Brahman
Template:Avvisounicode Brahman (devanāgarī ब्रह्मन्, lett. "sviluppo") è un termine sanscrito all'origine di molteplici significati nelle religioni vedica, brahmanica e induista.
Differenti significati del termine Brahman
Il termine sanscrito Brahman possiede differenti significati:
- nella sua accezione di nome "maschile", brahmān indica nei Veda un officiante del sacrificio vedico in grado di pronunciare i mantra relativi alla conoscenza ispirata;
- nella sua accezione di nome "neutro", brāhman indica nei commentari degli inni vedici denominati Brāhmaṇa il potere che ispira i cantori ṛṣi deputati alla trasmissione orale del sapere cosmico, ovvero "l'effusione del cuore nell'adorazione degli Dei"[1] o la stessa invocazione (parola sacra opposta a vāc, parola umana);
- nella forma derivata brāhmaṇa indica sempre come nome "neutro":
- nella successiva riflessione teologica e filosofica propria delle Upaniṣad vediche con il termine Brahman (nella forma "neutra") si indica l'unità cosmica da cui tutto procede;
- nel successivo Induismo con Brahman si indica anche Brahmā, il deva creatore.
Da notare che nelle quattro raccolte degli "inni" dei Veda l'"origine primordiale" viene indicata con il termine Tat (Quello) e non ancora con il termine Brahman[2]:
«Non c'era la morte allora, né l'immortalità. Non c'era differenza tra la notte e il giorno. Respirava, ma non c'era aria, per un suo potere, soltanto Quello, da solo. Oltre a Quello nulla esisteva»
Nei Veda il termine brahman richiama esclusivamente l'attività sacerdotale e quindi la sua forma "maschile", ad esempio nel Ṛgveda (X, 141,3) Brahman è il nome di Bṛhaspati in qualità di sacerdote degli Dei.
«Invochiamo il re Soma in nostro aiuto, con i nostri canti e i nostri inni; gli Āditya, Viṣṇu , Sūrya e il sacerdote Bṛhaspati»
Origine del termine
Numerosi studiosi si sono occupati di ricostruire l'origine del termine brahman:
- Jan Gonda[3] fa riferimento, come d'altronde la cultura tradizionale indiana, alla radice di bṛh (forza);
- George Dumézil[4] lo ha collegato al termine latino flamen;
- Paul Thieme[5] rifiutando l'ipotesi di Gonda collega questo termine al greco morphē, quindi nella sua accezione di "forma", "formula";
- Louis Renou[6] ritiene invece che il termine derivi dalla radice brah col significato di "esprimersi enigmaticamente";
- Jean C. Heesterman[7] riassume queste posizioni e ritiene che l'origine del termine Brahman vada ricercato nei suoi collegamenti con l'epressioni delle formule sacre anche se la poliedricità della radice brah rende di fatto impossibile chiarirne l'origine.
Brahman e Brahmdoya nella prima cultura vedica e nei Brāhmaṇa
Secondo Jean C. Heesterman[8] il tema del Brahman è collegato, nelle quattro raccolte degli inni dei Veda alla contesa verbale, ovvero al rito del Brahmdoya propria della cultura vedica con particolare riferimento al sacrificio del cavallo (aśvameda). In questo contesto, prima del sacrificio i due officianti si sfidavano con domande enigmatiche, colui che riusciva a risolverle affermava di sé stesso:
«questo brahman è il cielo più alto della parola»
Heesterman ricorda come queste contese non erano affatto pacifiche, il concorrente che insisteva a sfidare il vincitore con ulteriori enigmi avrebbe pagato con la sua testa i suoi affronti.
Quindi il termine Brahman originerebbe da una figura sacerdotale dell'India vedica vincitore nelle gare sacrificali poetico-enigmatiche. Con l'ingresso della letteratura in prosa dei Brāhmaṇa si osserva, a partire dal X secolo a.C., un radicale cambiamento: al rituale agonistico si sostituisce il rituale rigidamente codificato e pacifico.
Nel contesto dei Brāhmaṇa il Brahman da espressione dell'"enigma cosmico" oggetto di competizione sacerdotale, diviene la stessa formula sacrificale oggettiva e trascendente che si concretizza nel rituale.
Come evidenzia David M. Knipe[9] la divinità che incarna e centralizza questo processo nei Brāhmaṇa è Prajāpati che lega l'antico Puruṣa vedico, ovvero colui che istituisce il sacrificio, l'impersonale Brahman (potere della formula sacra) e infine il dio personale Brahmā.
Così il Ṛgveda (X,90,7-8):
«Quel Puruṣa, nato ai primordi, essi [gli Dei] lo aspersero come vittima sacrificale sull'erba. Con lui gli Dei, i Sādhyā e i cantori compirono il sacrificio. Da quel sacrificio completamente offerto fu raccolto il burro coagulato: esso divenne animali, quelli dell'aria, quelli della foresta e quelli dei villaggi»
Così, ad esempio, il Samāvidhāna Brāhmaṇa (I,1,3)
«In origine vi era il Brahman soltanto; poiché il succo della sua forza si espandeva, divenne Brahmā. Brahmā meditò in silenzio con la mente e la sua mente divenne Prajāpati»
Sylvain Lévi[10] osserva:
Il Brahman nelle Upaniṣad
Nato come sostantivo maschile negli inni dei Veda per indicare sia le figure sacerdotali che durante il sacrificio competitivo esprimono dei mantra enigmatici sul cosmo che lasciano non espressa la risposta[11] sia le stesse espressioni enigmatiche, nei Brāhmaṇa, il brahman (sostantivo neutro) diviene il mantra rituale codificato, e il suo potere, che deve essere semplicemente appreso e conservato a memoria dal brahmano e recitato durante i riti.
Con le Upaniṣad si passa ad indagare la natura di questo Brahman che diviene l'origine di ogni cosa, l'Assoluto:
E che si identifica con il principio individuale, l'ātman:
«"E, dove risiederà la radice del corpo se non nell'acqua? Analogamente se riteniamo il germoglio l'acqua, figlio mio, il calore (tejas) sarà la sua radice. Se consideriamo il calore un germoglio l'essere (sat) sarà la radice. Tutti i viventi hanno le proprie radici nell'essere (sat), si basano sull'essere, si sostengono sull'essere. Ora mio caro ti è stato detto come queste tre divinità pervenute nell'uomo siano divenute triplici. Quando un uomo muore, mio caro, la parola rientra nella mente,la sua mente rientra nel soffio vitale, il soffio vitale rientra nel calore e questi rientra nella suprema divinità. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la realtà di tutto, essa è l'Ātman. Quello sei tu (Tat tvam Asi) o Śvetaketu!". "Continua il tuo insegnamento o signore!". "Bene, mio caro" gli rispose.»
Esso è illimitato e inconcepibile:
Esso è l'Oṁ:
La forma personale del Brahman (Brahman Saguṇa)
Con il progressivo sviluppo di approfondimenti teologici il Brahman impersonale indifferenziato (nirdvaṃdva) divenne oggetto di un processo di personalizzazione in divinità specifiche, principalmente nella figura dei deva Viṣṇu e Śiva[12].
Note
- ^ Dizionario sanscrito-italiano (direzione scientifica: Saverio Sani). Pisa, ETS, 2010, pag. 1108
- ^ Cfr., tra gli altri, Gianluca Magi. Enciclopedia filosofica vol.2. Milano, Bompiani, 2006, pag. 1445.
- ^ Jan Gonda. Notes on Brahman. Utrecht, 1950.
- ^ Georges Dumézil. Flamen-Brahman. Parigi, 1935.
- ^ in Brahman, Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Gesellschaft 102 (1952): 91–129. Consulta ZDMG online, su menadoc.bibliothek.uni-halle.de.
- ^ Louis Renou e Liliane Silburn. L'Inde fondamentale. Parigi, 1978
- ^ in Encyclopedia Religion vol.2. NY, MacMillan, 2005, pagg. 1024-6
- ^ Op. cit.
- ^ David M. Knipe. Encyclopedia of Religion vol.11. NY, MacMillan, 2005, pag.7356.
- ^ Sylvain Lévi. La dottrina del sacrificio nei Brāhmaṇa. Milano, Adelphi, 2009, pag.46
- ^ Brahman come: «energie connective comprimée en énigmes»
- ^ Gianluca Magi. Enciclopedia filosofica vol.2. Milano, Bompiani, 2006, pag.1446.
Bibliografia
- Sylvain Lévi. La dottrina del sacrificio nei Brāhmaṇa. Milano, Adelphi, 2009.
- Louis Renou e Liliane Silburn. Sur la notion de brahman, in "Journal Asiatique" 1949, 237, 7-46.
- Gianluca Magi. Brahman. "Enciclopedia filosofica" vol.2. Milano, Bompiani, 2006
- Jean C. Heesterman. Brahman. "Enciclopedia delle Religioni" vol.9. Milano, Jaca Book, 2004.
- Upaniṣad (a cura di Carlo Della Casa). Torino, UTET, 1983.