Paolina Leopardi
Paolina Leopardi (Recanati, 5 ottobre 1800 - Pisa, 13 marzo 1869) fu la sorella di Giacomo Leopardi
Biografia
Paolina Leopardi fu la terzogenita - dopo Giacomo e Carlo - e unica figlia femmina dei dieci figli di Monaldo e Adelaide Antici. Fu battezzata nella chiesa recanatese di Santa Maria Morello con i nomi di Paolina, Francesca Saveria, Placida, Bilancina e Adelaide. Nacque settimina, secondo quanto ella stessa scrisse, [1] perché la madre, «gravida di sette mesi, cadde dalle scale, ed io mi affrettai tosto di uscire fuori per godere di questo bel mondo, di cui ora mi affretterei di uscire, se potessi».
Era «piccola e gracile, aveva capelli bruni e corti, occhi di un azzurro incerto, viso olivastro e rotondetto: era brutta, ma di una gentilezza, di una bontà, che potean farla parere graziosa a chi la conoscesse intimamente». [2] In presenza di estranei, parlava pochissimo, dando loro un'impressione di scarsa cordialità, ma era in realtà molto timida e «aveva vissuto troppo lontano dalla società per sapervi stare con disinvoltura: ma nelle circostanze in cui vide sé oggetto di delicate ed amorevoli attenzioni, la sua gratitudine fu profonda e durevole. Non era prodiga della sua amicizia; quando però l'aveva concessa, era fida e sicura». [3]
Compagna di giochi dei fratelli maggiori, fu da loro soprannominata Don Paolo perché, essendo sempre vestita di nero e portando i capelli corti, aveva l'incarico di celebrare il gioco della celebrazione della messa. Adulta, collaborò col padre nella redazione delle riviste La Voce della Ragione e La Voce della Verità: stava a lei l'incarico di recensire e tradurre articoli dei giornali francesi. [4]
Come era allora d'abitudine, i genitori si posero presto il problema di accasare la figlia, valutando anche le spese necessarie al suo matrimonio. Ne era ben informato anche Giacomo, che il 5 gennaio 1819 scriveva all'amico Pietro Giordani che i genitori avrebbero a lei riservata una dote non superiore alle 40.000 lire - cifra per altro rispettabile - e non avrebbero sollevato obiezioni contro un marito di casato non nobile, purché di «civiltà competente». [5] La notizia del primo fidanzamento e del previsto matrimonio fu però data da Giacomo al Giordani solo due anni dopo, il 13 luglio 1821: «La mia Paolina questo gennaio sarà sposa in una città dell'Urbinate, non grande, non bella, ma con persona comoda, liberissima ed umana». [6]
In vista del matrimonio con tale Andrea Peroli, di Sant'Angelo in Vado, già vedovo con un figlio di un anno, Giacomo compose la canzone Nelle nozze della sorella Paolina che è in realtà, come costume retorico del tempo, un pretesto per celebrare le presunte virtù di un passato vivo solo nei libri di storia. Lo ammette indirettamente lo stesso poeta, dando al Giordani l'1 febbraio 1823 la notizia del fallimento del progetto matrimoniale: «Paolina non fu più sposa. Voleva, e ciò (lo confesso) per consiglio mio e di Carlo, fare un matrimonio alla moda, cioè d'interesse, pigliando quel signore ch'era bruttissimo e di niuno spirito, ma di natura pieghevolissimo e stimato ricco. S'è poi veduto che quest'ultima qualità gli era male attribuita, e il trattato, ch'era già conchiuso, è stato rotto». [7]
Paolina cercava nel matrimonio principalmente il mezzo per allontanarsi da casa Leopardi, come testimoniano le sue lettere: «[...] il paese dove vivo io è casa Leopardi; e voi sapete meglio di me come vi si vive. In somma io sono disperata [...]». [8]
La possibilità di un nuovo accordo matrimoniale capitò dopo poche settimane: il fratello Carlo conobbe un tal Ranieri (o Raniero) Roccetti, bel giovane elegante, colto e di buone maniere, e lo propose come possibile fidanzato a Paolina, alla quale piaceva molto, anche se ne temeva la fama di libertino e forse si sentiva anche, al suo cospetto, priva di lusinghe: e infatti il Roccetti scelse già il mese dopo un altro partito, una vedova benestante, «giovane però, e bella». [9] Quel giovane restò a lungo nel cuore di Paolina: «Io ho amato un giovane signore marchigiano» - scriverà quasi dieci anni dopo [10] - «di nome Ranieri [...] l'ho amato tu non puoi immaginare con quale ardore; io era sua sposa, perché tutto era combinato [...] ed egli era quale lo avevo desiderato nei miei sogni».
Sfumato subito un altro pretendente, tale Osvaldo Carradori, sembre per l'opposizione dei genitori di Paolina, ancora in quel 1823 fu la volta del cavalier Luigi Marini, direttore generale del catasto di Roma, circa cinquantenne, vedovo con figli già adulti di una moglie «zoppa e brutta», da lui amata «svisceratamente». [11] Accertate le qualità morali ed economiche del Marini, come al solito non si chiede nemmeno a Paolina di conoscerlo, ma la ragazza è prontissima al matrimonio, «incantata» all'idea di andare a vivere a Roma e non vedendo l'ora di allontanarsi da Recanati: «Giacomuccio mio, fina a che vi è in me una ombra di speranza di poter conchiudere con questo, non voglio sentir parlare di altri [...] aspetto le vostre lettere con un palpito terribile. Se sapeste quanto piango!». [12]
Note
- ^ All'amica Marianna Brighenti nel settembre 1831
- ^ E. Boghen-Conigliani, La donna nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi, Firenze 1898, p. 62-63
- ^ T. Teja Leopardi, Note biografiche sopra Leopardi e la sua famiglia, in A. Panajia, Teresa Teja Leopardi. Storia di una 'scomoda' presenza nella famiglia del poeta, Pisa, 2002
- ^ M. Leopardi, Memorie della «Voce della Ragione», Roma, 1886
- ^ G. Leopardi, Epistolario, Torino 1998, p. 230
- ^ G. Leopardi, cit., p. 514
- ^ G. Leopardi, cit., p. 644
- ^ Lettera di Paolina a Giacomo, 13 gennaio 1823
- ^ Lettera di Carlo a Giacomo, 19 marzo 1823
- ^ Lettera di Paolina ad Anna Brighenti, 14 aprile 1832
- ^ Le espressioni sono di Giacomo Leopardi, nella lettera a Carlo del 2 aprile 1823
- ^ Lettera di Paolina a Giacomo, 14 aprile 1823
Bibliografia
- Monaldo Leopardi, Memorie della «Voce della Ragione», Roma, Pallotta, 1886
- Paolina Leopardi, Lettere a Marianna ed Anna Brighenti, Parma, Barrei, 1887
- Emma Boghen-Conigliani, La donna nella vita e nelle opere di Giacomo Leopardi, Firenze, Barbera, 1898
- Giacomo Leopardi, Epistolario, Torino, Bollati Boringhieri, 1998
- Alessandro Panajia, Teresa Teja Leopardi. Storia di una 'scomoda' presenza nella famiglia del poeta, Pisa, ETS, 2002
- Paolina Leopardi, Io voglio il biancospino. Lettere 1829-1869, Milano, Rosellina Archinto, 2003