Nonviolenza
Il termine nonviolenza è la traduzione letterale del termine sanscrito ahimsa, composto da a privativa e himsa: danno, violenza. La parola ahimsa implica una sfumatura intenzionale che si potrebbe rendere con “assenza del desiderio di nuocere, di uccidere”. Altre proposte, per esempio innocenza, sembrano perdere qualcosa del significato originario. In Italia è stato Aldo Capitinia proporre di scrivere la parola senza il trattino separatore, per sottolineare come la nonviolenza non sia semplice negazione della violenza bensì un valore autonomo e positivo. Gandhi sottolineava proprio questo elemento negativo: «In effetti la stessa espressione “non-violenza”, un’espressione negativa, sta ad indicare uno sforzo diretto ad eliminare la violenza che è inevitabile nella vita.» (Gandhi, Teoria e pratica della non-violenza, p.77). L’espressione resistenza passiva era usata dallo stesso Gandhi fino a quando si rese conto che l’espressione correva il rischio di far pensare a un pacifismo di tipo religioso, inerte di fronte all’ingiustizia. Inoltre Gandhi voleva una parola indiana per una forma di lotta indiana. Satyagraha è il neologismo formato a partire da parole della lingua natale di Gandhi (il gujurati). Letteralmente significa forza della verità (Satya:Verità, graha: forza). Gandhi adottò tale termine per distinguere la “nonviolenza del forte” dalla resistenza passiva, la quale può coincidere con la “nonviolenza del debole”.