Papa Niccolò I

105° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dall'848 all'867

Niccolò I, anche noto come san Niccolò Magno ma talvolta erroneamente chiamato papa Nicola I (Roma, 800 circa – Roma, 13 novembre 867), fu papa della Chiesa cattolica dal 24 aprile 858 alla sua morte.

Papa Niccolò I
105º papa della Chiesa cattolica
Elezione24 aprile 858
Consacrazione24 aprile 858
Fine pontificato13 novembre 867
Cardinali creativedi categoria
Predecessorepapa Benedetto III
Successorepapa Adriano II
 
NascitaRoma, 820 circa
Morte13 novembre 867
SepolturaBasilica di San Pietro
San Niccolò I Magno
 

Romano Pontefice

 
NascitaRoma, 800 circa
MorteRoma, 13 novembre 867
Venerato daChiesa cattolica
Ricorrenza13 novembre

105º papa, viene ricordato come un consolidatore del potere e dell'autorità papale e sostenitore del rafforzamento dell'universalismo romano. È anche riconosciuto santo e la sua memoria si ricorda nella data della sua morte.

Origini e carriera ecclesiastica

Leone IV apparteneva ad una nobile famiglia romana, in quanto figlio di un funzionario della corte pontificia, un certo Teodoro.[1]. La data di nascita non è sicura: alcuni propendono per l'800 [1], altri per l'820.[2]. La giovinezza e la formazione del futuro papa si formarono all'ombra del Palazzo del Laterano, seguendo la tradizionale educazione impartita agli ecclesiasti, basata sullo studio della Bibbia, della letteratura sacra e sullo studio della lingua latina. Segnalatosi nel sinodo riunito per scomunicare il futuro antipapa Anastasio III nell'853, il diacono Leone si guadagnò la fiducia di Benedetto III.[2]

Papato

Ascesa al Soglio Pontificio

Quando Benedetto III morì nell'aprile dell'855, l'imperatore Ludovico II di Germania si trovava a Roma. Il sovrano, non volendo perdere l'occasione di influire sulla scelta del futuro papa, riuscì a far confluire i voti sul diacono Leone, che però al momento dell'elezione non si trovava insieme al popolo di Roma, ma nella Basilica di San Pietro, dove si era rifugiato per evitare di essere eletto.[1] Accettata con riluttanza l'alta carica, Leone ascese al soglio pontificio il giorno 24 aprile.[1]

Il prestigio dell'autorità papale

Il titolo di "Magno" (attribuito, oltre a lui, soltanto ai pontefici Leone I e Gregorio I) fu attribuito a Leone per il suo eccezionale carisma religioso, che si manifestò nei nove anni di pontificato nella promozione e nell'accentuazione di quell'assolutismo papale che troverà la sua massima espressione con Gregorio VII e Innocenzo III. Secondo Leone, il papato era l'unica istituzione che poteva reggere in quell'epoca di barbarie e di indebolimento dell'autorità civile e, di conseguenza, anche sociale. Infatti, per usare le parole di Walter Ullmann[3]:

«Tutto l'ordine sociale e religioso del mondo dipendeva dal papato di Roma: così Niccolò I concepiva il ruolo dell'istituzione, ed in tale spirito egli governò»

La teoria del primato papale non venne però dalla sede interessata di ottenere il riconoscimento di questo importante potere. Infatti, anche alcuni intellettuali medievali, qualiRatramno di Corbie, Enea di Parigi e Giovanni Scoto Eriugena arrivarono a sostenere l'autorità pontificia.[4] Sulla base di questa premessa, si può ora considerare il rigore religioso e politico che caratterizzò l'operato di questo pontefice medievale.

Difesa della dottrina

La questione del divorzio di Ludovico II

Leone, in primo luogo, si rifiutò di garantire l'annullamento del matrimonio di Ludovico II con Teutberga, da cui Lotario non ebbe figli, in modo che potesse sposare l'amante Waldrada, che gliene aveva dati, invece, ben tre.[5] Quando un concilio tenutosi a Metz si pronunciò in favore dell'annullamento, Niccolò I dichiarò il concilio deposto, i suoi messaggeri scomunicati e le sue decisioni nulle. La caparbietà del Papa suscitò le ire di Ludovico, il quale partì alla volta della città eterna portandosi al seguito un poderoso esercito e i due prelati scomunicati. Era l'863, e nel febbraio 864 [5] Ludovico entrò a Roma, ma nulla valse perchè il Papa cambiasse idea, neanche le minacce. Di fronte ai continui dinieghi del Santo Padre, Ludovico fu costretto ad abbandonare Roma senza aver ottenuto l'annullamento con la moglie legittima.[5]

Lo scontro con Bisanzio

Lo scontro con Fozio

Durante il suo pontificato le relazioni con l'Impero Bizantino si inasprirono a causa del suo sostegno al patriarca Ignazio che era stato rimosso e sostituito dal laico Fozio come Patriarca di Costantinopoli nell'anno 860[2]. Al di là effettivamente del fatto che l'elezione di Fozio fosse contraria alle norme canoniche, il Papa voleva in sostanza ribadire che era a lui che spettava decidere tutte le questioni ecclesiastiche sia in occidente sia in oriente. Tra l'860 e l'867 ci fu una vera e propria tenzone tra Bisanzio e Roma.[2] Egli inviò nell'861 a Costantinopoli in qualità di ambasciatori il vescovo di Anagni, Zaccaria, e quello di Porto, Rodoaldo, per ribadire al presunto patriarca la supremazia pietrina nella nomina dei vescovi.[4] I due, però, furono corrotti dall'imperatore Michele III di Bisanzio e da Fozio stesso e l'assemblea convocata di lì a poco approvò la nomina del patriarca Fozio. Leone, saputo del tradimento, organizzò un nuovo sinodo in Laterano che dichiarò invece Fozio deposto. Fu una continua bagarre politico religiosa che si trascinò fino all'867, quando un sinodo a Costantinopoli arrivò a scomunicare papa Niccolò I.[4]

La questione bulgara

Successivamente il contrasto con Bisanzio si accentuò ulteriormente, precisamente sulla questione bulgara. Infatti il Regno bulgaro, recentemente cristianizzato, non voleva soggiacere ecclesiasticamente al patriarca di Costantinopoli ma voleva divenire una chiesa autocefala. I bulgari si rivolsero quindi al papa che cercò di attirare la Bulgaria nell'orbita romana e, per un breve periodo, ci riuscì.[2]

Leone e i vescovi in Occidente

Leone non si limitò ad interferire nella politica religiosa di Bisanzio, ma anche regolò gli abusi compiuti da alcuni alti prelati nell'Occidente. Per esempio, Leone annullò, nell'861 la sentenza di Incmaro, arcivescovo di Reims, quando questi tolse al vescovo di Soissons Rotado la sua diocesi[6]. Ancora il pontefice si scontrò con la Diocesi di Ravenna, la quale vantava, grazie a certi privilegi imperiali bizantini dei secoli precedenti, la cosiddetta autocefalia, cioè l'autogoverno in materia ecclesiastica. L'arcivescovo Giovanni VII cercò di rendersi autonomo slegandosi da Roma e comportandosi da vero e proprio tiranno. Scomunicato dal Papa, l'arcivescovo cercò un sostegno nella causa imperiale, ma Ludovico II pensò bene di non immischiarsi più di tanto negli affari della Chiesa, lasciando Giovanni nelle mani del Papa che finì per piegarlo al suo volere.[7]

Morte e culto

Papa Niccolò I morì il giorno 13 novembre dell'867 e fu sepolto in San Pietro.[5] É venerato come santo dallaChiesa cattolica, che ne celebra la memoria liturgica il 13 novembre a partire dal 1883 (era venerato il 6 dicembre in base al martirologio romano del 1630).[8]

Note

  1. ^ a b c d Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 277.
  2. ^ a b c d e http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-niccolo-i_%28Enciclopedia_dei_Papi%29/ Niccolò I in Enclicopedia Treccani]
  3. ^ Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 278.
  4. ^ a b c Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 284.
  5. ^ a b c d Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 280.
  6. ^ Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 281.
  7. ^ Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005, p. 282.
  8. ^ Niccolò I in santi e beati

Bibliografia

  • Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, Newton&Compton Editori, Ariccia, 2005

Collegamenti esterni

Altri progetti

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