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CHIESA DELL’IMACOLATA CONCEZIONE
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Immacolata Concezione |
Diocesi | Napoli |
Inizio costruzione | 1618 |
Per continui disaccordi fra il proprietario del feudo Don Martio Colonna e gli abitanti di Terravecchia di Bosco, esclusi dai riti religiosi ufficiati nella chiesetta di San Sebastianio, i fratelli Angelo, Ferdinando,e Marco Strina costruirono, questa chiesa in titolo, ingrandendo l’antica cappella della Pietà che eressero a suo tempo nel 1618. Distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 1631 gli stessi la riedificarono nel 1635 e con l’immancabile contributo dei fedeli la ingrandirono nel 1645. Questa cappella era ubicata a venti metri dalla strada Regia delle Calabrie in un bel spiazzo alberato, spazio attualmente delineato tra vico Pace e vico Neve. Nel 1671 la cappella della Pietà venne ampliata con la costruzione della sacrestia e dell’abitazione del parroco, allorquando il cardinale di Napoli Innico Caracciolo la elevò a Cappella Rettoria dato che con decreto del 19 gennaio del 1668 istituì in Terravecchia la nuova parrocchia dello Spirito Santo.
Nel 1739 su di un suolo donato da Margherita Montagna, “monaca di casa”, si costruì la cappella domenicana della Congrega del SS. Rosario ampliata successivamente con l’ingresso dalla Rettoria.
Tale ingresso esiste ancora per un secolare accordo tra la Congrega e la parrocchia dell’Immacolata. Infatti, al posto delle scale d’accesso di oggi, esisteva una cappellina dedicata alla Madonna del Rosario, davanti alla quale si radunavano un tempo i confratelli. L’ipogeo dell’oratorio dal quale si accedeva dall’esterno venne adibita poi a “Terrasanta” per la sepoltura degli associati alla congrega e dei loro familiari.
Nel 1742 la chiesa dell’Immacolata fu ulteriormente allungata aggiungendo altre due cappelle protese verso la strada regia, fu costruita la torre campanaria e fu inglobata la originaria cappella della Pietà.
Di fronte alla chiesa si ergeva l’antica Taverna di Sopra del principe Colonna, trasformata poi in un grande palazzo residenziale.
Questo palazzo era conosciuto dal popolo come il “ palazzo ‘e ’ll’acqua ‘e Runatella” (palazzo dell’acqua di Donatella). Infatti nel 700 non cèra un impianto pubblico di distribuzione d’acqua, ma solo pozzi ove si raccoglieva acqua piovana. Perciò pochi ebbero il beneficio di attingere l’acqua dal Canale Sarno che nei paraggi con un ultimo salto sboccava a mare, e questa taverna era tra i privilegiati potendo usufruire di “acqua viva”cioè di acqua corrente. Donatella invece era la moglie del taverniere che tra bellezze al vento e vezzi di cortesia serviva gli avventori con boccali di acqua viva e occasionalmente con vino vesuviano.
Nel 1834 la sopra citata chiesa cessò di essere sede parrocchiale e il SS. Sacramento, in esso adorato, fu trasportato con una cerimonia solennemente nella nuova chiesa eretta dello Spirito Santo. Infine i lavori di adattamento finali della “parrucchiella”, avvenuti nel 1842 a spese del Comune, non realizzarono a pieno il tanto agognato piano d trasformazione desiderato. Oggi il tempio appare a tre piccole navate che evidenziano la mancanza di un progetto architettonico a grande respiro. Si notano infatti i piccoli insediamenti accrescitivi che, applicati a più riprese, nell’insieme privano l’opera di quel senso intrinseco di una meritevole unità spaziale. Alla fine l’8 agosto del 1926 ridivenne sede parrocchiale sotto il titolo di Parrocchia dell’Immacolata Concezione.
Gli affreschi che si notano nella volta sono di V. Bisogno, pittore torrese del 1905, entrando sulla destra si nota un bel quadro raffigurante la Crocifissione, quasi una resurrezione, attribuito a Mattia Preti. Questo quadro fu trafugato la notte del 30 settembre del 1990 e fu ritrovato a Pescara presso un collezionista d’arte grazie all’instancabile e meritoria opera dell’Arma dei Carabinieri reparto Tutela del Patrimonio Culturale di Napoli, che lo ha ricollocato nella Parrocchia dell’Immacolata il 21 marzo del 2013.
In fondo alla navata di destra si nota la tela raffigurante la Pietà di cui non si conosce l’autore, la supposizione è che questo quadro era collocato sull’altare maggiore dell’antica cappella Strina. Nel centro della navata principale vi è invece un antico bellissimo pulpito di marmo, è tradizione che vi abbia predicato, in alcune ricorrenze, Sant’Alfonso Maria dei Liguori. Una lapide posta al di sotto del pulpito ne ricorda l’avvenimento.
Congrega del SS. Rosario.
Fondata nel 1664, e definita dallo statuto sociale come …adunanza di persone divote riunite…per recitare il rosario nella cappella di cui prendeva il nome, oltre all’assistenza reciproca e agli esercizi di carità, spirituali e religiosi, operava anche come “collegio funeraticium”. Ossia assicurava un luogo di sepoltura e la cura delle spoglie ai soci, anche quelli più poveri, d’altronde era ed è lo scopo associativo pure delle altre Arciconfraternite esistenti a Torre.
La congrega è ubicata affianco alla chiesa con ingresso in vico Pace. Vi si accede tramite delle scale che immette nel’oratorio tramite una porta laterale. L’ambiente, raccolto e pio, è riempito da grandi scranni rialzati, intarsiati in legno, che montati a mo’ di basso baldacchino ricoprono le pareti tutto intorno, terminando all’altezza dell’altare. Quest’ultimo è bellissimo nella sua semplicità, la pala d’altare raffigura S. Domenico, del pittore F.Bonito, in estasi vicino all’Immacolata, in capo all’altare in piccoli medaglioni rotondi sono raffigurati i Misteri del Rosario. Ma il cielo della congrega è abbellito da un meraviglioso affresco raffigurante la glorificazione della Madonna del Rosario del pittore Giuseppe Palomba.
Una pericolosa lesione orizzontale in tutta la sua lunghezza mette per il momento l’affresco in pericolo. Sono in atto interventi di consolidamento e protezione dell’ intera struttura, speriamo in un immediato futuro che la stessa venga aperta al pubblico.
Ma il motivo che rende unica questa Arciconfraternita è il luogo dove riposano le spoglie del Venerabile Servo di Dio Igniazio Iennaco, misconosciuto agli stessi torresi, ma conosciutissimo alle genti di qualche generazione precedente.
Venerabile Servo di Dio Igniazio Iennaco
Nacque a Torre Annunziata il 30 aprile 1752 da Nicola e Cecilia Salvatore gli morì il padre quando era ancora un fanciullo, crebbe fra la pietà e lo studio, sentendo ben presto un vero trasporto per la vita clericale. Per quei tempi era un onore e diciamo pure conveniente diventare sacerdote e appoggiato dai genitori Ignazio vestì l’abito talare. Fu un esemplare chierichetto nella parrocchia Immacolata Concezione, sempre presente alle sacre funzioni, ammirato dai fedeli e dai sacerdoti. Secondo un’antica usanza, anche ai chierichetti veniva dato una parte delle offerte derivanti dalla celebrazione delle sacre funzioni e Ignazio l’utilizzava per far celebrare messe in suffragio dell’anima di suo padre. Fu ammesso per un posto gratuito nel Seminario Diocesano di Napoli, fu alunno del celebre teologo G. Simeoli, dotto rettore del Seminario. Era ancora un diacono, quando fu nominato professore di lingue orientali nello stesso seminario, per la sua profonda conoscenza delle lingue greca, ebraica, siriaca, francese ed inglese. Gli anni della sua formazione sacerdotale, passarono creando intorno alla sua figura, già di dotto studioso, anche un alone di santità giovanile, per cui dopo un brevissimo tempo dopo l’ordinazione sacerdotale, ricevuta nel giugno 1776, fu chiamato ad esercitare l’ufficio di padre spirituale dei giovani seminaristi. Svolse il delicato compito, esercitandolo con somma cura, guidando ogni singolo giovane candidato al sacerdozio; questo ufficio divenne per lui un vero apostolato, che volle esercitare anche fuori dal seminario. Ad Ignazio Jennaco, pio ed illuminato direttore di coscienze si rivolgevano per un consiglio od una guida, dotti laici, sacerdoti, vescovi, cardinal., Ma questo continuo compito, che svolse per tutta la vita, non gli fece tralasciare il ministero sacerdotale nella sua terra natia, nella sua Torre Annunziata, ed eroicamente ogni sabato si avventurava per quella tortuosa, deserta, disagevole strada che da Napoli conduceva alle Calabrie e che dopo una ventina di km, fatti a volte con un calesse e molte volte a piedi, egli giungeva a Torre, alla Venerabile Arciconfraternita del SS Rosario, che allora era fiorente per opere poderose e benefiche. n quella Congrega che l’aveva visto ragazzo orante e devoto, il reverendo Ignazio Iennaco copriva la carica di Padre spirituale e qui era atteso vivamente dai tanti confratelli, per le confessioni e celebrazioni. Grande oratore seppe adattare la sua scienza, alla semplicità dei fedeli di ogni ceto sociale; teologo e scienziato profondo, a soli 28 anni fu ammesso ad un’Accademia di Scienze Teologiche, sorta nel 1780, con gli auspici del cardinale Filangieri,e a cui appartennero i più dotti ed illustri scienziati dell’epoca. Fine linguista e letterato esimio, rivestiva la cattedra di lingua ebraica nel Seminario Arcivescovile di Napoli, la sua fama valicò le Alpi e dall’Inghilterra e Russia arrivarono incarichi di prestigio inerenti alle lingue orientali, con l’ammirazione per la sua rara competenza. Infine fu grande sostenitore della musica sacra, che suonava con l’organo nelle grandi funzioni torresi, ma soprattutto insegnava ai giovani seminaristi di Napoli, la musica gregoriana e quella di Palestrina. Teologo, scienziato, letterato, linguista, ispirato alla musica ed al canto liturgico, Ignazio Iennaco volle rimanere nel contempo un’umile persona, sempre seduto nei posti più nascosti, per umiltà volle distruggere con il fuoco tutti gli attestati, pergamene, manoscritti e quanto altro avrebbe potuto parlare con ammirazione di lui in futuro. Dopo aver vissuto le penose vicende legate alla Repubblica Partenopea del 1799, l’occupazione francese, le leggi napoleoniche restrittive del clero e degli Ordini religiosi, la restaurazione vendicativa borbonica, le tante manifestazioni violente che colpirono Napoli e la provincia in quel tempo, Ignazio Iennaco morì a Torre Annunziata il 22 dicembre 1828 a 76 anni. Il suo corpo rimase esposto all’omaggio dei fedeli per circa nove giorni, mantenendosi incorrotto, morbido e flessibile. Fu tumulato, secondo un suo desiderio nella Arciconfraternita del Ss Rosario, che lo ebbe Padre spirituale per tanti anni. La causa per la sua beatificazione fu introdotta da papa Leone XIII nel 1899, un successivo decreto di proseguimento, si ebbe il 13 marzo 1918. (Notizie tratte da Santi e Beati di Antonio Borrelli).
CHIESA DI SANTA TERESA DI GESU’
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | santa Teresa di Gesù |
Diocesi | Napoli |
Inizio costruzione | 1639 |
L’attuale P.zza Cesaro nel 1600 era un largo scosceso delle pendici di Trecase, delimitato dal Vallone ad oriente e dalla Strada Regia a mezzogiorno, veniva chiamato “Boscariello” forse appunto per le macchie di ginestre e di pini che sorgevano tra rena e rocce… Questo è quanto si legge in un piccolissimo libricino di Luigi Ausiello, uno stimato studioso locale e attento ricercatore d’ archivio, nonché socio del Centro Studi Storici Nicolò d’Alagno.
Il pamphlet editato in occasione del 50° anniversario di erezione della parrocchia di S. Teresa di Gesù con il titolo “ Parrocchia di S.Teresa di Gesù in Torre Annunziata, un cammino lungo di cinquant’anni” è stampato in proprio. Esso ci descrive, attraverso documenti e riferimenti di archivio inediti, la storia e lo sviluppo della chiesa in titolo, dando anche una precisa descrizione ambientale dei luoghi.
La chiesa con il convento fu costruita dalla famiglia nobile dei Piccolomini feudatario di Terravecchia di Bosco( Trecase) nell’anno 1639. Don Giovanni Piccolomini il 22 maggio 1651 donò poi il tutto al figlio Ambrogio, Benedettino-Olivetano, con l’obbligo di mantenervi almeno cinque amministranti fra sacerdoti e laici per le cure religiose delle anime degli abitanti.
Con la venuta dei Francesi nel Regno di Napoli il 13 febbraio del 1807 fu decretato la soppressione degli ordini religiosi. La Chiesa ed il convento furono incamerati dal Demanio, esse subirono delle trasformazioni ad uso militare, la prima divenne un’officina per la costruzione di proiettili e la seconda come ricovero e alloggio per reduci e veterani delle guerre napoleoniche che vi rimasero fino al 1811. Quadro conservato nel convento francescano
Con il ritorno dei Borbone Ferdinando II concesse ai Francescani-Alcantarini la chiesa e il 24 novembre 1849 anche l’intero locale del monastero. Un nuovo progetto di allargamento, su idea del padre Superiore P.Ambrogio di S. Agostino, fu realizzato dall’architetto Andrea Fortunato che vide la chiesa più allungata rispetto all’originale con una nuova abside e l’atrio su colonne; che avrebbero sostenuto la nuova facciata e la possibilità di realizzare un coro spazioso sulla porta. La chiesa è a pianta rettangolare con unica navata centrale larga 9,40 m. per un lunghezza di 28,20 m. decorata con 14 pilastri lisci di fabbrica addossati a muro di ordine corinzio con relativo cornicione. La volta è semicilindrica…con mezza sendella sulla cona ripartita a vari compartimenti di riquadrature e cassettoni …( da descrizione della chiesa a cura dell’arch. Cardola 1865). Nel presbitero è posto l’altare sormontato nel suo catino dalla bella pala del 600 raffigurante S.Teresa d’Avila, autore non ancora identificato che ottiene dalla Madonna lo spegnimento del terrificante “incendio”del Vesuvio nel 1631.
A sinistra ed a destra della chiesa vi sono quattro cappelle due per lato, degno di nota la prima cappella di sinistra dedicata a S.Francesco raffigurato in piccoli affreschi nell’atto di costituire il Terz’Ordine dei pittori Aniello e Antonio Crispo 1840. Nel convento invece è conservato un altro bellissimo quadro del 700 raffigurante la glorificazione di S.Teresa d’Avila, opera d’ignoto, ai piedi della santa si notano i committenti forse Giovanni Piccolomini, ed Eleonora Loffredo principessa di Maida . Nel dicembre del 1867 il convento fu sottoposto alla legge eversiva n.3036 del 1866 che vide la sua soppressione e trasformazione in Ospedale. I pochi frati rimasti occuparono solo un piccolo spazio della struttura per scomparire poi del tutto nel 1911. Solo nel 1932 P.Chiacchio chiede all’Amministrazione dell’Ospedale Civile di Torre l’acquisto di 150 mq di terreno per costruire un conventino sul lato destra della chiesa, sviluppato in altezza a tre piani, incastrato tra la parrocchia ed il palazzo Monaco del settecento.
Così il 15 maggio del 1934 fu posta la prima pietra dell’attuale convento e nel 1936 tornarono i frati a Torre. Oggi l’antica opera di apostolato francescano è guidata da Padre Luigi Rossi, invece l’intensa attività parrocchiale è retta dal dotto Don Ciro Esposito, docente di analisi matematica e giudice del Tribunale Ecclesiastico. Per finire si ricorda che per chi è interessato ad una più precisa informazione storica della chiesa si consiglia di comprare il su citato libro di Luigi Ausiello in distribuzione presso la parrocchia.
CHIESA DELLO SPIRITO SANTO
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Spirito Santo |
Diocesi | Napoli |
Consacrazione | 1834 |
Inizio costruzione | 1786 |
Completamento | 1870 |
La posa della prima pietra della chiesa avvenne il 2 aprile del 1787, eretta su progetto di Vincenzo Lamberti, essa nasce e resta come “de jure patronatus” dell’Università di Boscotrecase per espressa volontà popolare del quartiere di Terravecchia. Infatti l’aumento di popolazione di tale casale fece sentire la necessità di erigere una chiesa più capiente, ampia, più maestosa in sostituzione della piccola parrocchia dello Spirito Santo esistente. Furono abbattute delle piccole cappelline adiacenti nel vicolo Zappalà, sfruttando lo spazio di una depressione nei pressi del “Vallone”. Così sotto la spinta di un nuovo spirito di emulazione per il livello di benessere raggiunto, la collettività espresse la volontà di costruire un evidentissimo simbolo alla mera attenzione pubblica. Infatti l’erezione della piccola parrocchia, che aveva sede nella cappella della Pietà della famiglia gentilizia Strina, risaliva al 13 febbraio del 1669 ; decretata dal Cardinale Innico Caracciolo della diocesi di Napoli, con assegnazione della Vergine Immacolata, di San Nicola vescovo di Mira e San Gennaro Martire come santi protettori. I lavori iniziali della grande chiesa, profusi con tanto fervore e benedizioni del cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo, subirono continue sospensioni per il periodo storico illuminista della repubblica partenopea e anche per la conseguente calata dell’esercito francese nel Regno di Napoli. Furono ripresi sotto il regno di Gioacchino Murat, quando con decreto del 19 febbraio 1810 riunì il casale di Terravecchia, di Bosco e di Torre dell’Annunciata in una sola cittadina denominandola Gioacchinopoli. Con il ritorno dei Borbone nel 1815 la cittadina si chiamò definitivamente Torre Annunziata. I lavori della nuova chiesa procedevano alacremente, restava solo il compimento della cupola, quando essa in una notte di novembre del 1820 crollò, alla fine fu affidato all’architetto Giuliano de Fazio il parziale delineamento del tempio. La chiesa fu aperta al culto il 17 maggio del 1834 sotto la benedizione del cardinale della diocesi di Napoli Filippo Caracciolo. Nel 1870 invece fu deciso dal consiglio comunale la definitiva sistemazione della chiesa con la costruzione della cupola affidata all’ing. Domenico Zainy, per gli affreschi della crociera e della volta di navata furono incaricati i pittori Achille Jovane e Luigi Stabile.
La chiesa è conosciuta dal popolo anche come Chiesa del Carmine, poiché fu eretta a lato dell’antica cappella votiva della Madonna del Carmelo che sorgeva dove oggi si trova l’attuale Arciconfraternita del SS. Sacramento. Subito accanto vi è la cappella della congrega dei Santi Agostino e Monica, strano motivo di ubicazione urbanistica, questa, a ricordo delle piccole cappelle tutte adiacenti esistenti nel quartiere Terravecchia nel 1700.
La chiesa dello Spirito Santo è a croce latina con una sola navata, lunga 58,90 m. e larga 12,70 m, con un massimo di circa 35 metri nel transetto, impressiona vivamente per la sua ampiezza. Vi sono sei cappelle laterali, tre per parte, e due cappelloni all’estremità del braccio trasversale. La volta è a botte con affreschi del pittore Achille Jovane, lo stesso autore della pala d’altare intitolata “La Pentecoste”, ivi collocata il 4 aprile del 1850 che rappresenta la discesa dello Spirito Santo su Maria SS. e sugli apostoli nel Cenacolo.
In questo santuario si annovera il culto di due adolescenti saliti agli onori della fede e degli altari : San Felicio martire ed il Servo di Dio Peppino Ottone
San Felicio martire
Il primo, ubicato nel cappellone di sinistra del transetto, appare in una bellissima teca disteso piamente con il simbolo del martirio nella mano sinistra. San Felicio accoglie i fedeli ed i credenti in tutta la sua semplice beltà fanciullesca perpetuata da una sapiente opera d’imbalsamazione. Di questo martire del III secolo, proveniente da una catacomba cristiana di epoca romana scoperta in Turchia, si conosce ben poco. Le sue notizie biografiche imprecise e leggendarie, tramandate per lo più oralmente, ci dicono che era un fanciullo di solo 12 anni ucciso per mano di suo padre quando manifestò l’intenzione di farsi cristiano. La leggenda ci dice inoltre che questo santo martire aprirebbe gli occhi quando un bambino si soffermi a pregare di cuore davanti alla teca. Bellissimo il libro del prof. Ottavio Ferrini intitolato “ San Felicio martire fanciullo”. L’autore con questo libro vuole lasciare una testimonianza concreta sulla provenienza e sulla esistenza della reliquia e rinverdire in fine il culto di questo santo sconosciuto a molti credenti.
Servo di Dio Peppino Ottone
Servo di Dio Giuseppe Ottone | |
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Studente | |
Nascita | Castelpagano, 18 marzo 1928 |
Morte | Torre Annunziata, 4 febbraio 1941 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Santuario principale | Chiesa dello Spirito Santo (Torre Annunziata) |
Giuseppe Ottone, conosciuto anche come Peppino (Castelpagano, 18 marzo 1928 – Torre Annunziata, 4 febbraio 1941), è stato un adolescente italiano dichiarato "Servo di Dio" dalla Chiesa cattolica..
Biografia
Nella Parrocchia Santuario dello Spirito Santo di Torre Annunziata, popolosa città ai piedi del Vesuvio, posta in una insenatura del Golfo di Napoli, è custodita in una cappella laterale, la tomba di Giuseppe Ottone, adolescente di 13 anni, da tutti chiamato Peppino, come si usa chiamare in Campania e altrove, chi porta il nome di Giuseppe. Nacque il 18 marzo 1928 a Castelpagano (Benevento) da genitori ignoti; la giovane levatrice del paese (ostetrica), provvide a registrarlo all’Ufficio competente il 23 dello stesso mese, con il nome di Giuseppe Italico, dopo che il giorno precedente, era stato battezzato nella Chiesa del SS. Salvatore di Castelpagano. Il Comune provvide a farlo accogliere nel Brefotrofio Provinciale di Benevento, con i pochi oggetti trovatogli addosso, una fascia di tela, un pannolino ed una cuffia. In seguito si saprà che Giuseppe era il frutto di una relazione casuale extraconiugale, di una donna di Castelpagano, il cui marito era emigrato in Argentina, da cui non tornerà più, anche perché aveva saputo della duplice infedeltà della moglie, perché oltre il bambino, ella ebbe in seguito anche una figlia. Inoltre la coppia aveva già un bambino legittimo e la donna, di cui omettiamo il nome, dopo essere rimasta incinta, voleva abortire, ma una amica di famiglia la convinse a portare avanti la gravidanza; la stessa amica diverrà madrina di battesimo del neonato. Comunque Giuseppe non restò per molto al Brefotrofio di Benevento, perché il 22 novembre dello stesso anno 1928, venne affidato in allevamento esterno ai coniugi Ottone Domenico e Maria Capria di Benevento, i quali non avendo figli e per un voto fatto dalla signora Capria, avevano richiesto un bambino da allevare con amore e da poter crescere come un figlio loro. Nel timore, che potesse uscir fuori a reclamarlo in seguito la madre naturale, i coniugi decisero di trasferirsi a Napoli; a conclusione di questa prima fase della sua vita, viene riferito che la madre naturale, che morirà nel 1955, saputo della famiglia Ottone, si legherà amichevolmente in seguito, con i genitori adottivi di suo figlio e commossa e contenta diceva di essere “indegna madre” di tale figlio. La famiglia è la prima chiesa domestica e tale fu la famiglia Ottone, che grazie alla religiosità della mamma adottiva Maria Capria, non ostacolata dal marito, diventa per Giuseppe un sicuro modello al quale egli affettuosamente s’ispira per trovare un orientamento della propria vita. Qualche tempo dopo la famiglia Ottone si trasferì definitivamente a Torre Annunziata, terra di mare, posta lungo la costa che si delinea sotto le pendici del Vesuvio, fra Ercolano, Torre del Greco, Pompei e Castellammare di Stabia; tutte zone che parlano degli insediamenti romani e delle distruzioni del vulcano succedutisi nei secoli; la stessa Torre Annunziata possiede gli scavi di Oplonti, suo antico nome, con la grande e celebre Villa di Poppea. Giuseppe (Peppino) cresce sincero, deciso, ricco di qualità e di virtù; va volentieri a scuola senza mostrarsi mai scontento, disciplinato, armonioso con tutti; prima di entrare a scuola va in chiesa, non importandosi dei dileggi dei compagni, per una breve visita a Gesù nel Tabernacolo. Dal 1934 frequenta fino al 1939, la Scuola Elementare, poi viene ammesso all’Istituto Tecnico Commerciale “Ernesto Cesàro”; a scuola è il primo della classe, sempre promosso. La madre adottiva faceva la smacchiatrice, il padre invece il cameriere; lei di indole buona, pia, paziente, lui invece collerico, irascibile, spesso beveva vino più del necessario; per questo si instaurò fra madre e figlio una intesa di anime sensibili, costruttori ambedue di una storia d’amore filiale molto intensa. Fu in famiglia un angelo della pace, aiutava la mamma nel sopportare le violenze del padre adottivo Domenico, sempre più spesso ubriaco. Di nascosto prese ad aiutare alcuni poveri con frequenti elemosine, utilizzando i suoi piccoli risparmi e anche dando le sue merende. Con grandissimo fervore, a sette anni, ricevé la Prima Comunione il 26 maggio 1935, nell’Arciconfraternita del Ss. Rosario, da allora si accostò all’Eucaristia con frequenza e con la passione per una vita santa. Osservò assiduamente le pie pratiche dei nove venerdì e dei 15 sabati; ogni primo venerdì del mese era presente in chiesa già alle 5,30, incurante del freddo, sempre sorridente, tra alcuni operai dello Spolettificio militare, una grande occasione di lavoro per il territorio di Torre Annunziata. Si recava spesso in bicicletta alla vicina Pompei, per pregare davanti alla Vergine del Rosario, di cui era molto devoto, nel Santuario fondato dal beato Bartolo Longo. Come a tutti i ragazzi piaceva leggere gli albi di avventure, ne leggeva a centinaia dopo lo studio, scambiandoli con altri ragazzi, con cui giocava nei momenti liberi, perché Peppino pur essendo serio, studioso, religioso, ubbidiente, era soprattutto un ragazzo con tutti i desideri e gli svaghi tipici della sua età. Il suo sogno più grande, era quello di fare da grande l’Ufficiale di Marina, come del resto lo era e lo è per tanti ragazzi torresi, che da secoli intraprendono la carriera o i mestieri marinari. Dopo circa undici anni di affidamento esterno alla famiglia Ottone, il 26 giugno 1940 il giudice tutelare della Pretura di Torre Annunziata, concede l’affiliazione di Giuseppe, che così cambia il cognome di Italico, datogli quando fu registrato al Comune natio, in quello di Ottone. I suoi definitivi genitori vivranno a lungo, la madre morirà nel 1983, il padre nel 1975, abitando alle spalle della Chiesa dello Spirito Santo. In piena Guerra Mondiale, con l’alternarsi delle vicende politiche, che creavano incertezza, miseria, con il padre soprannominato “Mimì il fascista” e quindi coinvolto nei turbamenti politici di quel periodo, sulla famiglia Ottone si addensò l’ombra della tribolazione, la mamma Maria Capria dovette ricoverarsi a Napoli per subire una duplice operazione chirurgica molto delicata, specie per quei tempi. Giuseppe legato alla madre da un amore filiale intenso sin da piccolo, rimane molto scosso ed angosciato e il 3 febbraio 1941, giorno dell’operazione in clinica, egli si reca insieme ad un gruppo di amici al doposcuola, camminando per il centrale Corso Vittorio Emanuele III; trova a terra una immagine della Madonna di Pompei, la raccoglie, la bacia con trasporto, dicendo “Madonna mia, se deve morire mamma, fai morire me”. Qualche minuto dopo, divenne subito pallido e cadde svenuto a terra, gli amici ed un vigile urbano lo soccorrono, trasportandolo al vicino Ospedale Civico, dove al Pronto Soccorso viene accolto alle 15,30 “in stato di incoscienza con polso e respiri frequentissimi…”. La madre, ritornata in tutta fretta dall’ospedale napoletano, senza subire la duplice operazione, lo assiste per tutta la notte, recitando il rosario, con i capelli diventati tutti bianchi per il dolore, ma accettando con le sue parole, la volontà di Dio per sé e per quel suo figlio tanto amato. Peppino Ottone, senza riprendere conoscenza, morì alle quattro del mattino del 4 febbraio 1941 a quasi 13 anni; il suo sacrificio offerto per la mamma tanto amata, fu accettato dal Signore, la madre guarita istantaneamente, continuò a vivere in buona salute fino ad 88 anni. La stima che godette in vita presso i coetanei ed i superiori (genitori, parroco, maestri) è andata sempre più aumentando con gli anni, tanto da mutarsi in fama di santità. La sua salma inizialmente inumata nel cimitero della città, fu traslata il 25 ottobre 1964 con grande partecipazione di fedeli e di autorità di Torre Annunziata e Castelpagano, nella Parrocchia Santuario dello Spirito Santo, detta comunemente del Carmine. Il 6 aprile 1962 furono iniziati a Napoli, i processi per la sua beatificazione, che proseguono presso la Congregazione per le Cause dei Santi. L’adolescente Giuseppe o Peppino Ottone va ad aggiungersi a quella schiera di ragazzi e fanciulle, che nell’ultimo secolo, si sono poste come tante stelle luminose di innocenza, spiritualità, immolazione, a rischiarare l’oscurità morale, egoista e miscredente dei nostri tempi; questi adolescenti e ragazzi, di cui ne ricordo qualche nome, sono tutti avviati sulla strada del riconoscimento ufficiale della loro santità da parte della Chiesa, come il nostro Giuseppe Ottone: il servo di Dio Aldo Blundo, 15 anni di Napoli; la serva di Dio Angela Iacobellis, 13 anni di Napoli; la beata Carolina Koska, 15 anni della Polonia, il beato Davide Okelo, 15 anni dell’Uganda; il beato Gildo Irwa, 12 anni dell’Uganda, il venerabile Maggiorino Vigolungo, 14 anni di Cuneo; la serva di Dio Mari Carmen Gonzalez-Valerio, 9 anni di Madrid; Silvio Dissegna, 12 anni di Moncalieri; senza dimenticarci chi la santità l’ha già raggiunta come s. Domenico Savio, 15 anni di Torino e i recenti beati Giacinta e Francesco Marto, i piccoli veggenti di Fatima.
Note
Voci correlate
Collocato in una cappella laterale di destra vicino all’ingresso della chiesa.
Nato da genitori ignoti nel 1928 è adottato dalla famiglia Ottone , la madre Maria Capria, molto religiosa, lo cresce con immenso amore allevandolo in un clima di fede e di dedizione alla preghiera. Il ragazzo cresce puro e buono in un clima di beata innocenza, spiritualità ed immolazione, lontano dall’oscurità morali, egoiste, miscredenti e violente che il nuovo periodo storico, alla vigilia della guerra mondiale, insinua fra la gente comune e laboriosa . Giuseppe, studioso e pio, si ergeva spesso a difesa della madre oggetto di maltrattamenti e dell’arroganza del padre, ubriacone e violento coinvolto in estremi turbamenti politici dell’epoca. Maria Capria, molto malata, un giorno dovette ricoverarsi a Napoli per subire una duplice operazione chirurgica molto delicata specie per quei tempi. Sconvolto Peppino di ritorno dalla scuola trova a terra una immagine della Madonna di Pompei, la raccoglie, la bacia con trasporto, dicendo “Madonna mia, se deve morire mamma, fai morire me”. Qualche minuto dopo, divenuto pallido il ragazzo sviene. Soccorso dagli amici e portato in ospedale muore dopo poche ore, era il febbraio del 1941. La madre ritornata in tutta fretta dall’ospedale napoletano, senza subire la duplice operazione, lo assistette per tutta la notte, recitando il rosario. Il sacrificio dei suoi 13 anni offerto per la mamma tanto amata, fu accettato misericordiosamente dal Signore, la madre guarita istantaneamente, continuò a vivere in buona salute fino a 88 anni. Sembra una favola, ma è accaduto davvero, tuttavia è in atto l’iter per la beatificazione di questo fiore d’innocenza.
Di fronte alla tomba di Ottone nella cappella di sinistra è collocata la fonte battesimale della chiesa. Sovrastata da un bellissimo mosaico, essa si presenta con un tocco estremamente moderno. Un mappamondo collocato nella fonte stessa invia un indiscusso messaggio di universalità al mondo, accentuato anche dalla presenza dei padri Comboniani che in questa chiesa hanno in una cappella laterale un punto di riferimento missionario.
Di estremo interesse è infine la cripta della chiesa, messa alla luce e restaurata per volere del defunto mons. Mario Albertino. Locali ampi e profondi con struttura portante ad archi , vi è stato collocato un altarino che dà all’ambiente un tocco di clima paleocristiano. Ma da un accertamento speleologico fatto il sito risulta essere formato da antichissimi locali a grotta già esistenti, utilizzati per lo stivaggio momentaneo delle granaglie, visto che gli ambienti si trovano a livello di carico del porto prospiciente.
Chiesa della SS. Trinità
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Santissima Trinità |
Diocesi | Napoli |
Inizio costruzione | 1829 |
Completamento | 1829 |
La chiesa della Santissima Trinità è una chiesa situata in via Gino Alfani a Torre Annunziata.
Storia
Nel 1829 nel quartiere Oncino, allora frazione del comune di Boscotrecase, fu fatta costruire una Cappella dedicata alla Santissima Trinità che misurava 9,52 metri per 4,76. Fu aperta al culto nel mese di dicembre.
Inizialmente la messa si celebrava solo nei giorni festivi e in occasione della festa della Trinità.
Il 27 febbraio 1877 in seguito all'accorpamento del quartiere Oncino al Comune di Torre Annunziata, la Cappella divenne succursale della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Trecase, da cui dipendeva fino ad allora.
In seguito alla riunione del Consiglio Comunale del 28 ottobre 1881, il Sindaco chiese all'Arcivescovo di Napoli di istituire una nuova Parrocchia avente sede nella Cappella della SS. Trinità, oppure di aggregare il territorio alla Chiesa dello Spirito Santo, ma la richiesta non ebbe alcun seguito.
Nel consiglio comunale del 30 ottobre 1924, fu chiesto al Cardinale Alessio Ascalesi, che la Rettoria della SS.Trinità venisse eretta in Parrocchia autonoma.
La richiesta fu accolta il 22 marzo 1926, giorno in cui fu emessa la Bolla di istituzione della nuova Parrocchia sotto il titolo di "Sant'Alfonso nella Cappella della SS. Trinità".
Si dovette, però, attendere il Regio Assenso perché la nuova Parrocchia potesse funzionare. Il Decreto Reale fu emanato solo il 2 febbraio 1928 e il reverendo Salvatore Farro, nominato economo curato, iniziò l'attività pastorale e fu parroco fino al 3 luglio 1968, giorno della sua morte.
Nel 1940 in seguito alla decisione della costruzione di una nuova strada che unisse il corso Umberto I con la discesa Rampa Nunziante fu necessario abbattere la chiesa. Alla nuova strada fu data la denominazione di via Italo Balbo, oggi via Gino Alfani. Così, dopo la demolizione, la parrocchia fu provvisoriamente trasferita in un fabbricato di corso Umberto I, crollato durante l'incursione aerea del 14 settembre 1943.
Monsignore Farro si adoperò affinché la Chiesa venisse ricostruita, col consenso del Cardinale Alfonso Castaldo, nel luogo dove sorge attualmente, ma a causa degli eventi bellici i lavori per la ricostruzione furono sospesi e ripresi soltanto nel dopoguerra. Nel 1951 la nuova chiesa, ancora incompleta, fu benedetta e aperta al culto. Il 2 ottobre 1955, durante la visita alla Parrocchia del Cardinale Marcello Mimmi, Arcivescovo di Napoli, fu deciso di intitolare la chiesa solo alla SS. Trinità, esistendo già a Torre Annunziata un'altra parrocchia dedicata a Sant'Alfonso.
Il 22 ottobre 1970 con decreto del Presidente della Repubblica fu riconosciuta la personalità giuridica della Chiesa parrocchiale della SS. Trinità in Torre Annunziata.
Struttura
Dell'originaria struttura costruita nel 1829 da Sabato De Felice, all'angolo di via Gino Alfani se ne vedono alcuni resti. Ricostruita nel 1950 in seguito ai bombardamenti, ha subito danni a causa del terremoto del 1980.
Oggi, presenta un'unica navata con finestroni colorati e sull'altare maggiore è posta una tela del Settecento che raffigura la Trinità. La facciata, in stile semplice, è affiancata da un campanile.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Parrocchia di S. Alfonso dei Liguori
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Sant'Alfonso dei Liguori |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | 1919 |
Completamento | [[]] |
Parrocchia di S. Francesco di Paola
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | San Francesco di Paola |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | [[]] |
Completamento | [[]] |
Parrocchia di S. Giuseppe
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | San Giuseppe |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | [[]] |
Completamento | [[]] |
Parrocchia di S. Maria del Carmine
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Santa Maria del Carmine |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | [[]] |
Completamento | [[]] |
Parrocchia S. Michele Arcangelo
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | San Michele Arcangelo |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | 1903 |
Completamento | [[]] |
Parrocchia di S. Antonio
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Sant'Antonio da Padova |
Diocesi | Nola |
Inizio costruzione | 1903 |
Completamento | [[]] |
Parrocchia di S. Maria del Buon Consiglio e Sant'Antonio
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Località | File:Torre Annunziata-Stemma.png Torre Annunziata |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Madonna del Buon Consiglio |
Diocesi | Napoli |
Inizio costruzione | 1903 |
Completamento | [[]] |
COMUNITA’ RELIGIOSE PRESSO CUI SVOLGIAMO ALCUNE NOSTRE ATTIVITA’
APOSTOLE DEL S. ROSARIO di Torre Annunziata
FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE (VILLA TIBERIADE) di Torre Annunziata
TERME VESUVIANE
Le sorgenti delle Terme Vesuviane risalgono al 64 a.C. ed erano già utilizzate dai patroni romani (persone influenti che avevano legami, detti di patrocini, con gente di rango inferiore nelle diverse ville oplontine. Nel sito archeologico poco distante della villa di Poppea, sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. che distrusse anche le vicine città di Pompei e Ercolano, sono stati ritrovati residui calcarei che testimoniano il passaggio delle nostre acque nella residenza estiva della moglie dell’imperatore Nerone. Le proprietà terapeutiche della fonte erano dunque ben note già in epoca molto antica tanto che l’avvenente imperatrice, nella sua lussuosa villa, fece costruire locali adibiti alle cure termali. Durante le successive eruzioni del Vesuvio e a causa di numerosi fenomeni sismici, delle sorgenti si persero le tracce. Fu Vito Nicola Nunziante nel 1831 a riportare la fonte al suo antico splendore, fondando le attuali Terme Vesuviane Nunziante. Il generale, infatti, la valorizzò edificandovi intorno una struttura impreziosita da antichi ed importanti reperti romani, tra i quali tavole marmoree con incise le iscrizioni di bagni termali che recavano l’impronta delle vestigie dell’antica Oplonti, oggi Torre Annunziata. Al contempo, scoprì i cunicoli e le grotte sotterranee del sistema idrico romano, unica testimonianza della geoidrologia archeologica.
Delle tre sorgenti presenti, solo una viene attualmente utilizzata per le cure termali. Per la sua natura salso – alcalina – terrosa – bicarbonata, la fonte vesuviana è indicata per l’aerosolterapia e le cure dermatologiche e reumatologiche. All’interno vi sono perciò reparti dedicati all’aerosol e alle inalazioni per guarire da affezioni quali faringiti, laringiti, sinusiti e varie forme asmatiche; reparti destinati ai bagni e ai fanghi per la cura di reumatismi articolari, muscolari e artrosi; reparti di fisiocinesiterapia, dotati delle più moderne apparecchiature, per la riabilitazioni motoria dovuta a patologie degenerative. Tutti i pazienti, all’interno della struttura, sono sempre sotto un costante controllo medico e accompagnati nelle cure dal nostro personale.
Per migliorare i servizi offerti disponiamo di diversi locali adibiti a palestra, di piscine per le attività sportive e un’area riservata al benessere con sauna e idromassaggio aperti tutto l’anno. Inoltre è presente un efficiente ed attrezzato centro per la correzione degli inestetismi cutanei.
Quali rassegne, manifestazioni o eventi mondane organizzate? La struttura ospita ogni anno diversi convegni ed eventi che promuovono il territorio. Organizziamo, inoltre, meeting su temi inerenti le risorse termali e il loro sviluppo. Nelle scorse settimane abbiamo accolto centinaia di alunni provenienti da alcuni istituti del territorio vesuviano, coinvolti nel progetto “Scuolamare” volto alla riscoperta del mare e alla tutela della sua fauna.
Ci sono stati personaggi famosi tra i vostri ospiti? La struttura negli anni ’60, con le annesse spiagge di natura vulcanica, era il fiore all’occhiello del territorio. Da Eduardo De Filippo a Totò, da Marcello Mastroianni a Sofia Loren, da Nino Taranto a Rita Pavone, numerosi furono i volti noti della televisione che decisero di trascorrere qualche giorno o solo qualche ora di relax nelle nostre terme. Oggi, visto il declino socio economico che vive la città, i personaggi famosi scelgono altre mete, ma forte è la speranza in una pronta ripresa.
Solo terme o la località offre anche punti di interesse storici, artistici e paesaggistici? Il nostro territorio offre moltissime attrattive per i turisti! Siamo poco distanti dalle rovine della Villa di Oplontis, inserita nei siti patrimonio dell’umanità Unesco, nella quale sono state ritrovate pareti affrescate in ottimo stato di conservazione; a pochi chilometri dalle rovine delle città di Pompei ed Ercolano, sepolte dal mare di lava eruttata dal Vesuvio nel 79 d.C.; vicini a Napoli, terra dai mille sapori e colori, a Sorrento e Amalfi, perle della costiera ogni anno meta di migliaia di turisti, alle isole di Capri, Ischia e Procida. Tutti luoghi da visitare e da scoprire che racchiudono antiche tradizioni proprio come le nostre sorgenti.
In futuro, come valorizzare al meglio le risorse termali?
Con una struttura alberghiera pronta ad ospitare gli avventori delle terme e dotata di accesso privato alla marina oplontina, unica per le sue spiagge di natura vulcanica indicate in tutte le terapie reumatologiche.
Museo delle Armi
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Inserito all’interno della Real Fabbrica d’Armi o Spolettificio, la sua istituzione fu decretata da Carlo III di Borbone nel 1758, accanto all’antica polveriera voluta dal Conte Muzio Tuttavilla. Il museo sorge nella Sala Borbonica dell’edificio e, solitamente, è aperto al pubblico su richiesta o in occasioni particolari, come durante i festeggiamenti patronali. All’interno sono esposte numerose armi la cui produzione avveniva in loco e sono presenti diversi pannelli attraverso i quali è possibile vedere tutta la fase di elaborazione della spoletta, l’antica bomba a mano da cui l‘antico opificio prende il nome.
VENERABILE IGNAZIO JENNACO
Venerabile Ignazio Jennaco | |
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Sacerdote | |
Nascita | Torre Annunziata, 30 aprile 1752 |
Morte | Torre Annunziata, 22 dicembre 1828 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Santuario principale | Arciconfraternita del Santissimo Rosario (Torre Annunziata) |
Ignazio Jennaco (Torre Annunziata, 30 aprile 1752 – Torre Annunziata, 22 dicembre 1828) sacerdote italiano dichiarato "Venerabile" dalla Chiesa cattolica..
È una illustre figura del clero dell’archidiocesi napoletana e una gloria per Torre Annunziata, città posta all’estremità della diocesi di Napoli, lungo la fascia costiera del Golfo di Napoli, ai piedi del Vesuvio, confinante con Pompei, Torre del Greco e vicino ad Ercolano e Castellammare di Stabia. Tutti luoghi bellissimi stretti fra il mare ed il vulcano, che nei secoli ha sempre minacciato, distrutto e reso fertile il loro territorio. Torre Annunziata, legata al suo porto, realizzato nel 1871, ha sempre dato un largo contributo di uomini addetti alla carriera marinaia ed alla pesca; inoltre si poggiava allora e fino quasi ad oggi sullo Spolettificio militare, sorto nel 1759 con i Borboni, contemporaneamente alla vita del servo di Dio Ignazio Iennaco. A conclusione della panoramica su questa laboriosa e popolosa città, non si può non citare la grande fama acquistata per il commercio dell’arte bianca, cioè dei suoi numerosi mulini e pastifici, che per secoli hanno prodotto la pasta di grano, ormai affermata in tutte le cucine nazionali. Infine anche Torre Annunziata, che nell’epoca romana si chiamava Oplonti, può mostrare i suoi scavi archeologici come la grandiosa Villa imperiale di Poppea, moglie di Nerone, che al pari dei vicini scavi di Pompei, Ercolano, Stabia, è giustamente inserita negli itinerari turistici internazionali, anche per la presenza delle Terme Vesuviane, alimentate da acque vulcaniche, sgorganti lungo la spiaggia. Ma tutto questo non c’era, quando il 30 aprile 1752 nacque a Torre Annunziata Ignazio Iennaco o Jennaco, tutto venne molto tempo dopo di lui, c’era solo la pesca e l’agricoltura, sempre minacciata dalle ricorrenti eruzioni del vulcano troppo vicino. I suoi genitori si chiamavano Nicola e Cecilia Salvatore; il padre gli morì quando era ancora un fanciullo; crebbe fra la pietà e lo studio, sentendo ben presto un vero trasporto per la vita clericale. In quei tempi era un onore e se vogliamo una ottima scelta di vita, divenire sacerdote e quindi i genitori accondiscesero di buon grado e come era uso, vestì l’abito talare, anche prima di entrare in seminario. Fu un esemplare chierichetto nella sua parrocchia, sempre presente alle sacre funzioni, ammirato dai fedeli e dai sacerdoti. Secondo un’antica usanza, anche ai chierichetti veniva dato una parte delle offerte derivanti dalla celebrazione delle sacre funzioni e Ignazio l’utilizzava per far celebrare messe in suffragio dell’anima di suo padre. Meritò di essere ammesso per un posto gratuito nel Seminario Diocesano di Napoli, fu alunno del celebre teologo G. Simeoli, dotto rettore del Seminario. Era ancora un diacono, quando fu nominato professore di lingue orientali nello stesso seminario, per la sua profonda conoscenza delle lingue greca, ebraica, siriaca, francese ed inglese. Gli anni della sua formazione sacerdotale, passarono creando intorno alla sua figura, già di dotto studioso, anche un alone di santità giovanile, per cui dopo un brevissimo tempo dopo l’ordinazione sacerdotale, ricevuta nel giugno 1776, fu chiamato ad esercitare l’ufficio di padre spirituale dei giovani seminaristi.Svolse il delicato compito, esercitandolo con somma cura, guidando ogni singolo giovane candidato al sacerdozio; questo ufficio divenne per lui un vero apostolato, che volle esercitare anche fuori dal seminario. Ad Ignazio Jennaco, pio ed illuminato direttore di coscienze si rivolgevano per un consiglio od una guida, dotti laici, sacerdoti, vescovi, cardinali, compreso quello di Napoli Capece Zurlo, ma ugualmente accolti, erano popolani ed operai che lo volevano come confessore. Ma questo continuo compito, che svolse per tutta la vita, non gli fece tralasciare il ministero sacerdotale nella sua terra natia, nella sua Torre Annunziata, ed eroicamente ogni sabato si avventurava per quella tortuosa, deserta, disagevole strada che da Napoli conduceva alle Calabrie e che dopo una ventina di km, fatti a volte con un calesse e molte volte a piedi, egli giungeva a Torre, alla Venerabile Arciconfraternita del SS Rosario, che allora era fiorente per opere poderose e benefiche. In quella Congrega che l’aveva visto ragazzo orante e devoto, il reverendo Ignazio Iennaco copriva la carica di Padre spirituale e qui era atteso vivamente dai tanti confratelli, per le confessioni e celebrazioni. Grande oratore seppe adattare la sua scienza, alla semplicità dei fedeli di ogni ceto sociale; teologo e scienziato profondo, a soli 28 anni fu ammesso ad un’Accademia di Scienze Teologiche, sorta nel 1780, con gli auspici del cardinale Filangieri, e a cui appartennero i più dotti ed illustri scienziati dell’epoca. Fine linguista e letterato esimio, rivestiva la cattedra di lingua ebraica nel Seminario Arcivescovile di Napoli, la sua fama valicò le Alpi e dall’Inghilterra e Russia arrivarono incarichi di prestigio inerenti alle lingue orientali, con l’ammirazione per la sua rara competenza. Infine fu grande sostenitore della musica sacra, che suonava con l’organo nelle grandi funzioni torresi, ma soprattutto insegnava ai giovani seminaristi di Napoli, la musica gregoriana e quella di Palestrina. Teologo, scienziato, letterato, linguista, ispirato alla musica ed al canto liturgico, Ignazio Iennaco volle rimanere nel contempo un’umile persona, sempre seduto nei posti più nascosti, per umiltà volle distruggere con il fuoco tutti gli attestati, pergamene, manoscritti e quanto altro avrebbe potuto parlare con ammirazione di lui in futuro. Dopo aver vissuto le penose vicende legate alla Repubblica Partenopea del 1799, l’occupazione francese, le leggi napoleoniche restrittive del clero e degli Ordini religiosi, la restaurazione vendicativa borbonica, le tante manifestazioni violente che colpirono Napoli e la provincia in quel tempo, Ignazio Iennaco morì a Torre Annunziata il 22 dicembre 1828 a 76 anni. Il suo corpo rimase esposto all’omaggio dei fedeli per circa nove giorni, mantenendosi incorrotto, morbido e flessibile. Fu tumulato, secondo un suo desiderio nella Arciconfraternita del Ss Rosario, che lo ebbe Padre spirituale per tanti anni. La causa per la sua beatificazione fu introdotta da papa Leone XIII nel 1899, un successivo decreto di proseguimento, si ebbe il 13 marzo 1918.