Errore (ordinamento civile italiano)

concetto dell'ordinamento civile italiano
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Voce principale: Errore (diritto).

L'errore nell'ordinamento civile italiano consiste in una falsa rappresentazione della realtà.[1]

L'errore di calcolo

L'errore è dato dalla distorta e falsa rappresentazione della realtà di fatto o di diritto che porterà alla conclusione di un contratto.

«L'errore di calcolo non dà luogo ad annullamento del contratto, ma solo a rettifica tranne che verificandosi come errore sulla quantità non sia stato determinante del consenso.»

L'espressione errore di calcolo ha un significato polivalente. Può significare errore nella valutazione di un determinato bene, o errore di un'operazione matematica, in cui i fattori sono certi, il calcolo da eseguire è certo ma il risultato è errato. In conclusione l'errore che si verifica nella fase di formazione del contratto viene giudicato irrilevante in quanto errore sui motivi,non dà quindi luogo all'annullamento ma solo a rettifica. L'errore invece che attiene al vizio del consenso definito come errore determinante dà luogo all'annullamento del contratto.


Rilevanza dell'errore

Nell'ambito del diritto civile l'errore è annoverato tra i vizi del consenso. Esso, concorrendo determinati presupposti, apre le porte alla possibilità dell'annullamento del contratto.

Cenni storici

  Lo stesso argomento in dettaglio: Errore (diritto romano).

Nel diritto romano l'errore era una divergenza tra manifestazione della volontà e la volontà stessa, tra il voluto e il dichiarato. Prima grande classificazione è quella tra errore vizio ed errore ostativo. Il primo incide a monte sul processo di formazione della volontà: la volontà esiste ma si è formata così come si è formata in virtù di un vizio originario, mentre il secondo può dipendere da una svista, da un fraintendimento, da ignoranza nel modo di esprimersi e di comportarsi e in esso la volontà è del tutto esclusa. Per essere rilevanti ai fini dell’invalidità del negozio, l’errore doveva essere essenziale e scusabile. Essenziale è l’errore che investe il negozio nei suoi aspetti fondamentali. Tra questi i principali sono:

  • l’error in negotio, che cade sull’identità del negozio da compiere,
  • l’error in substantia che cade sulla composizione materiale dell’oggetto del negozio (scambiare rame per oro),
  • l’error in corpore che concerneva l’identità fisica dell’oggetto del negozio,
  • l’error in persona che investe l’identità del destinatario o dell’altra parte del negozio.

Irrilevanti erano invece gli error in nomine (nel caso di persona o cosa indicata con nome diverso da quello proprio) ed in qualitate (l’errore che concerne solamente la qualità della cosa). L’error in quantitate o comportava nullità o la validità nei limiti della quantità minore.

Nozioni codicistiche

L'articolo 1428 recita: "L'errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale e riconoscibile dall'altro contraente".

Riflessioni

La struttura civilistica dell'errore risente delle tradizionali distinzioni di teoria generale:

  • Si conosce un errore che determina la parte contraente a formare e dunque a manifestare la propria volontà in un senso piuttosto che in un altro (errore vizio o anche errore motivo), oppure un errore che induca unicamente ad emettere una dichiarazione incoerente con la reale volontà negoziale (errore ostativo); ciò si determina, ad esempio, a causa di errori di scrittura di un testo (scrivo 1000, mentre volevo indicare 100), o per l'uso di una lingua straniera con la quale non si ha dimestichezza.
  • L'errore può ulteriormente distinguersi in errore sul diritto e in errore sui fatti, dove per il primo si intende una falsa rappresentazione delle norme, mentre per il secondo una falsa rappresentazione dei fatti naturalistici (la distinzione è particolarmente insidiosa in diritto civile, dove, molte realtà di tutti i giorni sono frutto di definizioni giuridiche).

Il codice italiano, come visto, esige che l'errore sia essenziale e riconoscibile.

  • L'essenzialità è definita dall'art. 1429 c.c. secondo cui possiede tale carattere l'errore che a) è stato determinante del consenso e b) cade su una delle ipotesi menzionate dalla disposizione:
    1. errore sulla natura o sull'oggetto del contratto;
    2. errore sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso;
    3. errore sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che l'una o le altre siano state determinanti del consenso;
    4. errore di diritto, ragione unica o principale del contratto.
Come è facile notare, all'interno di questo elenco si mischiano errori sulla dichiarazione e errori sui motivi; ad esempio, un errore sulla natura (cioè addirittura sulla causa) del contratto non può che essere un errore nella dichiarazione.

V'è da notare che alla norma (anche a voler ammettere che non contenga un elenco tassativo) spetta il compito di separare i motivi informatori la volontà rilevanti per il diritto da quelli non rilevanti. Ne consegue che la nota affermazione secondo cui i motivi della contrattazione sono irrilevanti viene limitata proprio dall'art. 1429 c.c. La Relazione al Re (di accompagnamento all'entrata in vigore del codice del 1942) e parte della dottrina ritengono che l'elenco di cui alla disposizione in esame non abbia carattere tassativo. Nondimeno, per individuare ulteriori casi di errori essenziali si dovrebbe rinvenire la ratio dell'elenco in parola e ciò non pare agevole. Secondo taluni l'elenco comprenderebbe ipotesi paradigmatiche di errori riconoscibili; vale a dire che l'altro requisito preteso dalla legge (art. 1431 c.c.) concorrerebbe a stabilire per quali errori ci si può dolere.

  • Riconoscibile è l'errore che, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto, ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. Il giudizio de quo consiste, dunque, in un rimprovero (atteso che procede da una condotta men che diligente): esso viene formulato a carico del contraente non in errore (cfr. art. 1428 c.c.) e ciò in quanto siffatto requisito è posto a tutela dell'altrui affidamento incolpevole sulla conservazione del contratto.
  • Si è detto che l'errore è essenziale quando, oltre che avere ad oggetto una delle ipotesi di cui all'altr. 1429 c.c., è stato anche determinante del consenso. Tale requisito è esplicitamente richiesto per gli errori di cui ai numeri 2,3 e 4. In ordine all'ipotesi sub punto 1 esso deve considerasri in re ipsa, atteso che un errore sulla causa del contratto è sicuramente di tal gravità da essere giudicato determinante del consenso.

In questa prospettiva è possibile configurare un errore che, pur ricadendo su una delle ipotesi di cui ai numeri 2, 3 e 4 (nonché sulle altre che si volessero individuare in via interpretativa), risulti meramente incidente nel consenso: tale errore indurrebbe la parte non già a stipulare un contratto altrimenti non voluto, ma solo a concluderlo a diverse condizioni. La distinzione tra errore-vizio incidente ed errore-vizio determinante è testualmente prevista per l'ipotesi di dolo (art.1439-1440 c.c.). Dalla mancanza di un'apposita previsione dell'errore non determinante sotto la rubrica dell'errore sembra potersi desumere l'irrilevanza dell'errore non determinante del consenso. Nondimeno non deve trascurarsi che - dovendo tale errore essere comunque riconoscibile, ed essendo la riconoscibilità un giudizio - l'errore incidente e riconoscibile dovrebbe comunque potersi far valere quale fonte di responsabilità precontrattuale a carico del contraente non errore per non avere, questi, durante le trattative dispiegato quel diligente comportamento idoneo a rilevare l'errore medesimo.

Senz'altro irrilevante per il diritto è invece l'errore-motivo. Trattasi dell'errore consistente in un erroneo convincimento, non riconoscibile perché non oggettivizzato, ed in alcun modo manifestato all'altra parte.

Tale comportamento viene quindi equiparato al motivo (da qui il nome dato alla fattispecie) nella stipulazione del contratto, e come quello non è causa di invalidità del contratto. Identica infatti ne è la ratio, da ritrovarsi nel legittimo affidamento delle parti nelle dichiarazioni di volontà rese vicendevolmente in sede di pattuizione.

Secondo una parte della dottrina, l'errore di calcolo (art. 1430 c.c.) costituisce un'ipotesi testuale di errore meramente incidente: lungi dall'essere un mero errore matematico a partire da fattori correttamente indicati nel negozio (patologia per la quale opererebbe una correzione materiale in sede di interpretazione del contratto), la fattispecie di cui all'articolo in parola riguarderebbe quei casi ove la parte, a causa di un errore su calcoli esterni al contenuto del contratto, ha formato la sua volontà direttamente rispetto al risultato, sì da concludere il contratto per una quantità diversa da quella che averebbe voluto se il calcolo fosse stato correttamente eseguito.

Falsa demonstratio non nocet ed interpretazione contrattuale

Interessante, in particolar modo per l'errore, è richiamare il sistema di genesi della volontà contrattuale e il suo atteggiarsi una volta che si è formata. Il problema è in questi termini: se le parti vogliono il prodursi di un determinato scopo (accertato mediante l'idonea interpretazione del contratto), ma la dichiarazione contrattuale, pur essendo idonea a raggiungere lo scopo, contiene dei meri errori nei riferimenti, il contratto può dirsi stabile? nuoce alla validità una mera sbagliata indicazione? Probabilmente, per quanto sommaria, la risposta è che, semplicemente, bisogna seguire l'elencazione dei casi di errore essenziale contenuti nel codice.

Si deve ribadire, infine, come l'errore sia una falsa rappresentazione della realtà da parte di uno dei due contraenti, e che quindi rilevi nel momento dell'accordo. Quando l'accordo si perfeziona senza errori (anche considerando le norme sull'interpretazione del contratto), ogni altro problema, riguardante ad esempio l'esecuzione del contratto, rileverà in altre sedi.

Bibliografia

  • Tedioli F., Falsa demonstratio, errore ostativo o errore vizio, quali limiti alla rettifica della dichiarazione testamentaria?, Famiglia, Persone e Successioni 12/2008, 996-1007.
  • Andrea Torrente, Piero Schlesinger, Manuale di diritto privato, 19ª ed., Milano, Giuffrè Editore, 2009.

Francesco Tedioli, Falsa demonstratio, errore ostativo o errore vizio, quali limiti alla rettifica della dichiarazione testamentaria? (abstract), in Famiglia, Persone e Successioni, n. 12, Dicembre 2008, pp. 996-1007.

Note

  1. ^ Andrea Torrente, Piero Schlesinger, Manuale di diritto privato, 19ª ed., Milano, Giuffrè Editore, 2009, p. 488.

Voci correlate