Morano Calabro

comune italiano
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Morano Calabro
comune
Morano Calabro – Stemma
Morano Calabro – Veduta
Morano Calabro – Veduta
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Calabria
Provincia Cosenza
Amministrazione
SindacoFrancesco Di Leone (Lista civica Solidarietà e Sviluppo) dal 9-6-2009
Territorio
Coordinate39°51′00″N 16°08′00″E
Altitudine694 (min. 424 - max. 2,225 m) m s.l.m.
Superficie112,34 km²
Abitanti4 795[1] (31-12-2010)
Densità42,68 ab./km²
FrazioniCampotenese
Comuni confinantiCastrovillari, Mormanno, Rotonda (PZ), San Basile, Saracena, Terranova di Pollino (PZ), Viggianello (PZ)
Altre informazioni
Cod. postale87016
Prefisso0981
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT078083
Cod. catastaleF708
TargaCS
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[2]
Cl. climaticazona E, 2 188 GG[3]
Nome abitantimoranesi
Patronosan Bernardino da Siena
Giorno festivo20 maggio
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Morano Calabro
Morano Calabro
Morano Calabro – Mappa
Morano Calabro – Mappa
Posizione del comune di Morano Calabro all'interno della provincia di Cosenza
Sito istituzionale
«Vivat sub umbra morus. Arma Morani.»
«...Morano si staglia, superba, gigante, facciate di luci, col cuore pulsante...»

Morano Calabro [ˌmoˈrãŋo ˈkaːlabro] (Murènu [ˌmuˈrɛːnu] in dialetto moranese) è un comune calabrese di 4.795 abitanti situato nella zona settentrionale della provincia di Cosenza, confinante a nord con i comuni di Rotonda, Viggianello e Terranova di Pollino, ad est con Castrovillari, a sud con Saracena e San Basile ed a ovest con Mormanno.

La sua posizione strategica nell'alta valle del fiume Coscile (antico Sybaris) alle pendici del massiccio del Pollino, ha contribuito al suo sviluppo in epoca greco-romana ed al suo splendore in epoca medievale e rinascimentale sotto il feudo dei Sanseverino.

Dal 2003 detiene la nomina di centro fra I borghi più belli d'Italia, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, per la sua pittoresca posizione geografica e per la pregevolezza delle opere artistiche custodite. Recentemente il suo nome è stato inserito nella prestigiosa lista delle destinazioni europee del Progetto EDEN della Commissione europea.

Oggi è uno dei principali centri del Parco nazionale del Pollino.

Geografia

Territorio

 
Morano Calabro, vista d'insieme del centro storico

Morano Calabro si trova in una verde zona collinare della valle del fiume Coscile, affluente del Crati, ai piedi della catena montuosa del Pollino nei pressi del confine con la Basilicata: il territorio dove sorge il borgo appartiene al complesso montuoso di Orsomarso e Verbicaro. A pochi chilometri dal centro abitato, in zona "San Paolo", si trovano le grotte omonime: interessanti sotto un profilo speleologico, sono ricche di concrezioni coralloidi e si sviluppano per 245 metri con un dislivello di 41. Fra le altre risorse naturalistiche si annoverano oltre al già citato piano di Campotenese, il piano di Ruggio, i boschi del Monaco, di Pollinello e della Principessa.[4]

La superficie territoriale è di 112,34 km² e si estende dal piano di Campotenese a nord-ovest, verso il crinale del monte Pollino (2248 m) e della Serra Dolcedorme (2266 m). Il Monte Sant'Angelo marca il confine con il comune di Castrovillari situato a sud-est. Il territorio comunale risulta compreso fra i 424 ed i 2225 m s.l.m., con un'escursione altimetrica complessiva pari a 1801 m.

L'impianto urbanistico

L'antico nucleo del centro urbano si trova arroccato su di un colle di forma conica alto 694 metri s.l.m. alla cui sommità si trovano i ruderi di un antico maniero di epoca Normanno-Sveva. L'abitato si sviluppa degradando dalla sommità alla base del colle e creando una suggestiva illusione prospettica per cui le abitazioni paiono essere attaccate le une alle altre. Tale assetto urbano si fa risalire all'epoca romana e medievale: è infatti accertato che l'odierno castello, potrebbe ricalcare un più antico fortilizio difensivo di epoca romana.

Nelle epoche successive, l'abitato si è esteso modellandosi sulla struttura del colle fino a sfociare verso i primi del settecento, nel quartiere di via vigna della Signora, anticamente definito lo burgo, fuori dalla cinta muraria.

A seguito delle varie mutazioni socio-economiche del secolo scorso, nella seconda metà degli anni '60 ebbe inizio una fase di ampliamento verso il pianoro prospiciente l'antico nucleo cittadino, dove oggi sorgono nuovi moderni edifici.

Cenni storici

Considerazioni storico-etimologiche

 
Lapis Pollae (il nome "Muranum" appare all'inizio della quinta riga)

Sull'origine del nome del borgo non si hanno precise testimonianze storiche, si sono invece ipotizzate incerte e contrastanti teorie. Nel corso degli anni sono state fatte bizzarre congetture, quale ad esempio l'erronea supposizione che il nome "Morano" derivi dal fatto che sia stato fondato o abitato dai "mori": questa tesi appare inverosimile, dato che il toponimo è già attestato nel II secolo a.C. Analoghe teorie volevano che il nome derivasse dalla coltivazione dei gelsi mori che abbondano nell'agro circostante: anche in questo caso esse vengono considerate infondate, visto che dette coltivazioni sono state impiantate posteriormente all'epoca romana. Secondo la tesi dello storico Gaetano Scorza, secondo il quale Morano avrebbe origini magno-greche, è plausibile ritenere che il suo nome derivi dal verbo greco μερυω, cioè "raccogliere insieme, cumulare"[5], con riferimento alla singolare struttura urbana, dove gli edifici paiono essere gli uni attaccati agli altri. Anche quest'ultima supposizione appare discutibile, visto che il borgo ha assunto questo assetto posteriormente.

Il nome Morano, o Muranum in latino, pone chiara luce sulla sua fondazione romana e riapre la questione sull'origine del toponimo, giustificando un'ipotesi più verosimile ma non provata da documenti storici. Poiché il suffisso latino -anum indica solitamente vasti fondi e proprietà di una famiglia importante della zona, nel nostro caso si tratterebbe di un antroponimo Murus o Murrus.[6]

L'appellativo Calabro venne aggiunto con un decreto di Vittorio Emanuele II del giugno 1863, per distinguerlo da Morano sul Po.

"Muranum" in epoca romana

Morano Calabro fu certamente fondata dai romani, come già detto, intorno al II secolo a.C. La prima traccia significativa del borgo che incontriamo, è infatti nel toponimo latino "Muranum", comparso per la prima volta in una pietra miliare del II secolo a.C., la cosiddetta Lapis Pollae (o lapide di Polla). Muranum risulta essere stazione della Via Capua-Rhegium, antica strada consolare romana, comunemente denominata via Annia-Popilia. Successivamente, lo ritroviamo con il nome di "Summuranum" nel cosiddetto Itinerario di Antonino (III secolo d.C.) e nella Tabula Peutingeriana (III secolo d.C.).

Sviluppi e dominazioni

File:Morano Calabro fotostorica 1937.JPG
Panorama nel 1937

In epoca altomedievale, durante le incursioni saracene del IX secolo, venne combattuta fra moranesi e saraceni una battaglia che vide vittoriosi i primi, la c. d. "battaglia di Petrafòcu". Oggi, viene annualmente ricordata come simbolo dell'indipendenza cittadina in una annuale rievocazione storica, la Festa della bandiera, oltre che iconograficamente nello stemma della città.

Nell'età medievale il borgo fu feudo di Apollonio Morano, dei Fasanella ed Antonello Fuscaldo e nel XIV secolo passò ai Sanseverino di Bisignano.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sanseverino (famiglia).

Questa nobile famiglia si sentì molto legata a Morano, lasciando numerose e preziose tracce storico-artistiche che li videro come mecenati, quali ad esempio la fondazione in segno di devozione (1452) del Monastero di San Bernardino da Siena patrono della città, e dell'ampliamento del castello (1515). A testimonianza dell'assiduo legame col borgo, Pietrantonio Sanseverino, maggior esponente della famiglia, accordò ai suoi feudi numerose concessioni grazie al celeberrimo atto Capitoli e Grazie, ratificato nella città di Morano il 1º agosto 1530[7], inoltre suo figlio Niccolò Bernardino (ricordato per gli orti botanici sanseverini di Napoli), vi nacque nel 1541 assumendo in segno di devozione familiare come secondo nome quello del santo patrono.

Nel 1614 il feudo venne quindi ceduto agli Spinelli principi di Scalea, fino al 1806, anno di eversione dal feudalesimo. Il borgo seguì successivamente le sorti del Regno delle due Sicilie e del nascente Regno d'Italia.

Ondata migratoria

Una nota particolare merita il grande flusso migratorio che ha interessato il borgo fra l'ultimo ventennio del XIX secolo ed i primi del '900, così come è attestato da un drastico calo demografico. Gli abitanti censiti nel 1881 sfioravano le 10.000 unità, mentre nel 1901, dopo vent'anni, erano 6.596. Gran parte di questi flussi erano indirizzati all'estero, in particolar modo verso i paesi dell'America Latina. All'inizio degli anni ottanta, il comune di Morano Calabro si è gemellato con la città di Porto Alegre in Brasile, per l'alta concentrazione di moranesi, stimati intorno alle quindicimila unità.

Monumenti

Il Castello Normanno-Svevo

 
Castello Normanno-Svevo

Appare in ruderi sulla sommità dell'abitato in posizione strategica da dominare tutta la valle dell'antico fiume Sybaris. Le sue origini risalgono all'epoca romana quando vi fu eretto un fortilizio utilizzato come base per l'attuale castello, edificato nel suo nucleo originario in epoca Normanno-Sveva.

Venne in seguito ampliato nel primo quarantennio del cinquecento per volere del feudatario Pietrantonio Sanseverino che, nel compiere i lavori volle ispirarsi al modello del Maschio Angioino che sorge in Napoli. Il Castello, era dunque la residenza del feudatario in Morano, insieme al Palazzo dei Prìncipi che sorge all'ingresso del borgo accanto alla porta sull'antica via delle Calabrie.

Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo

Architettura

Sorge sulla sommità dell'abitato nei pressi del Castello Normanno-Svevo. La sua fondazione si fa risalire intorno all'anno mille (probabilmente al 1007), sebbene abbiano inciso sulla sua architettura interventi di epoche successive: fa però eccezione il campanile in pianta quadrangolare, costruito in epoca medievale ed in posizione visibilmente arretrata rispetto alla chiesa. La facciata è essenziale nella sua struttura "a capanna" con le falde laterali ribassate e sormontata nel timpano da una nicchia con la statua di San Pietro di periodo angioino. L'interno in tre navate a pianta basilicale è decorato da delicati stucchi tardo-barocchi (seconda metà del secolo XVIII) recentemente restaurato.

Opere d'Arte

Pregevolissime opere d'arte vi sono custodite e vanno dal XV secolo ai primi decenni dell''800. Al XV secolo appartengono un sarcofago in bassorilievo appartenente alla famiglia Fasanella (feudatari del borgo fino alla prima metà del '400); un affresco raffigurante la Vergine delle Grazie e proveniente dall'omonima cappella extra moenia; una Croce Processionale in argento di Antonello de Saxonia del 1445. Risalgono poi al XVI secolo quattro statue in marmo di Carrara eseguite da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo, scultore toscano attivo in Napoli fra la seconda metà del '500 e la prima metà del '600. Le statue raffigurano: Santa Caterina d'Alessandria e Santa Lucia del 1592, San Pietro e San Paolo del 1602. Sono del medesimo periodo altre opere: la Candelora, statua appartenente probabilmente a Giovan Pietro Cerchiaro; un San Carlo Borromeo di Ignoto di scuola napoletana posto su un ricco altare (1654) in marmo di Carrara; un Compianto sul Cristo morto e due tele raffiguranti i Santi Pietro e Paolo del Pomarancio, anticamente formanti un trittico, appositamente commissionate dall'Università di Morano per la congregazione di Santa Maria della Pietà. Importante è la presenza di due pale d'altare del seicento: l'adorazione dei pastori e la Madonna in trono col Bambinello e quattro Santi, attribuite al calabrese Giovan Battista Colimodio (1666). Della seconda metà del '700 è il Coro realizzato fra il 1792 e il 1805, capolavoro in stile rococò di Mario ed Agostino Fusco. Pregevolissimo,ubicato attualmente sul lato sinistro della balaustra, un organo portatile del '700,decorato,da restaurare.

Collegiata di Santa Maria Maddalena

 
Facciata di S. Maria Maddalena di notte
Architettura

L'antico nucleo dell'edificio religioso sorgeva al di fuori della cinta muraria medievale come piccola cappella suburbana del 1097. Visti i limiti architettonici che offriva questa precedente struttura e per agevolare il cresciuto numero di fedeli che si spartivano nelle tre parrocchie cittadine, venne ampliata in pianta a croce latina a tre navate per volere dell'allora prevosto don Giuseppe La Pilosella nella seconda metà del XVI secolo. Più volte rimaneggiata fino alla prima metà del '700, assunse il titolo di Collegiata il 3 febbraio 1737 con bolla di papa Clemente XII. Nel 1732 cominciarono ulteriori lavori di restauro, nel corso dei quali splendide decorazioni tardo barocche commissionate a Donato Sarnicola conferiscono all'interno un aspetto maestoso, da far ritenere che essa sia uno degli esempi più alti del barocco calabrese.

Il campanile (1817) e la cupola (1794) furono rivestiti di caratteristiche maioliche in stile campano di colore giallo e verde nel 1862.

La facciata invece, fu completata negli anni 40' del XIX secolo in stile neoclassico. Essa è ripartita in due livelli divisi da una cornice marcapiano costituita da triglifi e metope con simbologie classicheggianti. Il livello inferiore abbraccia le tre navate su cui si affacciano i tre portali della chiesa, suddivisi da sei paraste doriche; il livello superiore si innalza dagli spioventi laterali coprendo la sola navata centrale, mentre il frontone reca in fregio lo stemma della famiglia Spinelli retto da quattro paraste ioniche contornate negli spazi da ghirlande.[8]

Oggi l'edificio religioso conserva la pianta originaria in croce latina: nelle navate laterali si trovano cinque cappelle per lato e sono divise in campate sormontate da piccole cupole, mentre la navata centrale ha volta a botte su cui si affacciano dieci finestre unghiate.

Opere d'arte

All'interno sono conservate pregevoli opere d'arte. Appartengono alla scuola di Pietro Bernini un ciborio e due angeli oranti posti alle estremità dell'altar maggiore, mentre è del celebre scultore del rinascimento meridionale Antonello Gagini la Madonna degl'Angioli (1505) proveniente dal cittadino monastero di San Bernardino ed ora posta nella nicchia sull'altare laterale del transetto destro. Sono presenti alcune pale d'altare di scuola napoletana del settecento; fra gli autori e le opere di maggior riguardo ricordiamo: Francesco Lopez, L'immacolata (1747), L'Addolorata, san Giovanni Battista e alcuni santi (1748) ed alcuni bozzetti e pale d'altare attribuitegli; famiglia Sarnelli, Miracolo di San Francesco di Sales (1747), L'incoronazione della Vergine (1747) e la Madonna del Rosario e alcuni Santi; Giuseppe Tomajoli, Morte di San Giuseppe (1742) e un San Giovannino dello stesso periodo; ed infine, del pittore moranese Lo Tufo La Vergine fra i santi Silvestro e Giovanni Battista (1763) e Le anime del Purgatorio. Splendide opere lignee adornano la collegiata: il coro (1792), il pulpito ed alcuni stipi sacri realizzati fra la fine del 700' ed i primi anni dell'800' da Mario ed Agostino Fusco. Sopra il coro posto nell'abside poligonale, si staglia un fastigio di marmi policromi con tre nicchie sormontate da un timpano sorretto da colonne: si ritiene provenga dal monastero di Colloreto, è dei primi del secolo XVII e vi sono collocate le statue di Sant'Agostino e Santa Monica con al centro Maria Maddalena orante, attribuita a Cosimo Fanzago o al Naccherino, cui fanno ala due puttini dello stesso periodo.

Sagrestia

Molto interessante è la sagrestia con uno splendido soffitto a cassettoni di manifattura locale di epoca tardo cinquecentesca appartenente all'antico corredo sacro dell'edificio. Sulla destra una custodia per oli sacri in marmo del '500. Sono custodite nella Collegiata numerose reliquie di santi, fra cui una pietra del Santo Sepolcro e un'orma del sandalo che S. Francesco da Paola lasciò su una roccia del monte Sant'Angelo nell'atto di benedire la Calabria prima di recarsi in Francia.

Chiesa di San Nicola di Bari

Si trova nel cuore del centro storico e si mostra ai piedi del colle dove sorge il borgo solo sul suo fianco destro. L'ingresso è situato nell'intricato susseguirsi di vicoli del quartiere Giudea, sulla piazzatta da cui prende il nome, nei pressi della più antica fontana moranese e dell'antico seggio cittadino dell'Universitas che in questa chiesa aveva appunto il suo patronato. La facciata è semplice, con ai piedi un portale a sesto acuto, con l'archivolto in muratura sul quale si trova rappresentato un affresco raffigurante San Nicola.

L'edificio religioso si sviluppa in due piani sovrapposti, di cui una cripta seminterrata. Il piano inferiore dedicato a Santa Maria delle Grazie, risale all'epoca altomedievale, ed è considerato fra le costruzioni più antiche del paese: fra le opere d'arte custodite si annoverano, un giudizio universale in olio su tela di Angelo Galtieri (1737), alcune statue lignee e tele del seicento e nella sagrestia, un Espositorio in argento fuso sbalzato e cesellato del XVIII secolo, corone di santi della seconda metà del secolo XVIII e del terzo decennio del XIX secolo, calici in argento fuso del XVII secolo, un reliquiario del XVI secolo ed una piccola scultura in alabastro dorato del secolo XVI raffigurante la Madonna del Buon Consiglio.

Il piano superiore, in navata unica, è stato edificato negli anni intorno al 1450, ma venne rimaneggiato in epoca barocca. Oggi delle architetture quattrocentesche non rimane traccia se non nel succitato portale d'ingresso, ma si ha ragione di credere che l'interno fosse simile a quello del monastero di San Bernardino, con soffitto in legno ed arco a sesto acuto che dominava l'altar maggiore, così come ritiene lo storico Salmena. Fra le opere d'arte custodite nella chiesa, meritano particolare attenzione un dipinto di Pedro Torres del 1598 Madonna tra Santa Lucia e Santa Caterina d'Alessandria, un crocifisso ligneo di Ignoto del secolo XVI, uno splendido confessionale del Frunzi (1795), una Annunciazione del 1735 di Angelo Galtieri, altre pale d'altare coeve ed un coro di Agostino Fusco del 1779.

Chiesa e Monastero di San Bernardino da Siena

 
Monastero di San Bernardino
Storia ed Architettura

Il complesso monastico di San Bernardino, in stile tardo gotico, è uno dei migliori esempi di architettura francescana del '400 che si possano rintracciare nell'intera Calabria. Ciò si deve al fatto che sia stato costruito ex novo nella metà del XV secolo, ed attraverso un accurato restauro, si è giunti al completo recupero di quasi tutti gli elementi originari: per tali ragioni, oggi può rappresentare un paradigma dell'arte monastica calabrese del periodo.[10]

La fondazione, si ebbe ufficialmente grazie all'interessamento del principe Pietrantonio Sanseverino, e venne sancita da una bolla di Niccolò V del 31 maggio 1452 con la quale si dava l'autorizzazione all'inizio dei lavori. I motivi che concorsero alla costruzione dell'edificio si fanno risalire a due fattori: principalmente, alla munificenza della famiglia Sanseverino, che voleva dotare di un'opera prestigiosa uno dei principali centri dei loro vasti possedimenti, come dimostra tra l'altro la commissione del Polittico del Vivarini(1477) per la suddetta chiesa; in secondo luogo, si deve allo stretto legame che in quegli anni la monarchia aragonese stava tessendo con l'Ordine dei minori osservanti, il quale ebbe successivamente la titolarità del monastero. I lavori si protrassero per oltre un trentennio e la consacrazione avvenne il 23 aprile 1485 dal vescovo di San Marco Argentano Rutilio Zenone.

La chiesa occupa l'intero fianco destro del complesso: l'interno è costituito da una grande navata centrale, sul fondo divisa dal presbiterio attraverso un grandioso arco a sesto acuto; lungo l'intero lato destro della navata centrale si trovano tre arcate, anch'esse a sesto acuto, che conducono in una piccola navatella laterale ripartita in due ambienti. L'esterno, è abbastanza omogeneo con la sobrietà degli interni, così come può essere ritenuto tipico degli ideali pauperistici francescani. La facciata, è occupata centralmente da una monofora ripresa stilisticamente dalle altre, poste ai lati della navata. All'ingresso è anteposto un portico formato da cinque arcate in muratura a tutto sesto, sulle cui pareti perimetrali interne appaiono tracce di affreschi risalenti agli inizi del XVI secolo. Al disotto di questi ultimi, si affaccia il portale d'accesso alla chiesa in pietra tufacea a sesto acuto, ed un secondo di minori dimensioni sul lato sinistro, con arco ribassato, che immette nel chiostro dell'attiguo monastero.[11]

Ventiquattro colonne di forma ottagonale in tufo sorreggono le arcate dell'arioso chiostro del monastero, dove restano tracce di affreschi realizzati fra il 1538 ed il 1738 e rappresentanti la vita di san Francesco.

L'edificio, è stato protagonista di una storia travagliata, in particolare dovuta a numerosi atti di rimaneggiamento (1717) in epoca barocca, ed all'abbandono nel 1811 a seguito dello scioglimento degli ordini monastici durante il periodo napoleonico. Così come toccò in sorte a molti edifici religiosi, il monastero venne adibito nel 1843 a seminario estivo e quindi ospitò i locali delle scuole pubbliche, i cui interventi architettonici, come la muratura del portico, furono deleteri per la struttura. Alcuni locali furono adibiti a deposito di legname e nel 1898 un violento incendio distrusse buona parte dell'ala est, rimasta diruta fino ai decenni scorsi. Un grande intervento di restauro attuato negli anni anni cinquanta a cura del professor Gisberto Martelli, ripristinò la chiesa ed il portico allo stato originario, mentre il monastero fu recuperato nei decenni successivi ed oggi è divenuto un complesso polifunzionale.

Opere d'Arte

Il soffitto della navata centrale della chiesa è in legno lavorato a quadri carenato alla veneziana. Sotto l'arco santo che sovrasta l'altar maggiore è posizionato un crocefisso del XV secolo ad opera di Ignoto meridionale dai connotati fortemente drammatico-realistici, sotto cui campeggia la emblematica scritta "Hic me solus amor non mea culpa tenet"; ai piedi del crocifisso era posizionato il già citato Polittico del Vivarini ora rimosso, ed in alto a sinistra, domina la navata uno splendido pulpito con baldacchino del 1611 con decorazioni di gusto classicheggiante e raffigurazioni in bassorilievo di alcuni santi. Appartiene al corredo sacro un coro ligneo datato 1656 ed un leggio del 1538 posto nell'abside e recentemente restaurato.

Altri edifici storici e religiosi

Convento dei Cappuccini

Costruito fra il 1590 ed il 1606, il monastero dei Cappuccini è una struttura semplice ed essenziale come nello stile francescano. Soppresso in epoca napoleonica (1806), venne riaperto al culto a metà ottocento.

La chiesa – dedicata a santa Maria degli Angeli – presenta una navata con cappelle sul fianco destro; queste ultime sono decorate da ricchi altari lignei intarsiati alla cappuccina e risalenti al secolo XVIII. L'altar maggiore (con splendido ciborio e paliotto con tarsie di madreperla), è sovrastato da una tela seicentesca di Ippolito Borghese raffigurante S. Francesco d'Assisi, la Vergine in trono ed alcuni santi. Il monastero è fornito di un'antica biblioteca con più di settemila volumi, fra i quali si annoverano pregevoli manoscritti e stampe preziose.

Chiesa del Carmine

Posta nelle adiacenze della Collegiata della Maddalena, venne fondata per opera dell'ordine dei Padri Carmelitani nel 1568, i quali avevano allestito in quello che è l'attuale attiguo palazzo municipale un ospedale in soccorso dei viandanti in terrasanta.

La chiesa è allietata da preziose opere del secolo XVIII tra cui sono esposti all'interno due paliotti su cuoio con decorazioni floreali attribuiti al pittore Francesco Guardi (rispettivamente del S.S. Sacramento e di S. Felice), una tela raffigurante la Vergine del Carmelo fra i santi Lucia e Francesco di Paola di Pedro Torres (altar maggiore) ed una cimasa pittorica di Cristoforo Santanna, raffigurante l'assunzione di Maria. Un piccolo organo positivo del 700' di anonimo dipinto da Gennaro Cociniello adorna la cantoria.

Monastero di Colloreto

Sorge a qualche chilometro dal centro abitato, immerso nella boscaglia su di un altopiano che sovrasta la campagna circostante lo svincolo autostradale di Morano. Oggi le strutture sono dirute, ma nei secoli scorsi il monastero godette di grande prestigio e rinomanza, soprattutto a seguito delle munifiche elargizioni tributate dai fedeli e dalla nobiltà locale, fra i quali ricordiamo la principessa Erina Kastriota-Skanderbeg, moglie del feudatario Pietrantonio Sanseverino.

Il monastero di Colloreto, (la cui etimologia appare incerta e sembra derivi da Colle Loreto in onore della Vergine di Loreto, o da colorìto, termine che ne designerebbe la ridente e pacifica posizione), fu fondato dal Beato Frate Agostiniano Bernardo da Rogliano nel 1546. Egli, scelto il luogo, iniziò la sua esperienza religiosa in qualità di eremita. Successivamente, al suo seguito si aggiunsero altri uomini pii che costruirono il monastero (alcuni ritengono su dei resti precedenti), grazie alla beneficenza di numerosi oblatori. L'edificio, così come è ancora visibile, appare fortificato con un torrione, e fino ai primi dell'Ottocento anche i suoi interni dovevano apparire sontuosi e ricchi di opere artistiche, ora disseminate nelle chiese cittadine.

Il monastero divenne molto potente e quindi subì numerosi attacchi alla sua sopravvivenza, soprattutto a causa delle ingenti proprietà fondiarie che andò cumulando nel corso degli anni. Una prima soppressione avvenne nel 1751 per volere di Carlo III di Borbone che doveva sovvenzionare il Real Albergo dei Poveri in Napoli. La soppressione definitiva avvenne nel 1809 con l'avvento francese.

Oggi è divenuto una meta simbolica di escursioni sulle falde del Pollino.

Frazioni e Contrade

Campotenese

 
Panorama di Campotenese

La frazione di Campotenese, è situata a 1015 metri s.l.m. e ad una distanza di 12 km dal nucleo abitativo centrale del comune.

Durante il XIX secolo vi fu eretto un forte (ora distrutto) da parte dell'esercito borbonico, nei pressi del quale avvenne nel 1806 la battaglia di Campotenese fra il generale borbonico Damas ed il generale napoleonico Reynier, che vide vittorioso quest'ultimo.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Campotenese.

Attualmente è meta di gite fuori porta vista l'amena e fresca posizione. Vi si trovano alcune aziende agricole per la produzione di latticini e carni ed un consorzio per la produzione di funghi. Ciò stimola a dare buoni segnali all'imprenditoria locale, anche in campo alberghiero-agrituristico. Rappresenta la porta naturale per il Parco nazionale del Pollino, grazie allo svincolo della A3 Sa-Rc.

Vi si è conclusa l' 11 tappa del Giro d'Italia nel 1980 vinta da Gianbattista Baronchelli

Monte Sassòne

Si trova a circa 4 km dal centro abitato sulla strada provinciale che conduce al borgo di San Basile.

Potrebbe trattarsi dell'antica Xiféo, o secondo quanto afferma lo storico romano Tito Livio, della antica cittadella di Lymphaeum, coinvolta durante alcune fasi delle guerre puniche. Sta di fatto, che sull'antico monte, più simile ad un piccolo altopiano che cade a strapiombo sulla gola sottostante, vi sono ancora le tracce di due muraglioni al suo ingresso, su un piccolo sentiero che si dirama dalla strada per San Basile: questi, sono i resti di una porta che faceva breccia sull'antica cinta muraria. Essa si estendeva per circa 1.500 metri e con probabilità fu eretta dai Longobardi. Non si hanno molte notizie circa la scomparsa degli insediamenti di Sassone; talora viene ascritta la sua misteriosa fine al corso del XIV secolo.

Nel 1860 nella gola alle falde del monte è stata scoperta la cosiddetta grotta di Donna Marsilia, usata come necropoli durante il Neolitico fino all'età del bronzo. Sono state rinvenute numerose reliquie, frammenti litici ed uno scheletro: gran parte dei reperti sono custoditi al Museo Archeologico di Reggio Calabria.[12]

Quartieri e Contrade

  • Centro Storico, suddiviso nei seguenti rioni[13]: San Pietro (o Castello); San Nicola (o Giudea); Maddalena (o Olmi).
  • Contrade e zone limitrofe: Matinàzza; Fiume; Stazione; Cerasali; Uliveto; Piana; Foce; Mazzicanìno; Don Stefano; Cotura; Pigne; Terra Rossa; Santa Margherita; San Paolo; Gonéa; Calcinaia; San Marco; San Rocco; San Giacomo; San Nicola; Sassone; Crocefisso; Campotenese; Pavone; Povelli; Campizzo; Rosole; Campolongo;

Stemma

 
Descrizione

Il fondo dell'arme è di colore azzurro, ove campeggia una testa di moro con il fez, la quale rievoca simbolicamente la succitata "battaglia di Petrafòcu" del 1076, nella quale i moranesi sconfissero i saraceni portando in patria come trofeo il capo sanguinante di un loro soldato o capo di guarnigione. Tale aneddoto è inoltre richiamato più esplicitamente dall'aulica scritta classicheggiante "Vivat sub umbra" (che stia sotto l'ombra [il moro]). Alla base, sono rappresentati tre monti che sono: Morano, Sant'Angelo (di colloreto) e Pietrafoco.

Note storiche[14]

Le origini dello stemma di Morano Calabro si fanno risalire al 1561, anno in cui fu scolpito su una lastra marmorea posta sull'antica fontana di piazza san Nicola ai tempi del sindacato di Decio Feulo. Lo stemma, ha subito alcune variazioni nel corso dei secoli a venire: infatti nello scudo marmoreo suddetto, la testa di moro è rappresentato con barba e cappello conico senza i tre colli sottostanti. Simile è la rappresentazione che si ritrova sul sigillo dell'"Universitas Morani" con due varianti: la prima è nel motto "Vivat sub Umbra" a cui è aggiunto il sostantivo "morus" (il moro) e la scritta "Arma Morani"; la seconda variante è di tipo iconografico, ovvero, la testa del moro è rappresentata su di un piatto o una coppa a testimoniare il sacrificio compiuto dai moranesi in battaglia per liberare la patria dal giogo nemico offrendo il capo sanguinante alla città.

Da questo momento in poi lo stemma viene riprodotto oltre che su altri monumenti cittadini, quali la fontana di piazza Maddalena, anche sul frontespizio dell'opera a stampa dell'erudito Giovan Leonardo Tufarello, il "trattato della Sagnìa" del 1599, consistente "in uno scudo con tre monti sormontati dalla testa del moro".

Dal 1982, negli atti ufficiali del comune, spesso si affianca lo stemma della città di Porto Alegre, capitale del Rio Grande do Sul in Brasile, con cui la cittadina di Morano Calabro è gemellata.

Cultura

Manifestazioni civili e religiose

  • Prima domenica di maggio festa della Vergine dell'Annunziata.
  • 20 maggio Festa del patrono San Bernardino da Siena, con processione, offerte votive e consegna delle chiavi della città da parte del sindaco.
  • Nel mese di maggio in occasione della festa patronale, viene annualmente svolta in più giorni la Festa della Bandiera, rievocazione storica della battaglia fra moranesi e saraceni con ricco corteo storico in costume rinascimentale, con sbandieratori e cavalieri.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Festa della bandiera.
 
Festa del Carmine
  • Seconda domenica di giugno, Cronoscalata del Pollino.
  • Fra il 15 e il 16 luglio, viene celebrata la festività in onore della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Nota anche come "festa dell'emigrante", questa manifestazione religiosa è divenuta nel corso degli anni un simbolo del legame fra i moranesi residenti in Italia e all'estero. A questo proposito si svolge nel pomeriggio del 15 luglio una cerimonia con offerte votive recitate in molte lingue del mondo da parte degli emigranti.
  • Fra luglio ed i primi di settembre ha luogo la rassegna "D'estate Morano", con l'allestimento e la proiezione gratuita di film all'aperto, serate musicali con band jazz, blues e rock, cabaret ed intrattenimento.
  • Prima domenica di agosto, festa della Madonna delle Nevi, in frazione Campotenese.
  • 16 agosto Festa di San Rocco.
  • Prima domenica di settembre, festa della Madonna delle Grazie copatrona di Morano, con processione, offerte votive e consegna delle chiavi della città da parte del sindaco.

Attività museale

  • Museo dell'agricoltura e pastorizia. Si trova nel centro storico di Morano, nei locali di palazzo Salmena. Custodisce antichi oggetti agricoli con riferimento ai vari passaggi della storia contadina.
  • Museo e centro studi naturalistici "Il Nibbio". Sono custoditi reperti accurati sulla flora e sulla fauna del Parco del Pollino.

Evoluzione demografica

Dettaglio dati demografici

  • Nel comune di Morano Calabro, secondo una stima del 2007, risiedono 4.789 abitanti. Stando all'ultimo censimento del 2001, la popolazione era pari a 4.966 abitanti, di cui 2.461 uomini e 2.505 donne, suddivisi in 1.752 nuclei familiari, con una media di 2,83 componenti per nucleo.
  • Rispetto al precedente censimento del 1991 in cui la stima era pari a 4.995 residenti, la variazione nel decennio 1991-2001 è pari al -0,58%.

Tabella

Abitanti censiti[15]

Informazioni

Amministrazione

Trasporti e vie di comunicazione

Morano Calabro è raggiungibile grazie al proprio casello autostradale sulla   Salerno-Reggio Calabria al km 185.

Inoltre è collegata dalla   delle Calabrie (ora S.P. 241) nel tratto Mormanno-Castrovillari. Nella tratta ferroviaria dalla stazione di Sibari o Sapri.

Istruzione

Nel comune di Morano Calabro si trovano i seguenti istituti statali d'istruzione:

  • Scuola Materna dell'infanzia "Pierina Visentin"
  • Scuola Elementare "Vincenzo Severini"
  • Scuola Media Statale "Gaetano Scorza"

Gemellaggi

Sport

Calcio

In ambito agonistico, dalla stagione sportiva 2003/04 la preparatrice ufficiale della squadra calcistica cittadina è l'Onlus Unione Sportiva "G. Netti", liberamente gestita da oltre cinquanta fra soci, atleti e sostenitori. Costituitasi il 1º settembre 2003 avendo come obiettivo la divulgazione della cultura sportiva nelle scuole ed ai giovani, affianca alle sue finalità il sostegno ad altre organizzazioni non lucrative legate al mondo della ricerca scientifica per la lotta ai tumori ed alle malattie genetiche, organizzando periodicamente eventi sportivi indirizzati a tale scopo.

Il Morano Calcio (U.S. "G. Netti") ha disputato la sua prima partita in questa nuova veste societaria, nata sulle ceneri di una preesistente, partendo dalla terza categoria nell'anno sportivo 2003/04. Promossa in seconda categoria nel 2005/06, ancora oggi mantiene questa posizione, avendo ottenuto il secondo posto in campionato nel 2008/09.[16]

I colori ufficiali della squadra sono il rosso ed il blu. Il simbolo è un delfino, chiaro riferimento all'impegno della società ai valori della solidarietà e dell'amicizia.

Ciclismo

Nel 1980 Campotenese è stata sede di arrivo della 11ª tappa del Giro d'Italia.

Tappe del Giro d'Italia con arrivo a Campotenese
Anno Tappa Partenza km Vincitore di tappa Maglia rosa
1980 11ª Palinuro 145   Gianbattista Baronchelli   Roberto Visentini

Speleologia ed escursionismo

Nell'ambito speleologico-escursionistico, nel borgo ha sede il Gruppo Speleo del Pollino. Fondato nel luglio 1987 conta attualmente più di cento soci e sostenitori. Riconosciuto a livello nazionale per le sue attività di ricerca orografica e di studio del sottosuolo, ed in particolare del circondario del Parco nazionale del Pollino, è iscritto dal 1997 fra le associazioni di volontariato e di protezione civile italiane.

Organizza periodicamente escursioni tematiche e di sensibilizzazione allo studio del territorio compiendo ricerche topografiche e documentazioni fotografiche.[17]

Galleria Fotografica

Voci correlate

Note

  1. ^ Dato Istat - Popolazione residente al 31 dicembre 2010.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ Profilo del comune di Morano Calabro Parco nazionale del Pollino
  5. ^ Michela Mele, in Morano Calabro, Passeggiate in luoghi d'arte pag. 29.
  6. ^ Cfr. Biagio Cappelli, Profilo di Morano in Morano Calabro e la sua odonomastica pag. 21.
  7. ^ Dicitura tratta da Capitoli e Grazie "Datum in nostra terra Morani 1° mensis Augusti 1530, Ind. XIII"
  8. ^ Mainieri, Barbara (1995), "La gran donna di Maddalo; L'architettura" in Memorie riscoperte pp. 76-89
  9. ^ Mele, Michela (1994), "Il polittico di Bartolomeo Vivarini" in Contrade pp. 48-61
  10. ^ Mainieri, Francesco (1994), "San Bernardino a Morano; La chiesa e il monastero" in Contrade, pp. 14-21
  11. ^ Mainieri, Barbara (1994), "L'architettura e l'arte; l'identità architettonica" in Contrade, pp. 34-47
  12. ^ Le mura di Sassòne e la grotta di donna Marsilia
  13. ^ Le denominazioni dei quartieri in parentesi indicano i rispettivi rioni del centro storico comparse a partire dal 1996 a seguito della prima riedizione d'epoca contemporanea delle manifestazioni legate alla Festa della bandiera. Dette denominazioni si affiancano pertanto a quelle tradizionali di uso corrente non comprese in parentesi.
  14. ^ Cappelli, Biagio (1989), "Lo stemma di Morano" in Morano Calabro e la sua odonomastica, pp. 27-32
  15. ^ Dati tratti da:
  16. ^ Informazioni Generali U.S. "G. Netti"
  17. ^ Informazioni, Gruppo Speleo del Pollino

Bibliografia

  • Gaetano Scorza, Notizie storiche sulla città di Morano Calabro in Calabria Citra, Napoli, 1876.
  • Biagio Cappelli, I conventi francescani di Morano Calabro, Castrovillari 1926.
  • Biagio Cappelli, Morano Calabro e la sua odonomastica, edizioni Pro loco Morano Calabro, 1989.
  • Biagio Cappelli, Morano Calabro, ed. Amministrazione comunale di Morano Calabro, 1980.
  • Michela Mele, Morano Calabro (passeggiate in luoghi d'arte), ed. Amministrazione comunale di Morano Calabro, 1997.
  • AA. VV, Memorie riscoperte, Amministrazione comunale di Morano Calabro, Castrovillari, 1995.
  • AA. VV, Morano, la sua storia, la sua arte, la sua vita, Scuola media "G.Scorza" (a cura di), Castrovillari, 1989.
  • AA. VV, Contrade, Centro interdisciplinare di studi ed interventi sul territorio, Morano Calabro, 1994.

Altri progetti

Collegamenti esterni

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