Arte della Controriforma
Per arte della controriforma si intende quella parte di arte europea della seconda metà del XVI secolo che è più fortemente influenzata dagli indirizzi teorici sull'arte a seguito del Concilio di Trento.

== Quadro storico ==so daccordo
La questione delle immagini sacre
Calvino e Zwingli sono intransigenti verso le immagini e qualunque orpello di cui la Chiesa si veste, Andrea Carlostadio è, tra i predicatori tedeschi, il più duro verso quelli che definisce idoli di pittura. Anche Erasmo da Rotterdam aveva notato, nel suo Elogio della follia (1511) che le immagini sacre alimentavano un rito pagano della venerazione dei Santi. In molte città tedesche, inglesi, francesi, svizzere, si passa quindi all'atto pratico della distruzione in una massiccia campagna iconoclasta, proprio come, anni prima, Savonarola fece a Firenze. Ma il principale protagonista della Riforma protestante, Lutero, è in disaccordo con questo intransigente movimento iconoclasta e la sua posizione si avvicina a quella che assumerà la Chiesa cattolica nelle ultime sedute del Concilio nel 1563: la funzione didattica che la tradizione cattolica ha da sempre attribuito alle immagini è essenziale per la crescita della fede tra gli incolti, insomma, le arti figurative sono o devono essere la Biblia pauperum, la bibbia dei poveri analfabeti, già legittimata da Gregorio Magno nel VI secolo.
De invocatione, veneratione et reliquis sanctorum et sacris imaginibus
In questo decreto la Chiesa romana introduce il controllo delle opere da parte delle autorità religiose locali. Le opere devono essere vagliate con attenzione e in esse vi deve essere chiarezza, verità, aderenza alle scritture. La piena leggibilità, il decoro, devono essere caratteristiche imprescindibili; le deformazioni, i lussi e i viluppi e le disinvolture del Manierismo sono condannati senza appello. Ma il decreto non pone delle regole ferree, non mette confini espliciti, si affida al controllo delle gerarchie locali. Nascono dei trattati che tentano di codificare queste norme: le Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae (1577) di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, e il Discorso intorno le immagini sacre e profane (1582) dell'arcivescovo di Bologna Gabriele Paleotti sono i più importanti. Eppure né i decreti conciliari né i trattati ebbero un impatto significativo sulle scelte stilistiche degli artisti. Esemplare l'episodio di Botticelli svoltosi ai tempi del Savonarola. L'artista venne influenzato direttamente dalle prediche del frate e decise, di sua spontanea volontà, di non dipingere più soggetti profani e licenziosi e di gettare nel fuoco le sue opere più scabrose. Anche alcuni artisti che videro il Sacco di Roma, come Sebastiano del Piombo, che credette l'invasione dei Lanzichenecchi una punizione divina, cambiarono il loro modo di dipingere. Anche questa volta, più che le indicazioni venute da terzi, in molti casi inesperti delle cose artistiche, è il clima stesso che influenza gli artisti.
il Giudizio Universale di Michelangelo
Dipinto tra il 1536 e il 1541 il Giudizio Universale della Sistina rappresentava in pieno il profondo sentimento religioso di Michelangelo e della cerchia intellettuale di Contarini e Pole: qui 400 figure in pose diverse sono accomunate dalla nudità, l'immenso dramma universale che esprime è messo in luce dalla semplicità dell'impianto, dalla mancanza di costruzioni retoriche, dalla nudità stessa. L'affresco, pregno di citazioni letterarie e figurative, venne poco compreso. Un documento conciliare del 21 gennaio 1564 decreta che «le pitture nella cappella apostolica vengano coperte, nelle altre chiese vengano invece distrutte qualora mostrino qualcosa di osceno o di patentemente falso.» A nemmeno un anno dalla morte del maestro uno dei suoi seguaci, Daniele da Volterra, viene incaricato di velare con delle braghe a secco le vergogne dei personaggi del Giudizio e di rifare a fresco la figura scabrosa di San Biagio, accovacciato impudicamente su Santa Caterina d'Alessandria.
Anche Paolo Veronese subirà un processo per la sua Ultima cena dipinta nel 1573. Il dipinto venne accusato dall'Inquisizione di essere troppo affollato di figure poco consone alla scena sacra, e si accusa il pittore di aver inserito questi personaggi per svilire il senso mistico dell'episodio. Il processo scagionerà però Paolo, che sarà comunque condannato a correggere et emandare l'opera cambiandone il titolo con La cena in casa Levi.
Pittura
Principali pittori di questa fase sono:
Architettura
Due sono le chiese che diventano modelli per tutte le nuove edificazioni: a Roma la Chiesa del Gesù la cui pianta nacque dall'idea di Giovanni Tristano e da Jacopo Barozzi detto il Vignola mentre la progettazione della facciata fu assegnata a Giacomo della Porta, voluta già nel 1550 da Ignazio di Loyola e dal generale dei gesuiti Francesco Borgia, ma portata a termine solo grazie all'intervento e al finanziamento del potente cardinale Alessandro Farnese dal 1568 al 1584. L'altra è San Fedele a Milano, nata sotto il vigile controllo di Carlo Borromeo, con progetto dell'architetto bolognese Pellegrino Tibaldi, realizzata dal 1569.