Intenzionalità
L'Intenzionalità, originalmente un concetto della filosofia scolastica, fu reintrodotta nella filosofia contemporanea dal filosofo e psicologo Franz Brentano nella sua opera Psychologie vom Empirischen Standpunkte Psicologia dal punto di vista empirico. Con l'intenzionalità della coscienza o della mente si intende l'idea che la coscienza sia sempre diretta ad un oggetto, che abbia sempre un contenuto. Brentano definì l'intenzionalità come la caratteristica principale dei fenomeni psichici (o mentali), tramite cui essi possono essere distinti dai fenomeni fisici. Ogni fenomeno mentale, ogni atto psicologico ha un contenuto, è diretto a qualche cosa (l' oggetto intenzionale). Ogni credere, desiderare etc. ha un oggetto: il creduto, il desiderato.
Tramite le opere di Edmund Husserl, che riprese la nozione da Brentano, l'idea di intenzionalità penetrò nella ricerca contemporanea, sia nella filosofia continentale che nella filosofia analitica.
Nell'intelligenza artificiale e nelle scienze cognitive è un tema controverso e si considera l'intenzionalità come qualcosa che una macchina non potrebbe mai davvero possedere da un punto di vista strutturale. Tra i sostenitori di questa tesi vi è John Searle, che col suo famoso esperimento mentale della stanza cinese ha provato a dimostrare l'impossibilità logica che una macchina possa mai avvicinarsi al funzionamento della mente umana.
N.B.: "Intenzionalità" non ha nulla a che vedere con libera volontà o l'agire "di proposito" (intenzionalmente). Nella filosofia e specificamente nella fenomenologia "intenzionalità" ha un significato tecnico, che è quello descritto sopra.
Voci correlate
Collegamenti esterni
(EN) Edward N. Zalta (a cura di), Intenzionalità, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.