Oppido Lucano

comune italiano

Template:Comune Oppido Lucano (IPA: [ɔppidɔ], Oppete in oppidano, Oppidum in latino, Opinum in osco) è un comune italiano di 3.915 abitanti in provincia di Potenza.

Nel 1790 sul monte Montrone, tra i resti di un’antichissima tomba, fu rinvenuta la Tabula Bantina, il più importante reperto mai rinvenuto sulla lingua degli Osci, abitanti della Lucania e della Campania. Numerose testimonianze archeologiche dell'attività umana nel territorio di Oppido Lucano sono conservate presso il Museo archeologico nazionale della Basilicata a Potenza e il Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano.

Territorio

Veduta panoramica di Oppido

Il territorio comunale di Oppido si estende su una superficie di 54 km² e relativamente piccola rispetto ai comuni limitrofi. Esso, per lo più collinare, comprende il monte Montrone (674 m s.l.m.), sulle cui pendici sorge il nucleo abitativo, e una serie di piane piuttosto estese, poste su vari livelli lungo il corso del fiume Bradano. È attraversato, oltre che dal Bradano, dai suoi affluenti Alvo e Gammarara.

La presenza di boschi è segnata solamente in poche aree, in particolare sul monte Belvedere (678 m s.l.m.) e ai piedi del monte Montrone. In altre zone, specie quelle più pianeggianti e utili all'agricoltura, il relativo disboscamento avvenne già in epoca romana.

Oppido dista circa 32 km da Potenza, 184 km da Napoli, 104 km da Bari ed è agevolmente raggiungibile dall'aereoporto di Bari.

Storia

Età antica

Peuketiantes

Che il territorio di Oppido fosse abitato da popolazioni stabili sin dall'antichità, era saputo e accertato da scritti antichi e da ruderi. Ritrovamenti archeologici risalenti al VI secolo a.C., avvenuti sul monte Montrone e in Via Appia, suggeriscono la presenza di rispettivamente una necropoli e di un villaggio formato da nuclei di capanne sparse, del popolo dei Peuketiantes.

I Peuketiantes abitavano le aree interne montuose della Basilicata settentrionale ed erano affini alle popolazioni apule. Essi vengono ricordati dallo storico Ecateo di Mileto come genti che, al contrario degli Enotri, seppelliscono i defunti in posizione fetale, in una sorta di ricongiungimento della vita con la morte. In Serra di Vaglio era il loro centro nevralgico, il cui insediamento si connota come un abitato di tipo Greco per la presenza di strade e di grandi edifici in muratura.

La cultura materiale dell’area è contraddistinta dalla ceramica a decorazione geometrica monocroma e bicroma, come quella delle fabbriche di Oppido e di altri villaggi quali Cancellara, Ruvo del Monte e Satriano. Le sepolture rinvenute ad Oppido sono caratterizzate da ceramiche indigene a decorazioni geometriche e restituiscono raramente oggetti d’importazione greca ed etrusca, come bacilli in bronzo, kylix per bere vino di produzione coloniale.

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Abitazione lucana presso Oppido del IV secolo a.C. venuta alla luce con gli scavi del 1968

Di questa popolazione, due sono gli elementi di maggior rilievo: l’ostentazione della ricchezza e l’adozione di comportamento derivati da quelli delle aristocrazie greche. Nei vari centri, sia nelle sepolture maschili che in quelle femminili sono stati infatti rinvenuti servizi di vasi in bronzo di produzione greca ed etrusco-campana, unitamente allo strumentario da banchetto e a ceramiche da mensa d’importazione greca. Nel suo insieme questo sistema di oggetti rimanda ai pasti comuni (i syssitia ricordati da Aristotele) celebrati tra membri della stessa élite alla maniera degli aristocratici greci. I ritrovamenti archeologici confermano il consumo di carni arrostite (presenza di spiedi e alari) e bollite (lebeti, grandi contenitori in bronzo) e di vino miscelato ad acqua, miele e formaggio (crateri e grattuge).

Lucani

L'arrivo dei lucani avviene intorno al V secolo a.C. che riorganizza i villaggi e la società indigena. Nella Basilicata settentrionale, ritrovamenti risalenti al IV secolo a.C., si riferiscono a fattorie o a piccoli insediamenti rurali, come Seroto di Albano e altre, come Oppido ad estesi abitati con case disposte intorno a cortili comuni ed edifici monumentali.

L’organizzazione delle necropolis e la distribuzione delle sepolture degli oggetti di corredo riflettono l’articolazione sociale delle comunità lucane per gruppi famigliari. Con l’arrivo di queste genti Osco-Sannite cambia il rituale di deposizione: il defunto, infatti, viene collocato nella tomba in posizione supina e non più rannicchiato sul fianco come usavano i Peuketiantes.

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Da Oppido Lucano IV secolo a.C., anfora apula a figure rosse della bottega del sakkos bianco-del kantharos. Lato A: registro superiore, ratto di Crisippo, Laio e Crisippo su quadriga tra Pelope con veste orientale e Edipo; registro inferiore, corteo di offerenti presso un monumento funebre. Lato B (visibile): registro superiore, scena di libagione; registro inferiore, offerenti

Dai ritrovamenti della necropoli di Oppido sul monte Montrone, così come anche di altri centri, emerge che gli esponenti della comunità vengono sepolti in tombe monumentali, del tipo a semicamera e a camera. Rarissimi sono i casi di bustum, con il defunto semicremato. Le donne sono accompagnate, nel lungo viaggio verso l’oltretomba, dagli ornamenti e dai simboli della cerimonia nuziale e del focolare domestico: vasi da toeletta e per le nozze (lebes gamikos) a figure rosse o a vernice nera, spiedi e alari per arrostire le carni, strumenti per filare e tessere, terrecotte che riproducono i frutti della terra. Gli uomini sono caratterizzati come guerrieri e vengono sepolti con punte di lancia e giavellotti in ferro, cinturoni in bronzo. I numerosi vasi da mensa rimandano alla celebrazione dei banchetti funebri.

Romani

A partire dalla decisiva battaglia di Porta Collina (82 a.C.), i lucani vengono definitivamente sconfitti dai romani e vengono poi successivamente romanizzati. L'arrivo dei romani, segna il rafforzamento della centralità del territorio di Oppido con la costruzione di importanti assi viarii tra Lucania e Apulia.

Numerose sono le presenze di grandi complessi romani, come le ville a scopo agricolo, tra cui quella di Masseria Ciccotti, di San Francesco e di Piano della Campana e come i grandi complessi termali, con relativi acquedotti, di Sant'Igino e Gagliardi.

Età medievale

Normanni

Tra l'anno 1000 e il 1100, sulla pendice del lato est del monte Montrone, avvenne la costruzione del castello per opera del signore normanno Drochus che ivi si stabilì.

Attorno all'anno 1070, nacque nel castello di Oppido Giovanni Obadiah, figlio di Drochus, proselito, viaggiatore e musicista che si convertì al giudaismo.

Età moderna

Età contemporanea

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

Chiesa e Convento di Sant'Antonio

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Nabucodonosor di Girolamo Todisco

Il convento venne fondato nel 1482 per iniziativa dei signori di Oppido Francesco e Caterina Zurlo. Esso conseva i dipinti murali del 1600 di Girolamo Todisco, raffiguranti la storia di san Francesco e dei santi francescani e un polittico e un trittico di Antonio Stabile di Potenza del 1500.


Chiesa rupestre di Sant'Antuono

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Ciclo Evangelico, affresco del XIV secolo


Altre

  • Chiesa Matrice dei SS. Pietro e Paolo
  • Chiesa di San Giovanni Battista
  • Santuario di Maria SS. del Belvedere
  • Chiesa della SS. Annunziata

Architetture militari

Il Castello Normanno

Con la costruzione del castello di Oppido si voleva raggiungere un duplice scopo, da una parte presidiare le vie di comunicazione tra il Melfese e le zone interne della Basilicata “dove maggiori ostacoli opponeva la regione montuosa, poco opportuna alla cavalleria, principale nerbo delle schiere Normanne” e dall’altra sfruttare il territorio per la sopravvivenza. Tutto lascia supporre che il castello di Oppido sia stato costruito tra il 1047 e il 1051, durante le lotte tra il conte di Acerenza Riccardo Quarel figlio di Asclittino, e Drogone uno dei figli di Tancredi d’Altavilla. Il conflitto fu vinto da Drogone i cui figli rimasero padroni di Oppido fino agli albori del secolo successivo, quando uno di essi, di nome Giovanni, uomo di notevole cultura, musicologo e musicista, affascinato dalla confessione ebraica, abbracciò la fede israelitica per concludere i suoi giorni in Egitto, dopo aver girovagato per quasi tutto il Mediterraneo e vissuta la sua nuova fede religiosa il più vicino possibile ai luoghi cari alla tradizione ebraica. La cronaca dalla sua vita, scritta in ebraico, costituisce, grazie ai numerosi riferimenti al nostro paese, una prova indiscutibile dell’esistenza nel secolo XI di Oppido, anzi di Opide, offre inoltre la testimonianza dell’effettiva dominazione normanna. Tale popolo era solito costruire chiese vistose per lo svolgimento della prassi liturgica, di cui le ben note cattedrali sono in proposito una tangibile testimonianza. Oppido non ebbe una cattedrale, come Tolve e San Chirico e tuttavia al suo castello venne di certo affiancata l’Ecclesia, cioè il luogo di incontro per esprimere comunitariamente la propria fede religiosa e il legame al papato, che reclamava continuamente in quegli anni i propri diritti.

 
Ruderi dell'antico Castrum Magnum

Tutto questo fa emergere un altro aspetto, non meno importante, intorno alle finalità della costruzione di quel castrum sulle pendici del Montrone. Il castello venne costruito non tanto e non solo per scopi militari, ma per ospitare cavalieri e per una nuova organizzazione dei territori circostanti; il castello di Oppido era destinato pertanto ad attirare i coltivatori della terra e nello stesso tempo proteggere il fiume Bradano a destra e a sinistra per evitare l’avanzata soprattutto dei Saraceni. Conservò comunque l’impotenza della sua mole, tant’è che nei fuochi del 1642 viene definito “castrum magnum”. Il controllo delle vie di comunicazione tra il Melfese e la Calabria risultava inoltre vitale per la sopravvivenza che per l’attuazione degli ambiziosi disegni formulati dai dodici condottieri normanni che avevano stabilito il loro punto di riferimento nella città di Melfi. Del periodo svevo non si hanno testimonianze su Oppido che, successivamente, con gli Angioini, riappare quale feudum in capite, vale a dire feudo conferito direttamente dal re. Tra i nuovi feudatari ve ne furono anche di sangue regio. Durante la dominazione angioina Oppido fu teatro dell’unico avvenimento guerresco della sua storia a noi noto, allorché nel marzo del 1348, le truppe ungheresi di re Ludovico seminarono lo scompiglio nel borgo fedele alla regina Giovanna.

Nel quattrocento il feudo passò nelle mani dalla famiglia Zurlo. Agli inizi del cinquecento subentrarono gli Orsini che tennero il feudo fino ai primi del settecento. A causa dei debiti assai ingenti prodotti dalla cattiva amministrazione di alcuni membri della famiglia Orsini, all’inizio del settecento il feudo veniva posto sotto sequestro. Il Sacro Regio Consiglio ordinava al “tavolario” D. Pietro Vinaccia di effettuare la stima del borgo e del suo territorio. La relazione del funzionario è assai minuziosa, e ci consente, tra l’altro, una più che soddisfacente ricostruzione del castello e dell’antico abitato ancora racchiuso tra le mura. Molto accurata è la descrizione del castello, monito di due torri angolari e di altre due cilindriche di guardia alla porta alla quale si accedeva attraverso un ponte levatoio. È probabile che quella descritta dal Vinaccia, magari con una integrazione angioina comprendente le torri cilindriche su base scarpata, fosse la struttura primitiva, normanno-sveva, del castello. Il suo “aggiornamento” dovette diventare superfluo a causa della precoce perdita dell’importanza strategica. Del resto, se si eccettua la permanenza saltuaria di alcuni membri della famiglia Orsini, il castello non fu mai realmente abitato dai suoi padroni, spesso neanche dai loro amministratori. Certamente non fu abitato dai De Marinis, marchesi di Genzano, ultimi feudatari di Oppido. Gli eredi di costoro lo vendettero, intorno al 1880, all’avvocato Gaetano De Pilato il quale in parte lo demolì e in parte lo trasformò fino a rendere pressoché irriconoscibile la primitiva configurazione. Oggi l’ala est del castello, quella abitata dai signori, aggredita da deturpanti abitazioni, s’eleva ancora con la maestà delle sue muraglie; la maggior parte dell’edificio versa in cattive condizioni, due delle torri cilindriche non esiste più, l’altra fa bella mostra di sé ancora in una foto del 1915.

Esso era di forma irregolare a causa dell’accidentalità del suolo su cui venne edificato, in guisa da raffigurare la sua pianta quasi un trapezio sul cui lato oblungo sorgeva il grandioso prospetto esterno, fronteggiato in origine da ben quattro torri merlate, due cioè angolari quadrate, e due mediane rotonde poste a guardia della grande porta d’ingresso. Dai reperti archeologici e difficile raggiungere conclusioni soddisfacenti sulla forma e la struttura del castello in quanto documenti a noi pervenuti sono poco chiari e approfonditi a meno che non si indaghi con meticolose metodiche il territorio e non si interroghino le pietre, testimoni di uno splendore risalente a svariati secoli prima dell’era volgare.

Architetture Civili

  • Palazzo Lancieri
  • Palazzo Lancellotti

Siti archeologici

Complesso termale di Sant'Igino

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Ruderi dell'antico del complesso termale di Sant'Igino

Questo complesso termale è una costruzione romana del I secolo a.C.

Complesso di Gagliardi

File:Gagliardi mosaico Autunno.jpeg
Dal complesso di Gagliardi mosaico delle quattro stagioni raffigurante Autunno

Il complesso di Gagliardi è una vasta area archeologica con funzioni termali.

Altre

  • Masseria Ciccotti
  • Villa di San Francesco
  • Villa di Piano della Campana

Cultura e Società

Evoluzione demografica

Abitanti censiti[1]

Personalità legate alla città

Amministrazione

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Città gemellate

Voci correlate

Collegamenti esterni

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