Portogallo di António de Oliveira Salazar, la Grecia di Ioannis Metaxas e il cosiddetto Austrofascismo, che tuttavia presentano somiglianze più che altro superficiali col fascismo italiano) o casi a sé stanti (come per la Spagna di Francisco Franco, il cui movimento e regime sono definiti Falangismo per distinguerli da fascismo e nazismo). In tal senso, anche il termine "nazifascismo" è considerato scorretto, perché non consentirebbe di cogliere le differenze avutesi tra i due movimenti. Inoltre, contestano l'utilizzo del medesimo termine in riferimento a regimi autoritari post-bellici, uso che peraltro risulta essere effettuato in modo incoerente e, talora, con funzione di mero insulto (il termine "fascista" è usato, in tale accezione impropria, col significato astoriografico di "inumano, crudele, oppressivo"): in tal modo "fascista" è stato utilizzato tanto per indicare spregiativamente regimi quali quelli di Augusto Pinochet (privo di una reale base ideologica), nonché regimi di segno ideologico opposto (quali quello comunista cinese e russo o perfino la democrazia americana).
Da notarsi è che in riferimento a coloro che si professano "discepoli" dell'ideologia mussoliniana il termine corretto da applicare sarebbe quello di "neofascisti"[senza fonte], mentre in riferimento a coloro che si rifanno all'ideologia di Hitler il termine proprio sarebbe quello di "neonazisti"[senza fonte]. Tuttavia, in ambito giornalistico e popolare si ravvisa frequentemente una interscambiabilità dei due termini, dovuto spesso al fatto che coloro che si professano "seguaci" dei due dittatori sono raramente informati in modo approfondito sul fascismo e nazismo storici e sulle figure dei loro rispettivi capi e, perciò, tendono loro stessi ad assommare caratteristiche peculiari di ambedue i movimenti, peraltro banalizzandoli e usandoli come superficiale giustificazione di atti di violenza o discriminazione.
Il punto di vista anglo-americano
Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism.
Questo termine viene usato:
- per definire propriamente il regime fascista italiano
- per definire i regimi autoritari di destra sorti ad imitazione del fascismo italiano (nazismo, franchismo etc.)
- per indicare i movimenti simpatizzanti per il fascismo sorti nel Regno Unito (British Union of Fascists) e negli U.S.A. (Legione d'argento d'America)
- genericamente ogni regime di tipo militarista, conservatore o reazionario, con accezione spregiativa
- sempre con accezione di epiteto, come sinonimo di "prepotente"
Nel corso della seconda guerra mondiale, la propaganda alleata tendeva ad utilizzare indistintamente il termine fascist per definire tutti paesi dell'Asse.
L'intellettuale Noam Chomsky parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi militari sostenuti dalla CIA e dal Pentagono quali quello di Pinochet o altri dittatori del Sud America che utilizzando sistemi violenti e anti democratici (tortura, negazione dei diritti civili, repressione con la violenza di ogni forma di opposizione, uccisione di civili innocenti) hanno garantito agli Stati Uniti il controllo commerciale del mercato dei paesi sud americani e il saccheggio sistematico delle risorse di questi paesi. [73]. Questa interpretazione è contestata in ambito accademico classico, poichè secondo Renzo De Felice "in sede scientifica nessuno ha più dubbi sul fatto che tali regimi non debbano essere annoverati fra quelli fascisti, ma considerati classici regimi conservatori ed autoritari"[74], mentre viene considerata da politologi, come Paul H. Lewis, che vedono il possibile riconoscimento di un movimento autoritario e dittatoriale, di stampo fascista [75] almeno per quanto riguarda le dittature di Mussolini, Franco, Salazar, Stroessner, Pinochet ed altri dittatori minori che hanno governato in Sud America.
Il punto di vista marxista e socialista
Il termine "fascista" è talvolta usato per indicare qualsiasi regime autoritario di destra, specie quelli alleati dell'Asse durante la seconda guerra mondiale, come il regime militarista giapponese o il franchismo spagnolo, o più spesso i loro seguaci. Addirittura, per alcuni anni, Stalin e la III Internazionale definirono i socialdemocratici come "socialfascisti" (una posizione abbandonata nel 1935).
Dal punto di vista di molte scuole interpretative marxiste, tuttavia, il fascismo in senso stretto è quello dell'Italia e della Germania: un "regime reazionario di massa" secondo la definizione di Palmiro Togliatti, accettata anche dal trotskismo internazionale e in qualche modo vicina alla definizione gramsciana di "rivoluzione passiva".
In generale, il termine è tuttora usato presso l'area culturale marxista o post-marxista come epiteto dispregiativo nei confronti della destra. Un caso recente è stato quello del premier venezuelano Chávez, che ha descritto il primo ministro spagnolo Aznar come "un fascista"[76].
Le derivazioni del caso italiano
Quando in Italia il partito fascista giunse al potere, nel resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) e del mondo non si guardò ad esso con sfavore, soprattutto per il suo impegno come argine al bolscevismo sovietico e l'eversione. In seguito, durante il periodo di massimo splendore del regime, fra 1925 e 1935, il miglioramento dell'immagine dell'Italia nel mondo portò perfino diverse personalità del pensiero democratico (fra cui Winston Churchill e il Mahatma Gandhi) a esprimere simpatia per Mussolini ed il suo regime. D'altro canto l'esperienza fascista non mancò di provocare in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti di emulazione, per lo più ideologica ed di immagine.
Nella maggioranza di questi casi, infatti, la somiglianza col fascismo italiano è solo epidermica, legata a certi stilemi (saluto romano, colore scuro delle camicie, manifestazioni di massa etc.), al culto del capo e della violenza, e ad un feroce anticomunismo. In pochi casi si verificarono anche "gemellaggi" con la dottrina sociale, filosofica e politica vera e propria.
Il più famoso dei movimenti para-fascisti fu il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler. Seppure il suo capo avesse una genuina venerazione per Mussolini e qualche punto in comune con l'ideologia fascista, soprattutto l'anticomunismo, il nazionalismo e il culto della rivoluzione, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile".[77], mentre i giornali italiani espressero verso il nazismo (all'indomani della Notte dei lunghi coltelli) apprezzamenti del tipo "criminali e pederasti" all'indirizzo della dirigenza nazionalsocialista[78]. Successivamente la necessità per Mussolini di consolidare l'alleanza con la Germania - particolarmente invisa al popolo italiano - fu avviata una martellante campagna propagandistica tesa ad evidenziare le similitudini fra i due regimi. Tuttavia, quando fu chiaro che nell'Asse Roma-Berlino l'Italia non sarebbe stato il "socio di maggioranza", nacque più o meno spontaneamente all'interno del fascismo anche una forte corrente culturale intenta a rivendicare differenze o primazie culturali ed ideologiche al di là della "comunanza d'interessi".
Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che si svilupparono e, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere.
Austria | In Austria ci fu il "Fronte Patriottico", fondato da Engelbert Dollfuss, che salì al potere nel 1932; nel 1933 sciolse gli altri partiti e ne fece arrestare i deputati instaurando un breve regime conservatore e autoritario.
Il regime austriaco, apertamente nazionalista e vicino ad alcune posizioni tipiche dei fascisti, stipulò con l'Italia un patto di alleanza. Tuttavia fu contrario all'Anschluss e decisamente antinazista. Nel 1934 Engelbert Dollfuss fu ucciso durante un tentativo di colpo di stato da parte di nazisti austriaci. La politica di Dollfuss fu portata avanti ancora dal suo collaboratore Kurt von Schuschnigg fino all'annessione (1938) dell'Austria al Terzo Reich. Questo forma di autoritarismo è stata da alcuni storici definita Austrofascismo. Tuttavia vi sono storici che ritengono non sia possibile parlare di fascismo in merito al regime di Dollfuss, definendolo invece come una dittatura "clerico-conservatrice" o "semi-fascista".[79] Altri parlano di regime autoritario costituente "un compromesso tra il cattolicesimo politico e il fascismo della Heimwehr",[80] |
Bulgaria | In Bulgaria, dove il re Boris III nel 1934 stabilì un regime autoritario apartitico volto ad evitare il coinvolgimento delle masse nella politica, l'attivismo fascista rimase fenomeno di minor rilievo. |
Grecia | In Grecia salì al potere il generale Joannis Metaxas che, abolite le libertà politiche e diversi articoli della Costituzione, sospese il Parlamento a tempo indeterminato ed instaurò un regime dittatoriale largamente modellato sul fascismo italiano, caratterizzato dalla profonda avversione al comunismo, dalla forte censura, dal militarismo, dal culto della personalità e dal forte nazionalismo. Consapevole del pericolo portato all'indipendenza greca dalla strategia mussoliniana che mirava a fare del Mediterraneo un "lago italiano", tuttavia, Metaxas rimase discosto dall'Asse in politica estera, restando piuttosto prossimo alla Gran Bretagna (vista come unica Potenza in grado di contrastare i disegni egemonici italiani nell'area) e mantenendo la neutralità allo scoppio delle seconda guerra mondiale. |
Romania | Un movimento di orientamento ideologico vicino al fascismo si costituì nel 1927, su iniziativa di Corneliu Zelea Codreanu, prendendo il nome di "Legione dell'Arcangelo Michele", il cui braccio armato era noto come Guardia di Ferro. Il movimento venne dichiarato illegale, insieme a tutti gli altri, nel marzo 1938, in occasione del colpo di stato da parte del re. Successivamente, lo stesso Codreanu fu condannato a morte e giustiziato. Nel 1940 la Legione tornò a vivere, benché profondamente cambiata, sotto la guida di Horia Sima, mentre il paese passò sotto il controllo di Ion Antonescu che, sostituito Carol col figlio Michele, si dichiarò Conducator, cioè "duce", ed entrò nell'Asse. |
Ungheria | In Ungheria, l'ammiraglio Horthy guidò la controrivoluzione (il partito comunista aveva preso il potere nel marzo del 1919) schierandosi con le Potenze dell'Asse. Nel 1944 fu estromesso dalla rivoluzione delle Croci frecciate, partito nazionalsocialista e apertamente filonazista. |
Spagna | In Spagna dopo la lunga guerra civile (1936-1939), Francisco Franco e il partito Falange spagnola, apertamente fascista, fondarono un regime cattolico e tradizionalista durato sino al 1975.
Quando era ancora in vita, il Caudillo nominò Juan Carlos I di Borbone suo legittimo erede alla guida della Spagna, e questi condusse il suo paese verso un ritorno alla democrazia in maniera graduale e pressoché indolore. |
Portogallo | In Portogallo, a partire dal 1932, sulla scia della dittatura militare instaurata pochi anni prima dal generale Carmona, il primo ministro António de Oliveira Salazar in breve tempo creò un regime che, ispirato ai principi del fascismo di matrice italiana, attraversò indenne la seconda guerra mondiale.
La dittatura cessò nel 1974, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei Garofani". |
Altri paesi | Anche in altri paesi erano presenti dei movimenti fascisti: in Gran Bretagna le Camicie Nere di Oswald Mosley, in Francia le Croci di Fuoco, in Belgio il Rexismo. |
La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
Dopo la caduta del regime il 25 luglio 1943, il fascismo crollò in tutta Italia e non vi fu alcuna reazione negativa all'arresto di Mussolini degna di nota, né da parte del Partito (che fu messo fuori legge), né della Milizia. Il segretario del PNF Scorza, anzi, scrisse prontamente una lettera di sottomissione a Badoglio, mentre nel Paese si moltiplicavano grandi manifestazioni contro la guerra e di gioia per la caduta del regime, duramente represse per ordine di Badoglio. Il fascismo si riorganizzò solo grazie all'occupazione tedesca nel centro-nord del Paese in seguito all'armistizio di Cassibile, dopo l'8 settembre 1943.
La rinascita di uno stato fascista nel centro-nord Italia ebbe carattere di discontinuità col precedente regime, tale che alcuni autori[81] hanno inteso separare radicalmente il fascismo del Ventennio da quello repubblicano.
La Repubblica Sociale Italiana si diede una propria base ideologica con il Congresso di Verona, dove esponenti partito fascista, e in particolare quelli di estrazione ex squadristica, si riunirono per ricreare il partito messo fuori legge dopo il 26 luglio 1943. Il Congresso richiese l'istituzione di un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; approvò un manifesto programmatico che delineò la struttura del nuovo stato; proclamò la nascita della Repubblica sociale e prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente, riaffermando l'alleanza con la Germania nazista.
La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo soprattutto i principi del primo fascismo, sino alla Marcia su Roma, persi, secondo degli estensori della Carta stessa, durante il successivo ventennio del regime fascista. Tra tali principi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche. Un segno di continuità col Fascismo della seconda parte del ventennio fu invece l'affermazione nei punti di Verona di una componente antisemita, sotto forma di dichiarazione di decaduta cittadinanza italiana per gli ebrei, considerati "di nazionalità nemica per la durata della guerra".
La Repubblica Sociale si dotò anche di Forze Armate, spesso male armate ed equipaggiate, composte da forti nuclei di volontari ({[cn|che assommarono al 20-30% dell'organico totale}}) ma anche da un gran numero di coscritti, il cui richiamo coi vari bandi (pena di morte per i renitenti) provocò un forte fenomeno di sottrazione alla leva che fornì non poche leve al movimento partigiano. Secondo i rapporti della Guardia Nazionale Repubblicana, formata in prevalenza da ex appartenenti alla MVSN, la coscrizione condusse anche alla fuga molti giovani che non rispondevano alla chiamata alle armi o abbandonavano i reparti appena raggiunti, parte dei quali riuscirono a riparare in Svizzera, mentre altri avrebbero finito per contribuire al formarsi (o l'ingrossarsi) di bande di malviventi[82].
Il dibattito interno alla dirigenza fascista repubblicana fra un esercito di soli volontari (Borghese, Pavolini) e un esercito di coscritti (Graziani) fu uno dei principali motivi di discussione nell'ambito della gerarchia fascista repubblicana e provocò non pochi problemi al funzionamento delle Forze Armate. Mussolini inizialmente era favorevole ad un esercito di volontari e da reclutarsi fra i militari italiani internati in Germania. In seguito al duro e diffidente atteggiamento tedesco verso gli internati e soprattutto verso la popolazione maschile italiana atta alle armi o al lavoro, mutò opinione, autorizzando Graziani alla promulgazione dei bandi d'arruolamento di coscrizione.Mussolini[83].
Queste forze armate repubblicane tuttavia non godettero mai della fiducia dei comandi tedeschi e di Hitler, mentre i diversi ambienti politici del Reich le vedevano come una possibile minaccia ai loro obbiettivi di "satellizzazione" o addirittura di mutilazione dell'Italia in caso di vittoria dell'Asse. Per questo motivo, nonostante ogni pressione da parte del governo repubblicano e le prove di combattimento relativamente buone date in ogni (sporadico) impiego ai fronti, tali truppe furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento della Resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall'esercito tedesco.
Caratteri del fascismo nella Repubblica Sociale
Il profilo delle personalità del fascismo rifondato al Congresso di Verona si distinse da quello del ventennio per il protagonismo di numerosi personaggi degli ambienti squadristi, via via emarginati da Mussolini dopo la Marcia su Roma. I vecchi squadristi, che per lunghi anni spesso erano stati relegati ad incarichi di secondo piano, tornarono alla ribalta, prendendo l'iniziativa sin dall'annuncio dell'armistizio e prima della proclamazione della Repubblica il 27 settembre 1943.
Un'altra caratteristica del fascismo repubblicano fu l'importanza assunta dalle forti componenti volontarie, che si vennero coagulando sin da prima della fondazione della repubblica e poi ne costituirono un tratto significativo[84], nelle proprie formazioni sia militari sia civili. Questo sforzo si lega al recupero della tradizione "movimentista" del primo fascismo. Ciò nonostante la RSI dovette ricorrere a numerosi bandi di leva al fine di mobilitare alcune centinaia di migliaia di italiani. Solo con la reiterazione dei bandi - che includevano la minaccia di passare per le armi i renitenti - si riuscì in fasi successive e ad arruolare un numero complessivamente calcolato da fonti reducistiche in sette-ottocento mila uomini[85], dei quali, sempre secondo le stesse fonti fasciste, un numero oscillante attorno ai duecentomila volontari[86], in buona parte giovanissimi (anche minorenni). La maggioranza della popolazione mantenne un atteggiamento di indifferenza e freddezza (la cosiddetta "zona grigia"[87]) o di ostilità (la "Resistenza disarmata" nelle fabbriche con centinaia di migliaia di scioperanti e sabotaggi continui dello sforzo bellico, nelle campagne, nei campi di internamento tedeschi (col rifiuto degli italiani internati di aderire alle forze armate della RSI[88]) verso il rinato fascismo, consentendo al contempo lo sviluppo e il sostentamento della lotta armata antifascista.
Nel corso dei 600 giorni di durata della Repubblica Sociale, i dibattiti interni al Fascismo si orientarono essenzialmente su:
- la critica al passato regime, ai suoi compromessi con la monarchia, la Chiesa e l'establishment industriale[89], ritenuti ostacoli che avevano impedito la completa realizzazione della "rivoluzione fascista"
- la socializzazione delle imprese, che divenne tanto un propagandistico "ritorno alle origini" del fascismo quanto una maniera revanscista per colpire le classi sociali alto-borghesi, ritenute dal fascismo squadrista disfattiste, antifasciste se non in aperta combutta col nemico
- la nuova veste istituzionale da dare allo stato, se accettare l'introduzione di elementi democratici nella costituzione dello Stato e se consentire un regime pluripartitico o monopartitico[90]
- la nuova forma da dare alle Forze Armate, interamente volontarie oppure mantenendo una continuità con il vecchio esercito monarchico di coscritti, nonché sulla loro apoliticità oppure sulla necessità di dar loro una veste politica, sulla falsariga delle SS tedesche[91].
- il problema del "dopo" tanto in prospettiva di una vittoria dell'Asse (ritenuta ancora possibile grazie alle "armi segrete" di cui si pensava disponesse il Reich) sia quando la sconfitta divenne certa.
Fra le componenti psicologiche e politiche che mossero la RSI e il Fascismo Repubblicano è importante evidenziarne almeno tre principali, non per forza in contrasto fra di loro, quali emergono dalla memorialistica:
- il desiderio di preservare la continuità del regime fascista e del suo collocamento bellico al fianco della Germania;
- il desiderio di vendetta contro quegli elementi ritenuti esiziali per il vecchio fascismo: "i nemici di dentro e di fuori" che avevano impedito il completamento della "rivoluzione", avevano sabotato lo sforzo bellico facendo intelligenza col nemico, e avevano tradito Mussolini spingendolo a scelte errate, identificati con la massoneria, gli ebrei, la plutocrazia, la monarchia, ecc.;
- il cupio dissolvi, una forte componente nichilista dettata dal desiderio di cercare "la bella morte" e concludere con essa un'esperienza politica ed umana condannata alla sconfitta[92].
- il desiderio di rendere un servizio alla nazione italiana nel suo momento ritenuto più buio (riscattandone l'onore, secondo i fascisti compromesso dall'armistizio dell'8 settembre, impedendo una ancor più dura - e probabilmente devastante - occupazione germanica[93], mantenendo in piedi l'apparato dello stato per consentire la sopravvivenza del popolo durante la guerra)[94].
Il "neofascismo"
Nonostante il divieto di ricostituzione del disciolto partito nazionale fascista, stabilito dalla Costituzione Repubblicana, movimenti fascisti sopravvissero anche dopo la guerra.
In particolare il Movimento Sociale Italiano di Pino Romualdi e Giorgio Almirante, che fu accusato di ricostituzione del disciolto partito fascista. Almirante fu anche un ottimo oratore, un uomo con molto carisma e credibilità, il leader più amato e più eletto all'interno del MSI.
Il MSI ridusse nel 1994 i legami col movimento mussoliniano e si trasformò in Alleanza Nazionale durante un congresso a Fiuggi. Un gruppo di irriducibili nostalgici, legati all'ex-segretario e combattente della Rsi Pino Rauti, si staccò allora da AN (proprio in occasione del Congresso di Fiuggi) e fondarono il partito della Fiamma Tricolore. Di recente, dopo alcune vicende personali, Rauti ha lasciato anche questo movimento per fondarne uno nuovo (Mis, Movimento idea sociale).
Contemporaneamente Alessandra Mussolini, nipote del dittatore, lasciava AN in aperta polemica col suo presidente Gianfranco Fini, il quale aveva preso le distanze dalle posizioni legate al fascismo e alla figura di Mussolini. [95] La Mussolini fondò così un proprio partito (AS, Azione Sociale) che promosse l'alleanza denominata Alternativa Sociale che univa AS ad altri due movimenti neofascisti e nazionalisti: Forza Nuova, guidato da Roberto Fiore, e Fronte Sociale Nazionale, fondato da Adriano Tilgher.
Interpretazioni del Fascismo
All'interno della vasta critica storica sul fascismo, è possibile individuare varie interpretazioni, tra le quali:
- quella di Mussolini, che nell'Enciclopedia Italiana alla voce relativa scrisse "il fascismo fu ed è azione";
- quella liberale di Benedetto Croce, che considera il fascismo come una "parentesi" della storia italiana, una "malattia morale" a seguito della grande guerra;
- quella democratico-radicale[96] di Gaetano Salvemini e del Partito d'Azione, che considera il fascismo come un prodotto logico, inevitabile, degli antichi mali d'Italia;
- quella di tradizione marxista, che considera il fascismo come un prodotto della società capitalista e della reazione della grande borghesia contro il proletariato attraverso la mobilitazione di masse piccolo-borghesi e sottoproletarie (il "regime reazionario di massa" descritto dai comunisti italiani in clandestinità);
- quella revisionista di Renzo De Felice, che intende rivedere il giudizio storico tradizionale sul fascismo, sottolineandone il consenso raggiunto nella società italiana e le radici profonde nella situazione del primo dopoguerra. Tale definizione , tuttavia, è essenzialmente limitata all'ambito culturale italiano, essendo il termine revisionismo riferibile in genere ad ambiti più vasti e differenziati in sede di dibattito storico internazionale.
Note
- ^ "Io sono reazionario e rivoluzionario, a seconda delle circostanze. [...] Ma sono certamente rivoluzionario quando vado contro ogni superata rigidezza conservatrice o contro ogni sopraffazione libertaria. [...] Se domani fosse necessario, mi proclamerei il principe dei reazionari.", Benito Mussolini, discorso tenuto al Senato il 27 novembre 1922, cit. in Benito Mussolini, Opera Omnia; "Con lo scatenarsi dello squadrismo agrario il fascismo aveva inequivocabilmente dimostrato di essersi trasformato in un movimento reazionario legato alle classi dominanti più retrive, deciso ad inserirsi ad ogni costo nella politica nazionale a livello parlamentare e governativo", pag. 119, Renzo De Felice, Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo nel carteggio De Ambris-d'Annunzio, Morcelliana, 1966; Paolo Buchignani, La Rivoluzione in camicia nera, Mondadori, 2007; George Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, 1977; Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, a cura di M. A. Ledeen, Laterza, 1975
- ^ Giuseppe Parlato, La sinistra fascista Il Mulino Ricerca, 2000; Emilio Gentile, Le origini dell’ideologia fascista, Laterza 1975; Francesco Perfetti, Il dibattito sul fascismo, Bonacci, 1984
- ^ Per l'interpretazione del Fascismo come revisionismo del socialismo, cfr. Augusto del Noce Appunti per una definizione storica del fascismo di Augusto del Noce, Conferenza tenuta il 19 aprile 1969 presso la sezione milanese dell'Unione Italiana per il Progresso della Cultura, su totustuus.biz. URL consultato il 12-09-2008., Ernst Nolte, I tre volti del fascismo, Sugar, Milano, 1966 e Marco Piraino e Stefano Fiorito "L'identità fascista" (Book, 2008).
- ^ Dario Padovan, Organicismo sociologico, pianificazione e corporativismo in Italia durante il fascismo in Rassegna italiana di sociologia - 4\2007; zeev Sternhell, Sul fascismo e la crisi dello Stato ebraico, in "MicroMega", 4\1989; Salvatore Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Donzelli, 2000
- ^ "Lo Stato non vuole difendersi? lo Stato non ha la forza? lo Stato ha paura delle violenze? ci pensiamo noi, dissero i fascisti" cfr. Guido Bergamo, "Il Fascismo visto da un repubblicano", in "Il Fascismo e i partiti politici", a cura di Renzo de Felice, Cappelli. "il programma economico-nazionale è salvare l'Italia dal bolscevismo in quanto è rivoluzione e in quanto è d'importazione straniera". cfr. Giovanni Zibordi, "Critica socialista del fascismo" in "Il Fascismo e i partiti politici", ibidem
- ^ "Il significato fondamentale che il fascismo rivestì man mano che esso si definì (...) è quello di una reazione prendente le mosse dalle forze combattentistiche e nazionali, di fronte ad una crisi che era la crisi stessa dell'idea di Stato, dell'autorità e del potere centrale in Italia (cfr. Julius Evola, "Il Fascismo visto dalla destra", Settimo Sigillo, Roma)
- ^ "La Nazione non è la semplice somma degli individui viventi, nè lo strumento dei partiti per i loro fini, ma un organismo comprendente la serie infinita delle generazioni in cui i singoli sono elementi transeunti" et al.(Cfr "Programma e statuto del PNF", 1922
- ^ Per un tentativo di definizione ed interpretazione del Fascismo e delle sue radici culturali cfr. Benito Mussolini, Opere complete.
- ^ Lezione di Lelio Basso tenuta il 30 gennaio 1961
- ^ Cfr. "Dizionario della lingua italiana Treccani, voce "Fascismo", vol. D-L pag. 393. - "A più riprese nel corso della guerra e dopo l'armistizio si erano formati nel parlamento e nel paese dei Fasci, per la resistenza, per la vittoria, per la difesa dal nemico, e simili. S'intitolavano Fasci a significare ch'erano unioni contingenti e provvisorie di elementi vari, concordi in un obbiettivo comune (...) Dopo Caporetto il loro programma e la loro missione fu salvare l'Italia dal cosiddetto "disfattismo". cfr. Giovanni Zibordi, "Critica socialista del fascismo" in "Il Fascismo e i partiti politici", a cura di Renzo de Felice, Cappelli
- ^ Per la cronaca della nascita, cfr. Enzo Biagi (a cura di) Storia del Fascismo Sadea-Della Volpe, Firenze, 1963-1964
- ^ Cfr. discorso alla Camera dei Deputati di Benito Mussolini il 16 novembre 1922 - Fabio Andriola, in Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale riferisce di 2.200 fasci e 320.000 iscritti al novembre 1921
- ^ Cfr la citata lezione di Lelio Basso: "Gl'industriali si volsero anch'essi al fascismo, poco dopo gli agrari, e cioè fra il 1920 e il 1921"
- ^ Cfr atti dei lavori alla Camera dei Deputati, 1922-1924
- ^ Cfr. Luigi Salvatorelli, Mussolini al potere, lezione tenuta a Milano il 20 febbraio 1961
- ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista, cit.
- ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista, cit.
- ^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
- ^ [1] Vedi qui
- ^ "Giliberto Capano e Elisabetta Gualmini - La pubblica amministrazione in Italia - Bologna, il Mulino 2006", pag. 121
- ^ INPS La nostra storia
- ^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
- ^ Per una disamina della politica estera fascista si rimanda all'opera di De Felice (Mussolini l'alleato), nonché allo studio incompiuto di Franco Bandini L'Estate delle Tre Tavolette e al lavoro di Fabio Andriola Il Carteggio Churchill-Mussolini.
- ^ Renzo de Felice, Mussolini il duce, cit.
- ^ ibidem
- ^ Il testo dei telegrammi è citato in: Angelo del Boca. I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia. Roma: Editori Riuniti, 1996, pp. 148-182. Una selezione più estesa dei telegrammi è disponibile in: I telegrammi di Mussolini dal sito web «Crimini di guerra». Riportato il 31 gennaio 2007.
- ^ Mussolini e i generali italiani cercarono di avvolgere nella massima segretezza le operazioni della guerra chimica, ma i crimini dell'esercito fascista furono rivelati al mondo dalle denunce della Croce Rossa internazionale e di alcuni osservatori stranieri. La reazione italiana fu – per ben 19 volte - il bombardamento "per errore" delle tende della Croce Rossa poste nelle vicinanze di accampamenti militari etiopici. La prima di queste incursioni – autorizzate da Mussolini in persona - avvenne nel dicembre 1935 e colpì una struttura gestita dagli Svedesi, dove si contarono 29 morti e 50 feriti.
- ^ http://www.senzasoste.it/per-non-dimenticare/tesi-universitaria-sui-crimini-fascisti-capitolo-1.html Tesi universitaria sui crimini attribuiti al fascismo.
- ^ Nel corso di una cerimonia ufficiale esplose una bomba. La rappresaglia fu immediata e crudele. I circa trecento Etiopi presenti alla cerimonia furono trucidati e, subito dopo, le camicie nere della Milizia fascista si riversarono nelle strade di Addis Abeba dove seviziarono e uccisero tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che incontrarono nel loro cammino; incendiarono case, impedendo agli abitanti di uscirne; organizzarono esecuzioni in massa di gruppi di 50-100 persone.
I dati riportati sono ricavati da un documentario storico prodotto dalla BBC nel 1989 (Fascist legacy) e dalle seguenti opere: Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. IX, Milano 1981, Angelo Del Boca, Giorgio Rohat e altri, I gas di Mussolini, Roma 1996. - ^ Nell'appunto relativo al 4 settembre 1938 dei suoi Diari, l'allora Ministro degli Esteri e genero del duce scrisse: «Il Duce è molto montato contro gli ebrei. Mi fa cenno ai provvedimenti che intende far adottare dal prossimo Gran Consiglio e che costituiranno, nel loro complesso, la Carta della Razza. In realtà è già redatta di pugno dal Duce. Il Gran Consiglio non farà che sanzionarla con la sua deliberazione.» Tratto da Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943 - a cura di Renzo De Felice Edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006, ISBN 88-17-11534-7 pag. 173.
- ^ r.d.l. 1381, 1390, 1539, 1630, 1728, 1779 e 2111 del 1938 e 126 del 1939, nonché leggi 1024, 1054, 1055 e 1056 del 1939 ed altre successivamente
- ^ "Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino, lungi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione", da Manifesto degli intellettuali del fascismo, marzo 1925 - "l'ideologia fascista è il prodotto di una sintesi del nazionalismo organico e della revisione antimaterialistica del marxismo" Zeev Sternhell, "Nascita dell'ideologia fascista", Baldini & Castoldi, Milano 1993
- ^ "Per me tutte queste terminologie di destra, di sinistra, di conservatori, di aristocrazia o democrazia, sono vacue terminologie scolastiche; servono spesso per distinguerci, qualche volta, o per confonderci, spesso." Benito Mussolini, discorso al Senato, 27 novembre 1922 "Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari,legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente", Benito Mussolini, discorso del 23 marzo 1921
- ^ "Quanto al secondo pilastro del Fascismo esso significa antidemagogia e pragmatismo. Non abbiamo nessun preconcetto, non ideali fissi e soprattutto non orgoglio sciocco. Coloro che dicono: "Siete infelici, eccovi la ricetta per la felicità", mi fanno venire a mente la reclame: Volete la salute?." Benito Mussolini, discorso tenuto a Trieste il 20 settembre 1920. "Il fascismo è prassi, in quanto è inserito in uno specifico momento storico" definizione di Fascismo redatta da Giovanni Gentile per l'Enciclopedia italiana, 1937.
- ^ Marco Tarchi, Il fascismo. Teorie, interpretazioni, modelli, Laterza, 2003
- ^ Cfr. il Manifesto del Partito Futurista Italiano, poi confluito nel PNF. E ancora, discorso del senatore del Partito Popolare Crisoliti, il 3 dicembre 1924 al Senato del Regno: "quando vidi che il regime volgendo la sua azione all'estero [...] per la prima volta costringeva tutto il mondo a guardare a noi, al vasto esperimento che l'Italia sola faceva, allora vidi sorgere l'immagine di un'Italia più grande e sacra di quella che altri uomini ed altri partiti avean dall'origine governata."
- ^ Fabio Andriola, Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, 1990
- ^ cfr. Emil Ludwig, "Colloqui con Mussolini", Mondadori
- ^ Si vedano gli apri dibattiti presenti in tutta la stampa fascista dell'epoca
- ^ Trattasi questa di una lista sintetica, suscettibile d'essere ampliata
- ^ Cfr. gli slogan "Mussolini ha sempre ragione" e "Credere, obbedire, combattere"
- ^ Il manuale delle guardie nere, Ed. reprint
- ^ Il manuale delle guardie nere, Ed. Reprint
- ^ Cfr. Renzo De Felice, Mussolini l'alleato, vol II, Einaudi, Appendice, Documento n° 10 contenente le minute dei verbali del Consiglio dei Ministri della RSI. Per l'interpretazione di parte fascista repubblicana, si veda Piero Pisenti, Una Repubblica necessaria, Volpe, Roma, 1977; Giorgio Pisanò, Storia della Guerra Civile in Italia, CED 1966, et. al. Per una critica di parte antifascista, cfr. Luciano Gruppi, Togliatti e la via italiana al socialismo, Editori Riuniti, 1976, Giorgio Bocca, La repubblica di Mussolini, Mondadori 1977 e Mussolini socialfascista, Garzanti 1983, et al.
- ^ Le spese militari si contrassero dal 1923 al 1935 dal 31,6% al 25,03% del bilancio dello Stato, con una riduzione del 6,57%, a fronte di un aumento della spesa per le opere pubbliche dal 12,24 al 24,56%. Cfr. Renzo De Felice, Mussolini il Duce tomo I, Einaudi, 1974
- ^ Li si educava [i giovani] [...] al rifiuto di tutte le concezioni politiche che non fossero quella fascista, all'odio nei confronti dei "sovversivi" (socialisti e comunisti), al disprezzo delle "democrazie occidentali", Antonio Desideri, Mario Themelly, Storia e storiografia, D'Anna, 2006
- ^ "Istituzione prediletta del regime fascista - sorta dalla legalizzazione dello squadrismo - fu la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), divenuta nel 1923 corpo regolare nelle forze armate dello Stato. Suo compito era, secondo le prescrizioni del "duce", il mantenimento dell'ordine all'interno del paese", Antonio Desideri, Mario Themelly, Storia e storiografia, D'Anna, 2006
- ^ ad es., lo storico e filosofo Benedetto Croce poté manifestare le proprie critiche verso il fascismo; è tuttavia da ricordare che Croce godeva di una notevole reputazione all’estero, ed eliminarlo avrebbe significato attirarsi rilevanti critiche internazionali che non avrebbero certo giovato al regime
- ^ Gli antifascisti militanti che non emigrarono venivano spesso inviati al confino
- ^ Chiesa e monarchia restarono formalmente autonomi durante il regime, e sarà proprio questo mantenimento della "formalità" che permetterà al re di destituire successivamente Mussolini. Bisogna tuttavia ricordare che, nei fatti, i due poteri restarono indissolubilmente legati, se non sottoposti, alle volontà del regime (ad eseempio, il regime soppresse le organizzazioni giovanili cattoliche e l'Azione cattolica dovette limitare la propria opera al terreno religioso); vedi Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea: il Novecento, Mondadori, 2002.
- ^ "Il tentativo messo in atto dal fascismo (…) era di “occupare”, insieme allo Stato, la società, di riplasmarla dalle fondamenta facendo leva soprattutto sui giovani. (…) L’ostacolo maggiore era senza dubbio rappresentato dalla Chiesa. (…) Un altro limite insuperabile stava all’interno, anzi al vertice delle istituzioni statali ed era rappresentato dalla monarchia." Giovanni Sabbatucci, ‘’Storia Contemporanea - Il Novecento’’, Laterza, 2004, pp. 138-141
- ^ Riguardo alle libertà lasciate a personaggi antifascisti, si trattò di casi più unici che rari, che risentirono di situazioni prettamente contingenti, come ad es. lo storico Bendetto Croce, per il quale vedi la nota 47
- ^ De Felice, Renzo, Le interpretazioni del fascismo, Ed. Laterza, pag. XIII (prefazione del 1983)
- ^ "La repressione del dissenso non si limitò ai solo militanti politici dichiarati, ma si esercitò a vari livelli: quello della conflittualità operaia e della disciplina sindacale; quello delle "manifestazioni sediziose" individuali (imprecazioni, scritte sui muri e perfino barzellette sul duce e sui gerarchi fascisti); quello dei comportamenti trasgressivi dell'ordine costituito e della morale cattolica (dal rifiuto della tessera del PNF all'adulterio)", Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea: il Novecento, Mondadori, 2002.
- ^ Renzo de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Rizzoli
- ^ Ingenera spesso confusione il fatto che con "discriminare" nell'ambito dei provvedimenti razziali si intendesse esattamente il contrario, ovvero che gli ebrei discriminati fossero coloro i quali non subivano le conseguenze di detti provvedimenti, a vario titolo. In questa sede si usa il termine discriminare nell'accezione corrente.
- ^ Franco Franchi, Fascismo: cinque tesi e una premessa, Europa;
- ^ F. Andriola, Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, cit.
- ^ Gianni Scipione Rossi, La Destra e gli Ebrei, Rubettino, 2003
- ^ Eucardio Momigliano, Storia tragica e farsesca del razzismo fascista, Mondadori, 1946
- ^ Fascisti rossi - Paolo Buchignani - Mondadori - 1998
- ^ Stanis Ruinas su Pensiero Nazionale, numero 1, 15 maggio 1947
- ^ Julius Evola, Imperialismo pagano Ur; Julius Evola, Il Fascismo visto da destra Edizioni Mediterranee
- ^ Versione del 1923. Cfr. Emanuele Mastrangelo, I canti del Littorio, lo Scarabeo, 2005
- ^ Cfr. Asvero Gravelli, I canti della Rivoluzione. Lo stesso aspetto è colto anche da Emilio Gentile, ne Il culto del Littorio, Rizzoli
- ^ cfr. Renzo de Felice, Storia degli ebrei italiani... cit.
- ^ Francesco Rossignoli, La storia dell'idea comunista nel '900: l'interpretazione di F. Furet, in Linea Tempo, marzo 1998
- ^ Si veda - per esempio - uno dei passi della canzone Battaglioni M (testo di Auro d'Alba), che recita "Contro Giuda e contro l'oro\sarà il sangue a far la storia", laddove "Giuda" può essere inteso come metafora del tradimento ma anche un riferimento antisemita. Si veda anche lo slogan su una cartolina delle SS italiane: "Sacrosanta lotta del sangue contro l'oro - del lavoro contro il capitalismo - dello spirito contro la materia", cit. in Ernesto Zucconi: SS Italiane, NovAntico 1995, nonchè sulla lapide dedicata ai commando NP fascisti-repubblicani fucilati dagli angloamericani nel 1944 e visibile in http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=5036, et alia
- ^ Si veda il quotidiano Il regime fascista di Roberto Farinacci del periodo 1941-1945
- ^ Cfr Emanuele Mastrangelo, I canti del Littorio, Lo Scarabeo, Bologna, 2005
- ^ Il 14 aprile gli Alleati attaccano e sfondano la Linea Verde. Il 24 varcano il Po. Il 25 aprile fu proclamata l'insurrezione partigiana dal CLNAI, e tre giorni dopo il gruppo dirigente della RSI sarà sommariamente fucilato dai partigiani. I combattimenti nel Norditalia continuarono fino alla resa dell'Asse il 2 maggio successivo, sebbene alcuni reparti della RSI si arresero il 3, 4 e 5 maggio in Valtellina e Valdaosta
- ^ Emilio Gentile, Il culto del littorio, cit.
- ^ Chomsky Noam; Herman Edward S. La Washington connection e il fascismo nel Terzo mondo. Vol. 1: L'economia politica dei diritti umani.. 2005
- ^ Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Einaudi 1983, introduzione pag. XI
- ^ Si veda l' introduzione al testo di Lewis riportato in bibliografia
- ^ http://americalatina.blogosfere.it/2007/11/trascrizione-della-discussione-tra-jose-luis-rodriguez-zapatero-rz-il-re-juan-carlos-di-spagna-e-hug.html
- ^ http://www.soubrette.eu/fascismo_it.html documento
- ^ Sergio de Sanctis, La notte dei lunghi coltelli, Avverbi Edizioni, 2008
- ^ Così Otto Bauer, cit. in Botz, Die Ausschaltung des Nationalrates un die Anfaenge der Diktatur Dollfuss, p. 57
- ^ Così Ernst Karl Winter, in Das Ende der Aktion, in "Wieder Politische Blatter", vol. III, n. 3 (21 luglio 1935), p. 147
- ^ Bruno Spampanato, Renzo De Felice, Paolo Pisanò, Giuseppe Parlato, et alia; si veda inoltre la memorialistica di Mario Castellacci, Enrico de Boccard, Carlo Mazzantini, Giorgio Albertazzi, et alia.
- ^ Cfr. "Rapporto sul Ribellismo" - documento dell'epoca citato in Giorgio Pisanò, Gli Ultimi in Grigioverde, CDL Edizioni, IV volume e in Renzo De Felice, Mussolini l'Alleato, II, cit. Appendice - Documento n° 3, nonchè i giornali (rapporti giornalieri) dei comandi GNR.
- ^ Cfr. Renzo De Felice, Mussolini l'Alleato II, cit. pp. 309 e ss.
- ^ Sin dall'alba del 9 settembre 1943, a Trieste ed in altre città italiane si riaprirono le sedi del PNF chiuse dal governo Badoglio, diverse migliaia di militari e camicie nere si ammutinarono contro l'armistizio e in alcuni casi, gruppi di giovani anche minorenni tentano più o meno con successo di farsi arruolare dai tedeschi per continuare a combattere (cfr. Mario Castellacci, La memoria bruciata, Mondadori, 1998; Emilio Cavaterra, "Quattromila studenti alla guerra", Settimo Sigillo, Roma; Carlo Mazzantini, "A cercar la bella morte" e "I Balilla andarono a Salò" ,Marsilio
- ^ Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, cit.
- ^ ibidem. Nella fattispecie, 20 mila marò nella "Decima", ottantamila brigadisti neri, seimila ausiliarie, quattromila allievi ufficiali GNR, cinquemila "fiamme bianche" nonché gli effettivi dei battaglioni bersaglieri volontari, della legione M "Tagliamento", dei battaglioni "Ruggine", delle formazioni paracadutisti "Nembo", dei reparti arditi "Forlì" etc.
- ^ Renzo De Felice, Il Rosso e il Nero, Baldini&Castoldi, 1995; Renzo De Felice, Mussolini l'alleato - La guerra civile, Einaudi, 1992
- ^ "Era molto umiliante che tra circa 600 000 internati militari non se ne potessero trovare 50 000 pronti a combattere", Frederick W. Deakin, Storia della repubblica di Salò, pagg. 595, Einaudi, 1963
- ^ Paolo Pisanò, Storia della guerra civile in Italia (Eco Edizioni), segnatamente il cap. il gioco degli industriali
- ^ Renzo De Felice, Mussolini l'alleato - la guerra civile, Einaudi 1997. Cfr. inoltre Corriere della Sera del 3 ottobre 1943, l'articolo La Costituente, e Bruno Spampanato, Contromemoriale, Edizione di Illustrato, s.d.
- ^ Renzo De Felice, Mussolini l'alleato - la guerra civile, Einaudi 1997
- ^ Carlo Mazzantini, A cercar la bella morte, Marsilio 1996; Enrico de Boccard, Le donne non ci vogliono più bene, Sveva Editrice, 1995
- ^ Hitler, nel suo incontro con Mussolini del 17 settembre 1943 dichiarò ad un Mussolini demotivato e restio a riprendere incarichi pubblici (Renzo De Felice Mussolini l'alleato - La guerra civile, Einaudi, 1992) L'Italia settentrionale dovrà invidiare la sorte della Polonia, se voi non accettate di ridare valore all'alleanza fra Italia e Germania mettendovi a capo dello Stato e del nuovo governo
- ^ Vincenzo Costa, L'ultimo federale, Il Mulino, 2004.
- ^ sino a poco tempo prima da lui stesso definito come "Il più grande statista del XX secolo": [2]
- ^ Per la definizione del termine vedi http://www.eclettico.org/cr/libri/busato/capitolo1.htm
Bibliografia
- Lorenzo Baratter, Anna Maria Mussolini. L'ultima figlia del Duce, Milano 2008
- Edoardo Savino, La nazione operante, Milano 1928
- Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1977
- Pietro Scoppola, La chiesa e il fascismo, Bari 1976
- A. Del Boca, Le guerre coloniali del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1991
- A. Del Boca, I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia, Editori Riuniti, Roma, 1996
- G. Petrillo, Fascismo, Milano 1994
- Carlo Galeotti, "Credere obbedire combattere - I catechismi fascisti ", Stampa Alternativa, 1996.
- L. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1977
- P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1971
- P. Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna 1985
- Carlo Galeotti, "Achille Starace e il vademecum dello stile fascista", Rubbettino, 2000 ISBN 88-7284-904-7.
- Carlo Galeotti, "Saluto al Duce", Gremese, 2001.
- Angelo Tasca, La nascita del fascismo, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2006
- Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, 2002
- Giardina-Sabbatucci-Vidotto, Profili storici: dal 1900 ad oggi, Laterza, 2000
- Andrea Jelardi, Goffredo Coppola un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo, Mursia, Milano 2005.
- Andrea Jelardi, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo, con 100 biografie di personaggi del ventennio, Realtà Sannita, Benevento 2007.
- Giovanni Cecini, I soldati ebrei di Mussolini, Mursia, Milano 2008. ISBN 9788842536031
- Pasquale Montesano, "Il Fascismo in un paese del Sud - Valsinni:1920-1945", a cura della Deputazione di Storia Patria per la Lucania, Antezza Ed., Matera, 2007.
- Dimitris Michalopoulos, "La guerra oscura: origini e fine della campagna bellica della Grecia",Parnassos(Atene), vol. XLIX (2007), pp.267-274.
- Benito Mussolini , LA DOTTRINA DEL FASCISMO
- Paul H. Lewis, Latin Fascist Elites: The Mussolini, Franco, and Salazar Regimes, Greenwood Publishing Group, 2002 ISBN 027597880X.
Voci correlate
- Benito Mussolini
- Storia dell'Italia fascista
- Repubblica Sociale Italiana
- Neofascismo
- Post-fascismo
- Apologia del fascismo
- Gran Consiglio del Fascismo
- Clerical fascismo
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