Roberto Farinacci
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Roberto Farinacci (Isernia, 16 ottobre 1892 – Vimercate, 28 aprile 1945) è stato un politico e giornalista italiano. È stato segretario del Partito Nazionale Fascista.
Biografia
La giovinezza socialista e l'interventismo
Figlio di un commissario di pubblica sicurezza, a otto anni seguì la famiglia al nord, a Tortona in Piemonte prima, quindi a Cremona. Lasciò presto la scuola per cercarsi un lavoro, che trovò all'età di 17 anni nelle ferrovie di Cremona[1]; restò ferroviere per 12 anni. Si avvicinò giovanissimo alla politica e si occupò della riorganizzazione del sindacato contadino socialista di cui divenne molto esperto[2]. Iniziò a scrivere sul giornale locale "L'Eco del Popolo" e nel 1913 fondò il circolo giovanile "Roberto Ardigò"[3]. In questo periodo militò nella corrente riformista di Leonida Bissolati[4]. Nel 1914 passò al settimanale socialista "La Squilla" che si caratterizzava per la battaglia a favore dell'interventismo[5][6]. L'eloquenza di Farinacci affascinava i giovani, i grezzi, gli umili, per le sue umili origini, il suo cipiglio aggressivo, la sua baldanza moschettiera, la sua eloquenza imperfetta (i fogli satirici lo chiamavano "l'antigrammatico")[7]. Il suo principale avversario divenne il deputato cattolico Guido Miglioli che all'epoca guidava le leghe bianche della provincia[8][9][10] e che nel 1919 aderì poi Partito Popolare Italiano.
Allo scoppio della guerra fu esonerato dal servizio militare poiché le ferrovie non intendevano sguarnire il personale viaggiante sui treni e anche le continue richieste di partire volontario per il fronte furono respinte[11][12][13]. Le difficoltà ad arruolarsi gli attirarono l'ilarità degli avversari politici come il Becco Giallo che in una vignetta satirica lo salutò come il "pluridecorato di guerra". Solo nel 1916 riuscì a farsi assegnare come volontario[14][15][16] al fronte nel genio telegrafisti dove restò un anno venendo decorato con una croce di guerra e ottenendo la promozione sul campo a caporale[17]. Nel marzo 1917, a causa di una legge che richiamava in servizio il personale viaggiante sui treni fu congedato e riassegnato alle Ferrovie dello Stato[18]. Alla fine della guerra iniziò a collaborare con Il Popolo d'Italia di Benito Mussolini come corrispondente da Cremona, poi abbandonò il gruppo socialista di Bissolati figura di politico che ancora anni dopo Farinacci definirà "anima nobile di apostolo, non di politico[19].
L'adesione ai Fasci
Vicino a Mussolini, come esponente dell'"Unione socialista italiana"[20], nel marzo 1919 prese parte alla riunione di piazza san Sepolcro[21][22][23] e l'11 aprile 1919, con un gruppo di arditi, fondò il Fascio di Combattimento di Cremona[24]. Intanto riprese gli studi e riuscì a conseguire in breve tempo la licenza liceale grazie a sessioni di esami apposite per reduci di guerra[25][26] e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Modena[27]. Accantonata, per opportunità politica, la tesi di laurea che aveva scritto[28], si laureò in Giurisprudenza con una tesi "Le obbligazioni naturali dal punto di vista della filosofia del diritto e del diritto civile" acquistata da un altro studente[29].
Il 5 gennaio 1920, il vecchio battagliero foglio socialista "La Squilla", di cui nel frattempo Farinacci era divenuto direttore, cambiò nome in "La voce del popolo sovrano" e cambiò area di riferimento rivolgendosi alle "forze della nazione equilibrate e sane"[30] e il neocostituito sindacato fascista dei ferrovieri di Cremona, controllato da Farinacci, ottenne alte adesioni tanto che già nel gennaio 1920 fu in grado di far fallire i primi scioperi nella provincia[31]. Il 5 settembre 1920 al teatro Politeama Verdi di Cremona Mussolini indisse il congresso regionale dei Fasci di combattimento come segno di apprezzamento per l'attività svolta da Farinacci[32][33]. Alla manifestazione partecipò lo stesso Mussolini che giunse in città dopo un viaggio avventuroso dovendo eludere i picchetti degli scioperanti[34]. Il giorno seguente il 6 settembre sempre a Cremona, vi fu una manifestazione pro-Russia con tremila socialisti e una contromanifestazione con 300 fascisti. In piazza Roma, si verificò uno scontro armato dove si registrarono due morti, il fascista Vittorio Podestà e il reduce Luciano Priori (cinque i feriti). Farinacci e Sigfrido Priori, fratello dell'ucciso furono trattenuti in stato di arresto per alcuni giorni[35]. Ai funerali parteciparono circa 10.000 persone. Farinacci scrisse: “Dell'Italia ufficiale oggi sentiamo profondamente schifo. Armiamoci”.[36] Furono mesi di scontri continui (2 morti, 20 feriti, 181 arresti), che proseguirono sino alla tregua agraria dell'estate.[37]
La breve stagione parlamentare
Alle elezioni politiche italiane del 1921 fu eletto alla Camera dei deputati insieme ad altri trentaquattro fascisti[38]. Alla prima seduta della Camera il 13 giugno Farinacci prese parte all'aggressione contro il deputato comunista Francesco Misiano, particolarmente inviso ai fascisti per aver disertato la chiamata alle armi ed essere fuggito all'estero. Farinacci gli strappò la pistola che portava sotto la giacca e la consegnò a Giovanni Giolitti argomentando:"Non posso prenderla, non ho il porto d'armi"[39]. Operò, insieme ad Achille Starace per una massiccia campagna di propaganda nel Trentino-Alto Adige. L'anno seguente però la sua elezione fu invalidata, insieme a quella di Grandi e Bottai, poiché al momento dell'elezione sotto l'età minima che era di trentanni[40][41]. Dal suo giornale Cremona Nuova fondato proprio nel 1922 minacciò gli avversari politici che ne avevano provocato l'allontanamento dal Parlamento:"Voi mi cacciate da quest'aula, ma io vi caccerò dalle piazze d'Italia"[42].
Il Ras di Cremona
La lotta contro le leghe
Nonostante l'interesse che i Fasci riscossero preso le organizzazioni agrarie, Farinacci operò in modo che lo squadrismo non ne apparisse mai come il braccio armato[43] criticando invece il Fascio di Padova troppo vicino alle posizioni agrarie[44]. Pur perdurando l'ostilità nei confronti di Guido Miglioli che guidava le leghe bianche, almeno per tutta la prima metà del 1921, le squadre d'azione non parteciparono agli scontri con i leghisti cattolici che erano concentrati presso Soresina[45]. Farinacci infatti preferì occuparsi principalmente della diffusione capillare dei Fasci in tutti i centri[46]. Al 31 maggio 1921 risultavano attivi 16 Fasci con circa cinquemila iscritti[47].
Gli agguerriti leghisti bianchi di Miglioli che avevano il proprio feudo a Soresina il 10 marzo 1922 stipularono un'intesa con i ben più tiepidi massimalisti socialisti della provincia[48] con l'obiettivo di "difendere e riconquistare i diritti dei lavoratori organizzati"[49]. Una delle prime azioni della nuova intesa fu quella di celebrare la festività del 1° maggio. Farinacci, conosciuto a questo punto anche come il ras di Cremona ne impedì lo svolgimento in diverse località e a Cremona pretese di poter parlare dal palco organizzato dalle due leghe unite così le forze dell'ordine per evitare disordini preferirono spostare la manifestazione al 7 maggio[50]. La celebrazione riuscì soltanto a Soresina e a Crema, in quest'ultima località il corteo si snodò fin davanti alla chiesa nello sventolio di bandiere rosse associate a quelle bianche[51]. La fusione tra le due leghe rimase un fatto isolato e fu vista però con molto disagio dal Partito Popolare e dal Partito Socialista[52].
Le squadre d'azione, che nel 1922 si erano nel frattempo alleate con gli agrari, dato anche l'alto numero di adesioni, erano avvantaggiate nel favorire i propri tesserati. Infatti, fortemente indebolite le altre organizzazioni sindacali, solo i sindacati fascisti erano in grado di garantire la pace sociale[53]. Nel frattempo al maggio 1922 il numero dei Fasci era salito a 107, mentre i tesserati erano oltre trentunomila[54].
Lo scontro con le amministrazioni socialiste
Il 3 luglio 1922 le squadre d'azione occuparono il Municipio di Cremona e Farinacci si autoproclamò sindaco[55] facendo issare sul balcone il gagliardetto fascista[56]. Il sindaco Giuseppe Gandolfi che l'anno precedente, dopo le dimissioni di Tarquinio Pozzoli aveva rifiutato di ricoprire la carica[57] fu commissariato[58].
Sempre alla guida delle squadre d'azione[59], il 3 e il 4 agosto 1922 le squadre di Farinacci presero parte a Milano all'occupazione di Palazzo Marino da cui fu cacciata l'amministrazione socialista e poi alla fallita azione a Parma[60]. Le azioni squadriste del periodo contro gli avversari politici, come rilevò lo stesso Farinacci erano solitamente "rappresaglie"[61], infatti come da lui stesso schematicamente ricostruito avveniva l'"uccisione proditoria di un fascista, rappresaglia dei fascisti, funerali solenni del caduto, conflitto durante i funerali, nuove rappresaglie"[62]. Per esempio a Rivarolo l'8 aprile 1921 membri delle leghe rosse distrussero tutti i vigneti tagliando tutte le viti nei campi di proprietari considerati simpatizzanti del PNF e la notte stessa le squadre d'azione occuparono la sede della cooperativa rossa e dopo averla distrutta, utilizzando le liste degli iscritti lì rinvenute, si recarono nelle abitazioni dei dirigenti per percuoterli[63]. Ciononostante lo stesso Farinacci riconobbe gli eccessi delle reazioni squadriste:"Certo, gli eccessi dei fascisti furono molti e molto dolorosi; e noi possiamo accettere per vera anche la fosca amplificazione che delle spedizioni punitive fu fatta dai capi del partito socialista ufficiale".[64]
Intanto il patto di pacificazione a Roma, sottoscritto da fascisti e socialisti ai primi di agosto fu contestato da Farinacci che lo definì "un oltraggio alla memoria dei nostri morti" e dal quel momento assunse la leadership dello squadrismo più intransigente[65][66] e dal vecchio settimanale fondò un nuovo quotidiano "Cremona nuova"[67]. Gli assalti contro le cooperative rosse, nonostante che Mussolini ricercasse più moderazione, continuarono[68] e le stesse forze dell'ordine in data 16 settembre lo avessero ufficialmente diffidato dal contestare i deputati Garibotti e Miglioli[69].
La presa di Cremona
La notte tra il 27 ottobre e 28 ottobre 1922, ancora prima che iniziasse ufficialmente la Marcia su Roma, le squadre cremonesi di Farinacci si mossero per occupare i punti strategici della città[70][71][72]. Davanti alla Prefettura, durante l'assalto gli squadristi furono accolti a fucilate dal palazzo ma Farinacci ordinò di non retrocedere e di non rispondere al fuoco: "Fermi, non sparate, sono colpi a salve"[73] ma lo squadrista Antonio Vicini, fondatore del Fascio di Vicomascano, che era al suo fianco cadde colpito a morte[74][75][76]. In tutto vi furono una decina di caduti tra gli squadristi[77][78]. Il giorno seguente, l'assalto fu rinnovato e gli squadristi penetrarono nella Prefettura Farinacci raggiuse l'ufficio del colonnello Petrini decise di rassegnare i poteri. Dal balcone del palazzo Farinacci annunciò la vittoria[79][80] e il colonnello Petrini, che comandava il locale presido, gli consegnò ufficialmente la città[81].
Lo squadrismo, del resto, ben si addiceva al carattere sanguigno di Farinacci, che pur essendo indubbiamente più che portato per la politica, la interpretava comunque con riferimenti di fisicità che sollecitavano il lato violento del regime. Non soddisfatto del fascismo al potere, numerosi furono i suoi richiami ad una "seconda ondata" rivoluzionaria[82][83] che avrebbe dovuto spazzare immediatamente i residui dello Stato liberale[84]. In questa sua critica non esitò ad attaccare anche i simboli del costituito regime che a suo avviso avevano imborghesito il fascismo come Gabriele D'Annunzio il quale rispose dandogli del "goffo turiferario"[85]. Le prese di posizioni di Farinacci, che marcavano una netta distanza da Mussolini[86], lo resero inviso al Duce che lo allontanò dal Gran Consiglio del Fascismo, allora Farinacci si dimise da console generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale[87]. Infatti, con l'intento di istituzionalizzarle e di porle sotto stretto controllo dal 1º febbraio 1923 nella Milizia erano confluite tutte le squadre d'azione. Farinacci iniziò a guidare la corrente più intransigente legata alle squadre, chiamata anche dei "terribilisti"[88]. Il quadrumviro Emilio De Bono lo avvertì che rischiava l'accusa di "ammutinamento" e il deferimento al tribunale[89][90].
Lo storico Giordano Bruno Guerri distinse tra due anime, quella di sinistra del fascismo che solitamente faceva capo ai leader dello squadrismo, che voleva portare a termine la "Rivoluzione fascista"[91] e l'anima di destra che invece puntava ad un ristabilimento dell'ordine secondo i dettami conservatori[92].
La segreteria nazionale
Farinacci fu eletto nuovamente il 6 aprile 1924 nelle elezioni politiche italiane del 1924[93]. Il 30 maggio, all'apertura della Camera, fu tra i parlamentari che più volte interruppero il discorso di Giacomo Matteotti[94] nel corso del quale accusò i fascisti di aver vinto le elezioni con brogli elettorali. Nel periodo in cui Matteotti sparì e ancora nulla si sapeva sulla sua reale fine fu tra coloro che maggiormente sostennero Mussolini[95][96]. Farinacci, nel momento in cui Mussolini si sentiva perso passo al contrattacco contro l'opposizione[97] che ne richiedeva le dimissioni come più tardi rievocò:
Quando verso settembre la situazione iniziò a stabilizzarsi e Mussolini senti di aver ripreso le redini invitò Farinacci a moderare i discorsi:"Devi agitare non un ulivo, ma un'intera foresta di ulivi"[99]. Per Farinacci, auspicante una nuova ondata rivoluzionaria[100], però la sfida con le opposizioni aventiniane andava chiusa "se non è sufficiente la scopa, si adoperi la mitragliatrice"[101] e appoggiò il 31 dicembre i trentatre consoli della MVSN che incontrarono Mussolini garantendo la propria fedeltà ma reclamando una svolta politica. Fu la vittoria dell'estremismo farinacciano, infatti il 3 gennaio 1925 Mussolini in Parlamento si assunse la responsabilità morale dell'omicidio Matteotti e varò le cosiddette leggi fascistissime con cui avvio il nuovo Regime.
Il 12 gennaio Farinacci fu nominato segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista e, soddisfacendo gli estremisti[102], pose un freno all'assalto alle cariche che era avvenuto negli anni precedenti[103]. Nel frattempo il suo giornale "Cremona Oggi" cambiò nome diventando "Il Regime Fascista", l'unico giornale fascista insieme al Popolo d'Italia, e spesso in dissenso, a raggiungere la tiratura nazionale[104][105]. Ottenne inoltre la gestione della Cassa di Risparmio Lombarda in alcuni casi favorendo degli amici[106].
Il 30 agosto 1925, accompagnato da Italo Balbo, si recò a Forlì per compiere un gesto di grande importanza propagandistica: la fondazione di Predappio Nuova, allo scopo di celebrare il luogo natale di Benito Mussolini. Tutto questo non sanava una contrapposizione che sempre avrebbe diviso Farinacci dal suo Duce, che egli riconosceva come capo, stimava e amava, ma cui rimproverava (anche pubblicamente, e non solo per propaganda) di essere eccessivamente liberale e morbido, costantemente ponendoglisi in controscena nel produrre proposte "più decise" ogni volta che Mussolini gli pareva poco incisivo.
Nel marzo 1926 dopo l'arresto degli assassini di Matteotti, nonostante che Mussolini non volesse che al processo di Chieti venisse dato ampio risalto[107], Farinacci assunse la difesa di Amerigo Dumini. Farinacci rendendo il processo politico dichiarò:"Il processo non si farà al regime, si farà alle opposizioni"[108]. Gli assassini di Matteotti furono condannati a pene lievi ma già il 30 marzo 1926 Farinacci fu costretto alle dimissioni[109].
Il ritorno a Cremona
Dopo le dimissioni da segretario ritornò a Cremona dove svolse l'attività di avvocato ottenendo notevoli guadagni[110] grazie probabilmente anche alla posizione che ricopriva[111], e scrivendo numerose lettere a Mussolini dove lanciava critiche ai più svariati aspetti del regime[112][113], cui Mussolini solitamente op non rispose o rispose con poche righe[114]. Intanto "Il Regime Fascista" cui si dedicò attivamente arrivò a vendere 150mila copie[115] e le posizioni intransigenti espresse coagularono intorno a Farinacci le simpatie dei fascisti più intransigenti che sognavano un ritorno al fascismo delle origini[116]. Nacque anche la tentazione di fare di Farinacci una sorta di "antiduce" da contrapporre al moderato Mussolini[117][118], tanto che quando il 31 ottobre 1926 Mussolini subì a Bologna un attentato dall'anarchico Anteo Zamboni si diffuse la falsa notizia che Farinacci potesse esserne stato l'ispiratore[119]. Le critiche che Farinacci riportava sul giornale nei confronti di numerosi gerarchi gli valsero il nomignolo di "suocera del regime"[120]. Gli articoli sul giornale gli alienarono le simpatie degli altri gerarchi e provocarono non poche tensioni[121].
Le sue posizioni anticlericali[122] crearono anche alcuni intoppi nel lavoro diplomatico che il regime andava intessendo con la Chiesa cattolica per l'elaborazione del Concordato che sarebbe stato poi sottoscritto nel 1929. Il suo giornale fu successivamente di tanto in tanto oggetto di censure, sequestri, ammonimenti. E forse anche per gli attacchi a Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, del quale insinuò senza prove che avesse ottenuto finanziamenti occulti per "il Popolo d'Italia".
Lo scandalo Belloni
Nel 1928, dalle colonne de "Il Regime Fascista", dopo aver acquisito un memoriale scritto da Carlo Maria Maggi, precedente federale di Milano accusò Ernesto Belloni, podestà di Milano, come responsabile di pubbliche malversazioni. Insieme al podestà fu accusato anche il federale fascista Mario Giampaoli, la cui vita di lussi era ulteriormente impreziosita dalla passione per il gioco d'azzardo. Secondo le accuse Belloni aveva costruito una fitta rete di rapporti "privilegiati" con industriali e affaristi sino al punto di essersi garantito una maxi-tangente ritagliata da un colossale prestito erogato al comune di Milano (circa 30 milioni di dollari degli anni venti).
La vicenda suscitò immediatamente un certo nervosismo da parte di Mussolini, che la seguiva attentamente, conscio della potenziale grave lesione all'immagine del nuovo stato fascista inviò Achille Starace per condurre le indagini e risolvere la situazione. La pubblicazione delle notizie aveva destato anche l'attenzione della magistratura che aprì nel settembre 1930 un pubblico processo (che avrebbe confermato le accuse). Mussolini nel frattempo destituì Giampaoli prima del processo, ma anche Maggi fu allontanato.
Il ritorno in politica
Con la nomina a segretario nazionale del PNF di Achille Starace Farinacci terminò la propria opposizione a Mussolini dedicandosi esclusivamente all'attività forense e allo sport come la scherma e le Mille Miglia[123]. Con la battaglia del grano Cremona fu una delle provincie italiane ad ottenere i migliori risultati[124]. Curiosamente in questo periodo Farinacci si caratterizzò per la propria opposizione al Nazionalsocialismo di Adolf Hitler che di lì a poco assunse in Germania il potere[125]. Nel gennaio 1935 Mussolini decise di riportare Farinacci nella politica e lo reintegrò nel Gran Consiglio del Fascismo[126].
Con la guerra d'Etiopia, "il selvaggio Farinacci" (com'era affettuosamente chiamato dai suoi fedelissimi) partì volontario della Milizia con la squadriglia "La Disperata" di Galeazzo Ciano. Durante un volo aereo perse la rotta e dovette atterrare in territorio nemico finchè non fu recuperato da Bruno Mussolini[127], fu decorato con la medaglia d'argento al valor militare[128]. Raggiunse il grado di generale. Durante il lancio di una bomba a mano perse la mano destra, non si seppe mai se durante un'azione bellica o per un incidente occorsogli mentre pescava in un laghetto africano[129] ma fu comunque considerata come ferita bellica e ne ottenne un vitalizio (devoluto però in opere di beneficenza). Fu comunque soprannominato da Ettore Muti "martin pescatore"[130] [131].
Nel 1937 fu inviato presso Francisco Franco direttamente da Mussolini come osservatore militare in Spagna durante la guerra civile spagnola, le sue relazioni furono tecnicamente assai lucide, delineando un quadro prospettico alquanto critico[132]. Durante la guerra di spagna, venuto a contatto diretto con i tedeschi e l'ideologia nazionalsocialista e in parte aderì alle teorie razziste tanto che rientrato in Italia entrò in contatto con Giovanni Preziosi e la sua rivista "La vita italiana"[133]. L'adesione alle teorie razziali tedesche da parte di Farinacci non è totale infatti nei tedeschi lui vede principalmente gli apportatori di una nuova ideologia più pura da contrapporre al fascismo italiano ormai imborghesito[134] e il razzismo diventa il pegno da pagare[135]. Cionostante continuò a tenere al proprio fianco la sua segretaria Jole Foà che era ebrea[136][137]. La sottoscrizione del patto d'acciaio fu la vittoria di Farinacci ormai soprannominato "Il tedesco"[138].
Secondo alcuni, Mussolini avrebbe deciso di sfruttare queste aperture di Farinacci per affidargli i ruoli impopolari dell'introduzione delle leggi razziali fasciste nel 1938. Secondo altri, Farinacci, che era stato tra i firmatari del Manifesto della razza, avrebbe premuto per potersene occupare, convinto della loro opportunità politica.
La guerra
Farinacci fu un convinto sostenitore della necessità di entrare in guerra[140][141] tesi che sostenne anche il 7 dicembre 1939 nella penultima riunione del Gran Consiglio del Fascismo attirandosi l'inimicizia di Balbo, Grandi e di Badoglio[142]. Quando poi la guerra fu dichiarata, Farinacci prese parte alla campagna di Francia.
Il 22 febbraio 1941 fu inviato in Albania, come Ispettore generale della Milizia, quì, appoggiato anche da Pietro Cavallero, accusò Pietro Badoglio di essere il principale responsabile della pessima campagna bellica[143]. Caduto nuovamente in disgrazia, anche perché non rinunciava mai ad eccedere nei giudizi, fece ritorno a Cremona dove dal suo giornale ricominciò a lanciare critiche alla gestione della guerra e a Mussolini provocando così ripetuti sequestri del quotidiano[144]. Passò gran parte del periodo bellico a Cremona muovendosi poi per recarsi a Roma al Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943.
Venuto in giugno a conoscenza di un complotto ordito da ambienti filo-monarchici per sostituire Mussolini, avvertì il Duce il quale però non reagì[145]. La mancanza di reazione di Mussolini lo convinse che fosse necessario provvederne alla sostituzione, opinione che confermò lo stesso 16 luglio ad altri gerarchi[146]. Il 21 luglio mostrò a Mussolini un ulteriore foglietto in cui il generale Cavallero gli confermava le manovre dei congiurati:"Caro Farinacci, fai sempre maggiore attenzione. Grandi e C. congiurano per scalzare Mussolini ma il loro gioco sarà in qualche modo vano, perché la Real Casa, con Acquarone, conduce la lotta per conto proprio e li giocherà tutti"[147].
Il 25 luglio 1943, nel corso della riunione del Gran Consiglio del Fascismo si oppose all'ordine del giorno Grandi e presentò una propria mozione in cui sostanzialmente proponeva le medesime cose contenute nella mozioni Grandi ma con l'obiettivo, invece di consegnare il comando delle forze armate al Re, direttamente ai tedeschi[148]. Pronunciò quindi il proprio discorso in cui riaffermò la propria fedeltà a Mussolini e al fascismo[149] e respinse anche la proposta di Ciano di unificare le due mozioni[150]. La vittoria della mozione Grandi rese inutile la proposta di Farinacci che non fu nemmeno discussa in quanto ormai superata[151]. La stessa sera si rifugiò nell'ambasciata tedesca e il giorno successivo fu trasferito a Monaco.
La Repubblica Sociale
Probabilmente i tedeschi, prima di insediare Mussolini alla guida della Repubblica Sociale Italiana pensarono a Farinacci come capo della Repubblica Sociale Italiana ma poi lo lasciarono in disparte[152] e non ricoprì alcun incarico[153][154]. Pertanto ritornò al proprio giornale a Cremona dove riprese ad attaccare i propri avversari[155]. Per tutta la durata della Repubblica Sociale Farinacci non subì alcun attentato partigiano anche se fu spesso additato come un nemico[156] essendo chiaro che pur non avendo alcuna influenza sul governo di Mussolini non avrebbe mai rinnegato il fascismo[157]. Esperto giornalista favorì la nascita del giornale La "Crociata Italica" di don Tullio Calcagno.
La fucilazione
Il 25 aprile 1945 il vecchio avversario Guido Miglioli volle incontrarlo per offrirgli la resa, ma Farinacci si rifiutò: "Non siamo ancora alla fine"[158].
In seguito allo sfaldarsi della Repubblica Sociale per l'avanzata degli alleati, Farinacci lasciò Cremona il 27 aprile 1945 diretto in Valtellina[159][160][161] insieme a un manipolo di fedeli, ma giunto nei pressi di Bergamo decise di staccarsi dalla colonna per recarsi a Oreno insieme alla marchesa Carla Medici del Vascello[162]. Il cambio di percorso fu fatale poiché a Beverate la macchina fu investita dal fuoco di una pattuglia partigiana e Farinacci fu catturato[163][164]. L'autista rimase fulminato mentre la marchesa morì alcuni giorni dopo per le ferite riportate[165].
Il giorno dopo, il 28 aprile, Farinacci fu sommariamente processato in una sala del Comune di Vimercate [166][167] in cui anche alcuni colpi di fucile furono esplosi in aria[168]. Farinacci tentò una difesa: "Portatemi a Cremona. Là vi diranno che ho fatto del bene e che bisogna liberarmi"[169]. I giudici esitarono nel pronunciare la condanna a morte[170], infatti i rappresentanti della Democrazia Cristiana e del Partito Liberale Italiano propendevano per consegnarlo agli Alleati[171] mentre ebbero un peso decisivo i rappresentanti del Partito Comunista Italiano e del Partito Socialista Italiano.
Portato nella piazza principale di Vimercate[172], rifiutò di farsi bendare e pretese di essere fucilato al petto[173], ma ciò gli fu rifiutato. Nonostante fosse stato posto fronte al muro Farinacci riuscì a divincolarsi e a girarsi, così i partigiani spararono in aria. Alla seconda scarica, riuscì nuovamente a girarsi, venendo colpito al petto. Prima di morire le sue ultime parole furono "Viva l'Italia"[174][175] [176]. Roberto Farinacci fu sepolto inizialmente a Vimercate e solo nel 1956 la famiglia ottenne di farne trasferire le spoglie nella tomba di famiglia a Cremona nel Cimitero Civico.
Onorificenze
Curiosità
- Farinacci fu iniziato alla massoneria nella loggia Quinto Curzio di Cremona, aderente all'obbedienza del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani[177]. Espulso per indegnità, aderì all'obbedienza della Gran Loggia di Piazza del Gesù[178].
- Il 28 settembre 1924 fu ferito in duello dal principe Valerio Pignatelli.
- Nella città di Crema in ambienti antifascisti circolò una canzone goliardica che accusava Farinacci ormai inviso alla dirigenza del partito, di cercare un riconoscimento di status all'interno dello stesso, per arricchirsi nei territori di sua competenza.
- Il 10 maggio 2011 nel Cimitero di Cremona si suicida, sulla tomba di Roberto Farinacci, suo nipote Pietro Ercole Mola [179][180] molto noto a Cremona per il suo lavoro al Pronto Soccorso dell'Ospedale Civile di Cremona.
Opere
- Il processo Matteotti alle Assise di Chieti. L'arringa di Roberto Farinacci, Cremona, Cremona nuova, 1926.
- Un periodo aureo del partito nazionale fascista, Foligno, Campitelli, 1927.
- Redenzione. Episodio cremonese della rivoluzione fascista. Dramma in 3 atti, Cremona, Cremona nuova, 1927; 1932.
- Andante mosso. 1924-25, Milano, A. Mondadori, 1929.
- Da Vittorio Veneto a Piazza San Sepolcro, Milano, A. Mondadori, 1933.
- Squadrismo. Dal mio diario della vigilia. 1919-1922, Roma, Ardita, 1933.
- In difesa dell'Ing. Bruno Venturi. Capitano Aldo Carraresi. Arringa pronunciata il 23 giugno 1934 dinanzi al Tribunale di Napoli, Cremona, Cremona Nuova, 1934.
- Storia della rivoluzione fascista, 3 voll., Cremona, Cremona nuova, 1937.
- La beffa del destino. Dramma in tre atti, Cremona, Cremona nuova, 1937.
- In difesa del dott. Riccardo Gamberini. Resoconto stenografico. Tribunale di Roma, 12 gennaio 1937, Cremona, Cremona nuova, 1937.
- Contro Ida Stucchi e Prof. Carlo Girola, Cremona, Cremona nuova, 1938.
- La Chiesa e gli Ebrei. Conferenza d'inaugurazione tenuta all'Istituto di cultura fascista di Milano il 7 novembre 1938, Cremona, Cremona nuova, 1938.
- In difesa del Gr. Uff. Dott. Giovanni Misco, con Paolo Paternostro, Palermo, IRES, 1939.
- Italia e Francia. Discorso tenuto da Roberto Farinacci al teatro Petruzzelli di Bari il 14 aprile 1939-XVII, Roma, Europa, 1939.
- Realtà storiche, Cremona, Cremona nuova, 1939.
- Costanzo Ciano, Bologna, Cappelli, 1940.
- Storia del Fascismo, Cremona, Cremona nuova, 1940.
- Donne d'Italia. Caterina da Siena, Cremona, Cremona nuova, 1940.
- Diario 1943, Milano, Rizzoli, 1947.
Note
- ^ Guido Gerosa, p. 46
- ^ Guido Gerosa, p. 46
- ^ Guido Gerosa, p. 46
- ^ Guido Gerosa, p. 46
- ^ Guido Gerosa, p. 46
- ^ Silvio Bertoldi, p. 44
- ^ Guido Gerosa, p. 48
- ^ Guido Gerosa, p. 48
- ^ Silvio Bertoldi, p. 44
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Guido Gerosa, p. 48
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Silvio Bertoldi, p. 41:Farinacci presentò la domanda di volontario, questa domanda non fu accettata perchè come ferroviere egli venne ritenuto indispensabile al servizio che svolgeva
- ^ Silvio Bertoldi, pp. 41-42: Riuscì ad andare al fronte, venne smobilitato nel1917 per rimandarlo ai suoi treni
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Roberto Festorazzi, Farinacci. L'antiduce, Roma, Il Minotauro, 2004
- ^ Guido Gerosa, p. 48
- ^ Guido Gerosa, p. 48
- ^ Silvio Bertoldi, p. 41:"Il suo ispiratore ideale, il suo modello, era Leonida Bissolati, che Mussolini aveva fatto espellere dal partito (socialista, N.d.R.), un mite, un idealista. Farinacci non lo rinnegherà nemmeno quando giungerà ai fastigi della carriera fascista e scriverà che era una "anima nobile di apostolo, non di politico"
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 68
- ^ Silvio Bertoldi, p. 44
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Guido Gerosa, pp. 48-49
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Franzinelli, pp. 214-215
- ^ Silvio Bertoldi, p. 42:"Presentò la tesi all'Università di Modena, discutendo "Le obbligazioni naturali dal punto di vista della filosofia del diritto e del diritto civile". Si scoprì nel 1930 che aveva comprato tale lavoro da un tale Stefano Marenghi, di Cremona, il quale se ne era servito a sua volta per laurearsi in precedenza a Torino"
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Guido Gerosa, p. 49: Gerosa riporta correttamente i fatti ma erroneamente indica come data il 5 dicembre
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Giorgio Alberto Chiurco, Storia della rivoluzione fascista 1919.1920, volume II Anno 1920, Vallecchi Editore, Firenze, 1929, pag 115
- ^ Giuseppe Pardini. Roberto Farinacci ovvero della Rivoluzione Fascista, Le Lettere, 2007 - pag. 39
- ^ Giuseppe Pardini. Roberto Farinacci ovvero della Rivoluzione Fascista, Le Lettere, 2007 - pag. 59
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 85
- ^ Guido Gerosa, p. 49
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Guido Gerosa, p. 50
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Roberto Vivarelli, vol III
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Guido Gerosa, p. 50
- ^ http://www.welfarecremona.it/wmview.php?ArtID=15709
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Guido Gerosa, p. 50
- ^ Franzinelli, p. 75
- ^ Franzinelli, p. 76
- ^ Franzinelli, p. 76
- ^ Franzinelli, p. 77
- ^ Guido Gerosa, p. 50
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 112
- ^ Giordano Bruno Guerri, pp. 112-113
- ^ Giorgio Alberto Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922 Volume IV Anno 1922 parte I pag 327
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Silvio Bertoldi, p. 44
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Luigi Cazzadori, p. 29
- ^ I caduti dimenticati 1919-1924, Novantico Editore Ritter, pag 69 per i dati biografici di Antonio Vicini
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Luigi Cazzadori, p. 29:"Noi dobbiamo conquistare la Prefettura. I fascisti urtano contro la forza pubblica, tentano di salire via Bissolati con una lunga scala a pioli, invano. Dall'interno del Palazzo viene gettata dai nostri una corda in via Bissolati. Cattadori vi si arrampica per primo. Improvvisamente due squilli di tromba e una scarica di moschetteria. Silenzio ansioso e sinistro! Mi getto in avanti, grido: Fermi, non sparate, sono colpi a salve! E Vicino, colpito a morte, mi afferra una gamba cadendo e mormora: "No onorevole, tirano a palla e diritto""
- ^ Franzinelli, p. 214
- ^ Luigi Cazzadori, p. 29
- ^ Luigi Cazzadori, p. 33
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 101
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 113
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 113
- ^ Silvio Bertoldi, p. 45
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Silvio Bertoldi, p. 45
- ^ Guido Gerosa, p. 51
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 101
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 101
- ^ Franzinelli, p. 215
- ^ Guido Gerosa, p. 52
- ^ Silvio Bertoldi, p. 45
- ^ Guido Gerosa, p. 52
- ^ Franzinelli, p. 215
- ^ Guido Gerosa, p. 52
- ^ Guido Gerosa, p. 52
- ^ Franzinelli, p. 215
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 113
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 113
- ^ Guido Gerosa, p. 53
- ^ Franzinelli, p. 215
- ^ Guido Gerosa, p. 53
- ^ Franzinelli, p. 215
- ^ Guido Gerosa, p. 53
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Silvio Bertoldi, p. 42
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ v.
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Silvio Bertoldi, p. 45
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Arrigo Petacco, "L'archivio segreto di Mussolini", Oscar storia Mondadori, pagina 19
- ^ Guido Gerosa, p. 54
- ^ Guido Gerosa, p. 55
- ^ Guido Gerosa, p. 55
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114:Diventò poi il gerarca più filonazista e razzista (continuando a tenersi una fedelissima segretaria ebrea), quello che vedeva in Hitler un modello che Mussolini non avrebbe mai potuto raggiungere.
- ^ Guido Gerosa, p. 55: Quello farinacciano diventa il solo fascismo italiano che si tinga di hitlerismo: logica esasperazione, fino agli ultimi corollari, della sua antitesi ventennale a Mussolini
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Silvio Bertoldi, p. 48
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Guido Gerosa, p. 56
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Guido Gerosa, p. 58
- ^ Silvio Bertoldi, p. 47
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 114
- ^ Guido Gerosa, p. 57
- ^ Luigi Cazzadori, p. 71
- ^ Luigi Cazzadori, p. 71
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 115
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Luigi Cazzadori, p. 71: "Ubbidendo agli ordini ricevuti dal governo di Mussolini di ritirarsi a Como e poi in Valtellina, egli uscì da Cremona con una colonna"
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Guido Gerosa, p. 59: "Il suo ultimo grido fu Viva l'Italia"
- ^ Silvio Bertoldi, p. 48:Viaggiarono abbastanza tranquilli fin quasi Bergamo, poi Farinacci ordinò di staccarsi dalla colonna e di dirigersi a Oreno, dove aveva una villa la sorella della marchesa, sposata a un Gallarati Scotti. È difficile dirsi se avesse intenzione di nascondersi, oppure se avesse in mente di mostrarsi gentile con la signora, a costo di gravi rischi. La diversione gli fu fatale. A Beverate un partigiano sparò sulla vettura che non si era fermata all'alt. La macchina si schiantò contro un albero
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Guido Gerosa, p. 59: "Il suo ultimo grido fu Viva l'Italia"
- ^ Silvio Bertoldi, p. 48:Lo processarono nella sala del Consiglio comunale. L'atto d'accusa era giuridicamente approssimativo, umanamente irreprensibile."
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Luigi Cazzadori, p. 72
- ^ Luigi Cazzadori, p. 72
- ^ Guido Gerosa, p. 59
- ^ Giordano Bruno Guerri, p. 115
- ^ Guido Gerosa, p. 59: "Il suo ultimo grido fu Viva l'Italia"
- ^ Silvio Bertoldi, p. 48:Non volle essere bendato e chiese di che gli sparassero al petto, secondo la tradizione militare. Glielo rifiutarono, facendolo voltare di spalle a furia di schiaffi. Lui tentò di girarsi e i partigiani allora tirarono in aria, dandogli così l'agghiacciante prodromo dell'esecuzione vera. Alla seconda scarica, lo colpirono: eppure Farinacci era riuscito a torcersi e prese i colpi nel torace. C'è chi assicura cha abbia gridato :"Viva l'Italia"."
- ^ Rosario F. Esposito, La Massoneria e l'Italia. Dal 1800 ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Roma, 1976, pag. 386
- ^ Peter Tompkins, Dalle carte segrete del Duce, Marco Tropea, Milano, 2001, pag. 51
- ^ http://www.ilgiornale.it/news/cremona-si-toglie-vita-nipote-farinacci-si-suicidato-sopra.html
- ^ Suicida sulla tomba del nonno gerarca fascista: muore il nipote di Farinacci | Fanpage
Bibliografia
- Guido Gerosa, Capitolo "Roberto Farinacci" su "I gerarchi di Mussolini", Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1973
- Giordano Bruno Guerri, Fascisti, gli italiani di Mussolini il regime degli italiani, Le scia Mondadori, Milano, 1995
- Ugoberto Alfassio Grimaldi, con Gherardo Bozzetti, Farinacci. Il più fascista, Milano, Bompiani, 1972.
- Mimmo Franzinelli, Squadristi, Cles, Mondadori, 2009.
- Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, volume III, Il Mulino, 2012
- Silvio Bertoldi, Farinacci più fascista del Duce - in Storia Illustrata n° 188 Luglio 1973
- Harry Fornari, La suocera del regime. Vita di Roberto Farinacci, Milano, Mondadori, 1972.
- Roberto Festorazzi, Farinacci. L'antiduce, Roma, Il Minotauro, 2004.
- Sergio Vicini, con Paolo A. Dossena, Lupo vigliacco. Vita di Roberto Farinacci, Milano, Hobby & Work, 2006.
- Matteo Di Figlia, Farinacci. Il radicalismo fascista al potere, Roma, Donzelli, 2007.
- Giuseppe Pardini, Roberto Farinacci. Ovvero Della Rivoluzione Fascista, Firenze, Le Lettere, 2007.
- Lorenzo Santoro, Roberto Farinacci e il Partito nazionale fascista, 1923-1926, Soveria Mannelli, Rubettino, 2007.
- Luigi Cazzadori, Roberto Farinacci, dallo squadrismo alla RSI, Novantico Editrice, Pinerolo, 1999
Altri progetti
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- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Roberto Farinacci
Voci correlate
Collegamenti esterni
- FARINACCI, Roberto in Dizionario Biografico degli Italiani
- Corrispondenza Farinacci-Mussolini
- Farinacci, l'antiduce, secondo Roberto Festorazzi
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