Daodejing

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Template:Link AdQ Template:Avvisounicode Template:Testi taoisti Il Tao Te Ching (in Wade-Giles) o Dàodéjīng (pinyin), in cinese 道德經 [Listen], è un'opera breve di soli 5.000 caratteri. Si compone di ottantuno capitoletti e per la sua difficoltà di interpretazione continua ad essere studiato e commentato. Il libro è oscurissimo, criptico, a volte ambiguo. A ciò si aggiunge il sospetto che le tavolette dalle quali era composto, mal rilegate, si slegassero frequentemente, in modo tale che blocchi di caratteri si mescolassero nel tramandarlo: da qui il sorgere di numerose questioni critiche e interpretative. Il testo permette di affrontare diversi piani di lettura e d'interpretazione.

L'opera è stata composta in una fase storica, non ben delineata. Per secoli gli studiosi l'hanno attribuita al saggio Laozi (老子, pinyin: lǎozi), ma,in primo luogo, non vi è attestazione storica dell'esistenza dell'uomo, nemmeno lo storico cinese Suma Qian si dice certo del personaggio, inoltre il testo ha subito numerosi rimaneggiamenti sino al primo periodo Han (206 a.C.-220 d.C.).Tuttavia, l' esistenza del testo non è attestata prima del 250 a.C. Il periodo tra il 403 a.C. ed il 256 a.C., chiamato degli Stati combattenti, fu un'epoca durante la quale i vari sovrani cinesi si dichiaravano guerra continuamente. Età violenta ma che, nonostante ciò, risultò essere l'apice della creatività del pensiero cinese. La tradizione racconta che Lao Zi decise di allontanarsi dalla corte Zhou perché, stanco delle lotte e del disordine, desiderava tranquillità. Partì con il suo bufalo ed arrivò al confine del suo stato dove venne fermato dal guardiano del valico, chiamato anche Yin del valico (关尹, pinyin: Guān Yǐn). Il guardiano riconobbe Lao Zi e gli disse che non poteva andarsene prima di aver lasciato un segno tangibile della sua saggezza. Fu in questa occasione che Lao Zi compose il Tao Te Ching. Finito di scrivere, Lao Zi se ne andò e di lui non si seppe più niente.

Struttura del testo

Il Daodejing è composto da circa 5.000 logogrammi che compongono versi ritmati e rimati, distinguendosi da altri importanti testi filosofici cinesi, quali i Dialoghi di Confucio ed il Mengzi, caratterizzati da un'esposizione a "domande e risposte" che ricorda un dialogo tra maestro e discepolo. Il contenuto non offre coordinate spazio-temporali, rendendone difficile la datazione e la collocazione geografica: ciò, assieme al linguaggio usato, permette un'ampia varietà di interpretazioni del testo i cui insegnamenti sono stati applicati alle tematiche più disparate.

Tao

Nel primo capitolo del Tao Te Ching, Laozi esclama: "Il tao di cui io parlerò non è quello eterno". Questa affermazione sembra offrirci due piani di realtà

  1. il tao eterno di cui non ci dirà nulla
  2. qualcos'altro che però non è essenziale

Tao significa discorso, via nel senso dell'inglese way che vuol dire anche modo, stile. Infatti il tao è uno stile di vita, la via maestra che si riflette sia nel macrocosmo (l'organizzazione perfetta dell'universo) che nel microcosmo (stile di vita di ognuno di noi, l'arte di compiere ogni attività). Nel secondo capitolo si afferma che il tao è aldilà degli opposti, un'essenza che la dualità non comprende. Gli opposti (per es. il bene e il male) servono solamente per orientarsi, ma qualunque saggio sa che non esistono. Lo yin e lo yang (prodotti del tao) non esistono puri ma sono sempre in reciproca proporzione e il loro intreccio dà vita alle "10.000 cose" (tutte le cose) che non sono altro che un'interazione fra opposti.

Wu

Nel capitolo 11 Laozi parla di un vaso e dice che la sua utilità non sta nell'argilla usata per produrlo, bensì nel vuoto che può essere riempito. Questa constatazione ci fa entrare nell'ottica del wu (無, cinese semplificato:无 ), da intendersi come nothing, nessuna cosa, quel vuoto che non è mancanza ma è il nulla, potenziale matrice di ogni cosa. In questa visione è più importante ciò che non è detto, ciò che si legge fra le righe, ciò che non si sente. È in quest'ottica che si comprende la brevità del Tao Te Ching.

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