Secessione dell'Aventino
La secessione aventiniana fu un atto di protesta attuato dai membri del Parlamento italiano contro il nascente regime fascista in seguito all'omicidio di Giacomo Matteotti l'11 giugno 1924 dopo aver denunciato alla Camera dei deputati i brogli e le violenze compiute in occasione delle elezioni del 6 aprile precedente.
La protesta si realizzò il 27 giugno di quell'anno quando i parlamentari dell'opposizione, riuniti in una sala di Montecitorio, decisero di abbandonare i lavori in parlamento finché non si fosse ripristinata la legalità e l'autorità della legge negata dalle milizie fasciste.
L'origine del nome proviene dalla storia romana, quando i plebei fecero una secessione dal governo romano.
Le cause
Dinanzi alle violenze fasciste, i parlamentari di opposizione scelsero non la strada della risposta violenta e dura ma quella della rivolta morale e dell'azione nonviolenta. Essi rifiutarono di seguire le proposte che venivano dalle frange comuniste dell'opposizione di azione diretta e di un appello alle masse.
In quel momento, proprio a causa del delitto Matteotti, il fascismo aveva perso molti consensi, e stava vivendo la crisi più nera della sua pur breve storia. Un'ondata di indignazione si levò in tutto il Paese, e su di esso la parte comunista dell'opposizione voleva basare un'azione di rivolta nei confronti del governo fascista. Perfino alcuni alleati del fascismo (liberali, industriali e perfino nazionalisti) si allontanano dal governo e, in seguito, si uniranno alla secessione. Il più famoso ad allontanarsi dalla coalizione è Giovanni Giolitti.
La popolarità del governo cade a picco, ed anche all'interno del fascismo inizia a nascere una lacerazione tra le frange più estremiste e quelle più moderate, che rischiano di portare alla fine del fascismo.
La secessione
Per quanto le richieste da parte della sinistra comunista di un intervento attivo siano forti, i parlamentari dell'opposizione hanno molti dubbi sulla possibilità di coinvolgere le masse e costringere il re Vittorio Emanuele III a far arrestare Mussolini ed indire nuove elezioni.
Il re, infatti, non si muove e di fatto appoggia tacitamente il governo.
I parlamentari, ancor prima del ritrovamento del cadavere di Matteotti, si riunivano in un'altra sala di Montecitorio, ritenendo impossibile svolgere i lavori nel parlamento vista l'irrispettosità nei confronti della legge che il governo di Mussolini dimostrava. In seguito, il 27 giugno, decisero di attuare la secessione aventiniana.
Ad essa partecipò tutta l'opposizione eccetto i comunisti, che si rifiutarono di lasciare il parlamento in mano ai fascisti, che avrebbero potuto convalidare qualsiasi legge senza alcuna opposizione.