Regolamento parlamentare (ordinamento italiano)

Template:Politica Italia Il regolamento parlamentare, ai sensi degli artt. 64 e 72 della Costituzione, è l'atto che disciplina l'organizzazione e il funzionamento di ciascuna delle due Camere del Parlamento italiano (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica). I regolamenti parlamentari sono stati varati nel 1971 e modificati nel 1997 (per quanto attiene alla Camera) e nel 1999 (per quanto attiene al Senato)

«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»

La prima disposizione vuole garantire l'indipendenza di ciascun ramo del Parlamento nei confronti dell'altro e si spiega storicamente dalla necessità di sottrarre al re ed il Senato alla legge (vale a dire alla seconda Camera, solitamente non elettiva) la possibilità di modificare le regole di funzionamento e di formazione delle leggi. La seconda vuole, da un lato, indicare (come negli altri casi in cui la Costituzione prevede una maggioranza qualificata) che si tratta di regole che è opportuno siano condivise da un numero di deputati o senatori più ampio di quello che è richiesto per le decisioni ordinarie, dall'altro che, in nessun caso, possano essere decise da una minoranza che si trovi ad essere maggioranza per le altrui assenze.

Nel rispetto di quanto direttamente disposto dalla Costituzione, organizzazione e funzionamento di ciascuna Camera sono oggetto di una vera e propria riserva regolamentare (forza passiva peculiare), nel senso che si tratta di materie che non possono essere disciplinate da altra fonte di rango sub-costituzionale ma solamente da legge costituzionale e/o da regolamento parlamentare successivo.

Sindacabilità da parte della Corte Costituzionale

Con la sentenza 154/1985, la Corte Costituzionale ha negato di poter giudicare la legittimità costituzionale dei regolamenti parlamentari, in quanto non rientrano nella categoria di "Leggi e atti con forza di legge", su cui la corte ai sensi dell'art.134 della Costituzione è chiamata a pronunciarsi. La corte costituzionale ha ritenuto quindi che la potestà regolamentare di cui le due camere sono dotate, garantisca un'indipendenza dei regolamenti parlamentari anche dalla corte costituzionale e dai suoi giudizi di legittimità. Questo può essere considerato retaggio di un principio antico, secondo il quale, per tutelare nel modo più completo l'indipendenza del potere legislativo, ciò che accadeva all'interno delle camere era assoggettato al particolare regime degli Interna corporis, e non poteva dunque essere sindacato dall'esterno. Sebbene abbia escluso in via generale la possibilità di sindacare la legittimità costituzionale dei regolamenti parlamentari, la Corte ha d'altra parte ammesso come questi possano costituire oggetto di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni (sent. 14/1965) e conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato (impedendo, per esempio, alle minoranze di esercitare la loro funzione). Inoltre, le norme costituzionali relative al procedimento di formazione delle leggi non potranno essere derogate dai regolamenti parlamentari, e le Camere non potranno opporre che si tratti di questioni interne all'organo (sent. 9/1959), Questo vuol dire che i regolamente parlamentari sono liberi di disciplinare l'organizzazione e il funzionamento della camere, ma non possono derogare alle disposizioni costituzionali che dispongano previsioni in materia. In definitiva, la prevalenza gerarchica della costituzione sui regolamenti (che appartengono alla categoria delle fonti primarie) dovrà essere comunque garantita dalla Corte.

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