Utente:Giuliavallerani/Sandbox

Venanzio Vallerani (Pola, 5 aprile 1924Ancona, 7 novembre 2012) è stato uno zootecnico e agronomo italiano.
Ha dedicato la prima parte della sua vita alla zootecnia e gli ultimi venticinque anni della sua vita e della sua attività professionale alla lotta contro la desertificazione del pianeta per garantire sicurezza alimentare, biodiversità, water harvesting e miglioramenti climatici.
Ha messo a punto una strategia di intervento sinteticamente denominata Vallerani System per rinverdire con boschi, pascoli e culture agricole le terre aride e semi-aride del pianeta. Con il Vallerani System sono stati fino ad ora lavorati oltre 115.000 ha in 13 paesi dell' Africa e dell' Asia.

Biografia

La passione per la zootecnia

Venanzio Vallerani, dopo essersi laureato nel 1949 in Scienze Agrarie e Forestali presso l’Università di Perugia, si dedica all’insegnamento di agronomia, coltivazioni erbacee e arboree all’Istituto Agrario di Todi.
Nel 1953 sposa Marianna Haffter, conosciuta all’Università per Stranieri di Perugia. Lascia l’insegnamento per lavorare come zootecnico presso l’Ente Maremma per la Riforma Fondiaria, prima due anni a Follonica, poi cinque anni a Manciano ed infine otto a Tarquinia.
Nel 1970/71 viene inviato dall'Italconsult in Brasile in qualità di esperto con il compito di capire come poter migliorare le produzioni zootecniche in un progetto che si estende su 1.5 milioni di ettari e 900.000 capi bovini.[1]
Dal 1972, rientrato in Italia, dirige il servizio zootecnico dell’Ente di Sviluppo Marche, dove elabora una strategia di sviluppo e miglioramento della razza bovina Marchigiana.
Nel 1981 viene chiamato dalla FAO in Mozambico per lo sviluppo della politica nazionale nel settore agro-zootecnico. Inizia così l’esperienza del Dr. Vallerani in Africa, che proseguirà nel 1983 quando verrà nuovamente chiamato dalla FAO come consulente nelle missioni agro-zootecniche per la formulazione dei programmi di sviluppo rurale integrato FAO / Italia a Keita in Niger e Koupela Tenkodogo in Burkina Faso.
Dal 1984 al 1987 è direttore di un progetto della FAO per lo sviluppo agro-zootecnico a Capo Verde. Qui, vedendo come venivano effettuati i rimboschimenti, comprende l’importanza di trattenere il massimo quantitativo di pioggia per cercare di fermare le gravi erosioni che osservava e per dare alle piante la maggiore possibilità di sopravvivere in climi avversi.[1]

L'impegno per il rinverdimento delle zone aride e semi-aride del pianeta

La nascita del Vallerani System

Dopo aver dedicato i primi trentacinque anni della sua vita professionale alla zootecnia, nel 1987 il Dr. Vallerani si trova in Niger per conto della Cooperazione Italiana per valutare i risultati del progetto integrale per il miglioramento del Damergou che l’Italia aveva intrapreso per aiutare le popolazioni locali dopo la grande siccità degli anni 84-86. Il Dr. Vallerani osservò come la popolazione scavava a fatica manualmente il terreno durissimo ove venivano poste piantine nate nei vivai. [1] Durante quell’esperienza il Dr. Vallerani effettuò delle prove di lavorazione del terreno con un aratro e di semina diretta di semi arborei e, dopo aver ottenuto i risultati previsti, ovvero il trattenimento dell’acqua piovana nei solchi realizzati e la germinazione sul posto dei semi arborei rientrò in Italia con in mente quelli che diventeranno i due capisaldi “tecnici” del Vallerani System: l’idea di meccanizzare il sistema tradizionale di lavorazione del terreno con buche scavate per la raccolta dell’acqua (zaj) e quella di “far fare alla natura il suo lavoro” introducendo la semina diretta di piante autoctone sostituendo la pratica del trapianto di piantine da vivaio.
Nel 1988 ideò il prototipo dell‘aratro Treno. Lo stesso anno il Treno e il secondo aratro inventato, il Delfino, costruiti dalla ditta Nardi di Città di Castello, Italia, vennero inviati in Niger ed in venti giorni di lavorazione prima delle piogge furono lavorati 187 ettari con il Treno e 128 con il Delfino. Le produzioni di sorgo che erano in media 450 kg per ettaro passarono a 1.800-2.000 kg, la massa foraggiera aumentò notevolmente, le radici delle piante superavano i 120 cm e i costi di lavorazione furono 4-5 volte minori dei costi di progetti analoghi. [1]

La semina diretta

Il Dr. Vallerani era un grande osservatore della natura e delle sue leggi. Per questo il VS utilizza prevalentemente la semina diretta di piante autoctone la cui germinazione e crescita è consentita dall'acqua raccolta nei micro-bacini scavati dall’aratro. Così facendo, fin dalla germinazione, le piantine di ciascuna specie seguono le proprie leggi di crescita adattandosi al terreno ed al clima secondo le proprie caratteristiche. La biodiversità e la sinergia tra le specie sono ottimizzate. Le piante da seme sono sane, forti e vigorose, hanno una elevata capacità di resistere alle malattie, agli attacchi dei parassiti e di adattarsi ai cambiamenti climatici (resilienza), hanno la forza necessaria per autopropagarsi, le radici naturali vanno in profondità e non sono mutilate e superficiali ed i semi che producono hanno percentuali di germinabilità molto elevate.
Il Dr. Vallerani ha sempre combattuto l’idea, che sta alla base di molti progetti di aiuto allo sviluppo, di poter fermare l’avanzata dei deserti mediante la costituzione dei vivai, dove i semi delle piante vengono posti in vasi o sacchetti di plastica in terre rese più fertili con aggiunta di letame e sostanze nutritive. L'apparato radicale delle piantine, non avendo sufficiente spazio per svilupparsi, si attorciglia su se stesso e spesso durante il trapianto, con la rottura e il taglio delle radici, perde la sua più importante funzione, quella del fittone, per cui le radici non riescono più a raggiungere l’acqua in profondità. Le piantine, con radici superficiali, attorcigliate su se stesse ed esposte agli agenti atmosferici, vengono poste a dimora in zone aride e degradate per cui, anche se talvolta vengono irrigate con acque di falda, cosa che inoltre favorisce la salinizzazione del terreno, le percentuali di attecchimento, crescita e sviluppo di piante sane sono molto basse. Laddove i progetti, per ragioni socio-politiche , prevedono l’uso di piantine da vivaio, il Dr. Vallerani ha sempre raccomandato di affiancare ad ogni piantina trapiantata anche qualche seme per garantire la buona riuscita del progetto stesso.

Storia del Vallerani System

Dal 1988 il Dr. Vallerani è stato chiamato in diversi paesi africani, come Egitto, Marocco, Tunisia, Ciad, Senegal, Burkina Faso, dove sono state fatte varie presentazioni degli aratri e sviluppati progetti di lotta contro la desertificazione.
Nel 2001 il Vallerani System è stato presentato alla Conferenza “Lotta Contro la Desertificazione” a Ginevra. Nel 2002 la Delegazione del Governo Cinese, che aveva assistito alla presentazione di Ginevra, invita il Dr. Vallerani a visitare la Mongolia Interna e le provincie del Gansu, Hebei e Qinghai per studiare la possibilità di introdurre il Vallerani System in queste zone. Come risultato della visita, il Governo cinese richiese cinque progetti nelle regioni nord-orientali del Paese. [1]
Nel 2005, all’interno del quadro di cooperazione diretta tra il Ministero dell’Ambiente italiano e il Ministero delle Foreste cinese, è stato firmato il Progetto per la Riforestazione di un’Area Pilota con l’applicazione del sistema nella Regione Autonoma della Mongolia Interna. I lavori sono iniziati nella contea di Balinzuo, per poi proseguire nel 2006 nella contea di Aqi. Il progetto prevedeva la lavorazione di 1000 ha, ma, a seguito degli ottimi risultati conseguiti, ne sono stati realizzati 3200.
Grazie a questi successi, il Dr. Vallerani è stato nominato Professore Onoris Causa per la prevenzione e la lotta alla desertificazione all'Accademia forestale dell'Inner Mongolia e all'Università di Ulun Beir, consulente speciale dell'Accademy for forestry inventory and planning of state forestry administration del Ministero delle foreste cinese ed insignito dal presidente Hu Jintao del Certificate of Friendschip, la più alta onorificenza conferita dal governo cinese ad uno straniero.[1] Fino al mese prima della sua scomparsa il Dr. Vallerani è stato attivo per lavoro, per cercare di lasciare un mondo più verde alle generazioni future e portare avanti il suo messaggio, ovvero che “ la desertificazione può essere vinta, ma servono azioni immediate e su grandissima scala, poiché troppo tempo è già stato perduto e troppi sono gli uomini che soffrono ”.
Nel corso degli anni gli aratri sono stati modificati per ottimizzarne le prestazioni nei diversi tipi di terreno e nel 2011 è nato il nuovo aratro Delfino³, che ha sostituito i precedenti aratri Treno e Delfino.
Il VS è stato presentato in numerose manifestazioni (alla FAO, all’UNESCO, all’IFAD, al MAE) ed è stato utilizzato in molteplici progetti, tra cui il progetto “Foreste e Sicurezza alimentare nel Sahel” in Burkina Faso in un programma di cooperazione FAO/Italia, il progetto ACACIA di appoggio alla sicurezza alimentare, di riduzione della povertà e del degrado dei suoli nei paesi produttori di gomme e resine (Senegal, Burkina Faso, Niger, Ciad, Sudan e Kenia),[2] “The Vallerani Water Harvesting Project” finanziato dalla cooperazione svizzera all’ICARDA e il “Progetto di applicazione della tecnologia VS per la forestazione dimostrativa nella Mongolia Interna nella Repubblica Popolare Cinese”. Il Sistema ha ricevuto numerosissimi riconoscimenti e certificazioni da parte di diversi dicasteri esteri e di organizzazioni internazionali come FAO, CILLS, ICARDA, IFAD. Fino a giugno 2013 sono stati lavorati oltre 115.000 ettari in 13 nazioni dell’Africa, Medio Oriente ed Asia.
Il corretto impiego del VS permette di ottimizzare l’utilizzo dell’acqua piovana, riforestare intere aree soggette a desertificazione, realizzare piantagioni ad uso industriale, migliorare i pascoli e le produzioni agricole, costruire frangivento e recinzioni “vive” ed aumentare la biodiversità.

Il Sistema

Il Vallerani System (VS) è un nuovo approccio alla gestione integrata tecnica e socio-economica delle risorse umane e naturali per restaurare e ridare vita ai suoli degradati.
Si avvale di aratri appositamente concepiti per la lavorazione della terra arida e semi-arida al fine di raccogliere l’acqua piovana (water harvesting) e risanare i suoli degradati in modo naturale e veloce.
Numerosi studi hanno dimostrato che il sistema è efficace ed economico per combattere la desertificazione e i cambiamenti climatici riportando la vita nelle zone desertificate nel rispetto della biodiversità, combattendo la fame, la povertà e l’emigrazione e coinvolgendo le popolazioni locali.

Attrezzature

Treno e Delfino

L’aratro Treno è il primo realizzato dal dr. Vallerani nel 1988, validissimo per i terreni pianeggianti e per migliorare le produzioni agricole, riforestare e costruire linee frangivento. Scava un solco continuo mediamente largo 60 cm suddiviso da diaframmi, costituiti dal terreno superficiale raschiato da un apposito meccanismo, per evitare lo scorrimento dell'acqua nel solco e favorirne invece l’infiltrazione.
Il Delfino è un aratro pensato per scavare semilune nei terreni declivi. Scava 10/20 semilune o micro-bacini al minuto, unite l'una all'altra dalla traccia di un ripper lunga 2 m e profonda 60 cm. Le semilune hanno la larghezza media di 60 cm e sono lunghe 5 m. Anche in presenza di pluviometrie molto basse di 200-500 mm/anno, ogni semiluna è in grado di raccogliere fino a 1.000 l di acqua, compresa quella di ruscellamento.
Dalla primavera 2011 questi due aratri non vengono più prodotti in quanto sostituiti dal nuovo aratro Delfino³.

Delfino³

L'aratro Delfino³ è un'evoluzione dei 2 precedenti aratri, ne riunisce i vantaggi e li potenzia. Il Delfino³ è un aratro mono vomere reversibile che, attraverso un movimento ondulatorio, scava semilune lunghe 5 m e profonde circa 50 cm, distanziate 2 m le une dalle altre, in cui si raccoglie l’acqua e la terra, i semi e il materiale organico trasportato dal vento. Anche in presenza di pluviometrie molto basse di 150-500 mm/anno, ogni semiluna è in grado di raccogliere fino a 1.500 l di acqua, compresa quella di ruscellamento. I micro-bacini raccolgono la pioggia che cade nelle semilune e il 50% di quella che scorre tra le linee di lavorazione. Due ripper posizionati prima del corpo lavorante posteriore scavano, nel tratto di terreno tra le semilune, delle sacche interrate di raccolta dell’acqua profonde circa 60 cm che facilitano l’infiltrazione della pioggia nel terreno. L’acqua penetra facilmente nelle sacche sotterranee di raccolta dell’acqua e fluisce nelle falde freatiche senza rischi di evaporazione, moltiplicando da 2 a 4 volte l'acqua disponibile per le colture, i pascoli e le piante.
Grazie all’elevata velocità di lavorazione, tra 4 e 8 km/h, l’aratro è in grado di lavorare 1,5/3 ettari/h. La velocità di avanzamento del trattore e le particolarità di costruzione dell’aratro consentono la forte scissura e lo scuotimento del terreno, permettendone la rottura e facilitando con ciò l’assorbimento dell’acqua e l’ingresso delle radici.
L’aratro deve essere attaccato ad un trattore a ruote da 220-240 CV con massimo zavorramento e, a seconda delle condizioni di lavoro, avere mozzi per allargare la carreggiata o munito di pneumatici forestali.

Elementi essenziali del Sistema

  • La scelta dei terreni per le lavorazioni deve tenere conto di vari fattori, quali la pluviometria, per poter calcolare le distanze tra le linee di lavorazione e così raccogliere tutta la pioggia. Maggiore è l'intensità delle precipitazioni, più vicine devono essere le linee di lavorazione. Data la velocità di avanzamento del trattore è conveniente che l’area di lavorazione sia di dimensioni ampie. È importante considerare la compattezza e porosità dei terreni per avere indizi sulla velocità di scorrimento ed assorbimento della pioggia e la fertilità del terreno per fare una previsione sulla riuscita degli interventi. È fondamentale che il terreno non sia eccessivamente pietroso, per evitare danni ai trattori e agli aratri.
  • Meccanizzazione della lavorazione
  • Semina diretta. Elemento essenziale per la riuscita dei progetti è il coinvolgimento delle popolazioni locali, per renderle partecipi in tutte le fasi della lavorazione e gestire al meglio i risultati ottenuti. A seconda del tipo di intervento che si desidera fare, la raccolta dei semi e la semina potranno essere fatti direttamente dalle popolazioni locali (eventualmente integrando i semi di piante non più sufficientemente presenti nella zona). I semi devono essere raccolti dalle piante più vigorose al momento della loro maturazione e conservati in modo adeguato. Ideale è Io sterco delle capre e delle pecore: i pastori al momento opportuno faranno mangiare agli animali i semi scrollandoli direttamente dalle piante. Lo sterco raccolto nei recinti dove gli animali passano la notte, contiene i semi e dovrà essere distribuito a spaglio sul bordo dei micro-bacini in modo che, se nella stagione le piogge saranno scarse, nasceranno i semi nel fondo dei micro-bacini, se abbondanti anche quelli nei lati.. L’esperienza ha dimostrato che così facendo si ha un attecchimento medio di piante nel 95% dei micro-bacini, ciò significa che si avrà una media di 270 buche con dentro almeno una pianta per ettaro lavorato. I semi, elaborati nel processo metabolico degli animali, germogliano più facilmente favorendo il rapido sviluppo delle piantine, restano protetti dagli animali fino all'arrivo delle piogge e lo sterco che le avvolge apporta importanti sostanze nutritive al terreno.
  • Fondamentali sono gli incontri, la formazione e la collaborazione con le popolazioni locali, per renderle partecipi ed autori in prima persona della rigenerazione del territorio e del proprio sviluppo. E’ quindi importante istruire sui semi e sul seminare i giovani del posto e coinvolgerli nella raccolta di semi di piante autoctone. E’ necessaria la formazione di una squadra tecnica locale formata da trattoristi, meccanici, responsabile dei lavori agronomici e forestali, personale amministrativo, e di una squadra sociale formata da soggetti locali per stimolare la conoscenza, la motivazione e la partecipazione delle popolazioni dei villaggi alla realizzazione dell'intervento. In questo modo sarà possibile la creazione di team territoriali (Green Desert Team) per la diffusione su larga scala del Vallerani System, coordinati dagli esperti del sistema.
  • Costo medio per ettaro lavorato e seminato: 80-100 € a seconda delle caratteristiche del terreno, delle dimensioni, del prezzo del carburante, del costo della manodopera, del tipo di intervento e delle spese d’importazione e trasporto dell’attrezzatura.

Benefici

I benefici economici offerti dal VS attraverso la particolare lavorazione della terra e la semina diretta sono innumerevoli:

  • moltiplicazione da 2 a 4 volte dell'acqua disponibile per le colture, i pascoli e le piante
  • riutilizzazione delle terre abbandonate perché dure, compatte e quindi impossibili da lavorare manualmente
  • impiego di manodopera locale e formazione di manodopera specializzata
  • velocità ed ottimizzazione dell’intervento
  • costi ridotti. Confrontando i costi dei metodi tradizionali di riforestazione basati sul trapianto ed il VS fondato sulla semina diretta, si dimostra che il VS costa mediamente 5 volte di meno ed i risultati sono più veloci, validi e duraturi
  • creazione di valore delle produzioni agricole e di quelle fornite dagli animali domestici e selvatici
  • aumento del valore dei terreni trattati
  • valore di turismo e agriturismo generati dai lavori

Accanto a questi si hanno anche benefici ecologici:

  • basso impatto ambientale: soltanto il 10-20% del terreno viene lavorato
  • totale raccolta e rapido infiltramento della pioggia che cade nei micro bacini con conseguente riduzione dell'evaporazione, ricarica delle falde freatiche e riduzione dell'erosione dei terreni.
  • elevata raccolta, nelle linee lavorate, della pioggia che cade nell'interlinea, della terra superficiale, dei semi e delle paglie trasportate dal vento, con continuo miglioramento della fertilità e delle produzioni.
  • mantenimento e accrescimento della biodiversità vegetale e animale, fortemente favorita dal miglioramento delle condizioni agronomiche di vita nel terreno.
  • lotta all'erosione del suolo
  • riduzione della velocità del vento
  • captazione di CO2
  • uso della sola acqua piovana

Fondamentali da prendere in considerazione sono anche i vantaggi sociali:

  • riduzione della fame e della povertà
  • riduzione dell'emigrazione
  • riduzione delle tensioni sociali
  • educazione ambientale
  • responsabilizzazione delle popolazioni locali attraverso l’accoglimento delle tecnologie e delle modalità di lavorazione dei terreni e la loro partecipazione attiva, che permette il buon esito degli interventi.

Note

  1. ^ a b c d e f Venanzio Vallerani, Un "delfino" rinverdisce i deserti, Edizioni Scripta Manent, 2009.
  2. ^ Acacia operation project

Bibliografia

Collegamenti esterni