Utente:Andbona/Sandbox
Ti diamo il benvenuto nella pagina delle prove (o sandbox) di Wikipedia! Lo scopo della presente pagina è quello di permettere liberamente di fare degli esperimenti senza conseguenze su pagine attive. Per fare le prove clicca sulla linguetta Modifica wikitesto, scrivi, usa il pulsante Visualizza anteprima e, quando sei soddisfatto, clicca sul tasto Pubblica le modifiche. Il tuo testo non rimarrà a lungo: la pagina è sovente sovrascritta da altri utenti e ripulita regolarmente. Per maggiori informazioni, vedi Aiuto:Pagina delle prove. Se vuoi fare una prova di modifica con la nuova interfaccia di modifica VisualEditor puoi utilizzare la relativa pagina delle prove o la funzionalità dedicata. Se sei un utente registrato, puoi anche decidere di usare una sandbox personale. Benché sia una pagina delle prove, anche questa pagina deve sottostare alle linee guida di Wikipedia in materia di comportamenti degli utenti e diritto d′autore. Quindi non devi mai inserirvi contenuti sotto copyright od offensivi o financo diffamatori. A titolo d′esempio, non è permesso fare copia-incolla da altri siti Internet (nemmeno fosse il tuo sito web personale!), perché, salvo poche eccezioni, è una violazione della legge. |
Buon lavoro. Marco Antonio Federici, Conte di Arcola (La Spezia, 4 gennaio 1746 – Arcola, 11 gennaio 1824), è stato un rivoluzionario e politico italiano.
Marco Antonio Federici, Conte di Arcola (La Spezia, 4 gennaio 1746 – Arcola, 11 gennaio 1824), è stato un rivoluzionario e politico italiano.
Fu uno dei più accesi esponenti del giacobinismo ligure e uomo di fiducia della Francia rivoluzionaria nella Repubblica di Genova. In seguito al passaggio dell'antica Repubblica sotto l'influenza napoleonica intraprese la carriera politica prima di ritirarsi a vita privata negli ultimi anni di vita.
Gioventù e formazione
Figlio di Stefano Federici e Maria Cipollini, apparteneva ad una famiglia di antica tradizione aristocratica avendo un suo antenato ottenuto il titolo comitale da Alfonso il Magnanimo[1] Re di Napoli nel 1444. Sin da molto giovane si dimostrò portato per gli studi che compì inizialmente a La Spezia dove imparò le lingue classiche. Il padre avrebbe voluto che si recasse all'Università di Genova, gestita dai Gesuiti, ma il giovane Marco preferì Pisa, dove Pietro Leopoldo di Lorena[2] lasciava una maggiore libertà all'insegnamento nel tentativo di ridare importanza allo Storico Studio. Le opere degli Enciclopedisti, di D'Alembert, Diderot, Voltaire e Rousseau, che nella città toscana circolavano anche clandestinamente, lasciarono un solco profondo nell'animo del giovane. Laureatosi in Giurisprudenza fece ritorno alla Spezia dove condusse vita da rentier per alcuni anni, dedicandosi alla lettura nella già fornita biblioteca paterna e arricchendola di diverse opere che faceva appositamente arrivare dalla Francia[3].
Nel 1779 sposava Maria Fidelina Battini Ponzò di Fivizzano figlia di un'abbiente famiglia della Lunigiana.
Il pensiero politico
Dalla fine degli anni Settanta, e per diversi anni, il Federici si trovò a frequentare Genova con assiduità per una questione di eredità paterna che gli veniva contesa dai fratelli e dallo zio[4]. Il contatto con la Magistratura Genovese, presso cui i parenti querelanti ebbero buon gioco facendo leva sulla fama di liberale[5] , e con il sistema di potere della Repubblica di San Giorgio lo spinsero a parteggiare sempre più per le idee illuministe che agitavano la vicina Francia.
Egli non abbracciò, a differenza della maggior parte dei cospiratori e democratici genovesi[6], le idee Rivoluzionarie per interessi personali, ma per la sua forte avversione nei confronti dell'Aristocrazia, della quale pure faceva parte, e soprattutto del Clero. Aristocrazia che governava la Repubblica con leggi ormai antiquate[7] che assicuravano tutto il potere nelle mani del Doge e dei Serenissimi Collegi, composto da venti senatori e un capo, il Doge appunto, con carica biennale e da tutti gli ex Dogi con carica a vita[8]. Il Federici vedeva in questa gestione privatistica dello Stato, che si traduceva in concessioni di privilegi, soprattutto fiscali, ai più potenti, la prima causa della sua debolezza. Ma non reclamava, a differenza di molti "nobili poveri"[9], il proprio diritto a partecipare ai suddetti privilegi, quanto piuttosto la necessità di una riforma del sistema esattoriale che creasse una contribuzione alle spese dello Stato proporzionale ai beni posseduti.
Ora non dico già che noi siamo troppo gravati dai tributi che alla pubblica cassa rifondiamo, si che lo Stato ha bisogno di un fondo, e che a formarlo vi devono concorrere tutti i Cittadini dello Stato, anzi io sono del parere di quelli che vogliono che nella totalità, o almeno nella sua massima parte, questo si levi dai possidenti, che sono i veri figli dello Stato, che sono quelli a cui più di ogni altro ne deve essere a cuore la conservazione, e la felicità, ma non mi piace nell'esigerlo, né l'inesorabile crudeltà dei nostri Esattori. né l'estrema tirannica Avarizia dei nostri Finanzieri, né finalmente in tutto mi piace la sua distribuzione.
Vi potrebbe forse anche essere una strada con cui rendere più ricca la cosa pubblica, e meno aggravati i popoli.»
Era una posizione ovviamente scandalosa che lo aveva fatto entrare nelle mire del conservatore Giacomo Giustiniani, Governatore della Spezia, e del Clero, nonché dei temutissimi Inquisitori di Stato[10]. A tutto ciò si assommava la tradizionale richiesta di essere elevata al rango di porto franco da parte della città della Spezia, di cui si fece sempre promotore[11]. Questo atteggiamento poteva portare a vedere in lui un fautore di istanze separatiste dallo Stato Genovese, ma al contrario Marco Federici, quando si espresse a favore dell'indipendenza del Golfo della Spezia[12] , lo fece sempre nell'ottica di spezzare le catene che il dominio genovese poneva allo sviluppo commerciale della città[13] e anzi insistette spesso sulla necessità di fare la rivoluzione con le proprie mani e di affidarsi il meno possibile alle armi francesi[14].
I giacobini della Spezia
Nei dieci anni successivi al matrimonio giunse a definitiva maturazione la sua adesione alle idee che provenivano da Oltralpe e, sicuramente già nei primi anni Novanta, egli aveva stretto rapporti con elementi rivoluzionari e con emissari del Governo di Francia, come dimostra la visita resagli da La Flotte[15] nel febbraio del 1793[16] durante il suo viaggio di ritorno in Francia per riferire sull'omicidio di Ugo di Basseville[17]. Egli era dunque il punto di riferimento del club giacobino della Spezia, che annoverava tra i suoi animatori altre personalità destinate a ricoprire ruoli di rilievo negli anni a venire fra i quali Carlo Comparetti, Luigi D'Isengard, Giovan Battista Bertuccelli, Luigi Torreto e Sebastiano Biagini. Fuori dalla Spezia, Marco si teneva in contatto con il farmacista genovese Felice Morando, a capo del movimento democratico della capitale, e con Ivone Gravier, editore di libri di propaganda democratica.
La sua attività e le sue frequentazioni avevano già messo in allerta l'allora Governatore della Spezia Giacomo Giustiniani, fortemente conservatore e rigido difensore del potere dell'aristocrazia e del clero
Onorificenze
Nel giugno del 1805, in seguito all'annessione della Repubblica Ligure all'Impero Francese, Marco Antonio Federici fu insignito della Legion D'Onore col grado di Ufficiale e della relativa pensione.
Note
- ^ Alfonso di Trastamara, detto Alfonso il magnanimo, detenne la corona del Regno di Napoli dal 1441 al 1458.
- ^ Leopoldo II d'Asburgo-Lorena fu Granduca di Toscana dal 1765 al 1790.
- ^ Lettera a Giacomo Luigi Da Pozzo del 29 novembre 1791: "[...] a chi sa esser Filosofo puole essere un vantaggio, vi riflette e troverà che dice il vero, quante ombre si vedono di meno; io attualmente mi passo con le Lettere Persiane, il Trattato dei Tre Impostori e l'Histoire du Papisme [...]", cit. in Ducci Luigi, op.cit. p.32.
- ^ Ducci Luigi e Daniella, op.cit., pagg.30-31.
- ^ Lettera di Marco Federici a Giovan Maria Saporiti del 17 agosto 1791: "Capisco che tutto l'affare non può essere derivato che dalla Cabala, la quale abbia guadagnato il Giudice, o col mezzo dell'avarizia, o di qualche potente Aristocratico, giacché questi sono i due canali per i quali a disonore della Città, e per disgrazia di chi v'ha a che fare, tutto si possa."
- ^ Il Prof.Augusto Franchetti scrive: "Secondavanli inoltre (i novatori) le famiglie Patrizie dei Serra, dei Sauli, dei Gentile, dei Carrega, non tanto per simpatie alle nuove dottrine venute di Francia, quanto per desiderio di private vendette contro gli Spinola ed i Pallavicini la quale inimicizia aveva origine non solo dall'invidia dei Nobili poveri verso quelli ricchi nelle cui mani era il goveno dello Stato [...]", in "Storia politica d'Italia", AA.VV., F.Vallardi Editrice, Milano 1897.
- ^ L'ordinamento giuridico di stampo feudale su cui si reggeva la Repubblica risaliva al 1576 e limitava il potere ad una ristretta cerchia di nobili "forniti di congruo patrimonio" e di ricchi borghesi.
- ^ Pietro Nurra, "Genova durante la Rivoluzione Francese - La Cospirazione Antioligarchica", in Giornale Storico Letterario della Liguria, 1927, fasc.IV, pag.336 n.1
- ^ I "nobili poveri" erano così detti per distinguerli dall'alta Aristocrazia che gestiva de facto il potere dello Stato. Essi si radunavano nel Maggior Consiglio, di cui comunque il Federici non fece mai parte.
- ^ Una polizia di Palazzo, divenuto uno strumento attraverso cui "si sfogavano gli odi particolari, si colpivano gli avversari politici, si tenevano in pugno la libertà, le sostanze, le vite dei cittadini.[...] teneva sotto controllo non solo i nemici del regime, ma gli stessi patrizi invisi alla ristretta cerchia dei potenti", Ronco A., op.cit., pag.36.
- ^ Il 9 giugno 1797 a casa sua si era tenuta "un'adunanza di più persone compresi i primari di questa città, ove si era stabilito di mandar lettera al generale Bonaparte instando che [...] si avesse riguardo a questo golfo e adiacenze, con farle godere i diritti di cittadinanza, franchiggie e libero commercio", Arch. di Stato di Genova, Rep. Ligure, 494
- ^ Letterea di Marco Federici a Guillaume Faypoult (o Faipoult), ambasciatore francese a Genova, del 16 giugno 1798: "[...] nell'oscurità in cui sono di quale sarà l'imminente organizzazione di tutta Italia, che desidererebbero in una sola, unica, ed indivisibile Repubblica, nel caso sia divisa in varie, conoscendo che non possono formarne una separata, sono totalmente indifferenti, sul punto di restare più ad un Corpo, che ad un altro, solo desiderano d'essere uniti, e postati in una posizione tale da poter essere protetto e non oppresso quel nostro commercio[...]", in Ducci L., op.cit, pagg.108-109
- ^ La Spezia aveva perso l'indipendenza nel 1273 a favore di Genova che tese sempre a limitarne le possibilità di sviluppo per evitarne la concorrenza.
- ^ Lettera alla Centralità della Spezia del 6 settembre 1797: "[...]Difendiamoci per quanto possiamo da noi, e non riserbiamo alle truppe Francesi che il diritto della vendetta nel caso che il numero dei Patriotti si trovasse così piccolo che non potesse abbattere il fanatismo...[...]".
- ^ Monsieur de La Flotte era allora rappresentante di Francia nel Granducato di Toscana, dal quale fu scacciato nel 1793.
- ^ Lettera di Marco Federici alla moglie del 22 febbraio 1793:"Oggi ho avuto il piacere di abbracciare Monsieur La Flotte che è passato di qui di volo e va a portare i reclami e la relazione di Roma mi ha imposto di salutare tutta la Spezia.[...]", cit. in Ducci Luigi, op.cit. p.32.
- ^ Nicolas Jean Hugon de Basseville era Segretario alla Legazione di Francia presso il Regno delle Due Sicilie. Venne ucciso a Roma il 13 gennaio 1793 dalla folla mentre percorreva le strade della città.
Bibliografia
- Luigi e Daniella Ducci, Marco Antonio Federici e il giacobinismo alla Spezia, Sarzana, Zappa, 2002.
- Antonino Ronco, Storia della Repubblica Ligure 1797-1799, Genova, Frilli Editore, 2005.
Voci correlate
Collegamenti esterni