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Royer mentre compone la sua opera Zaïde (Jean-Marc Nattier, collezione privata).

Joseph-Nicolas-Pancrace Royer /ʒɔ'zɛf nikɔ'la pɑ̃'kras ʁwa'je/ (Torino, ca. 1705 – Parigi, 11 gennaio 1755) è stato un clavicembalista e compositore francese.

Biografia

Questione di contesto

(francese)
«Après les noms prestigieux de Couperin et de Rameau, combien pâles paraissent leurs successeurs et disciples ! […] Royer […] laisse un grand nombre de pièces de clavecin, assez mièvres, d’une écriture quelque peu décadente, surchargée d’agréments et de style luthé, mais dont certaines sont pleines de charme (La Zaïde, La Sensible).»
(italiano)
«Dopo i nomi prestigiosi di Couperin e di Rameau, come appaiono pallidi i loro successori e discepoli! [...] Royer [...] lascia un gran numero di pezzi per clavicembalo, piuttosto leziosi, di una scrittura quasi decadente, sovraccaricata di abbellimenti e di style luthé, ma alcuni sono tuttavia pieni di fascino (La Zaïde, La Sensible).»

Affermazione poco lusinghiera, che già non spingeva l'ascoltatore ad avvicinarsi all'opera di un compositore come Joseph-Nicolas-Pancrace Royer. Effettivamente, se si getta un sguardo retrospettivo sulla produzione clavicembalistica anteriore al 1746, data di pubblicazione del libro di Royer, non si può che restare sorpresi dalla sua ampiezza. Dopo le 250 minuziose perle nate dalla penna di François Couperin e suddivise in quattro libri (1713, 1717, 1722 e 1730) fino ai gioielli di Jean-Philippe Rameau (1724, 1728), paradossalmente meno numerosi di quelli dell'illustre predecessore, un gran numero di piccoli maestri, organisti o clavicembalisti si sono messi a scrivere in modo frenetico per uno strumento che "i francesi suonano attualmente con una delicatezza non comune", per parafrasare Neimetz. Senza fare una lista esaustiva, potremo menzionare i volumi di Louis-Antoine Dornel (1731), François d'Agincourt (1733), Michel Corrette (1734), Louis-Claude Daquin (1735), Joseph Bodin de Boismortier (1736) o Bernard de Bury (1737). Tutti questi volumi, composti nello spirito di Couperin e ispirati alle novità stilistiche introdotte da Rameau, ma senza plagiarle, possiedono un carattere proprio, un'ispirazione continuamente rinnovata che il nostro secolo ha saputo a poco a poco percepire sottraendoli al ruolo ingiusto di sbiadita copia. In effetti, il "Grand Goût", in vigore sotto Luigi XIV, materializzato da impressionanti volumi, da una preoccupazione maniacale per la rappresentazione o, all'inverso, da una minuzia perfettamente padroneggiata da Couperin ad esempio, si fluidifica, diventa più umano, si fa più vicino al sentimento e agli ideali che cambiano durante la Régence e poi sotto Luigi XV. L'architettura, la pittura e la letteratura si fanno eco di questa tendenza, unendosi al desiderio fondamentale di conforto e di intimità.

Meno formale e caratterizzata da effetti più incisivi, la musica di trasforma, si "democratizza" e segue maggiormente la moda parigina. Il gusto italianizzante che irrompe, dall'inizio del XVIII secolo, sulla capitale trascina con sé gli antichi precetti e apre nuove possibilità. In precedenza, malgrado le celate velleità riscontrabili in Couperin, in particolare nei suoi Goûts Réunis, si sarebbero accettate senza difficoltà le prodezze di Domenico Scarlatti al clavicembalo? Arcangelo Corelli, Giovanni Battista Somis, Francesco Geminiani e tutti quegli italiani dalla virtuosità sbalorditiva che si susseguono al Concert Spirituel, all'Opéra e alle Fiere impressionano profondamente l'ispirazione dei compositori francesi. La musica diventa ancora più europea grazie ai virtuosi tedeschi inglesi che mescolano una scrittura aperta a una nuova sensibilità. Tutto annuncia già l'Empfindsamkeit d'oltre Reno e un certo classicismo, sebbene alcuni ci vedano piuttosto un inizio di decadenza. È appunto l'epoca dei libri per clavicembalo di Royer, di Jean-Baptiste-Antoine Forqueray (1747), di Jacques Duphly (1744, 1748, 1758 e 1768), di Armand-Louis Couperin (1751) o di Claude Balbastre (1759), che materializzano uno "spirito illuminista" imbevuto di libertà e di idee che avrebbero potuto apparire bizzarre quarant'anni addietro. Il momento ci offre un ritratto vigoroso, dalle tinte pastello che ritroveremo sulla tavolozza di pittori come Jean-Siméon Chardin, Maurice Quentin de La Tour o Jean-Honoré Fragonard, i quali lavoravano "a gran colpi di pennello, con tocchi liberi e arditi, con colori a contrasto e tinte né addolcite né sfumate insieme, trascurando piccoli dettagli per occuparsi delle cose grandi e importanti", secondo il Dizionario di Trévoux.

La "furia" Royer

 
Frontespizio della Fortune - 1747

In confronto ai suoi contemporanei, la vita di Joseph-Nicolas-Pancrace Royer resta ancora per certi versi misteriosa. Nato a Torino da un capitano di artiglieria, intendente delle fontane e dei giardini della corte dei Savoia, Royer in un primo tempo si accosta alla musica per semplice divertimento; quando suo padre muore senza lasciargli alcuna eredità, vi si dedica tuttavia con ardore facendosi conoscere come clavicembalista e organista. La tradizione vuole quindi che abbia lavorato con Marc-Roger Normand detto Couprin o Coprino (1663-1734), primo cugino di François Couperin, organista e maestro di cappella a Torino. Nel 1725 si trova a Parigi, dove è naturalizzato e inizia a lavorare come insegnante di clavicembalo. Il suo passaggio, come molti suoi colleghi, al Théâtre national de l'Opéra-Comique è attestato, nello stesso anno, in alcune pièce di Charles Alexis Piron: alla Foire Saint-Laurent sono infatti rappresentate Le fâcheux veuvage e Crédit est mort, una tipo di opera buffa con un solo personaggio, contenenti numerose "chanson" orecchiabili di carattere popolare. Il cronista Jean-Benjamin de Laborde ci informa successivamente sulla carriera di Royer menzionando un suo impiego all'Opéra, dove sarebbe rimasto dal 1730 al 1733. Questo coincide con la prima grande opera lirica di Royer, Pyrrus, andato in scena il 19 ottobre 1730 e che il Mercure de France recensisce nelle sue colonne: "Quest'opera [...] fa onore al poeta e al musicista per i bei pezzi che vi si trovano".

"Essendo Sua Maestà soddisfatta dei talenti e della capacità del sig. Royer", il 15 novembre 1754 il giovane compositore ottiene l'onorificenza della carica di Maestro di musica dei figli di Francia che condividerà con Jean-Baptiste Matho (1663-1746). Il 20 marzo dell'anno successivo ottiene la conservazione della della carica di Cantore della musica della camera del re, cui Matho aveva rinunciato. La morte di questi lascia quindi Royer unico detentore del posto di insegnante di clavicembalo dei bambini reali e gli permette di ottenere un privilegio di edizione, il 3 febbraio 1735, per eventuali "pezzi per organo, clavicembalo, sonate e altre opere di musica strumentale di sua composizione". Pochi anni dopo, il 5 settembre 1739, è con l'ormai famoso balletto eroico Zaïde, reine de Grenade, la cui "musica ha fatto molto piacere" (secondo il Mercure de France), che Royer torna sulle scene, presto seguito, il 23 marzo 1743, da un'opera simile, Le Pouvoir de l’Amour. I successi conquistati da allora dal compositore non potevano senza alcun dubbio lasciare indifferenti i suoi illustri contemporanei anche se Charles Burney (1726-1814), nel suo Voyage musical dans l’Europe des Lumières, commenta molto severamente, venerdì 15 giugno 1770, una rappresentazione di Zaïde, a quindici anni dalla morte del compositore:

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