Libro


Un libro è un insieme di fogli stampati oppure manoscritti delle stesse dimensioni rilegati insieme in un certo ordine e racchiusi da una copertina. Il libro, usato per acquisire informazioni o anche per divertimento, è ancora oggi lo "strumento principe del sapere".[1]
Etimologia del termine
La parola italiana libro deriva dal latino liber. Il vocabolo originariamente significava anche "corteccia", ma visto che era un materiale usato per scrivere testi (in libro scribuntur litterae, Plauto), in seguito per estensione la parola ha assunto il significato di "opera letteraria". Un'evoluzione identica ha subìto la parola greca βιβλίον (biblìon): si veda l'etimologia del termine biblioteca.
In inglese, la parola "book" proviene dall'Antico inglese "bōc" che a sua volta si origina dalla radice germanica "*bōk-", parola imparentata con "beech" (Fagus).[2] Similmente, nelle lingue slave (per es., russo, bulgaro) "буква" (bukva—"lettera") è imparentata con "beech". In russo ed in serbo, altra lingua slava, le parole "букварь" (bukvar') e "буквар" (bukvar), si riferiscono rispettivamente ai libri di testo scolastici che assistono gli alunni di scuola elementare ad imparare le tecniche della lettura e scrittura.
Se ne deduce che le prime scritture delle lingue indoeuropee possano esser state intagliate su legno di faggio (= fagus = beech).[3] In maniera analoga, la parola latina codex/codice, col significato di libro nel senso moderno (rilegato e con pagine separate), originalmente significava "blocco di legno".
Storia del libro
La storia del libro segue una serie di innovazioni tecnologiche che hanno migliorato la qualità di conservazione del testo e l'accesso alle informazioni, la portabilità e il costo di produzione. Essa è strettamente legata alle contingenze economiche e politiche nella storia delle idee e delle religioni.
La scrittura è la condizione per l'esistenza del testo e del libro. La scrittura, un sistema di segni durevoli che permette di trasmettere e conservare le informazioni, ha cominciato a svilupparsi tra il VII e il IV millennio a.C. in forma di simboli mnemonici diventati poi un sistema di ideogrammi o pittogrammi attraverso la semplificazione. Le più antiche forme di scrittura conosciute erano quindi principalmente logografiche. In seguito è emersa la scrittura sillabica e alfabetica (o segmentale).
Antichità
Quando i sistemi di scrittura furono inventati furono utilizzati quei materiali che permettevano la registrazione di informazioni sotto forma scritta: pietra, argilla, corteccia d'albero, lamiere di metallo. Lo studio di queste iscrizioni è conosciuto come epigrafia. La scrittura alfabetica emerse in Egitto circa 5.000 anni fa. Gli antichi Egizi erano soliti scrivere scrivere sul papiro, una pianta coltivata lungo il fiume Nilo. Inizialmente i termini non erano separati l'uno dall'altro (scriptura continua) e non c'era punteggiatura. I testi venivano scritti da destra a sinistra, da sinistra a destra, e anche in modo che le linee alternate si leggessero in direzioni opposte. Il termine tecnico per questo tipo di scrittura, con un andamento che ricorda quello de solchi tracciati dall'aratro in un campo, è "bustrofedica".
Tavolette
Una tavoletta può esser definita come un mezzo fisicamente robusto adatto al trasporto e alla scrittura.
Le tavolette di argilla furono ciò che il nome implica: pezzi di argilla secca appiattiti e facili da trasportare, con iscrizioni fatte per mezzo di uno stilo possibilmente inumidito per consentire impronte scritte. Furono infatti usate come mezzo di scrittura, specialmente per il cuneiforme, durante tutta l'Età del Bronzo e fino alla metà dell'Età del Ferro
Le tavolette di cera erano assicelle di legno ricoperte da uno strato abbastanza spesso di cera che veniva incisa da uno stilo. Servivano da materiale normale di scrittura nelle scuole, in contabilità, e per prendere appunti. Avevano il vantaggio di essere riutilizzabili: la cera poteva essere fusa e riformare una "pagina bianca". L'usanza di legare insieme diverse tavolette di cera (romano pugillares) è un possibile precursore dei libri moderni (cioè il codex, codice).[4] L'etimologia della parola codex (blocco di legno) fa presupporre che potesse derivare dallo sviluppo delle tavolette di cera.[5]
Il papiro, fatto di materiale spesso simile alla carta che si ottiene tessendo insieme gli steli della pianta di papiro, poi battendolo con un attrezzo simile al martello, veniva utilizzato in Egitto per scrivere, forse già durante la Prima dinastia, anche se la prima prova proviene dai libri contabili del re Neferirkara Kakai della V dinastia egizia (circa 2400 a.C.).[6] I fogli di papiro venivano incollati insieme a formare un rotolo (scrollo). Erano utilizzate anche le cortecce di albero, come per esempio quelle della Tilia, e altri materiali consimili.[7]
Secondo Erodoto (Storie 5:58), i Fenici portarono in Grecia la scrittura ed il papiro verso il X secolo o il IX secolo a.C. La parola greca per papiro come materiale di scrittura (biblion) e libro (biblos) proviene dal porto fenicio di Biblo, da dove si esportava il papiro verso la Grecia.[8] Dal greco deriva anche la parola tomo (τόμος), che in origine significava una fetta o un pezzo, e gradualmente cominciò a indicare "un rotolo di papiro". Tomus fu usato dai latini con lo stesso significato di volumen (vedi sotto anche la spiegazione di Isidoro di Siviglia).
Che fossero fatti di papiro, pergamena o carta, i rotoli furono la forma libraria dominante della cultura ellenistica, romana, cinese ed ebraica. Il formato di codex si stabilì nel mondo romano nella tarda antichità, ma il rotolo persistette molto più a lungo in Asia.
Codex
Nel V secolo, Isidoro di Siviglia spiegò l'allora corrente relazione tra codex, libro e rotolo nella sua opera Etymologiae (VI.13): "Un codex è composto da molti libri; un libro è composto da uno scrollo. Viene chiamato codex per metafora di un tronco (codex) d'albero o di vite, come se fosse un ceppo di legno, poiché contiene una moltitudine di libri, come se fossero rami." L'uso moderno differisce da questa spiegazione.
Un codice (in uso moderno) è il primo deposito di informazioni che la gente riconosce come "libro": fogli di dimensioni uniformi legati in qualche modo lungo uno dei bordi, e in genere tenuti tra due copertine realizzate in un materiale più robusto. La prima menzione scritta del codice come forma di libro è fatta da Marziale (vedi sotto), nel suo Apophoreta CLXXXIV alla fine del suo secolo, dove ne loda la compattezza. Tuttavia, il codice non si guadagnò mai molta popolarità nel mondo pagano ellenistico, e soltanto all'interno della comunità cristiana ottenne grande diffusione.[9] Questo cambiamento avvenne comunque molto gradualmente nel corso dei secoli III e IV, e le ragioni per l'adozione del modello di codice sono molteplici: il formato è più economico, in quanto entrambi i lati del materiale di scrittura possono essere utilizzati, ed è portatile, ricercabile, e facile da nascondere. Gli autori cristiani potrebbero anche aver voluto distinguere i loro scritti dai testi pagani scritti su rotoli.
La storia del libro continua a svilupparsi con la graduale transizione dal rotolo al codex, spostandosi dal Vicino Oriente degli ultimi 2 millenni a.C. al primo periodo bizantino, durante il IV e V secolo d.C., quando la diffusione del cristianesimo e del monachesimo cambiò in maniera fondamentale il corso della storia libraria.
Fino al II secolo d.C., tutti i patrimoni scritti venivano conservati sotto forma di rotoli (o scrolli), alcuni di pergamena, ma la maggioranza di papiro. All'arrivo del Medioevo, circa mezzo millennio dopo, i codici - di foggia e costruzione in tutto simili al libro moderno - rimpiazzarono il rotolo e furono composti principalmente di pergamena. Il rotolo continuò ad esser usato per documenti e simili, scritture della sorta che vengono ordinate in schedari o archivi, ma il codex ebbe supremazia nella letteratura, studi scientifici, manuali tecnici, e così via, scritture della sorta che vengono poste in biblioteche. Fu un cambiamento che influì profondamente su tutti coloro che avevano a che fare coi libri, dal lettore casuale al bibliotecario professionale.
I primi riferimenti ai codici si ritrovano su Marziale, in alcuni epigrammi, come quello del Libro XIII pubblicato nell'anno 85/86 d.C.:
«Omnis in hoc gracili Xeniorum turba libello / Constabit nummis quattuor empta libri. / Quattuor est nimium? poterit constare duobus, / Et faciet lucrum bybliopola Tryphon.»
«La serie degli Xenia raccolta in questo agile libretto ti costerà, se la compri, quattro soldi. Quattro son troppi? Potrai pagarli due, e Trifone il libraio ci farà il suo guadagno comunque.»
Anche nei suoi distici, Marziale continua a citare il codex: un anno prima del suddetto, una raccolta di distici viene pubblicata con lo scopo di accompagnare donativi. Ce n'è una, che porta il titolo "Le Metamorphoses di Ovidio su Membranae" e dice:
«OVIDI METAMORPHOSIS IN MEMBRANIS. Haec tibi, multiplici quae structa est massa tabella, / Carmina Nasonis quinque decemque gerit.»
«LE METAMORFOSI DI OVIDIO SU PERGAMENA. Questa mole composta da numerosi fogli contiene quindici libri poetici del Nasone»
L'oggetto libro subì nel corso del tempo notevoli cambiamenti dal punto di vista materiale e strutturale. I più antichi esemplari di libro erano sotto forma di volumen o rotolo e per lo più scritti a mano su papiro. Dal II secolo a.C. compare un nuovo tipo di supporto scrittorio: la pergamena. Nel mondo antico non godette di molta fortuna a causa del prezzo elevato rispetto a quello del papiro. Tuttavia aveva il vantaggio di una maggiore resistenza e la possibilità di essere prodotto senza le limitazioni geografiche imposte dal clima caldo per la crescita del papiro. Il libro in forma di rotolo consisteva in fogli preparati da fibre di papiro (phylire) disposte in uno strato orizzontale (lo strato che poi riceveva la scrittura) sovrapposto ad uno strato verticale (la faccia opposta). I fogli così formati erano incollati gli uni agli altri lateralmente, formando una lunga striscia che poteva avere alle estremità due bastoncini (umbilici) sui quali veniva arrotolata. La scrittura era effettuata su colonne, generalmente sul lato del papiro che presentava le fibre orizzontali. Non si hanno molte testimonianze sui rotoli di pergamena tuttavia la loro forma era simile a quella dei libri in papiro. Gli inchiostri neri utilizzati erano a base di nerofumo e gomma arabica. Dal II secolo d.C. in poi comincia a diffondersi una nuova forma di libro, il codex o codice sia in papiro che in pergamena. La vecchia forma libraria a rotolo scompare in ambito librario. In forma notevolmente differente permane invece in ambito archivistico. Nel Medio Evo si fanno strada alcune innovazioni: nuovi inchiostri ferro gallici e, a partire dalla metà del XIII secolo, la carta. Il prezzo molto basso di questo materiale, ricavato da stracci e quindi più abbondante della pergamena, ne favorisce la diffusione. Ma bisogna aspettare la seconda metà del XV secolo per incontrare il processo di stampa tradizionalmente attribuito ad un'invenzione del tedesco Gutenberg. Questo mezzo, permettendo l'accelerazione della produzione delle copie di testi contribuisce alla diffusione del libro e della cultura.
Affresco di Pompei, Museo archeologico nazionale di Napoli.
La parola membranae, letteralmente "pelli", è il nome che i romani diedero al codex di pergamena; il dono che i citati distici dovevano accompagnare era quasi sicuramente una copia dell'opera completa di Marziale, quindici libri in forma di codice e non di rotolo, più comune in quell'epoca. Altri suoi distici rivelano che tra i regali fatti da Marziale c'erano copie di Virgilio, di Cicerone e Livio. Le parole di Marziale danno la distinta impressione che tali edizioni fossero qualcosa di recentemente introdotto.
Il codice si originò dalle tavolette di legno che gli antichi per secoli avevano usato per scrivere annotazioni. Quando c'era bisogno di più spazio di quello offerto da una singola tavoletta, gli scribi ne aggiungevano altre, impilate una sopra all'altra e legate insieme con una corda che passava nei buchi precedentemente forati su uno dei margini: si otteneva così un "taccuino". Sono stati rinvenuti "taccuini" contenenti fino a dieci tavolette. Nel tempo, furono anche disponibili modelli di lusso fatti con tavolette di avorio invece che di legno. I romani chiamarono tali tavolette col nome di codex e solo molto più tardi questo termine acquisì il senso che attualmente gli diamo. Ad un certo punto i romani inventarono un taccuino più leggero e meno ingombrante, sostituendo legno o avorio con fogli di pergamena: ponevano due o più fogli insieme, li piegavano nel mezzo, li bucavano lungo la piega e ci passavano dentro una cordicella per tenerli (ri) legati. Il passo fu breve dall'usare due o tre fogli come taccuino al legarne insieme una certa quantità per trascrivere testi estesi - in altre parole, creando un codex nel senso proprio che usiamo oggigiorno.[10]
Egiziani e romani
Ai romani va il merito di aver compiuto questo passo essenziale, e devono averlo fatto alcuni decenni prima della fine del I secolo d.C., dato che da allora, come ci dimostrano i distici di Marziale, divennero disponibili a Roma le edizioni di autori comuni in formato codex, sebbene ancora una novità. Poiché Roma era il centro del commercio librario di libri in latino, si può certamente concludere che la produzione di tali edizioni si originasse da questa città. Il grande vantaggio che offrivano rispetto ai rolli era la capienza, vantaggio che sorgeva dal fatto che la facciata esterna del rotolo era lasciata in bianco, vuota. Il codice invece aveva scritte entrambe le facciate di ogni pagina, come in un libro moderno.
«Quam brevis inmensum cepit membrana Maronem! Ipsius vultus prima tabella gerit.»
«Quanto è piccola la pergamena che raccoglie tutto Virgilio! La prima pagina porta il volto del poeta.»
Così si meravigliava Marziale in uno dei suoi epigrammi: l'Eneide da sola avrebbe richiesto almeno quattro o più rotoli.
I codici di cui parlava erano fatti di pergamena; nei distici che accompagnavano il regalo di una copia di Omero, per esempio, Marziale la descrive come fatta di "cuoio con molte pieghe". Ma copie erano anche fatte di fogli di papiro. In Egitto, dove cresceva la pianta del papiro ed era centro della sua manifattura per materiale scrittorio, il codex di tale materiale era naturalmente più comune della pergamena: tra le migliaia di frammenti di scrittura greca e latina rinvenuti tra le sabbie egiziane, circa 550 sono di codici e appena più del 70% di questi sono fatti di papiro.[10] Si presume inoltre che il codice papiraceo fosse maggiormente comune anche fuori dell'Egitto. Quando i greci ed i romani disponevano solo del rotolo per scrivere libri, si preferiva usare il papiro piuttosto che la pergamena. È quindi logico credere che la stessa preferenza venisse usata per il codex quando questo divenne disponibile.
I ritrovamenti egiziani ci permettono di tracciare il graduale rimpiazzo del rotolo da parte del codice. Fece la sua comparsa in Egitto non molto dopo il tempo di Marziale, nel secondo secolo d.C., o forse anche prima, alla fine del I secolo. Il suo debutto fu modesto. A tutt'oggi sono stati rinvenuti 1.330 frammenti di scritti letterari e scientifici greci, databili al primo e secondo secolo; sono tutti su rotolo, eccetto poco meno di venti, appena l'1,5%, su codici. Nel terzo secolo la percentuale aumenta dall'1,5% a circa il 17%; chiaramente il codex stava ottenendo successo. Verso il 300 d.C. la percentuale si alza fino al 50% - una parità col rotolo che si riflette in certe rappresentazioni che mostrano un uomo che tiene in mano un rotolo vicino ad un altro che tiene un codice.[12] Entro il 400 d.C. arriva all'80% e nel 500 a 90%. Il rotolo comunque aveva ancora parecchi secoli davanti a sé, ma solo per documenti; quello che la gente leggeva per piacere, edificazione o istruzione era praticamente tutto su codici.[13]
Papiro e pergamena
I ritrovamenti egiziani gettano luce anche sulla transizione del codex dal papiro alla pergamena. In teoria, in Egitto, terra ricca di pianta di papiro, il codice papiraceo avrebbe dovuto regnar supremo, ma non fu così: il codice di pergamena appare in zona allo stesso tempo di quello di papiro, nel II secolo d.C. Sebbene gli undici codici della Bibbia datati in quel secolo fossero papiracei, esistono circa 18 codici dello stesso secolo con scritti pagani e quattro di questi sono in pergamena.[14] Inoltre, alcune interessanti informazioni vengono fornite da una lettera dell'epoca, rinvenuta in un villaggio egiziano - un figlio scrive al padre che
Deios, a quanto pare un libraio ambulante, voleva vendere una quantità di almeno quattordici codici di pergamena, che interessavano un residente del villaggio egiziano. Il codex tanto apprezzato da Marziale aveva quindi fatto molta strada da Roma.
Nel terzo secolo, quando tali codici divennero alquanto diffusi, quelli di pergamena iniziarono ad essere popolari. Il numero totale di codici sopravvissuti correntemente ammontano a più di cento; almeno 16 di questi sono di pergamena, quindi il 16%. Nel quarto secolo la percentuale si alza al 35% - di circa 160 codici, almeno 50 sono di pergamena - e rimane allo stesso livello nel V secolo. In breve, anche in Egitto, la fonte mondiale del papiro, il codice di pergamena occupava una notevole quota di mercato.[10][15]
Era cristiana
I codici più antichi che sono sopravvissuti fuori dall'Egitto risalgono al quarto e quinto secolo d.C. e sono pochi - diversi per la Bibbia, alcuni di Virgilio, uno di Omero e poco altro. Sono tutti di pergamena, edizioni eleganti, scritti in elaborata calligrafia su sottili fogli di pergamena. Per tali edizioni di lusso il papiro era certamente inadatto.[10]
In almeno un'area, la giurisprudenza romana, il codex di pergamena veniva prodotto sia in edizioni economiche che in quelle di lusso. Titoli di compilazioni celebri, il Codice teodosiano promulgato nel 438, ed il Codice giustinianeo promulgato nel 529, indicano che gli imperatori li facevano scrivere su codici, sicuramente di pergamena dato che erano più duraturi e più capienti e inoltre di ottima qualità, dato che erano prodotti sotto l'egida dell'imperatore. Dall'altro lato, basandoci sulle annotazioni di Libanio, intellettuale del IV secolo che nelle sue molteplici attività faceva anche l'insegnante di legge, si apprende che i libri di testo dei suoi studenti erano codici di pergamena. Le ragioni erano buone: la pergamena poteva resistere a maltrattamenti vari, il codice poteva venir consultato velocemente per riferimenti giuridici, sentenze e giudizi, e così via. La pergamena usata doveva certo essere di bassa qualità, con pelli così spesse da far piegare le ginocchia agli allievi che le trasportavano. Il peso era però un altro fattore d'importanza, per le attività fuori di classe: servivano per le lotte tra studenti e i libri venivano usati al posto dei sassi.[10][16][17]
Manoscritti
La caduta dell'Impero romano nel V secolo d.C., vide il declino della cultura della Roma antica. Il papiro divenne difficile da reperire a causa della mancanza di contatti con l'Antico Egitto e la pergamena, che era stata usata da secoli, divenne il materiale di scrittura principale.
I monasteri continuarono la tradizione scritturale latina dell'Impero romano d'Occidente. Cassiodoro, nel Monastero di Vivario (fondato verso il 540), enfatizzò l'importanza della copiatura dei testi.[18] Successivamente, anche Benedetto da Norcia, nella sua Regula Monachorum (completata verso la metà del VI secolo) promosse la lerttura.[19] La Regola di San Benedetto (Cap. XLVIII), che riserva certi momenti alla lettura, influenzò fortemente la cultura monastica del Medioevo ed è uno dei motivi per cui il clero fu il predominante lettore di libri. La tradizione e lo stile dell'Impero romano predominava ancora, ma gradualmente emerse la cultura peculiare libro medievale.
Prima dell'invenzione e adozione del torchio calcografico, quasi tutti i libri venivano copiati a mano, il che rendeva i libri costosi e relativamente rari. I piccoli monasteri di solito possedevano poche dozzine di libri, forse qualche centinaio quelli di medie dimensioni. Con il IX secolo, le più grandi collezioni contenevano circa 500 volumi e per la fine del Medioevo, la biblioteca papale di Avignone e la biblioteca di Parigi della Sorbona possedevano soltanto 2.000 volumi circa.[20]
Lo scriptorium del monastero era di solito collocato presso la Sala capitolare. La luce artificiale era proibita per paura che potesse danneggiare i manoscritti. Esistevano cinque tipi di scribi:
→ Calligrafi, che si dedicavano alla produzione di libri preziosi |
→ Copisti, che svolgevano la produzione di base e la corrispondenza |
→ Correttori, che raccoglievano e confrontavano il libro finito con il manoscritto da cui era stato prodotto |
→ Miniatori, che dipingevano le illustrazioni |
→ Rubricatori, che dipingevano le lettere in rosso |
Il processo della produzione di un libro era lungo e laborioso. La pergamena doveva essere preparata, poi le pagine libere venivano pianificate e rigate con uno strumento appuntito o un piombo, dopo di che il testo era scritto dallo scriba, che di solito lasciava aree vuote a scopo illustrativo e rubricativo. Infine, il libro veniva rilegato dal rilegatore.[21]
Nell'antichità si usavano differenti tipi di inchiostro, usualmente preparati con fuliggine e gomma, e più tardi anche con noce di galla e solfato ferroso. Ciò diede alla scrittura un colore nero brunastro, ma nero o marrone non erano gli unici colori utilizzati. Esistono testi scritti in rosso o addirittura in oro, e diversi colori venivano utilizzati per le miniature. A volte la pergamena era tutta di colore viola e il testo vi era scritto in oro o argento (per esempio, il Codex Argenteus).[22]Vedi illustrazione a margine
I monaci irlandesi introdussero la spaziatura tra le parole nel VII secolo. Ciò agevolò la lettura, in quanto questi monaci tendevano ad essere meno familiari con il latino. Tuttavia, l'uso di spazi tra le parole non divenne comune prima del XII secolo. Si sostiene che l'uso di spaziatura tra parole dimostra il passaggio dalla lettura semi-vocalizzata a quella silenziosa.[23]
Per le pagine, i primi libri usavano pergamena o vellum (pelle di vitello). Le copertine erano fatte di legno e ricoperte di cuoio. Poiché la pergamena secca tende ad assumere la forma che aveva prima della trasformazione, i libri erano dotati di fermagli o cinghie. Durante il Tardo Medioevo, quando cominciarono a sorgere le biblioteche pubbliche, e fino al XVIII secolo, i libri venivanoo spesso incatenati ad una libreria o scrivania per impedirne il furto. Questi libri attaccati a catena sono chiamati libri catenati.Vedi illustrazione a margine
Dapprima, i libri erano copiati prevalentemente nei monasteri, uno alla volta. Con l'apparire delle università nel XIII secolo, la cultura del manoscritto di quell'epoca portò ad un aumento della richiesta di libri e si sviluppò quindi un nuovo sistema per la loro copiatura. I libri furono divisi in fogli non legati (pecia), che furono distribuiti a differenti copisti e di conseguenza la velocità di produzione libraria aumentò notevolmente. Il sistema venne gestito da corporazioni secolari di cartolai, che produssero sia materiale religioso che laico.[24]
L'ebraismo ha mantenuto in vita l'arte dello scriba fino ad oggi. Secondo la tradizione ebraica, il rotolo della Torah posto nella sinagoga deve esser scritto a mano su pergamena e quindi un libro stampato non è permesso, sebbene la congregazione possa usare libri di preghiere stampati e copie della Bibbia ebraica possano esser utilizzate per studio fuori della sinagoga. Lo scriba ebraico (sofer) è altamente rispettato nell'ambito della comunità ebraica osservante.
Tecniche arabe di stampa
Anche gli arabi produssero e rilegarono libri durante il periodo medievale islamico, sviluppando tecniche avanzate di calligrafia araba, miniatura e legatoria. Un certo numero di città del mondo islamico medievale stabilirono centri di produzione libraria e mercati del libro. Marrakech, in Marocco, ebbe una strada denominata Kutubiyyin, o "venditori di libri", che conteneva più di 100 librerie nel XII secolo; la famosa Moschea Koutoubia è così chiamata a causa della sua posizione in quella strada.[10]
Il Mondo islamico medievale utilizzò anche un metodo di riproduzione di copie affidabili in grandi quantità noto come "lettura di controllo", in contrasto con il metodo tradizionale di uno scriba unico che producva solo una copia unica di un manoscritto unico. Col metodo di controllo, solo "gli autori potevano autorizzare le copie, e questo veniva fatto in riunioni pubbliche, in cui il copista leggeva la copia ad alta voce in presenza dell'autore, il quale poi la certificava come precisa".[25] Con questo sistema di lettura controllata, "un autore poteva produrre una dozzina o più copie di una data lettura, e con due o più letture, più di cento copie di un singolo libro potevano essere facilmente prodotte."[26]
In xilografia, un'immagine a bassorilievo di una pagina intera veniva intarsiata su tavolette di legno, inchiostrata e usata per stampare le copie di quella pagina. Questo metodo ebbe origine in Cina, durante la Dinastia Han (prima del 220 a.C.), per stampare su tessili e successivamente su carta, e fu largamente usato in tutta l'Asia orientale. Il libro più antico stampato con questo sistema è il Sutra del Diamante (868 d.C.).
Questo metodo (chiamato "intaglio" quando lo si usa in arte) arrivò in Europa agli inizi del XIV secolo fu adoperato per produrre libri, carte da gioco e illustrazioni religiose. Creare un libro intero era però un compito lungo e difficile, che richiedeva una tavoletta intagliata a mano per ogni pagina, e le tavolette spesso si crepavano se tenute oltre un certo tempo. I monaci o altri che le scrivevano, venivano pagati profumatamente.[10]
Carattere mobile e incunaboli
L'inventore cinese Bi Sheng fece il carattere mobile di terracotta verso il 1045, ma non esistono esempi sopravvissuti della sua stampa. Intorno al 1450, in quello che viene comunemente considerata come un'invenzione indipendente, Johannes Gutenberg inventò i caratteri mobili in Europa, insieme alle innovazioni sulla fonditura del carattere su matrice e stampo a mano. Questa invenzione gradualmente rese i libri meno costosi da produrre e più ampiamente disponibili.
I primi libri stampati, i singoli fogli e le immagini che furono creati prima del 1501 in Europa, sono noti come incunaboli. Un uomo nato nel 1453, l'anno della caduta di Costantinopoli, poteva guardarsi indietro dal suo cinquantesimo anno di una vita in cui circa otto milioni di libri erano stati stampati, forse più di tutto quello che gli scribi d'Europa avevano prodotto dal momento che Costantino aveva fondato la sua città nel 330 d.C.[27]
Macchine da stampa a vapore diventarono popolari nel XIX secolo. Queste macchine potevano stampare 1.100 fogli all'ora, ma i tipografi erano in grado di impostare solo 2.000 lettere all'ora.
Macchine tipografiche monotipo e linotipo furono introdotte verso la fine del XIX secolo. Potevano impostare più di 6.000 lettere all'ora ed una riga completa di caratteri in maniera immediata.
I secoli successivi al XV videro quindi un graduale sviluppo e miglioramento sia della stampa e sia delle condizioni di libertà di stampa, con un relativo rilassamento progressivo delle legislazioni restrittive di censura. A metà del XX secolo, la produzione libraria europea era salita ad oltre 200.000 titoli all'anno.
Formati dei libri
Basato sull'American Library Association.
I libri a stampa sono ottenuti a partire da un foglio di carta di dimensioni più o meno standard su cui vengono stampate diverse pagine. Le dimensioni del foglio hanno subìto diverse variazioni nel tempo, in base alle capacità delle presse. Il foglio stampato viene poi opportunamente piegato per ottenere una segnatura, costituita da un fascicolo di pagine progressive.
Sulla base del numero di pagine stampate sul foglio e, quindi, del numero di pieghe che il foglio subisce, i formati tradizionali dei libri vengono denominati:
Formato | pieghe | carte | pagine | altezza (cm) |
---|---|---|---|---|
in plano o atlante | - | 1 | 2 | oltre 50 |
in folio | 1 | 2 | 4 | oltre 38 |
in quarto | 2 | 4 | 8 | 28-38 |
in ottavo | 3 | 8 | 16 | 20-28 |
in sedicesimo | 4 | 16 | 32 | 15-20 |
Esistono anche formati intermedi (in decimo, in dodicesimo) o più piccoli (in ventesimo, in trentaduesimo, ecc...) ma sono poco utilizzati.
Le segnature vengono rilegate per ottenere il volume. Il taglio delle pagine, soprattutto nelle edizioni più economiche, era di norma lasciato al lettore fino agli anni quaranta del XX secolo, mentre ora le segnature vengono rifilate direttamente dalla tipografia.
Il termine "tascabile" rappresenta un concetto commerciale e identifica libri economici stampati in dodicesimo o sedicesimo, la cui diffusione, a partire dall'ultimo Ottocento (ma soprattutto nella seconda metà del XX secolo) ha permesso un notevole calo dei prezzi. Sostanzialmente, peraltro - sia per il formato, sia per l'economicità - esso trova precedenti nella storia del libro anteriore alla stampa, già a partire dall'antichità (il "libro che sta in una mano" nel mondo greco: encheiridion, in quello latino i pugillares, nel Medioevo il libro da bisaccia).
Parti di un libro
Aletta
Le "alette" o "bandelle" (comunemente dette risvolti di copertina) sono i risguardi della "sovraccoperta" dove viene solitamente stampata una biografia essenziale dell'autore e una succinta introduzione al testo
Risguardo
Il risguardo all'inizio e alla fine di un libro è un foglio bianco piegato in due parti di cui una è incollata all'interno della copertina, l'altra costituisce la prima o l'ultima pagina del libro.
Carte di guardia
Nel libro antico le "carte di guardia" o "guardie" o "sguardie" sono delle carte che, poste a protezione delle prime pagine stampate o manoscritte che compongono il blocco del testo, introducono materialmente al volume. Riconoscibili per essere realizzate con carta differente da quella dell'interno del volume, possono essere in numero variabile a seconda della struttura che il legatore ha dato loro, e che in genere differisce per ogni tipo di legatura. Si dice "controguardia" la carta che viene incollata sul "contropiatto" (la parte interna del "piatto"), che permette il definitivo ancoraggio della coperta al blocco del testo.
Nel libro moderno è di norma la garza che unisce i fascicoli alla copertina che viene coperta da fogli di carta bianca o colorata, detti "sguardie" che danno unità estetica al volume vero e proprio. Solitamente può essere bianca, colorata o con stampati a fantasia (nei libri antichi era marmorizzata).
La sua utilità pratica è evidente in libri cartonati, dove aiuta a mantenere insieme la coperta rigida al blocco del libro. In presenza di una brossura i risguardi possono mancare del tutto, ma essere simulati con effetti di stampa.
Colophon
Il colophon o colofone, che può seguire il "frontespizio" o chiudere il volume, riporta le informazioni essenziali sullo stampatore e sul luogo e la data di stampa. In origine era costituito dalla firma del copista o dello scriba, e riportava data, luogo e autore del testo; in seguito fu la formula conclusiva dei libri stampati nel XV e XVI secolo che conteneva, spesso in inchiostro rosso, il nome dello stampatore, luogo e data di stampa e l'insegna dell'editore.
Coperta o copertina
Di norma i fascicoli che costituiscono il libro vengono tenuti insieme da un involucro detto appunto '"coperta" o "copertina", è la parte più esterna del libro spesso rigida e illustrata.
Nel libro antico poteva essere rivestita di svariati materiali: pergamena, cuoio, tela, carta e costituita in legno o cartone. Poteva essere decorata con impressioni a secco o dorature.
Nel libro moderno la coperta è costituita da due "piatti" dello stesso formato del libro o di poco superiore (vedi "Unghiatura") e da un "dorso", per le cosiddette copertine rigide ("legature a cartella" o "Bradel" o "cartonato"), oppure da un cartoncino più o meno spesso che opportunamente piegato lungo la linea del dorso abbraccia il blocco delle carte. In quest'ultimo caso si parla di "brossura" e l'"unghiatura" è assente.
Nata con funzioni prettamente pratiche quali la protezione del blocco delle carte e il permetterne la consultabilità, la coperta assume nel tempo funzioni e significati diversi, non ultimo quello estetico e rappresentativo. Nel XIX secolo la coperta acquista una prevalente funzione promozionale.
Con la meccanizzazione e la diffusione dell'industria tipografica vengono introdotti altri tipi di legature e coperte, più economiche e adatte alle lavorazioni automatiche.
Il cartonato si diffonde nel XIX secolo, preferito per economicità, robustezza e resa del colore. Ha caratterizzato a lungo l'editoria per l'infanzia e oggi, ricoperto da una "sovraccoperta", costituisce il tratto caratteristico delle edizioni maggiori.
Modernamente la brossura è un sistema di legatura in cui i fascicoli sono uniti dalla cosiddetta "legatura fresata", in cui le segnature vengono fresate dal lato verso il dorso del volume e i foglietti liberati incollati gli uni agli altri.
Dorso
Il "dorso" o "costa" o "costola" del libro è la parte della copertina che copre e protegge le pieghe dei fascicoli, visibile quando il volume è posto di taglio (ad esempio su una scaffalatura). Riporta solitamente titolo, autore, e editore del libro.
Ex libris
L'"ex libris" è un foglietto che veniva incollato all'interno della copertina di un libro per indicarne, con uno stemma araldico o un'immagine simbolica, il proprietario. Sovente riportava un motto.
Fascetta
Nel libro moderno, la "fascetta" è la striscia di carta, applicata trasversalmente alla copertina del libro, utilizzata per riportare slogan pubblicitari destinati a sottolineare il successo del libro. Assente nel libro antico.
Frontespizio
Il "frontespizio" è la pagina, di solito all'inizio della pubblicazione, che presenta le informazioni più complete sul volume. Introdotto alla fine del Quattrocento, il frontespizio prese forma di componimento poetico, tipo occhietto o esplicativo, e si arricchì di elementi decorativi come cornici e vignette ottenute per xilografia. Nei secoli successivi si fa più prolisso e più vario e vi compaiono indicazioni di carattere pubblicitario. In epoca moderna, con l'introduzione del cartonato, le decorazioni e parte delle informazioni si sono trasferite sulla copertina. I primi incunaboli e manoscritti non avevano il frontespizio, ma si aprivano con una carta bianca con funzione protettiva.
Nervi
Nel libro antico i "nervi" sono i supporti di cucitura dei fascicoli generalmente in corda, cuoio, pelle allumata o, più recentemente, fettuccia. I nervi possono essere lasciati a vista (e messi in evidenza attraverso la "staffilatura"), oppure nascosti in modo da ottenere un dorso liscio. Nel libro moderno i nervi sono di norma finti, apposti per imitare l'estetica del libro antico e conferire importanza al libro.
Occhietto
L'"occhietto" è una pagina con un titolo (spesso della serie o collana) che precede il frontespizio. Nei libri suddivisi in più parti, si possono avere occhietti intermedi[28].
Piatto
Il "piatto" è uno dei due cartoni che costituiscono la copertina.
Prima di copertina
La "prima di copertina" o "piatto superiore" è la prima faccia della copertina di un libro. Di norma, riporta le indicazioni di titolo e autore.
Quarta di copertina
La quarta di copertina o piatto inferiore è l'ultima faccia della copertina, viene usata oggi a scopo promozionale. Solitamente riporta note sull'opera e sull'autore, nonché il codice ISBN e il prezzo del volume (se non è indicato nel risvolto di copertina).
Sovraccoperta
I libri con copertina cartonata in genere sono rivestiti da una "sovraccoperta". In tal caso, è sulla parte esterna di quest'ultima (oltre che sui due risvolti della medesima) che vengono riportati tutti i dati relativi all'opera mentre il dorso della copertina ne riporta solamente quelli essenziali.
Taglio
Il "taglio" è la superficie dei fogli che risulta visibile in un volume chiuso; i tagli sono detti "superiore" o di "testa", "davanti" o "concavo" e "inferiore" o "piede". Dal punto di vista industriale, il taglio di testa è, con la cucitura, il lato più importante di un libro in quanto determina il registro frontale della macchina da stampa. I tagli possono essere al naturale, decorati o colorati in vario modo. In questi ultimi casi, si parla di "taglio colore", nel passato usati per distinguere i libri religiosi o di valore dalla restante produzione editoriale.
Unghiatura
L'unghiatura o unghia o cassa è la parte dei piatti che sporge oltre il margine dei fogli. Deve il suo nome alla possibilità di aprire il libro grazie, appunto, all'uso della punta del dito facendo leva sull'unghiatura.[senza fonte] Questa è anche realizzata nelle segnature (fogli piegati) per facilitare la raccolta o l'assemblaggio di un opuscolo.
Note
- ^ Amedeo Benedetti, Il libro. Storia, tecnica, strutture. Arma di Taggia, Atene, 2006, p. 9.
- ^ Book, su dictionary.reference.com, Dictionary.com. URL consultato il 05/06/2012.
- ^ Cfr. Northvegr - Holy Language Lexicon: B archiviato 03/11/2008 dall'originale (EN)
- ^ Leila Avrin. Scribes, Script and Books, p. 173.
- ^ Bernhard Bischoff, Latin palaeography antiquity and the Middle Ages, Dáibhí ó Cróinin, Cambridge, Cambridge University Press, 1990, p. 11, ISBN 0-521-36473-6.
- ^ Leila Avrin, Scribes, script, and books: the book arts from antiquity to the Renaissance, New York, New York, American Library Association; The British Library, 1991, p. 83, ISBN 9780838905227.
- ^ Dard Hunter, Papermaking: History and Technique of an Ancient Craft New ed. Dover Publications 1978, p. 12 (EN)
- ^ Cfr. Leila Avrin, Scribes, Script and Books, pp. 144–145.
- ^ The Cambridge History of Early Christian Literature, curatori Frances Young, Lewis Ayres, Andrew Louth, Ron White. Cambridge University Press 2004, pp. 8–9 (EN)
- ^ a b c d e f g Cfr. Lionel Casson, Libraries in the Ancient World, Yale University Press (2002), passim (EN)
- ^ *Titolo dell'opera: Commentarii in Somnium Scipionis.
- Autore: Macrobius Ambrosius Theodosius (copiato da uno scriba anonimo).
- Produzione: Pergamena, 50 ff.; 23.9 × 14 cm; Francia meridionale.
- Data: circa 1150.
- Fonte: Copenhagen, Det Kongelige Bibliotek, ms. NKS 218 4º.
- ^ Cfr. Raffaele Garrucci, Storia dell'arte cristiana nei primi otto secoli della chiesa (1873), su L. Casson, op. cit., p. 128.
- ^ Ibidem, p. 127-28.
- ^ Le prime copie della Bibbia esistenti datano verso il secondo secolo o inizio del terzo d.C. Solo codici venivano usati dai cristiani per far copie delle Sacre Scritture e anche per altri scritti religiosi. Gli undici codici biblici di questo periodo (sei con la Septuaginta e cinque con parti del Nuovo Testamento) sono su codici. Cfr. Colin H. Roberts e T.C. Skeat, The Birth of the Codex, OUP Oxford (1983), pp. 38-44. ISBN 978-0-19-726024-1.
- ^ a b Citato da U. Hagedorn et al., Das Archiv des Petaus, Colonia (1969) nr. 30 (ted.); cfr. anche Van Haelst, "Les origines du codex" pp. 21-23, su A. Blanchard (cur.), Les débuts du codex, Turnhout (1989) (FR) . Ritrovamenti del III secolo: 105 di cui 15 sono codici greci di pergamena e 2 latini di pergamena; IV secolo: 160 di cui 56 in pergamena; V secolo: 152 di cui 46 in pergamena. Cfr. anche W. Willis su Greek, Roman, and Byzantine Studies (1968), p. 220 (EN)
- ^ Cfr. Libanio, Orationes 4.18, 58.5.
- ^ Cfr. A. Norman su Journal of Hellenic Studies, 80 (1960)
- ^ Cfr. Leila Avrin. Scribes, Script and Books, pp. 207–208.
- ^ Theodore Maynard. Saint Benedict and His Monks. Staples Press Ltd 1956, pp. 70–71 (EN)
- ^ Cfr. Martin D. Joachim, Historical Aspects of Cataloguing and Classification, Haworth Press (2003), p. 452.
- ^ Cfr. Edith Diehl, Legatoria: gli antecedenti e Tecnica, Dover Publications (1980), pp 14-16.
- ^ Cfr. Bernhard Bischoff. Latin Palaeography, pp. 16–17.
- ^ Cfr. Paul Saenger, Space Between Words: The Origins of Silent Reading, Stanford University Press (1997) (EN)
- ^ Cfr. Bernhard Bischoff, Latin Palaeography, pp. 42–43.
- ^ Edmund Burke, Islam at the Center: Technological Complexes and the Roots of Modernity, in Journal of World History, vol. 20, n. 2, Giugno 2009, pp. 165–186 [43], DOI:10.1353/jwh.0.0045.
- ^ Edmund Burke, Islam at the Center: Technological Complexes and the Roots of Modernity, in Journal of World History, vol. 20, n. 2, Giugno 2009, pp. 165–186 [44], DOI:10.1353/jwh.0.0045.
- ^ Cfr. Clapham, Michael, "Printing" in A History of Technology, Vol 2. From the Renaissance to the Industrial Revolution, (curatori) Charles Singer et al. (Oxford 1957), p. 377. Citato da Elizabeth Eisenstein, The Printing Press as an Agent of Change (Cambridge University, 1980).
- ^ "l'occhietto, ossia una pagina che reca un titolo (ed eventualmente altre informazioni) ma che accompagna, sul recto della carta precedente, un frontespizio con dati più completi", estratto da REICAT : regole italiane di catalogazione a cura della Commissione permanente per la revisione delle regole italiane di catalogazione, Roma, ICCU, 2009
Bibliografia
- Lorenzo Baldacchini. Il libro antico. Carocci, 2001. ISBN 88-430-0340-2.
- Lionel Casson, Libraries in the Ancient World, Yale University Press, 2002 (EN) . ISBN 978-0-300-09721-4.
- ________, Biblioteche del mondo antico, Sylvestre Bonnard (2003). ISBN 978-88-86842-56-3.
- Amedeo Benedetti. Il libro. Storia, tecnica, strutture. Arma di Taggia, Atene, 2006. ISBN 88-88330-29-1.
- Enrico Mistretta, L'editoria - un'industria dell'artigianato. Il Mulino, Bologna, 2008. ISBN 978-88-15-11301-6.
- Umberto Eco e Jean-Claude Carrière, Non sperate di liberarvi dei libri, Saggi Bompiani, 2009. ISBN 978-88-452-6215-9.
Voci correlate
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