Utente:Pequod76/sandbox/8

Versione del 2 ott 2009 alle 06:11 di Pequod76 (discussione | contributi) (san berillo (segue))

Lo sventramento del quartiere di San Berillo

San Berillo era uno storico quartiere di Catania, densamente abitato e pieno di botteghe di artigiani. Il suo sventramento, realizzato negli anni cinquanta, ha determinato una ferita nel volto della città e ha lasciato un vuoto ancora visibile nel suo tessuto urbano.

Premesse storiche

Foto del 1911 di piazza Stesicoro, con l’anfiteatro romano

Il terremoto del 1693 ha rappresentato una cesura nella storia urbanistica di Catania. La ricostruzione fu coordinata da Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che orienta l'abitato verso l'Etna e pone nei cosiddetti Quattro Canti il fulcro della ristrutturazione. Nel corso del tempo, il centro muove verso piazza Stesicoro (siamo nella prima metà del XIX secolo): si trovano qui i Tribunali (in quello che era l'Ospedale San Marco). La piazza, nella seconda metà del XIX secolo, trova una sua sistemazione intorno ai resti dell’anfiteatro romano, di cui resta visibile uno scorcio. La centralità di piazza Stesicoro viene poi sottolineata dal monumento a Vincenzo Bellini. San Berillo prendeva corpo proprio a partire dalla piazza Stesicoro, procedendo perpendicolarmente rispetto a via Etnea in direzione della ferrovia inaugurata nel 1866 lungo la costa.

Il quartiere avrebbe dovuto, a questo punto, divenire zona nobile all'interno del tessuto urbano, tanto per la sua centralità, quanto per la sua relazione al commercio ferroviario, con strade di larghezza non inferiore ai 10 metri. Tale impostazione non viene messa in pratica, secondo il barone Bernardo Gentile Cusa, per la contrarietà della proprietaria dei terreni, Maria Li Destri Trigona, duchessa di Misterbianco, forse attenta all'opportunità di sfruttare la speculazione con maggiore cubatura. Nel 1852, l'espansione del quartiere raggiunge la Chiesa del Crocifisso e piazza Cappellini (oggi dedicata a Giovanni Falcone). Le strade di San Berillo appaiono allora quai ortogonali tra loro e assai strette, senza alcun collegamento diretto con la stazione dei treni.

A Gentile Cusa viene affidato il compito di completare il quartiere in rapporto alla stazione (1882). Si tratta di un ampliamento a nord-est, che finisce per diventare la base per il primo Piano Regolatore Generale di Catania (Cusa lo firma nel 1888, con il titolo Piano regolatore pel risanamento e per l'ampliamento della città di Catania). Il nuovo progetto sembra riprendere la suggestione del duca di Camastra e le centralità allora espresse, trasferendole verso nord e mantenendo delle corrispondenze, come accade per via Santa Caterina (poi Umberto, inaugurata nel 1890), che dai giardini pubblici si dirige verso la zona industriale dello zolfo, e per l'incrocio tra via Etnea con quella che verrà di lì in poi denominata la Passeggiata delle Carrozze (i viali Regina Margherita e XX Settembre, che collegano piazza Santa Maria del Gesù e Piazza Giovanni Verga con via Etnea), una sorta di replica dei Quattro Canti. Al pieno compatto dei quartieri storici, Cusa contrappone il vuoto, inteso anche come misura igienico-sanitaria. Piazza Verga diviene nuovo centro della città così concepita: una piazza d'armi vuota che, non a caso, ospita il nuovo tribunale (1953).

Nel 1904, scavi archeologici intensi squarciano gran parte di piazza Stesicoro, in modi che, nel giudizio di Vitaliano Brancati, la faranno somigliare alla tolda di una nave colpita di fianco. Lo scavo, secondo il direttore dei lavori Filadelfo Fichera, rappresenta un primo accenno di programma archeologico, edilizio e sanitario per San Berillo, sempre con l'idea di collegare il quartiere alla stazione. Sono i tempi dello zolfo e Catania è snodo fondamentale delle esportazioni, tanto per mezzo dei treni che per mezzo del nuovo porto: il collegamento risulta sempre più angusto, a misura che cresce la propensione industriale di Catania. Il Grande Albergo, in piazza Cappellini, è l'unico edificio di un certo rilievo: per il resto, San Berillo, nella sua povertà, corrisponde a quell'impulso di edilizia popolare che, con case basse e corti centrali, si reitera a nord (i quartieri Consolazione e Borgo): un'urbanizzazione caotica e fittissima. È proprio l'impulso commerciale dello zolfo ad indirizzare i notabili catanesi verso l'ipotesi dello sventramento à la Haussmann: gli scopi principali sono favorire l’afflusso e il deflusso dalle stazioni, la circolazione di aria e di luce (ma anche di truppe, visto il favore con cui i catanesi vedono le imprese coloniali), abbattere i vicoli infetti (nel 1911 un'epidemia di colera fa molti morti) e sottolineare la magnificenza di grandi edifici e monumenti isolandoli.

A questo punto si susseguono una serie di piani di sventramento, di cui solo quello di Brusa verrà messo in opera. Nel 1913, un primo piano propone una demolizione radicale, che suscita molte perplessità, risolte dallo scoppio della Grande Guerra. Un piano di risanamento del 1927 si scontra con l'impossibilità di seguire una via dritta. Alcune proposte contenute dai progetti Alfa 1932 e S.P.Q.C. (il primo di Piccinato, Guidi, Marletta; il secondo di Mancini, Paternò, Severino) confluiscono nel PRG del 1934, supervisionato da Giovannoni, che sembra trovare una formula adeguata, pur snobbando, con le sue prospettive essenziali, il monumento a Bellini. È, stavolta, la seconda guerra mondiale a fermare il processo. D'altra parte, benché i danni bellici non siano stati così imponenti o, se tali, solo altrove, il vecchio progetto di sventramento riparte con rinnovata energia, sull'ala dell'idea di risanare il quartiere dopo il bombardamento (1947): il piano di ricostruzione di Gino Nicotra intende sempre demolire San Berillo, riprendendo lo spirito modernista di Giovannoni. Esiste il vecchio problema della non corrispondenza tra l’anfiteatro e la stazione ottocentesca: Nicotra prevede un percorso leggermente curvo. L'aspirazione della Catania ormai "Milano del Sud" non si sente soddisfatta dall’intervento démodé di Nicotra, con il suo "culto dell'asse".

Il piano ISTICA

Nel 1954, lo sventramento, infine, viene realizzato: la promessa di indirizzarsi alla stazione e al mare si produce, ma a baionetta, attraverso una linea spezzata, nei termini pensati dall’arch. Brusa della Società Generale Immobiliare di Roma (di proprietà vaticana e principale finanziatrice del Piano ISTICA). L'ISTICA (Istituto immobiliare di Catania) fu costituito il 27 novembre del 1950, con un capitale di 55 milioni di lire (di questi, 20 milioni della SGI, 20 del Banco di Sicilia, 10 della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele, 2,5 della Provincia e 2,5 della Camera di Commercio locale). Il piano Brusa, inizialmente offerto a titolo gratuito e poi valutato e pagato 60 milioni di lire, fu recepito in toto dall'ISTICA e approvato dal Consiglio comunale il 3 marzo 1951, contestualmente alla costituzione dell’Ist-Berillo, cui viene affidata la realizzazione di un abitato che accolga i cosiddetti "deportati di San Berillo" (circa 30.000) in zona San Leone

Il piano Istica, il 16 maggio 1952, viene poi inserito nel PRG dal commissario prefettizio, appena dieci giorni prima delle elezioni amministrative che attribuiranno lo scranno di sindaco a Domenico Magrì e alla sua giunta composta da DC e Partito Nazionale Monarchico.[1]

All’Ist-Berillo arrivanno ingenti finanziamenti: lo Stato interviene con 380 milioni di lire, mentre 400 provengono dalla Regione. Secondo accordi stretti a Roma, viene previsto che, su un’area di 240.000 m2, si possano costruire 1.800.000 m3. Gli espropri devono essere ultimati entro il febbraio 1960, mentre i lavori entro il 3 luglio 1969. A carico dell’Istica vengono previste spese per 10 miliardi e 338 milioni di lire e ricavi per 7 miliardi e 338 milioni di lire. I 3 miliardi mancanti dovranno essere forniti dal Comune con il gettito dell’imposta di famiglia. Ma il piano viene attuato in altra forma.

Il 27 giugno del 1969 interviene in materia una nuova legge regionale, pubblicata cinque giorni prima della scadenza dei termini per ultimare il piano di ristrutturazione. La legge che stabilisce una diversa densità volumetrica per le opere che avrebbero dovuto essere eseguite dopo la scadenza del termine di 15 anni assegnato all’Istica per completare il piano. La possibilità di edificare è fissata in 5 metri cubi per metro quadrato, contro i precedenti 18,65 metri cubi per metro quadrato. La legge è e l’Istica avvia un contenzioso con il Comune chiedendo un enorme risarcimento dei danni confermato da vari arbitrati, eppure contestato da molti. Il Comune, nel ’91, sindaco Bianco, paga 40 miliardi di lire a titolo di risarcimento. E i proprietari delle aree nell’ambito dell’azione legale intentata nel 1993 dalla Cecos, ora proprietaria del 70% delle aree di Corso Sicilia, prima dell’accordo di transazione, esigevano altri 78 milioni di euro. Il 5 agosto di 2004 la nomina, da parte del sindaco Scapagnini e dell’allora assessore all’Urbanistica Mimmo Sudano, di una commissione di saggi incaricata di trovare una composizione a questa spinosa vicenda che interessa un’area di circa 80.000 metri quadrati nel cuore della città. La commissione è composta da autorevoli esperti: il prof. Antonio Catricalà, consigliere di Stato (poi dimessosi per incompatibilità, avendo assunto la presidenza di una Authority), il prof. Augusto Fantozzi, docente di diritto tributario alla Sapienza, l’avv. Giovanni Pellegrino, già senatore Ds, e il prof. Nicolò Zanon, docente di diritto costituzionale a Milano che, studiata la complessa vicenda, sostengono che «elementi essenziali del piano di risanamento sono: l’adeguamento del piano alle disposizioni della legge 765 del 1967 e del decreto ministeriale 2 aprile 1968; l’adeguamento dalle esigenze della mobilità e agli standard di verde pubblico e parcheggi; la destinazione delle aree edificabili per non meno del 50% alla realizzazione di attrezzature e servizi pubblici; l’indice di densità fondiaria non superiore ai 5 metri cubi a metro quadro; la riserva, infine, di un sesto dei volumi destinati alla residenza per l’esercizio del diritto di prelazione da parte dei proprietari espropriati». Ed è sulla base del parere super partes della commissione dei saggi, un vero e proprio arbitrato, che i proprietari delle aree hanno presentato lo schema di utilizzo delle aree che ha portato, il 30 maggio dell’anno scorso, alla transazione sottoscritta dal commissario comunale Vincenzo Emanuele con i poteri della Giunta. A quindici giorni dalle elezioni amministrative e al ripristino di organi eletti democraticamente. Un utilizzo delle aree soggetto adesso a ulteriori modifiche illustrate ieri in Consiglio comunale..


Note

  1. ^ Si veda, a tal proposito, una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dell'onorevole Francesco Pezzino del Partito Comunista Italiano richiesta da Magrì.