Fatwa sullo sciismo di al-Azhar
La Fatwa sullo sciismo di al-Azhar (in arabo فتوى شلتوت?, Fatwā Shaltūt, ossia "La fatwa di Shaltūt") è una fatwa emessa nel 1959 dal Grande Imam di al-Azhar Muḥammad Shaltūt e riguardante le relazioni tra le due diverse espressioni dell'Islam: quella del sunnismo e quella dello sciismo. Sotto la guida di Shaltūt, le relazioni tra sunnismo e sciismo conobbero infatti un fondamentale momento di intesa,[1] grazie ai fruttuosi colloqui che il Grande Imam aveva intrattenuto con il Grande Ayatollah iraniano Sayyid Hossein Tabataba'i Borujerdi.
La Fatwa di Shaltūt fu infatti il risultato di una lunga serie di colloqui che comportarono una positiva collaborazione dottrinaria nell'ambito della "Dār al-Taqrīb al-Madhāhib al-Islāmiyya" (Casa dell'avvicinamento tra le scuole giuridiche islamiche), sorta per precisa volontà dei due grandi ʿulamāʾ musulmani.
Il fine dell'intesa era di creare un deciso collegamento tra le varie scuole giuridiche islamiche e di avviare rapporti di mutuo rispetto, allontanando il pericolo di mutua scomunica e di disconoscimento di islamicità, nel riconoscimento dell'importante ruolo svolto dal sunnismo e dallo sciismo nello sviluppo del pensiero islamico.[2]
Tuttavia, malgrado l'ecumenicità della Fatwa, voluta da Shaltūt mentre occupava il posto di massimo rilievo del pensiero sunnita, non fu istituita ad al-Azhar alcuna cattedra d'insegnamento di Fiqh giafarita, diminuendo alquanto la portata "rivoluzionaria" dell'intesa, che comunque rimane un saldo pilastro del pensiero islamico, osatile alle contrapposizioni (violente o meno) e all'antagonismo dottrinario.[3]
- ^ Islamic Ecumenism In The 20th Century: The Azhar And Shiism Between Rapprochement And Restraint, revised, Brill, 2004, p. 360, ISBN 9789004125483.
- ^ al-Azhar Verdict on the Shia, su al-islam.org, www.al-islam.org (archiviato il 13 giugno 2009 DASHBot ).
- ^ Islamic Ecumenism In The 20th Century: The Azhar And Shiism Between Rapprochement And Restraint, revised, Brill, 2004, p. 301, ISBN 9789004125483.